L'artista mescola il sangue con la terra, per generare sempre nuova vita...

Sarà sicuramente potente, la vita. Piuttosto dolorosa, a mio avviso, a volte sorprendente, sicuramente intensa, vibrante, indubbiamente da vivere. Sempre e comunque.

Sara Tenaglia

Terra, Pioggia, Fuoco & Vento

Terra, Pioggia, Fuoco & Vento
Fire cup

giovedì 31 luglio 2008

Intralci

Non sono in finale.
Sono usciti i titoli dei 10 racconti finalisti di questa edizione di RiLL e i miei tre non ci sono.
E' un po' una pezza, a dire il vero, perché pensavo proprio che ce l'avrei fatta, almeno a raggiungere la finale.
Ed ora mi trovo demotivato per scrivere i due racconti che mi servono per partecipare alla S.F.I.D.A. che scade il 5 agosto...
Pessima, pessima combo.
Eppure, una scusa per essere ottimista ce la dovrei avere.
Martedì sera dovevo andare a vedere Batman con Paolo, ma la macchina - la mia Bimba - s'è rotta: s'è piantata per strada, e non voleva saperne di ripartire. Così, siamo stati costretti a cambiare programma: sulle prime a decidere di cambiar cinema, ed infine a pisciare il cinema per andarcene a Castel Sant'Angelo, dove il mio amico Stefano avrebbe più tardi proiettato un corto russo del 1922 di Pudovkin, sugli scacchi.
Così, ci siamo incamminati facendo una lunga passeggiata, parlando del periodino strano che stiamo passando entrambi, lui per questioni sentimentali ed un imminente trasferimento di lavoro, io per il lavoro, i piccoli guasti (a Roma il portatile che non si avvia più, a Farnese tre giorni di black out del cellulare, ora la macchina...), la scarsità di soldi ed i miei problemi sentimentali... E un pochino, tra una battuta, un commento, ci siamo sentiti meglio. La serata ha preso una piega diversa, ed in fondo ci siamo proprio divertiti. E' stata una bella serata, lievemente offuscata dal mio piccolo blocco ansiogeno quando è venuta Jodi, studentessa australiana di fotografia qui, che oltre ad essere molto bella è anche sentimentalmente libera e spigliata, e m'è stata vicino per la gran parte della serata... E poi, ciliegina sulla torta, invece di scroccare un passaggio a Stefano ho deciso di farmela a piedi con Paolo e, tac!, dietro l'angolo abbiamo beccato Martina, tornata un paio di giorni prima di me da Avignone, con Mauro, Caschetto, Simoncione, Massimo e Monica.
Una bella serata, conclusa con due chiacchiere e un caffè al Bar del Pappagallo, e con il mio tentativo di rimettere in moto la macchina: riuscito, ovviamente. La mia Bimba ha sentito che non era serata per il cinema e ci ha imposto, a modo suo, una serata molto più divertente. L'ho fatta correre sull'Aurelia per farla riprendere - doveva essere ingolfata - e poi son tornato a casa.
Quindi, dicevo, avrei motivo d'essere ottimista, perché non sempre le cose che sembra vadano male poi sono realmente venute per nuocere.
Batman l'ho visto ieri con Gab e Lalla, e... "M'è piaciuto, però".
L'ho sentita come una grossa occasione sprecata, in cui tutti gli argomenti più importanti, invece di essere sotterranei e solo a tratti accennati potevano diventare davvero qualcosa di speciale. Un capolavoro. Farci girare sopra bene tutto il film. E invece...
Ma se volete ne discuteremo a parte.
...ok. SPOILER.
Non leggete oltre se non volete sapere niente di questo film!
14.30 paolodiggia: hai visto che figata inumana?
14.31 me: non m'è piaciuto troppo
paolodiggia: stai scherzando?
me: l'ho trovato una grossa occasione sprecata
paolodiggia: io lo trovo il migliore film a tema supereoistico mai girato
me: bah!
14.32 paolodiggia: un joker leggendario varie spanne sopra nicholson
me: naaaaaaaaaa
ma proprio no!
diversi!
paolodiggia: come te sbagli
me: come te sbagli te
(volemo annà avanti a lungo?)
14.33 paolodiggia: oggettivamente:
cosa non ti è piaciuto?
me: che poteva essere un capolavoro e non lo è
che ci sono cose in sceneggiatura che sono fatte a cazzo
e altre che hanno perso nei tagli
paolodiggia: tipo?
questo sì
me: la ricostruzione della pallottola
14.34 esiste solo per riempire un buco di sceneggiatura
paolodiggia: certe volte specie all'inizio è tagliato con l'accetta
me: posso accettare l'esplosione dell'ospedale con quintali di tritolo che ci vuole una settimana a piazzarli
perché è un film fumetto
e ci sto
ma la CAZZATA della pallottola
solo per far stare Batman dove serviva, no
14.35 paolodiggia: perché cazzata?
me: ma te hai capito che ha fatto?
paolodiggia: no
me: ah, ecco
paolodiggia: ma era figo
me: ha sparato una pallottola simile per vedere come si frammentava il proiettile
14.36 paolodiggia: e da li ha ricostruito l'impronta digitale
me: poi ha usato quell'analisi di movimenti vettoriali per ricostruire virtualmente l'immagine della pallottola
e su quell'immagine ricostruita ha rilevato un'impronta
e già qui basterebbe
ma poi, l'impronta di chi è?
di un tizio, che non è jopker
14.37 lui che fa? Chiede di analizzare quanti sono i probabili possessori d'impronte simili e gliene escono solo 4 (!!!)
14.38 e dei quattro chiede (MA PERCHE'??!!! Cosa sei un VEGGENTE?) chi abita (GUARDA CASO) vicino a dove si terrà il discorso del sindaco!!!!!!!!!!!!!!!
e infatti, guarda un po', arriva lì
paolodiggia: daaaaaaaaaiiiiiiiiiiiii
me: ed è proprio il posto giusto
paolodiggia: un po di sospensione dell'incredulità
me: solo che non trova i malviventi
ma scopre il loro gioco!
ma stiamo scherzando?
14.39 guarda che c'è un limite neanche troppo sottile tra sospensione dell'incredulità e passare per minchioni
e a me, che mi si debba far passare per minchione non va
e il cinema americano ci ricorre spesso, ultimamente
e poi Christian Bale recita a cazzo
e l'hanno anche doppiato di merda, lui e il joker
14.40 il personaggio di Batman non esiste, è monocellulare
non ha spessore
quello di joker sì, e se lo magna, e si vede
e questo fa male al film
paolodiggia: il joker non era doppiato a cazzo secondo me
14.52 me: invece chi l'ha visto in lingua originale m'ha detto di sì
...e ci sarebbe tanto altro da dire...

GrimFang

martedì 29 luglio 2008

N.E.R.D.

Sì, sono vivo e sono tornato da Farnèse ed Avignon.
Della giornata pazzesca tra ieri e oggi vi racconterò in seguito, così come - ovviamente - farò per le succitate due mete di viaggio/lavoro.
Per ora, mi sembra comunque doveroso riportare una mail collettiva che mi è giunta, da parte di una facilmente individuabile mia lettrice, che ha un blog ma non lo scrive più. Se qualcuno se lo stesse chiedendo, sì è la giapponese con le tette grandi. Riporto qui il suo testo integrale, però mi sembra giusto non dirvi chi è.
No?
^_______^
Prendo il titolo parafrasando questo.
Tutti sanno cos'è un nerd, più o meno, ma nel caso non lo sapessero, questo testo può risultare utile!

Come sempre, qnd lavoro vado a prendere i clienti (turisti giapponesi) in albergo per accompagnarli in aereoporto.
Questa mattina i miei clienti erano due ragazzetti 23/25enni.
Dopo cinque anni di qst professione, e soprattutto qnd sono le 7 del mattino nn faccio caso ai loro volti nel particolare, così guardandoli solo nell'insieme carico i due ragazzi nella Mercedes e dico all'autista di partire.
All'aereoporto, davanti al banco check-in KLM chiedo i loro passaporti ed uno di loro tira fuori un sacchetto porta documenti dentro cui vedo di sfuggita quelle che sembrano delle carte di Magic...
Penso: "sto diventando un pò troppo nerd al punto che vedo le carte di magic anche addosso ai clienti!!! Omammamia!!!" faccio per vedere meglio e CAZZO E' PROPRIO UN MAZZO DI MAGIC!! Sgrano gli occhi alzo lo sguardo per vedere i loro volti e vedo davanti a me due perfetti nerd giapponesi!! In un certo senso li sentivo quasi familiari! Li guardo gli sorrido e dico: " giocate a magic? anch'io giocavo!" ^__^ Vedo i loro occhi illuminarsi e [cominciano] a raccontarmi con entusiasmo ed euforia che avevano comprato quì in italia i pacchetti per regalarli ai loro nerd-amici ma che alla fine nn avevano resistito nello scartare tutti i pacchetti per vedere che carte gli erano capitate!
Domando allora come avrebbero capito le carte visto che sono in italiano e uno loro, tirandosi su l'occhiale, mi risponde che avevano le corrispondenti carte in giapponese! In effetti "che domande!!"
Contentessimi iniziano a farmi domande sui mazzi che prediligevo, sulle carte che preferivo e chiedermi pareri su qst e su quell'altro.
Era evidente che anche loro provavano una certa familiarità con me.
Mi divincolo dicendo che erano tanti, tantissimi anni che nn giocavo più e che preferivo di gran lunga i GDR a Magic.

Strana sensazione è quello che in qnt nerd, anche se diversi, in ogni caso, ci faccia sentire più in sintonia l'uno con l'altro, come se parlassimo una stessa lingua: il nerdese.
Ho salutato i ragazzi dicendo che la prossima volta avremo fatto una partita a magic insieme io col mazzo in italiano e loro col mazzo giapponese. Tutti e tre scoppiamo a ridere, mentre andavo via li immaginavo, in Giappone, raccontare ai loro nerd-amici di aver incontrato in italia una nerd-guida turistica. Ed io racconto ai miei nerd-amici che ho incontrato dei nerd-turisti giappo, in fondo dei nerd che hanno da dire ad altri nerd!

^___^

buona giornata e buon viaggio a tutti!!!!
un bacio


GrimFang

martedì 15 luglio 2008

Post It

"Io e te siamo sulla stessa lunghezza d'onda..." - le disse lui, sorridendo.
Lei si voltò a guardarlo, con una luce scintillante negli occhi.
"Quale onda?" - sussurrò.
Lui indicò lo tsunami dietro di lei.
"Quella."
WRAAAAAAAMMMSHHHSHHHSHHHHHHHHH....

^__^

Post.
Post-it.
Ma anche post nel senso di 'dopo'.
E di 'dopo' ce ne sono molti, in questo post.
Post bevuta, ad esempio. Post festa per la consegna dei diplomi al Centro Sperimentale. Post serata finita purtroppo in bianco. Post proiezioni, concerti, annunci, saluti, baci, abbracci... Post narghilé alla mela, post ragazze ubriache, post solitudini sfiorate.
E anche Post-it, promemoria, battute folgoranti, risate a crepapelle per mezz'ora. O imperativo: post it! Postalo.
Post-it di questo stesso blog, perché a quanto pare, la lista dei vostri post preferiti è profondamente cambiata! Il vecchio classico "Metti una sera sul 46" cede il passo alle cronache matrimoniali, e la descrizione di una mia 'classica' giornata lavorativa prende il posto del resoconto dello spot MetRo, che a tutt'ora io manco ho visto.
E a proposito di visioni...

Già lunedì avevo avuto modo di vedermelo su di un televisore, a lavoro.
E anche il giorno dopo, quando alle 14.30 c'era stata una proiezione in anteprima in sala cinema.
Ma è alla festa del centro che hanno proiettato i corti, i saggi di diploma di fine anno, fine triennio, fine scuola. Tra cui anche "Col sangue agli occhi" (trailer), di Lorenzo Sportiello.
Credo di non aver mai ricevuto in vita mia così tanti apprezzamenti simili, tutti sullo stesso tono:
"Oh, complimenti per come muori!"
Sì, è il corto famoso in cui interpreto un videotecaro che viene ammazzato di botte, di cui vi ho scritto fino alla nausea. ^__^
I complimenti erano tutti su quel genere, o del tipo "ahò, che soddisfazzione vedette massacrato de botte, è quasi catartico!".
Però ci son rimasto di sale quando m'è passato davanti il mio maxi-megadirigente-abissale e mi fa:
"Complimenti! Hai una carriera d'attore davanti!"
Gh! ^_________^

Il corto è bello. Per me, che sono ipercritico perché ogni volta penso che sia più giusto dire alle persone la verità, o almeno, il mio punto di vista piuttosto che dei complimenti di comodo, è decisamente buono. Valido.
Tanto per cominciare, un perfetto showreel per Lorenzo, perché dentro c'è tutto. Un ottimo biglietto da visita. Poi, me escluso così non si dice che sono di parte, buona la recitazione. C'è un primo piano di Erica che fa nascere un sorriso guardando i suoi amici che è da antologia. Senza parlare della carrellata mentre è distesa e fuma... Un'icona sexy! ^__-
Buona la fotografia, il sonoro... giusto una voce off (Erica) in alcuni momenti con la dizione un po' troppo impostata, che fa poco personaggio. E una battuta 'fantasma' (che in realtà è un pensiero anticipato di un protagonista che poi la dice) che avrei reiterato ancora una volta proprio per evitare di farlo percepire come un errore di montaggio audio (quando invece so che è voluto).
E infine, l'unica vera critica che gli posso fare è che... Lorenzo ha uno stile ironico, che ha reso delizioso un racconto che in fondo è triste, e semplice ai limiti del già visto, del banale. La storia, presa senza regia, è un po' poca.
E invece, con quell'ironia il corto decolla, gli fa prendere vita. Peccato che quest'ironia a un certo punto scompare, quando entra la tragedia. E questo porta ad un lungo (luuungo) finale. Ecco, io l'avrei fatta tornare, in quel momento, l'ironia. L'avrei fatta brillare un ultimo istante (non so come), per lasciare un senso di leggerezza priva di una scontata commozione, che proprio perché è scontata, non c'è.
Quando gliel'ho detto - e dire che una volta c'eravamo piccati proprio per una mia critica sul soggetto di un corto che stava girando, fin quasi a non rivolgerci la parola (poi ci siamo riavvicinati quando abbiamo scoperto un caro amico in comune, Nicola) - lui ha ribattuto che voleva proprio girare la prima parte in un modo e la seconda in un altro. Alla Tarantino e Rodriguez, per capirci.
Che abbia fatto bene o abbia fatto male, il corto è bello. E m'è piaciuta un sacco la gestione del colore! E se lo dico io... ^__-
Insomma, Lorenzo ha dimostrato che la stoffa ce l'ha.
...Fatemi fare un corto con una parte più lungaaaa!!! ^_____^

Per quanto riguarda gli altri corti proiettati, li ho visti tutti tranne uno a metà, nel cui finale - solo dopo che si è rimesso gli occhiali - ho riconosciuto uno degli allievi di sceneggiatura, mio omonimo e (ritengo) buon conoscente. Lui ha visto me in quell'altro quindi dopo se semo tajati. Lui apparteneva ai commenti del secondo genere. Del tipo che se faccio un altro corto, lui mi picchia gratis.
Mi sono ammazzato dalle risate quando nei ringraziamenti di uno dei corti, "NonSoStare", nei titoli di coda (a dire il vero molto lunghi e lenti), ho letto "Il commissario Winchester". Risata immediatamente rafforzata quando ho letto subito dopo "nessun animale e nessun runner [galoppino del set, che conta come il due di picche] è stato maltrattato durante le riprese". Grande Sportelli! ^__^
Ma di tutti i corti, giusto questo e quello di Sportiello erano davvero intriganti. Questo aveva dalla sua il fatto che è difficile fare un corto con dei bambini.
Gli altri, direi dimenticabili. "Au pair" era carino lo spunto, ma per il resto niente di che. Quello di De Sica (nipote) era visivamente spettacolare, con un gran casting alle spalle - nel senso che il viso di uno degli attori scelti è credo il più inquietante che abbia visto: una maschera scavata nella carne, cui il trucco aggiungeva quel poco che serviva. Ma la storia... Sinceramente, sembrava un po' una pippa mentale. Sotto acido.
Chissà, forse De Sica lo piglierebbe come un complimento...

La giornata era iniziata davvero bene.
Non capita tutti i giorni di farsi una grassa risata.
In pausa pranzo, con un paio di fonici e Andrea, di sceneggiatura, ce ne stavamo seduti sulle panchine in cortile, a parlare di cinema, supereroi... e mi viene in mente questa cazzata incredibile, da girare in due minuti e mettere su YouTube. Una cosa al pari con la serie di "Michael Cyclo", che dà consigli alle donne su cosa non è bene fare... in quei periodi. ^__-
La sparo, e siamo rimasti a ridere per mezz'ora come dei cretini.
Si rideva anche solo a ripensarci. ^__^
Sono rientrato in videoteca che ero alle lacrime.
L'idea è idiota e vincente: si tratta di fare dei microcorti di due battute, tutti sotto il titolo de "L'Incredibile Hulk". Però se ve lo scrivo non è così divertente...
Quindi aspetterete di vederlo su YouTube. Tanto basta avere Renato dipinto di verde con la parrucca, e un attimo di tempo...
^__^

A lavoro, era già da un paio di giorni che si respirava l'atmosfera frenetica e frizzante dei preparativi.
Cominciò tutto con la ritinteggiatura dei finestroni sul cortile, che rese subito chiaro che si sarebbe trattato solo di un'operazione di facciata: invece di raschiare via la vernice vecchia e screpolata (lavoro che prenderebbe mesi) ci si limitava a passare una mano di vernice nuova, solo all'esterno. Tanto dentro sarebbe stato buio, quindi...
Poi sono apparse le panchine. Belle, in ferro battuto e legno, di quelle da parco. Speriamo che rimangano... E una bella pedana di legno sopra alla fontana del cortile (che fa cagare) per metterci sopra un pianoforte e fare una piccola zona concerto, per l'esibizione degli studenti ancora in corso. Esibizione che purtroppo mi sono perso perché ero altrove.
Infine, una bella mano di vernice a tutte le pareti per le quali si sarebbe passati. Et voilà, il gioco è fatto.
A parte il restyling dell'edificio, nessun'altra novità: il solito tran-tran (intendo il solito sotto il festival di Venezia: un bucio di culo così, ma grzie al cielo era già quasi alla fine), arricchito dal fatto che era venerdì, e dopo la festa si sarebbe potuto tirar decisamente tardi.
Certo, sapere che i miei ritornavano a casa sabato mattina, e quindi non avrei avuto una dolce tana a disposizione per fare i miei porci comodi poteva risultare un'idea deprimente. Idea che non è cambiata di una virgola quando ho visto Elena com'era truccata, con pantaloncini dal taglio ginecologico e aria da reduce di Woodstock. E non è cambiata neppure quando, uscendo un'ora prima per andare a docciarmi e cambiarmi a casa, ho incrociato lei e Astrid vestita come se venisse adesso adesso da Central Park negli anni '70.
Mi sono limitato a dire:
"Oh, se non vi mettete a cantare Hair ci rimango male!"
Ma quando mi sono voltato ed ho visto Camilla vestita come una cowgirl, stile "Cowgirls - il nuovo sesso", mi son sentito vacillare. In avanti, se mi spiego.
Mi sarei sentito molto, molto peggio quando l'avrei vista la sera, con un abitino di scaglie di madreperla attaccate con degli anelli le une alle altre, o qualsiasi cosa fosse che dava un effetto del genere, molto anni '60-'70. Forse un po' beat. E i capelli raccolti a crocca sulla testa.
Peggio ancora mi sarei sentito quando l'avrei vista con mezzo metro di lingua in bocca a paccare con un tipo in un corridoio.
E pensare che m'ero preso una certa cotta, per lei... che non è affatto una grandissima gnocca.
C'è stato un momento in cui siamo stati molto vicini: non è andata, pace.

Così, mi prendo la metro fino a casa, mi faccio la doccia, la barba e comincio a pensare a come vestirmi.
La soluzione finale per la quale opto è scarpa nera lucida, elegante, alta ma stile mocassino, senza lacci; pantalone leggero lungo di colore grigio; cinta pitonata; camicia di lino leggera color beige quasi avorio, diciamo corda; giacca nera che sembra su misura per quanto mi cade bene; e, per chiudere in bellezza con tono casual in accordo con la cinta, cravattino di cuoio stile texano anche se viene dalla Patagonia, con su stilizzazione del condor come pendaglio.
Oh yeah.
Orario previsto d'inizio: 19 e 30.
Orario di partenza: 18 e 30.
Orario di arrivo: 20 e 30. Appia bloccata e via delle Capannelle idem. Senza contare che mi tocca comprare le sigarette perché mica posso stare a scrocco tutta la sera e non se ne parla di mettermi a rollare tutto il tempo (lo sapete che Erica mi chiama Rollino?), e quindi mi fermo al bar a Capannelle, che puzza in maniera indicibile di marcio. Pesce fracico, tipo.
Bleah.
Arrivo in sede e mi fermo al gabbiotto dei vigili.
Quando ero uscito il pmeriggio avevano detto che non m'avrebbero fatto entrare. Io ho risposto che avevo il pass. Sì, perché per entrare serviva (nella realtà pare che si possa dire 'Pinocchio') il pass.
"Faccelo vedé."
E io "Seee, così me lo strappate!"
Quindi, quando arrivo - non proprio sicuro si potesse entrare con la macchina, vai a sapé - mi fermo, anche perché ho bisogno di un posto dove caricare il cellulare. Il piano perverso prevedeva di chieder le chiavi della videoteca, così me lo potevo caricare lì (e anche qui 'Pinocchio', visto che l'obiettivo reale era avere un posto per imboscarmi)... Quando arrivo, dicevo, Sergio (uno dei vigilantes, il più simpatico e anziano) grida al collega
"Se c'ha i pantaloni arancioni nun lo fà entrà!"
Il collega s'avvicina, me vede e fà
"No! Ah, e mo' devi scenne." - si gira verso il gabbiotto - "Sergio! Guarda qua!"
Scendo e mi prendo il mio momento di gloria, persino girando su me stesso. Poi chiedo per ricaricare il cellulare e... loro acconsentono a farmelo caricare là, mannaggia! ^__^
Entro e parcheggio.
Faccio neanche in tempo a percorrere tutti gli spazi dedicati alla festa che mi dicono che i corti sono già in proiezione di sotto, in sala cinema. Mi fiondo. Detesterei perdermeli.
Eppure lo so che avrò tutto il tempo per rivedermeli in videoteca. Mah!
Così, mi zompo la cerimonia che si sta svolgendo al piano di sopra, di cui - cogliendo al volo un frammento di discorso - so che non sentirò la mancanza.
"Perché voi studiate cinema e siete studenti di cinema. Voi dovete studiare il cinema. Perché vi è richiesto in quanto studenti..."
Giuro, era molto simile.
Sottosegretario alla cultura.
Vabbè.
In sala cinema un caldo tremendo, afoso. Sudoroso. Insomma, si schiatta.
Con la giacca reggo pochissimo, me la levo al volo. Poi non reggo a stare in piedi e mi cerco un posto.
Visto che dietro alla mia macchina, quando ero entrato, ce n'era una con su Desirée (ex Miss Toscana), Maria Teresa, Giulia e Anna Maria, che in quel momento erano entrate in sala - e dieci secondi dopo tre di loro erano scappate lasciando sola Maria Teresa - opto per sedermi vicino a lei.
Maria Teresa non ti colpisce di primo acchitto per la bellezza, nonostante il suo vestito verde - in particolare la scollatura che sembrava la piana di Maratona per ampiezza - ne esaltasse in certo qual modo le poche forme, ma per il sorriso, la vitalità. Non ho la più pallida idea di quanti anni abbia (propedeutico, in genere vuol dire sulla ventina), ma è sicuramente una persona nella cui compagnia è piacevole stare.
Così, uno dei momenti migliori della serata è stato proprio questo.
Ci siamo visti assieme gli ultimi due corti, Sportelli e Sportiello. Abbiamo riso sui titoli di coda del primo, e m'ha fatto un sacco piacere mi vedesse apparire nel secondo: giocavo a vedere se mi riconosceva, e m'ha tanato subito. Bene così.
A dire il vero non so quanto questa operazione fosse facilitata dal fatto che anche lì facevo il videotecaro. Comincia a darmi fastidio l'idea che qualcuno possa pensare che quella parte la potevo fare perché lo faccio di mestiere... sono due tipi di lavoro profondamente diversi!
Ma in fondo mi rode anche di più pensare che potrebbe essere proprio per questo che m'hanno scelto...
Ma che me frega? Fatto sta che m'hanno scelto. E dopo questo, chissà...
Si finisce di vedere i corti.

Dopo i corti risalgo, e scopro che la cerimonia è finita da un po' e stanno già saccheggiando il buffet. So che se non mangio adesso, dopo rischio di svenire perché non resterà nulla. Ma l'unica cosa che mi tenta, però, è il prosciutto.
Tagliato a fette spesse. Troppo.
Senza posate.
Vabbè, come l'antichi.
Il primo pezzo della mattonella di prosciutto che ho preso vien via senza problemi. L'altro ha un serio problema con un filo di grasso che non vuole lacerarsi, e davanti alla ragazza che grazie a Dio non mi guarda - ho beccato Lele Il Cialtrone (ch'era la vera causa del mio trovarmi lì perché si diplomava) e un po' di gente - faccio una scena a metà tra un unno e un cannibale, finendo col ritrovarmi in bocca un'immasticabile palla da tennis di prosciutto. Mastico, o almeno ci provo. I denti rimbalzano in posizione aperta; tra l'altro mi fa difficoltà serrare le labbra, per cui è anche capace che qualcosa si veda. Sembro Silvestro dopo essersi infilato Titti nel cavo orale; Fantozzi quando gli dicono "Tu mangcia!".
Opterei per farlo discretamente sparire in un tovagliolo, ma quando procedo scopro con orrore che il grasso mi s'è incastrato tra i denti. Combatto, mi sento nauseare, levo la palla di bocca con un getto di lingua e cerco di staccare quel maledetto filo di lipidi dalle mie fauci. Sembro Mr. Bean.
Alla fine ho ragione della terribile palletta, e la lascio a morire o trasformarsi in un alieno dentro a un piatto. M'hanno indicato dove si prende da bere, e poi c'è un sacco di gente da salutare quindi mi avvio verso un altro tavolo.
Ehm, più tardi m'avrebbero offerto un pezzo di torta che trasudava cacao: e col prosciutto questo è tutto quello che ho mangiato. ^_^
Bevuto, invece... Volevo partire col vino rosso, ma sono stato dirottato sul bianco, dietro saggio consiglio di alzare e basta la gradazione alcoolica. Infatti dopo una parentesi di succo d'ananas m'avrebbero offerto un prosecchino, che non so se ho rifiutato, ma il vino rosso me lo sarei scordato, passando direttamente a cose un po' più pesanti. Capirai, a fine serata stavo sul vodka lemon, ma ero preoccupato di star male, quindi ho bevuto poco. E forse avrei rimpianto di non essere alticcio.
Del resto, a una certa gli alcoolici eran finiti, con tutte quelle cavallette con la cirrosi epatica. Qualcuno qualche bottiglia se l'è anche infrattata, e qualcun altro se l'è portata da casa: i fonici avevano un paio di bottiglie di limoncello appena fuori il portone.

Dopo aver mangiucchiato e vagato un po' per il cortile, salutando le facce conosciute e salutando con più calore i diplomati di fresco - di cui alcuni, tipo Laura, non li vedevo da dicembre - mi fermo a chiacchierare proprio con alcuni di loro. Valeria, detta Trotti, è sempre più in forma. A fine serata si sarebbe anche tolta le scarpe coi tacchi e sarebbe stata anche meglio. Comunque, è in quell'occasione che De Sica passa e chiama tutti per la seconda tornata di proiezione di corti.
Ora, 1) se l'avessi saputo che ce n'era un'altra, mi sarei sciroppato la consegna dei diplomi e avrei almeno fatto onore al buffet, 2) pur se sceso alla prima, ce n'erano ancora tre che mi mancavano, tra cui il suo, quindi sono sceso.
Mi sono perso, ovviamente, quanto accadeva sopra; con Elena che cantava vestita da Marilyn, e tutte le altre cose preparate dagli studenti ancora in corso. Tra l'altro, proprio lì dove c'è il bar, c'era tutta una serie di luci e di gente che stava... girando. Ho guardato, riprendevano uno spazio delimitato con un tavolino. Ho visto chi c'era ed immediatamente ho capito.
Ho capito non solo cosa giravano, ma cosa! E non solo, ho anche capito perché Elena, Astrid e Camilla fossero vestite a quel modo, nel pomeriggio, e perché ci fosse anche Bianca, ch'è uscita due anni fa.
Giravano StraCult, di cui vi ho detto... Quel programma della Rai per cui lavora Sarcinelli! Dai!
Ecco: le ragazze prese alla fine erano proprio loro tre (Astrid è l'unica di quelle che avevo consigliato io) più una quarta di cui all'inizio non avevano bisogno ma che li ha convinti al punto di decidere di mettercela (Bianca, che guarda caso faceva parte di uno dei trittici che gli avevo proposto io). Beh, due su quattro non è male per una consulenza casting, no? ^__^

Quando risalgo in superficie, devastato dal caldo e dall'afa umida come se stessi uscendo dalla jungla amazzonica o una foresta tropicale, prendo aria a boccate, come un pesce. Sotto si moriva, un caldo d'inferno, tutti i vestiti appiccicati. Sopra, non ho chances, devo mettermi la giacca che sono sudato da far schifo.
Vago, ritrovando per la terza volta il mio collega Stefano e Raffaella, sua moglie, che vive a Torino dove dovrebbe vivere anche lui se si decidessero a dargli il trasferimento. Un po' di chiacchiera, assistiamo alla fine degli spettacoli sul palchetto e poi parte il concerto sul palco più grande all'esterno. Quindi usciamo, e scopro solo in quel momento che là fuori ci sono altri due tavoli dedicati esclusivamente alla materia alcoolica e all'acqua.
Dopo un po' mi butto nella mischia, provo a ballare. Ma sono ancora quattro gatti, mi sento impacciato, nonostante ci sia Marco (uno dei diplomati) col fratello, le ragazze e gli amici. Così rientro e riesco solo più tardi, trovando dodici volte la gente che c'era prima. Segno che le proiezioni e la roba da mangiare sono finite.

Visto che il post è già un quarto della Bibbia, cerco di chiudere raccontando gli highlights.
Da quel punto in poi, praticamente la mia serata è rimasta lì, ad ascoltare questo gruppo che faceva tutte canzoni cover, molto varie. Lei aveva una bella voce, e intratteneva il pubblico in romanesco... Insomma, erano bravi sì, ma... faceva tanto concerto estivo di paese. Anzi, mo' che ci penso mi sa che una volta ci son venuti a Ovindoli. ^__-
Ho cercato di scatenarmi, ma non troppo, visto che quanto ho fatto il mio passo incrociato, a inizio serata danzereccia, ho rimediato sì un commento dal palco ("Ho visto un passo qua sotto che non era niente male..." ha detto la cantante), ma ho anche esaurito le energie. Mi s'è mozzato il fiato, per la precisione.
Ma non si trattava di troppe sigarette. E' che non c'ero. Non ero nell'umore, non mi lasciavo andare. Troppo controllato per far riuscire la serata anche sotto altri aspetti. =)P
Non ho filato di striscio Michela, la collega... beh, è la più bona che ci possa essere. Mora, un paio di tette fenomenali, un sorriso dolce, mora, capelli a caschetto e soprattutto simpatica da morì. Non ho filato troppo Silvia, docente di danza, perché so che fila con uno che conosco. Non ho filato troppo nemmeno Yael e Valeria, quest'ultima proprio preziosa, primo anno di montaggio entrambe, perché entrambe intervenute coi fidanzati...
Ma in quel mare, da obnubilare i sensi, non c'era che da scegliere!
E non ho scelto. Qui ho toppato alla grande. Lo so, lo so, alcuni di voi è una vita che me lo dicono, ma che ci posso fare? Ho cercato un pochino di avvicinare Ilaria, una delle due attrici del mio corto, ma una parte di me sussurrava che rischiavo di pregiudicare il lavoro. Ma non era certo questo a impedirmi di tampinare l'altra.
Anna Maria, vedete, da un paio di giorni sapevo che s'era lasciata.
Era lei, dunque, l'obiettivo migliore della mia serata. E' deliziosa! Eppure...
...eppure s'è presentata con un vestito verde smeraldo, leggero, trasparente. Doveva avere un intimo dello stesso colore o bianco, perché non si vedeva niente, ma la cosa m'ha un po' inibito. E poi, non l'ho incontrata spesso... e ho un gomito che fa contatto col piede...
Insomma, a fine serata l'ho vista andar via con Gianpaolo, mortacci sua. ^_^
Lo dico in senso buono, perché gli voglio bene maledizione, e quando l'ho ribeccato ieri gliel'ho detto "Quanto hai svortato, li mortacci tua!". ^___^
Comunque, era pieno, pieno, pieno. Jodi Ann ha fatto le riprese della cerimonia ed è sparita, non l'ho nemmeno vista. Giulia invece sfoggiava un decolleté della madonna, che ho visto per benino quando ho abbassato la testa perché mi voleva dire una cosa all'orecchio sopra al frastuono. E poi c'era Antonella, uscita due anni fa, per la quale avevo cominciato a scrivere una pièce teatrale dal titolo "La Marsina". E ancora Bianca, e Astrid, e - no, Camilla no - Silvia e Silvia, siciliane... Troppa, troppa, troppa.
Ora capisco perché i romani vomitavano e continuavano a mangiare.
Uno dei fonici aveva portato un amico appena tornato dalla Siria. Quando il fonico in questione, detto Otto, mi ha portato tequila secca invece di vodka lemon, io gliel'ho passata fingendo fosse acqua. Mi fa
"Ma io l'acqua ce l'ho!" - e mostra una bottiglietta di plastica - "Facciamo scambio."
Io crepavo di sete, quindi mi scolo mezza bottiglia prima di accorgermi che
a) sa di anice
b) brucia
c) è superalcoolica.
Trattavasi di bevanda siriana. Cerco di mantenerla in bocca, inghiottendola a piccoli sorsi, ma brucia da morire e non va giù; sento che sta per provocarmi un conato di vomito, noto che a mezzo passo di distanza c'è un tombino con griglia, cedo. Sputo in mezzo alle risate dei tre che mi circondano e continuo a sputare per dieci minuti, mentre Otto mi rimedia un po' d'acqua.
Arriva Luigi, ubriaco come una pigna, e gli chiedo, mettendogli quattro dita davanti
"Quante sono queste?"
Lui risponde correttamente, ma quasi cade all'indietro nel tentativo di mettere a fuoco. Risate.
Solo un altro sta peggio di lui, ma adesso non ricordo chi era.
Chiacchiero un po' con Uliana, montaggio, diplomata quella sera, e finalmente mi faccio un po' di chiacchiere interessanti. Finisce che le racconto il corto che voglio girare, me l'approva. Rientro in cortile, vado giù, recupero il mio cellulare, mi rammarico di non aver portato niente ai vigilanti al gabbiotto. Sergio sorride e risponde "Male! Dicono tutti così, ma poi nessuno ci porta niente!".
Su in cortile ci sono le due Silvie, Andrea mi chiede come mai non c'è Erica. Sto confondendo momenti diversi della serata, devo dire. Comunque, il pianoforte viene portato dentro da una tredicina di persone al grido di "Oh, issa!" e Nicola si mette a suonare. Silvia piccola vorrebbe cantare, ma la propria convinzione di essere stonata è più forte, quindi canta e stona. Se ne va, se ne vanno quasi tutti, pian piano.
Resta chi deve sbaraccare e restano gli sbandati.
Il concerto sul palco è finito ed è finito anche il dj set ad opera di Sportiello. Gli alcoolici, quelli son finiti da ore. Son quasi le due, e mentre ci intimano di levarci dalle balle, Giulia di scenografia - ragazzetta carina con cui non ho quasi mai parlato - mi vacilla vicino e si confida
"Gli ho battuto i pezzi tutta la serata a XXX, perché non me lo dà?"
Sgrano gli occhi. E' ubriaca, è carina, mi si appoggia addosso, solo il contatto da luogo alla reazione: non posso farci niente è chimica. Beh, biologia.
La consolo, le faccio da supporto.
M'avevano proposto poco prima di andare a fumare il narghilé col tabacco alla mela a casa di Otto. Avevo risposto che accettavo, ma prima dovevo vedere se per caso rimediavo altro, nel qual caso... Eran stati giustamente d'accordo.
"Vuoi vedere che adesso...?" - mi dico.
Giriamo, parliamo, mentre attorno sbaraccano. Ci si organizza. Comunico ad alta voce che ho 4 posti in macchina, ma c'è gente che ancora non si decide. Voglio portare a casa Giulia, voglio portarcela io. Anche se abita vicino, anche se ci sono i coinquilini con lei, anche se dovesse dire muffa. Io ho un debole per le donne forti quando deboli, le trovo adorabili.
Insomma, ci provo. Dice male. Narghilé alla mela.
Prima però porto lei e uno dei coinquilini a casa.

Da Otto siamo in quattro: io, lui, l'amico dalla Siria (italianissimo e archeologo) e Gianmarco, che s'è fatto lasciare sotto al portone convinto che Giulia e Riccardo sarebbero venuti. Altrimenti sarebbe andato anche lui a Testaccio o non so dove, a continuare la serata.
Certo, anche io che me vado a chiude in casa co' tre uomini invece d'annà a Testaccio... vabbè.
Comunque, è stata la parte più piacevole della serata.
Quella dove ti godi la notte, e parli, parli, di tutto, di donne, di vita, di filosofia. Di cultura araba e occidentale, di orizzonti, prospettive... e di scuola. Di come funziona, delle cose che non vanno.
E per un Johnny ubriaco ormai diplomato, seduto sulla sedia che in mezzo al delirio ti parla e tu ti accorgi che non l'hai mai conosciuto, nonostante le chiacchiere intense quando voleva lasciare la scuola dopo il primo e dopo il secondo anno, cosa che non ha fatto anche grazie al tuo piccolo aiuto, per un Johnny che perdi c'è un Gianmarco che acquisti.
E nel cambio, c'hai solo che guadagnato.
Così, tra un tiro di narghilè e un bicchierino di amaro del capo (quattro, per l'esattezza; quant'è bonoooo!) si va avanti fino al momento in cui la coscienza ti richiama all'ordine e ti fa andare a casa. Quando arrivi il sole sta per sorgere, e l'orologio segna le sei del mattino.
Ed ero ancora abbastanza lucido da scrivere un biglietto ai miei
"Sto andando a dormire alle sei: per carità, FATE PIANO!!!"


GrimFang

L'INCREDIBILE Hulk!

Hulk (disperato): "Te lo giùro!"
Altro (infastidito): "Ma nun dì cazzate!!!"
^__^

GrimFang

lunedì 14 luglio 2008

Devo rivedere la lista dei post preferiti?

Certe volte so essere veramente bastardo.
^__^

Oggi mi sono tolto uno sfizio, un'idea che mi bazzicava da giorni nella testa.
Appena uscito dalla metro, dopo aver comprato il tabacco al tabaccaio, ho preso e sono entrato in farmacia.
L'avevo scelta bene: quella dei De Lillo, persone forzitaliote che detesto (anche perché beccate con le mani nel sacco a far brogli elettorali - ma l'hanno scampata, purtroppo). Ma non l'ho scelta per questo, bensì perché supponevo (a ragione) che il personale fosse quasi completamente femminile; e di una certa avvenenza, avendo capito che tipi sono i proprietari. E infatti era proprio così, e sul personale levate pure il quasi, erano solo donne carine sotto i quaranta.
Mi dirigo ad un bancone libero, dietro al quale si trova una donna sopra i trenta, una 'coetanea' caruccia ma non avvenente, con un suo perché. Candidamente domando
"Buongiorno. Scusi, avrei bisogno di un consiglio..."
La gentile commessa, in camice bianco sorride.
"...sui preservativi. Chiedo a lei?"
La poverina sbianca, alza timidamente il dito verso qualcun altro, ma non sa chi scegliere. Non sa a chi fare la carognata. Tutte le altre (tre) sembrano occupate. Lei è libera. Tocca a lei.
Il dito cala, mentre sul suo viso si dipinge prima un'inquieta impressione di smarrimento, poi una consapevolezza di martirio, mentre mi guarda con sguardo supplice e prova a mettere le mani avanti.
"Sì, è che... io non... ecco... non so molto..."
L'esitazione è fatale. Sorrido compiacente e accondiscendente (carogna!) e tronco il balbettio:
"Chiedo a lei."
L'aiuto insperato che sognava da parte mia le muore sulla faccia.
"Allora: vede io ho sempre provato i Settebello, però... mi ammazzano l'erezione."
La bimba va in panico, vacilla.
"...E quindi mi sono detto, quale tipo dovrei provare? Non so, stimolanti, ultrasensibili... fra tutti questi tipi non so orientarmi."
Un lampo di speranza le attraversa il viso.
Per la pudica commessa questo è il Deus ex machina, il suono della tromba dei cavalleggeri quando assaltano gli indiani. Questo lo sa fare.
Mi porta di volata alla rastrelliera dei Durex (solo una fila sotto è piena di Settebello), e mi annuncia più confortata
"Ecco, andiamo direttamente a vedere... questo è tutto quello che abbiamo. In non ne capisco tanto, però..."
Confida nell'aiuto delle scatolette colorate che fanno bella mostra di sé. Confida che sarà il cliente a scegliere. Rimette le mani avanti, sì, ma è volenterosa. E poi, mi ha tolto dal resto della clientela prima che qualcuno possa sentire, e - magari, pensa lei - scandalizzarsi. Riprende confidenza in sé, visto che quello che sta facendo in fondo è professionale. Poverina, me la rido sotto i baffi ma già le voglio un gran bene.
Solo che sono un bastardo.
"E quale dovrei scegliere..?" (finto spaesato, almeno in parte - tutto quanto asserito sopra in fondo è vero)
Eccola di nuovo in panne. Lei che ne sa? L'ultima cosa che vuole è chiedermi quali sono le mie esigenze. Lascia scorrere lo sguardo sulla rastrelliera in cerca di un muto aiuto. Che arriva: su di una scatola legge 'stimolanti'.
"Ecco" - trilla - "Questi sono stimolanti!"
"" - faccio - "Ecco io non capisco proprio, stimolanti, cioè, che fanno...?"
Mentre io giro la scatola per leggere dietro (stimolante vuol dire che ha rilievi e nervature, insomma non è liscio) lei ripiomba nella confusione. Preferisce adottare la tattica dell'indiano, cioè fa finta di non sentire, perché proprio non sa che dirmi.
Io insisto.
"Stimolanti, ecco, non so se sono quello che sto cercando..."
Lei cerca di cogliere un aiuto dalla scatola, ma non si ferma mai a leggere dietro, è troppo nervosa. Legge il 'sottotitolo'
"Eh, stimolanti per lui e per lei..."
Coglie al balzo un'altra etichetta e le viene il colpo di genio: la scatola è la stessa di quella che mi ha dato, ma c'è scritto 4 invece che 6.
"Puoi prendere questa che sono di meno! Così li provi!"
"Ah, giusto!" - dico, ma stavolta l'occhio aiuta me.
"Oh, questi sono sensibili!"
Sensibili. Cos'è, piangono di gioia quando raggiungi l'orgasmo?
"Ma tra sensibili e stimolanti, qual'è la differenza?"
La ragazza è sempre più confusa, ma non in tilt. Cerca di evitare ogni argomento che approfondisca, mentre io mi leggo il retro delle scatolette i cui prezzi stabiliscono che non ha ragione il papa quando dice che la miglior contraccezione è l'astinenza: se non trombo e vado al cinema, mi costa quanto sette scopate! Se permetti...
"Oppure questi..."
Leggo sulla scatola: 'Prolunga il piacere'.
Mi esce naturale: esclamo
"Ah, no! Sono già anorgasmico di mio, se ci metto pure questi..."
Tilt. Tilt. Tilt. Game Over.
La bimba va in palla, quella definitiva. Balbetta qualcosa a proposito del prolungamento del piacere, non della...
"Ah, giusto, prolunga il piacere, dici..."
Scarto una scatola che dice 'più spessi' e affondo
"Questi proprio no. Già sento poco..."
Mentre leggo sul retro di quelli che prolungano 'il piacere', dove a chiare lettere indica che è ritardante perché dentro c'è un anestetico (proprio quello che mi serve, eh?), la ragazza è in confusione totale. Talmente tale, che mi dice con voce trillante, ma meno convinta
"Ah, questi!"
Ed io
"No, quella è la prima scatola che mi hai fatto vedere..." - e le mostro il pacchetto che ho già in mano.
La poverina ha cercato di mantenere un contegno, ed è caduta nell'equivoco solo perché nell'espositore quel prodotto sta su due ripiani diversi. Ma ora che s'è sbagliata è come se avesse rivelato che è completamente nel pallone. Non le rimane che una sola tattica alternativa: defilarsi.
Ci prova, ma prima che si allontani la placco con un'altra domanda
"Un'ultima cosa, scusa, per quanto riguarda le dimensioni?"
Crack. Sento che cede.
Vacilla, mentre indica i king-size e dice
"Ci sono quelli... ma... cioè, sono per... veramente grossi..." - ammetto che qui ha biascicato per cui posso essermi sbagliato, ma dopo è stata ancora più scoordinata, come se si rendesse conto di quello che stava dicendo - "No... sono... misura, normali, tutti normali, tranne quelli... che sono più grandi, ecco..."
"Però non c'è scritto quanto sono lunghi..." - prendo la scatola e leggo dietro - "Ah, sì! C'è scritto!"
La lascio andar via, mentre percepisco che dentro di sé sta ringraziando la vergine Maria per aver posto termine al supplizio. Mi trovo a sorridere pensando che, la prima volta che li ho comprati in una farmacia, in quello stato c'ero io; e nessun farmacista ha fatto nulla per aiutarmi. Però non mi va di chiederle anche la vaselina filante che mi serve per una dermatite; correrei davvero il rischio di farla svenire.
Nel frattempo resto di stucco nel notare come a) la misura del preservativo sia sulla larghezza e non sulla lunghezza e b) i preservativi normali della Durex siano larghi 56 millimetri; i King Size 57.
Basta un millimetro a fare di un uomo un Re?
Berlusconi ha in tasca Pollicino?
Alzo lo sguardo e, tac! E' lì. La scatola che voglio comprare: 9 euro e 45 per 9 preservativi. Tre ultra sottili, tre extra stimolanti e tre ritardanti. Prendo quella.
Vado da lei, che è tornata dietro il bancone e le si legge in faccia che ama sentirsi a suo agio lì dietro, protetta, e che si sta stupendo di non averci fatto caso finora. Aspetto paziente che un cliente saldi il conto, ma passo davanti alla bella signora ch'è in coda.
"Prendo questi" - le faccio - "Così li provo tutti e tre e vedo quale mi piace!"
Lei sorride, annuisce, fa finta di ascoltare, ma è felice nell'anima: sto acquistando e fra poco mi leverò di lì. Fa lo scontrino con la velocità di Schumacher sul rettilineo di Magny-Cours, pago, saluto ed esco.

Certe volte, so benissimo di essere un grande attore.
Una volta fuori, sfilo davanti a una gran bella donna che va nella mia direzione. Mi comincio a rollare una sigaretta, mi fermo, lei mi supera. Le lancio un paio d'occhiate. Lei si ferma, la supero a mia volta. Poi, le mani sempre impicciate dal pacchetto di tabacco, mi fermo più avanti ed apro lo zaino, dove ho messo il sacchetto della farmacia. Tiro fuori il pacchetto e mi metto a far finta di leggere.
E quando è vicina, tac! Lo rimetto a posto, ma, oh! Che sbadato. Con le mani impicciate il sacchetto è rimasto dentro, ma la scatola da 9 preservativi è caduta per terra!
La mia faccia era un capolavoro di naturalezza: la faccia di chi davvero s'è stupito della propria goffagine e poi si rende conto dell'imbarazzo che può creargli ciò che gli è caduto per terra. Me la sento addosso quella faccia, con la consapevolezza di tutta la coscienza sporca che c'è sotto. Mi verrebbe da farmi gli applausi! ^__^
La scatola gialla è per terra, quasi le è caduta tra i piedi. Si ferma, intuisco che si chiede se chinarsi a raccoglierla, visto che ho le mani piene. Una frazione dopo intuisco che ha capito di che si tratta, e mi chino a raccoglierla io. Prosegue, mentre la rimetto a posto, scompare dietro l'angolo.
Dopo un po' giro l'angolo anch'io, ed eccola lì, ferma, in compagnia di un gruppo di conoscenti che sta lì. E mi squadra con una profonda occhiata.
Sta cercando di capire se l'ho fatto apposta.
Io faccio finta di niente e tiro dritto.
^___^

Qualcuno vuole tre profilattici ritardanti?


GrimFang

venerdì 11 luglio 2008

Un mondo di buste

momo: cmq...BUSTA nn l'avevo mai sentito...
me: è una nuova terminologia
secondo alcuni è una forma breve per
"Busta de piscio" [dal dizionario Rauros]
traducibile come
"sei simpatico come lo scherzo di tirare una busta piena di orina"
momo: sintetici voi
quasi ermetici...
me: ^__^
secondo altre traduzioni invece Busta viene da
"Busta da lettera"
da intendersi nel senso, tutto italiano, di
"Sei affidabile quanto le poste"
momo: ahahahaha
me: ...se vuoi continuo
momo: me fai morì!:D
me: vediamo se mi viene in mente altro...
secondo altre interpretazioni [Bongiorno]
si riferisce al detto
"Busta uno, busta due o busta trèèèh?"
che per alcuni è solo un rafforzativo delle precedenti accezioni
per altri invece è legato alla tradizionale fortuna degli italiani
che nei quiz a premi non fanno che scegliere la "busta" peggiore
momo: grimfang = fonte inesauribile di stronzate...
:)
me: son caduto nel paiolo da piccolo...

Come riportato nel breve stralcio di chat soprastante, la "busta" è generalmente un personaggio che ti molla una grossa sòla [cfr.] o, per converso, la sòla stessa.
"Sei una busta" o "bella busta che m'hai dato", ad esempio.
Alle tre ipotesi cui si riferisce la genesi dell'accezione, di cui sopra (busta della spesa, busta da lettera e busta di gioco a premi, che è quasi sinonimo di pacco [cfr.]), è soprattutto alla terza che si rifanno le espressioni complesse che trasformano il termine "busta" in frasi idiomatiche.
"Busta de piscio" è certamente la più diffusa, ed il senso ne è stato esplicitato nella discussione più sopra. "Busta de vomito", invece, è una forma più rara, che non sottintende una forma scherzosa come il lancio della busta della prima. Di per sé si tratta di espressioni affermative: in genere si è una "busta de piscio/vomito" e non la si dà.
In particolare, la seconda espressione tende a sottolineare le capacità di ampiezza e costipazione delle buste da spesa, per esprimere significato di "grosso concentrato di bruttezza/scarti rigettati". A differenza del piscio, infatti, il vomito può essere inteso anche come gradino più basso in termini di criteri estetici, da cui la bruttezza, oltre che nei più prosaici termini di "roba indigesta". La "busta di vomito" può dunque essere intesa sia nei termini comparativi di "cesso terrificante" che in quelli propriamente appartenenti alla simbologia delle "buste" in genere, cioè "grossa/o sòla".
E' in questa accezione che vanno intese tutte le "buste" seguenti, attribuite da Federicone alla cena post-Ludika a tutti gli intervenienti.
Va notato a margine come l'espressione "busta de puzza" risulti al sottoscritto come forbito neologismo, apparentabile all'atto di scorreggiare in un sacchetto e poi porgerlo simpaticamente ad un amico dicendo
"Tié, annusa!"

LE BUSTE DI LUDIKA 1243 - VIII EDIZIONE
Concesse e attribuite da sua Maestà Federicone Babbaleo III

In ordine sparso (nel mio cuore sotto tutti ex aequo al quarto posto) le buste di Ludika 1243 VIII edizione, per il podio e le menzioni d'onore invece si vada alla fine.
Nota: per alcuni ho avuto difficoltà perché quest'anno si sono comportati quasi bene, comunque et voilà

Robby: la sua busta è stata venire mercoledì a mezzanotte e andarsene il giorno dopo...
Maurini: la sua busta è stata quella di non fare buste!
Vale: la sua busta di non riuscire a farsi rompere il naso pur mettendocisi tre persone d'impegno!
Momar: la sua busta è stata quella di essere sempre in scena, ma di non essere mai pronto...
Federichino: la sua busta è di essere stato lo Zanni più schifoso del mondo durante la parata della battaglia...
Lalla: la sua "quasi" busta è stata quella di non voler suonare, anche se alla fine si è ripresa...
Renatino: la sua busta è stata quella di andare tutti i giorni a dormire a Orte e di essersene andato via senza salutare...
Eriz: la sua busta è stata piccola, infatti non ha praticamente fatto buste, se non quella delle preparazione della famosa insalata di sabato ("Aho, aspetta 'n attimo, me sto a' asciugà i capelli!!!")...
Katia e Max: la loro busta cumulativa è stata quella di mangiare in taverna quando abbiamo fatto la cena finale!!! (Con questa busta hanno sfiorato il podio...)
GrimFang: la busta in realtà l'ha presa, perché è dovuto tornare a Roma a caricare, la macchina di fuffa...
Marty: la sua busta è stata quella di cercare di fare finta di non essere una dei nostri, ma alla fine non ha resistito...
Alessius: la sua busta è stata quella di farsi offrire troppi cappuccini...
Momo: la sua busta è stata quella di averci tradito domenica, per uno spettacolo che sicuramente non sarà neanche andato bene...
Claudio: la sua busta è stato di andarsene prima, e pensare che l'avevo pure messo a dormire con Erika!!!
Feda: la sua busta è stata quella di fare troppi esami (a proposito come sono andati)!!!
Serenella: la sua busta è stata quella di aver messo me (con 2 ernie) e il Vitroni (con 2 di ferritina) a capo dei due eserciti!!!
Chiaretta: la sua busta è stata quella di vergognarsi di essere mascherata quando passava davanti ai suoi amici ("non hai capito, quelli mi conoscono!!!")...

Ed ora le MENZIONI D'ONORE:
[ovvero, di coloro che ci hanno affiancato a Ludika, ma non fanno parte del gruppo]

Ludykantes: la loro busta sono stati i nodi busta, ed essere ormai più bravi di noi... [i famosi nodi dei banchetti, tutti da rifare]
Roscio: la sua busta è stato il perenne bongo ed essere diventato il Grande Gambero Roscio...
Caschetto: -NO COMMENT- [Busta assoluta, vedi sotto]
Yogurt & Ygramul: se ci fosse un premio Oscar per le buste Daniele Pittacci, Simoncione e Isabeau lo avrebbero vinto per la notte di sabato, ribattezzata la "Notte delle Buste"... [si tratta della notte alle pozze, diventate per Federicone un inferno proprio a causa della "bustosità" di tutti loro, Caschetto in testa]

E ora IL PODIO:
[a ciascuna dichiarazione, sua Maestà Babbaleo consegna una effettiva busta, tipo Kuki, con sostanze simili se non autentiche]

III POSTO (busta di vomito)
- Il Presidente: che prima ci ha fatto portare tonnellate di pali in ludoteca per poi non sapere dove metterli...
II POSTO (busta di pus)
- Vania: che da quando ha scoperto il magico mondo dei SMS non fa altro che sbonballarci i maroni!!! Non ultimo il copione busta inviato per SMS a Gab...
I POSTO (busta di piscio)
- vince incontrovertibilmente per aver dimostrato il senso organizzativo di una nutria il premio Busta di Ludika 1243 (Bustika)...
...
...
...
...
...
Gabriele!!!

Dopo un cerimoniale del genere, non posso non annotare a margine come cavolo abbia fatto il sottoscritto a scordarsi di menzionare il fatto che nello spettacolo di giovedì, nel fare le capriole sopra i compagni distesi a terra (tra cui me), il tallone (o il ginocchio) di Gabriele abbia impattato clamorosamente col viso di Vale, fratturandole uno zigomo proprio vicino al naso.
La poverina, bestemmiando in aramaico, è scivolata via dallo spettacolo senza che nessuno se ne accorgesse, correndo a mettersi il ghiaccio sulla faccia, ed è rimasta per tutti e quattro i giorni col viso gonfio e tumefatto. E' stata in quell'occasione che Erika si è "sdebitata", portandola al pronto soccorso con Vania a quell'ora fonda della notte (dopo la chiusura ufficiale della piazza, intorno a mezzanotte). Se si può dire "sdebitarsi" quando sull'altro piatto della bilancia c'è un altro viaggio Viterbo-Roma e ritorno con carico di materiale a teatro il tutto sotto a un sole abissino...
Ma la sfiga di Vale non finiva lì.
Il sabato notte successivo, giaceva distesa su di un tavolo durante una scena del terribile filmino sperimentale de "La Nanna" (interpretata da Maurini), nella quale Lalla e Martina, con indosso inquietanti maschere (assai restrittive per la visuale) e con in mano due grossi dadi da sei in cartone, le stavano esattamente dietro. In quella scena le due mascherate lanciano i dadi in aria e...
...i dadi impattano tra loro, cambiando la traiettoria e finendo - uno dei due - con cecchina precisione proprio sulla frattura di Valentina.
Ecco perché nell'attribuzione dei premi busta si parla di ripetuti tentativi di rompere il naso a Valentina...
Eppure, una volta a casa, la fanciulla ha spedito la seguente mail, per noi tutti:

non l'ho mai fatto ma voglio ringraziare ognuno di voi perchè ognuno è stato unico e insostituibile!
grazie a Serenella perché mi fa ricordare ogni anno come, anche con tante cose da fare per i suoi figli è in grado di far vivere le sue passioni con sorriso!
Grazie a Omar perché mi ricorda di avere un pò più di rispetto per me stessa senza aver paura di dire quello che penso!
Grazie a Rober perché mi ricorda che non riuscire a nascondere quello che si è e quello che si sente spesso è una grande qualità!
Grazie a Chiaretta perché dopo anni ho truccato i suoi occhi che crescono sempre di più ma sono sempre quelli della nostra piccola giullarina!
Grazie a GrimFang perché mi ricorda di quante volte possiamo essere gentili con gli altri anche quando siamo incazzati neri!
Grazie a Erika perché mi ricorda che la pigrizia a volte è necessaria per rispettare di più i nostri spazi!
Grazie a Gab perché sto ritrovando il mio vecchio amico! E perché mi ricorda che una strada con le curve ce la creiamo solo noi.... però basta ginocchiate eh....
Grazie a Lalla perché è magico il suo essere così spumeggiante con tutti e pungente quando serve! ma senza oggetti cubici in mano grazie!!!
Grazie a Marti perché mi ricorda che l'ironia è essenziale per la vita! ma basta gioco d'azzardo con dadi e oggetti simili ok?
Grazie a Kulo perché mi ricorda che non si corrono strade lunghe senza allenamento!
Grazie a Babbaleo perché mi ricorda che non c'è ernia che tenga quando si vuole stare bene lo stesso e sorridere alla vita
Grazie a Federichino perché mi ricorda che bisogna insistere per fare quello che si ama!
Grazie a Momo perché sei un concentrato di Peter Pan che amo molto nelle persone!
Grazie a Claudio perché non hai paura di mostrare la paura quando ami qualcuno!
Grazie a Feda che sentivo a kilometri di distanza che avrebbe dato tanto per stare con noi!
Grazie a Max che nel suo equilibrio di persona adulta riesce ad essere anche piacevolmente infantile e cazzone e mi ricorda che lamentarsi ti fa perdere sorrisi!
Grazie a Katia perché è l'incarnazione della gentilezza!
Grazie a Vania perchè racconta forza e fragilità che sono in grado di ricaricare le batterie in qualunque momento!
non posso non ringraziare il Roscio! Grazieeeeeeeeeeeeeeeeeeeeeeeeeeeeeeeeee

...Lo sapevo mi sono dimenticata del grande Alessius che non leggerà la mail ma non fa niente!
che dire sfiderei chiunque ad avere la sua spontaneità.... soprattutto negli spettacoli!


Che dire...
...io a questo punto m'ero quasi commosso.
Buste o non buste, ogni anno riusciamo sempre a farcela.
E a farcela bene.
Un abbraccio,


GrimFang

giovedì 10 luglio 2008

Tegole

Ci sono momenti nella vita in cui le tegole precipitano da chissà dove e ti prendono tra capo e collo.

Proprio come la pigna che ieri è andata a schiantarsi sulla panchina a cinque centimetri dal mio ginocchio e a dieci da quello di Vincenzo, facendo un botto terribile. Un vero proiettile, che se ti piglia ti stende.
Se ti piglia, appunto.
Stavolta non ha preso me, ma gente cui voglio un mondo di bene.

La botta è arrivata con la chat di Gmail. Era il Digia, che mi scriveva a razzo su più righe una serie di notizie. Quindi è arrivata male, anzi, peggio.
Perché lì, mentre leggevo, alla terza riga c'era la notizia più bella che potessi aspettarmi.
Era lì, davanti a me, la leggevo e sentivo la felicità gonfiarsi nel petto, le labbra che si stiravano in un gigantesco sorriso, pronte a mormorare un rimbrotto muto verso chi quella notizia me l'aveva nascosta. E più la leggevo più m'immaginavo le facce, le emozioni, i sorrisi, e sentivo profondamente dentro di me, per empatia, la felicità e la gioia che provavano i miei amici. Anche se solo per un istante.
Ma in quell'istante vai avanti e leggi la riga successiva.
E cade la tegola.
Quello che pensavi ti rimane stampato sulla faccia, nella paresi di un sorriso che da gioioso è diventato agghiacciante parodia di se stesso. Il petto gonfio si cristallizza: sparito l'orgoglio resta solo il vuoto, tra pareti di cartapesta. E l'immaginazione, talmente vivida da renderti consapevole in pieno di quale portata possa essere stato l'impatto sui tuoi amici, diventa la porta dalla quale entra il vento che manda a male tutto ciò che c'era prima di bello. Il frizzante guizzo che ti sentivi nelle vene si fa solido e diventa veleno; il pensiero quasi commovente della notizia di prima diventa il crinale di un pianto che non esce, e che ti aiuterebbe a sfogarti un po'.
Dirlo ai colleghi che hai intorno aiuta, ma non basta. Non è la solidarietà di un viso amico o di un conoscente che può tamponarla: è la presa a male peggiore, quella che prima t'illude e poi ti disinganna. Devo mollare la postazione ed uscire a fumarmi una sigaretta.
Per metafora potrei dire che è come quando ricevi il regalo più grande che apri per ultimo; lo scarti, e dentro c'è una cosa che t'interessa nulla. Avevi delle aspettative grandiose, e ti ritrovi con un pugno di mosche. E improvvisamente, ti ritrovi a guardare con invidia gelosa i regali di tutti gli altri.
E' San Pietro che ti spalanca le porte del paradiso e dice
"Guarda! Questo è il Paradiso! ...ma non è per te." - e le richiude.
E' la gioia che va in cancrena.
E la coscienza di sapere che per loro è molto peggio peggiora le cose.

La giornata lavorativa passa in una sorta di anomica confusione, disorientato, nel pallone, in cui non è che ciò che avevo intorno avesse poi più molto senso.
Non sai che dire, non sai che fare, e non hai più voglia di fare niente. Te ne staresti volentieri in un angolo a compiangere te stesso ed i tuoi amici, e aspetti solo di andare a dormire. Due certezze le hai: come concorda Paolo, una simile pessima notizia se arrivava dopo era incomparabilmente peggio; e loro sanno che possono contare su di te, per quel che serve.
Anche se è retorico, però, dovresti dirglielo. Fargli sentire che sei vicino.
Ma, per parafrasare il cinema, ti senti nella condizione del
"E che te devo dì? ...E pure si te lo dico, che t'o dico a ffà?"
Ho provato a digerire la botta.
Non ho cercato la compagnia, ma il tabacco, la solitudine e il silenzio. Il cellulare nella mia mano ha formato un numero, ma non mi ha risposto nessuno.
Forse meglio così.
Non so se avrei trovato le parole.

Persino Momo, a mezzo chat, sulle prime non m'è stata troppo d'aiuto.
Lei, che la vita le sorride solo quando la scambia per un'altra e nonostante tutto è un concentrato d'allegrezza. Lei, che nella vita ha vinto bene perché non ritiene una cosa seria giocare per vincere. Lei queste cose non le capisce.
E chi le capisce?
Vuotare il sacco su quanto ci sia rimasto male m'ha aiutato ad affrontare meglio la giornata.
E poi, pian piano, Momo e altri m'hanno aiutato a ricordare, a tornare coi piedi per terra, nel mondo reale ch'è migliore di quello che c'immaginiamo.
A ricordare che lui, nonostante la caduta verticale e velocissima dall'altezza cui l'avranno spinto le sue aspettative, è, sarà e resterà sempre il cazzone che è, in grado di tirare fuori tutto il buono ed il bello in cui consiste il vivere e di condividerlo con gli altri. Che è e resta l'uomo in grado di rialzarsi e ricominciare a camminare nonostante le botte subite; che ha una fonte profonda di gioia da cui pescare a piene mani per farne una pomata da mettersi sulle ferite.
A ricordare che lei, cui il dolore deve aver dato una coltellata terribile, è, resta e sarà sempre la donna che cammina trotterellando col sorriso sulla faccia, la donna con una "serenità leonina" che la spinge avanti oltre gli ostacoli, piena di fiducia verso tutto ciò che viene e la attende. Che non rinuncia, che non si arrende; che ha un'altrettanto fonda risorsa cui attingere per colorarsi la vita.
A ricordare che si amano, che si sostengono l'uno con l'altra fin quasi ad essere invincibili l'uno accanto all'altra.
Ora che ci penso, somigliano maledettamente a questi due, dal film "Sky high"!

Ecco perché in fondo, nonostante la tristezza, sento che si è trattato di un attimo.
L'intrinseca vitalità che hanno non verrà meno. Nulla verrà meno.
A priori, a prescindere.
Vi voglio bene, ragazzi.


GrimFang

sabato 5 luglio 2008

Se qualcuno ruba un fiore per te...

...spiegagli la curva dell'inflazione.

No, dico, la benzina a Roma ha toccato vertici da capogiro - "nella misura in cui il prezzo delle uova"... ^_-
Sta a qualcosa come 1,547 o su di lì.
Ora, qualcuno mi deve spiegare perché il distributore a Cura di Vetralla davanti casa di Serenella la vende a 1,489 e persino quello Q8, che non è una compagnia indipendente come quello di Cura, in faccia a Porta Romana a Viterbo la fa a 1,479. A Roma sotto il muro dell'1,5 non si trova niente.
A me, questo fa incazzare: non si può certo dire che Viterbo sorga lungo le direttrici del trasporto stradale o ferroviario, no?
Allora com'è possibile che lì - dove la benzina arriva in autobotti che si fanno un mazzo così lungo strade tutte curve - il prezzo praticato al dettaglio venga così tanto meno? Cos'è, ci passa un oledotto sotterraneo? Sgorga direttamente dai pozzi?
Devo pensare che a Roma costa di più proprio perché siamo romani? Una sorta di pregiudizio razzista che ci vuole tutti ladri quindi ricchi, come vogliono Bossi e camicioverdisti? No, perché non mi pare che pure se vado ad Ariccia o Ardea il prezzo della benzina si abbassa a così tanto meno...
Io, visto che SO leggere e scrivere, il pieno l'ho fatto, all'andata a Ludika, e anche il rabbocco al ritorno. E mo' che ci vado martedì lo rifaccio ancora, non si sa mai. Chissà quando li rivedo, 'sti prezzi. Tuttora giro con la benza viterbese e pavento l'attimo in cui sarò costretto a tornare dal benzinaio...

Ludika è una sorta di strana magia.
Come vi dicevo, tutti gli anni parto stressato, nel panico, con un maledetto bisogno di riposare che so che per tutti quei giorni non avrà mai seguito. C'è da fare, sempre da fare, tanto da fare; e vigliaccamente ciascuno di noi ritaglia lunghi angoli di fancazzismo, che servono a staccare dallo stress, ma sono attimi consapevoli di quanto tu stia, in effetti, togliendo a Ludika. Chi, come me, non s'è ritagliato grosse competenze, si sente comunque salvo: non sono tagliato per fare il Mastro di Piazza o l'Imbanditore (^__-) e tutto quello che riesco a fare come compito o riempitivo è tanto di regalato. L'aver fatto, quest'anno, una lunga partita al gioco delle "asce svedesi" che abbiamo comprato a Giocaroma, m'è sembrato un bel momento. La gente si fermava a guardare quegli strani lanci di pioli di legno contro blocchetti di legno, quasi fosse una sorta di gioco delle bocce dalle regole strane... Peccato che giocare sui sanpietrini in discesa non sia l'ideale, che la partita sia durata a lungo e che le esigenze di piazza richiedessero di liberare il luogo entro una certa.
Per il resto, io invece sono una persona sempre disponibile. Cioè, attendo ordini: che ci sia una cosa da fare a S. Carluccio, montare le torce, avvisare qualche standista, fare il galoppino con la Tana o altro. E forse questa figura versatile è quella che serve di più in una simile manifestazione. E' per questo che siamo in tanti; i Ludykantes al gran completo, quelli di Elish... Sono pochi quelli che hanno specializzazioni, tipo Momar con l'impianto stereo o Vale ed Erika coi trucchi. O anche Kino che si fa tutte le parate perché ama la sua maschera da zanni. Io invece faccio, stacco, e mi fumo una sigaretta.
Quanto fumo, a Ludika.
Ed ogni volta che fumo, osservo. E mi godo la piazza.
Che siano i cinque metri scarsi del cancello del chiostro di S. Carluccio, o sia il vagabondare nel perimetro della piazza, da solo in silenzio o fermo a chiacchierare con gli amici e i conoscenti, è il mio modo di rendermi conto di essere lì, parte di Ludika.
Quest'anno mi sono tenuto parecchio in disparte, gustandomi un po' di più la solitudine, e la calma che ne consegue.
Ho evitato gli sguardi della sorridente e popputa biondina dello stand delle fate, suppongo per evitare di aggiungere ansie ad ansie, anche perché ho un vago ricordo di sapere che quella ragazza dall'aspetto attraente e dolce sta fuori come un balcone. Idem per le due trampoliere omonime, le Federica, che ci hanno raggiunto non ricordo più se venerdì o sabato (più probabile la seconda) e che hanno diviso i nostri spazi di dormitorio, in particolare il mio. Anche se la Federica dal viso più dolce continuava ad attirare i miei sguardi. Ma: no.
Ho tagliato il problema alla radice, e mi son dedicato ad altro.
Al massimo, ho provato a far passare qualche mal di testa e mal di pancia a Ludykantes vari, maschi e femmine. Sì, coi colori.
Diciamo che sono stato più serio. Un po' troppo.

Eppure, al momento di andare in scena venerdì, dopo un filaggio più serio per via del cazziatone del giorno prima, erano due le cose ad avermi calmato: il lungo ripasso personale, effettuato in solitaria, ad occhi chiusi sulla pagina precedente del copione che stavo ripassando; e la chiacchierata con Momo.
La chiacchierata con Momo perché mi ha dato quello che ricercavo prima dello spettacolo: i complimenti. Perché mi ha dato il metro di paragone con tutte le altre volte che mi son cagato sotto prima di andare in scena. E perché mi ha dato dei paralleli con quello che vivono tutti gli altri, lei in testa, e che io non sento di vivere.
Perché per me andare in scena non è vitale, né di fondamentale importanza. Non è un motivo di vita. Perché il mondo non mi si trasforma, non mi sento improvvisamente su di un palco, forse nemmeno al centro dell'attenzione; forse già più mi sento parte di un qualcosa di allargato, eppure non mi sento fuso nel gruppo.
O almeno, se accade, non lo percepisco, o non lo ricordo.
E allora, mi sono chiesto quando Momo s'è allontanata, perché lo faccio?
Perché vado in scena? Cosa cerco di ottenere?
Domandarmelo mi ha inevitabilmente calmato, spostando altrove l'attenzione.
Di sicuro una prima risposta è mostrare quanto sono bravo. Concetto assolutamente privo di termini di competizione che non siano con me stesso, altrimenti non avrei rinunciato così facilmente ad avere ruoli centrali. Certo, Fortunino è protagonista quasi assoluto de "L'amore degli Zanni", per numero di battute e presenza in scena, ma è stato il primo lavoro, di quattro anni fa. Da lì in poi ho avuto ruoli un po' più secondari, cercando di affinarli, magari, compatibilmente al tempo ed alle energie che potevo dedicargli, e cercando al massimo di... reggere il gruppo, caratterizzandoli allo stesso tempo con quelle particolari peculiarità che li rendevano miei, e unici. Come la vedéta de "I segreti di Viterbo" e la sua battuta in pseudo-venexian, che diceva "Ma voi i xe màti!!! Che mi, poderìa sèr 'lastico come la cortaxa rossa de n'albaro, ma me, g'ho ben presente ne la testa la fin de un oeuf sbatù giò par tèra!!!".
Persino nello spettacolo di questo anno, il ruolo di regista come Momar - centrale per la trama, non come numero o lunghezza di battute o di presenza in scena - non l'ho scelto io, ma mi è stato assegnato d'ufficio, dietro insistenza di Momar.
Mostrare quindi quanto sono bravo e ricevere applausi di conseguenza, dunque. Ricevere plauso e riconoscimento, a testimonianza che questa è una cosa che so fare bene. In passato, m'è stato anche gridato durante lo spettacolo quant'ero bravo. Certo, sbagliando il nome, ma questo è secondario... ^__^
Eppure...

Anche se la mia è una lotta individuale per emergere ed al contempo sostenere il gruppo, tutti i martedì passati a fare laboratorio, non sono forse anch'essi parte di quest'andata in scena e di tutte le successive? Non c'è forse un ruolo che io stesso mi ritaglio ogni giorno nel succedersi delle prove, delle settimane?
Non è dunque possibile che anche per me invece andare in scena sia vitale, non foss'altro per riempire di senso l'investimento di energie e tempo e denaro di un percorso lungo un anno?
Non sarà forse che sono solo troppo emotivamente distaccato per avvertirlo?
Divertirsi, diceva Momo, pensare che siamo lì, in quest'atmosfera magica e caciarona, tutti insieme, a condividere difficoltà e disagi, entusiasmi e fallimenti; che lasciamo il resto del mondo, il trantran quotidiano dietro, alle nostre spalle, e che ci consentiamo questa bolla miracolosa ed infantile, con cui giochiamo, danziamo, cantiamo, prima di ritornare per forza di cose più ricchi alle nostre esistenze.
Ecco, io non riuscivo a sentirla. Non bene.
Momo mi chiedeva a questo proposito, in quali momenti mi sentivo felice. E non sapevo risponderle. Poi, piano piano, uscivano fuori degli attimi lucidi: una chiacchierata con Polpaccini, uno stendardo ghibellino che sventola...
Forse non più con le forze di un tempo, e con gli acciacchi dell'età, del dormire scomodo, dell'aver ridato a Federicone il suo materassino ed essermi arrangiato con dei cuscini trapezoidali di un divano col risultato di essere scivolato per tutta la notte verso il lato basso a sinistra... Dell'aver comprato un paio di Superga sabato al negozio di Andrea, di esserci andato a far la spesa senza calzini e di essermi rimediato due brutte vesciche ai mignoli...

Ma quando siamo andati in scena venerdì sera, tutto ha preso una piega diversa, lasciando le storture alle spalle, e donandomi di nuovo una testa senza pensieri.
Due anni fa andammo in scena dimenticando nello spogliatoio la rete da pesca che dovevamo aprire e distendere nella prima scena. Ce ne rendemmo onto lì e rimediammo con la "rete invisibile" proposta da Martina: che funzionò meglio, e ci regalò per assurdo la tranquillità di sapere che potevamo sbagliare, che eravamo tutti sulla stessa barca e che in fondo non bisognava a tutti i costi remare ciascuno dalla sua parte.
Anche quest'anno è andata così, perché alla prima scena, tutti in coro, senza esitazioni, abbiamo sbagliato canzone.
Un'altra. Che veniva solo molto dopo, ma che aveva la pecca di essere stata cantata e stracantata perché era diventata su indicazione di Vania, beh, su abuso di Vania, una sorta di jingle di Ludika.
"Un evento medievale colorato come un giullare", appunto.
Ma abbiamo toppato tutti, e in pieno, e abbiamo capito che eravamo sulla stessa lunghezza d'onda, e che potevamo anche mandare in vacca la serata perché non avremmo sbagliato nel recuperare. Ed è stata una grandissima serata. Io che, nei quattro giorni di Ludika, sono andato avanti a Gatorade e similia, scoprendo nella Ludykantes Martina una consimile che poteva anche fungermi da pusher d'integratori, quella sera non ne ho sentito il bisogno; m'è bastato un po' d'acqua. E quando siamo ritornati in piazza, dopo il debriefing (la riunione post spettacolo abituale) e dopo la chiusura che non voleva chiudere la giornata, con le fiammate di gioia dei nostri mangiafuoco Ludyka e Ludykantes e soprattutto il BONGO del Roscio, che Dio l'abbia in gloria - che ci ha riportati alla non-chiusura della V (o VI?) edizione di Ludika, la più bella in assoluto - io ero leggero come non mai. E anche grazie a un paio di bicchieri di vino mi sono gustato la spelndida sensazione di trionfo che avevo in corpo, centellinadola e sezionandola pezzo a pezzo grazie all'avviso di Momo.
Quand'è che sono felice?
Adesso.
Perché?
Perché ce l'abbiamo (noi, e non solo io) fatta.

Dentro si festeggiava, fuori si festeggiava.
Si suonava in piazza, poi nel chiostro per far sgomberare la piazza, poi nuovamente fuori per non rompere le palle nel chiostro.
Fuori, con la chitarra, si spostano i Ludykantes a seguito del menestrello dalla rima improvvisata e baciata, col physique del rubacuori e l'accento di Baulàgna, simpatico e schivo. Gli irriducibili del "batto con qualsiasi cosa purché si continui a fare musica", gomito già alzato da tempo e testa in trance, non consentono al Roscio di uscire col bongo, pena il doverlo dividere con questa manica di a-ruotati in apparente crisi d'astinenza. Suonano con le stecche per terra, sulle bottiglie, ampolle, sanpietrini, e persino sul secchio di metallo che giungerà a fine serata deformato.
Ma oltre agli Afterhours, Bandabardò, ai classiconi come Contessa in versione MCR, a Guccini appena accennato... è la taranta improvvisata a stregare.
Infinita, lunga, elettrizzante, piena di energia.
Io sono in serata, sputo rima baciata su rima baciata, Alessio è tarantato, ma ha problemi a sciogliere la rima e s'impappa, però combatte perché vuole a tutti i costi partecipare. Come nelle migliori tradizioni di sfide di poeti cantori tra me e Pierre menestrello parte un botta e risposta in cui tra galanterie e ironia diventa centrale oltre alla figura della donna una bottiglia di vino che ci hanno lasciato. E trinco, trinco mentre canto, preoccupatissimo quando le botte di percussione del ragazzo alla mia sinistra, assatanato, rischiano di rovesciare la bottiglia. E mi sento più leggero, e innamorato della vita. I Ludykantes si spaccano dalle risate - ecco, questo è un momento magico - e mi ripassano la bottiglia ogni volta che cerco di liberarmene; ed io canto anche di questo, con versi come "e se non volete che mi rovino / a questo cantore togliete il vino", ma anche "amico vi consegno questo dispaccio / passate la bottiglia che ci rifaccio". ^__^

Finita la bottiglia e la taranta, chiusa da me con un paio di versi sulla lunghezza del brano, e da Pierre con un'ultimo verso efficace, mi sono ritirato al chiostro, recuperando il secchio e le bottiglie su cui suonavano gli ultras delle percussioni. Dentro tra Ludyka e Ludykantes c'era una chiassosa confusione che mal s'addiceva al mio stato d'animo, così sono tornato nel cortile interno.
Mi sono sdraiato su di un tavolo della gastronomia, nel chiostro, a guardare le stelle.
Cercavo di richiamare alla mente il cielo di Heidelberg, tanti anni fa, quando mi sembrò di precipitarci dentro, mentre ero sdraiato sul tavolaccio di un campeggio.
E quando è venuto Polpaccini l'ho invitato a fare altrettanto.
E quando è venuta Momo, anche lei.
Ed eravamo in tre, i tre più fusi di Ludika, ciascuno a modo suo, a ricercare la poesia laddove ancora c'è spazio. E a ridere, ridere, ridere chi più ne ha più ne metta. Complice anche il fatto che - io in mezzo - se Polpaccini parlava, Momo non sentiva, e viceversa, quindi io facevo da passaparola.
Poi sono arrivati gli altri e dalla poesia e dalla filosofia esistenziale e tutti gli alti argomenti della vita s'è passati alla politica. Discussione coinvolgente e appassionata, in verità, ma che ha decisamente chiuso la serata, mandandoci tutti a nanna contenti dopo aver spillato ancora qualche bicchiere di vino alla spina.

Sabato mattina, mi decido a farmi una 'doccia' a secchiate nel chiostro, come avevano fatto un paio di noi il giorno prima. Adesso ricordo meglio: Momo è salita giovedì, e durante il nostro spettacolo a piazza S. Carluccio spiegava al pubblico che cosa stava accadendo, inventando di sana pianta, tanto che per lei nel finale lo Zanni ha vinto (mentre invece veniva inghiottito dal Drago), perché "l'amore vince su tutto". ^__^
Ah, come si vede quando una donna è innamorata! =)P
Le trampoliere invece sono salite sabato, col cane.
Ed è stato venerdì sera che tutti si sono radunati su nella saletta-dormitorio Ludyka a decidere che film vedere tra quelli che aveva portato Vania, come fa tutti gli anni. La scelta era caduta su "Omen", che m'impressionò assai da piccolo e che ho evitato di vedere ritirandomi a nanna dopo i primi quindici minuti.
Comunque, la battaglia campale era domenica e non sabato, quindi sabato era più tranquilla degli altri anni. Ed in più era il compleanno di Momo, che la sera avremmo festeggiato alle pozze. Quindi era più una giornata da dedicare allo svago.
Il pomeriggio in piazza con Gabriele, Polpaccini e un altro paio di Ludykantes ci siamo sfidati alle asce svedesi, poi c'è stata un'operazione stile James Bond per raccogliere i fondi e scegliere il regalo per Momo.
Infatti, l'ignara fanciulla, nei giorni precedenti con più d'uno di noi s'era lasciata andare - in maniera completamente ingenua - ad apprezzamenti nei confronti di diverse mercanzie presenti sulle bancarelle, ed anche a qualche commento sul genere "sto ancora troppo dentro al clown [da quel mondo proviene] mentre vorrei entrare di più nel giullaresco", di cui puntualmente ciascuno di noi aveva preso nota mentale. Ad esempio io avevo notato che le piacevano un paio di scarpe di cuoio medievali - e vista la frase di cui sopra sembrava particolarmente azzeccata come scelta - ma il prezzo le cassava dalla scelta. Momar e Federichino erano stati invece testimoni d'altro e quindi, mentre la fanciulla era impegnata nella stesura degli indovinelli per la caccia al tesoro per i bimbi [nella quale avrei fatto il Magister, chiedendo le casate corrispondenti a quattro bandiere rappresentate alle mie spalle] io e Momar in punta di piedi risolvevamo la questione regalo, infilando il voluminoso pacco sotto la mia veste a mo' di panza.
E poi, di nuovo il momento dello spettacolo, stavolta però non dopo quello del Ludykantes, bensì dopo quello di Saltymbanco e di Yogurt. E risalgono i ricordi di Granada...
E dire che martedì, in un lapsus, avevo anche chiamato Grazia (di Yogurt) Cristina; che era sempre una ragazza di Yogurt che però quest'anno non partecipava. Vedere tutte quelle facce conosciute a cena, che non vedevo da quasi un anno; anche quelle facce 'piacionicamente corteggiate' all'epoca del viaggio in Spagna, prima fra tutte Barbara di Saltymbanco, che mi ha regalato ETo, appeso nella mia macchina... E non poter dar loro che un attimo di sfuggita, perché sempre preda del panico da mancato ripasso.
Rosicare all'idea di non vedere il loro spettacolo (quello di Yogurt almeno l'avevo visto a teatro martedì, dopo il nostro), e allo stesso tempo preoccuparmi che, dietro disposizione di Vania, si sarebbe fatta una parata per portare gente a quello di Yogurt - preoccparmi perché da qualcosa tra le righe avevo intuito che si correva il rischio di restare incastrati lì, senza poter tornare a fare memoria, filaggio e tutto...
...come puntualmente è avvenuto per me e Valentina, e forse anche Martina. In tre, a tenere la gente dietro una linea immaginaria della piazza, e nel caso del sottoscritto anche a fare da 'maschera' nel senso di comunicare alle persone la presenza o meno di posti liberi e a cercare di far diminuire il rumore (impossibile)...
E anche a fare una piccola cosa segreta.
A dare loro tutto il mio supporto energetico, perché portare "Gli uccelli" di Aristofane in piazza a Viterbo è una sorta di andare-al-massacro che ero sicuro, guardandoli, tutti loro avessero ben presente. E invece se la sono cavata, alla grande. Io ho fatto quel poco che potevo.
Poi tutti di corsa indietro, per fare la nostra parata, raggungere piazza San Pellegrino e fare la replica del nostro spettacolo della sera prima. Anche questa è andata bene.
Forse con qualche buco o svarione, ma nel complesso positiva.
E quando s'è fatta la riunione post-spettacolo, voilà!
Tanti auguri a Momo e un regalino piccolo ma prezioso che passa nelle sue mani: lo scarta, è una statuetta di un elfo su di una lumaca. E' commossa, ringrazia, ma ancora non sa che ha a che fare coi sottoscritti, che quando decidono di essere generosi sanno veramente imbroccare!
E tah-dah! Secondo regalo per Momo, sembra una forma di pane, vista la busta, ma dentro si nasconde un attaccapanni di terracotta... a forma di viso distorto di clown... sulla quale aveva sbavato per ore... ^__-
Momofelicità, e mancano le parole. Anche perché lei il giorno dopo parte che la sera va in scena a teatro a Roma, ed ha pure saltato le prove palco (ve l'ho detto no, che s'è addormentata in scena). E questo regalone le mette su un bel po' di carica, e si vede lontano un miglio ch'è tutta contenta.
...Momo... mo' te lo posso dì: a me quell'attaccapanni proprio nun me piace. ^__^
Ma l'importante è che sei contenta tu!

Poi, il tempo di organizzarsi (infinito) e alle pozze - orfani di quanti, tra Yogurt e Saltymbanco, ci avevano già abbandonato. Partiti appena in tempo per non vedere la rissa e la devastazione del bar lì vicino alla piazza ad opera di uno sciroccato ubriaco. E forse pure fatto. Quando siamo tornati sembrava ci fosse passato un uragano...
Alle pozze, a parte Rauros col suo casco di cocomero e un paio di barzellette tra Federicone e il Roscio (si sentiva la mancanza di Jack Sbòrbs), è stata un po' sottotono. C'erano tre ragazzi di nazionalità sconosciuta che rompevano il cazzo facendo bravate - e forse si sono pure fatti male, ed era difficile costruirsi un'oasi tranquilla, o per me trovare qualcosa d'interessante da fare oltre allo stare a mollo punto e basta. Tanto più che le vesciche bruciavano e non c'era verso di non farsi colpire la più dolorosa, quella sinistra, da chiunque mi passasse a fianco.
Così siamo usciti, cornetti notturni in un bar diverso dal solito perché quello apre più tardi, Said il marocchino che cerca compagnia e imbrocca con dieci ore di anticipo il vincitore degli Europei e quasi quasi anche il risultato (diceva 2-0, e per quasi tutto il lunedì sono stato convinto che fosse andata così), e poi a S. Carluccio, a nanna. Beh, per quanto possibile perché il cane delle trampoliere lo abbiamo fatto innervosire e abbiamo fatto una certa qual... cagnara.
Il giorno dopo si cerca di levarsi di dosso lo zolfo, e di prepararsi spiritualmente alla battaglia campale.
Quest'anno avevo proprio deciso: non lo faccio lo stendardiere ghibellino. Basta. Troppa fatica, troppi acciacchi.
Il giorno prima a pranzo mi avevano lanciato una bottiglia d'acqua che non avevo afferrato bene: il tappo mi sguizza tra le dita e rimedio una bella vescica sull'incavo dell'indice, proprio dove avrei dovuto tenere la bandiera per tutta la parata. In più, scopro che mi sono - chissà quando chissà come - ustionato entrambe le spalle. Sto una pecetta.
Vania e non solo lui ripetevano "tanto lo dici ogni anno, poi finisce sempre che lo fai"...
E l'ho fatto anche quest'anno.
No, dico, assurdo. Lo pensavo anche mentre mi proponevo, anzi, confermavo direttamente a Serenella che l'avrei fatto. Ma perché?
Ok, i debiti intestinali li avevo saldati la mattina prima, e in qualche modo astruso mi sentivo più riposato, anche per merito delle pozze. Ma perché questo insorgere all'ultimo secondo di uno spirito di appartenenza alla bandiera, o qualsiasi altra cosa fosse?
E scoprire poi che il generale ghibellino quest'anno sarà Federicone, che manda spesso e volentieri le cose in caciara... e che il palo scelto per il mio stendardo è una canna di bambù tagliata a punta, che alla prima occasione potrebbe conficcarmisi nell'anca...
Ma non c'è niente da fare.
Sfilare in parata reggendo lo stendardo e facendo un paio di quei giochi da stendardiere cui sono arrivato a naso, facendo schiattare d'invidia i guelfi perché loro non hanno un portabandiera che ci riesce... Eh, sò soddisfazioni.
Ed anche sentirmi ufficiale, con un piccolo nucleo di uomini ai miei ordini, e correre sul campo lanciandomi alla carica, riscuotere gli applausi del pubblico, provare l'adrenalina di vedersi venire incontro un fottio di guelfi e avere al tempo stesso la lucidità di decidere rapidamente per il meglio... è la mia mente strategica che si appaga. Come l'anno che inventai le parole d'ordine da gridare per mascherare i movimenti della mia squadra: quando i guelfi ci sentivano gridare "Aquila! Falco! Onda! Onda! Onda!" e andavano nel panico...
Ed anche vincere nonostante i guelfi barino ogni anno è una soddisfazione.
Ma alla lunga questo stato di cose dà anche amarezza.
Per cui, quest'anno, ho barato io, e non mi vergogno ad ammetterlo.

I guelfi erano di più, molti di più, mezza volta di più. Noi poco più di una ventina, loro circa trentacinque. Come TUTTI gli anni.
Perché non vengono contati, suppongo, tutti quelli che non hanno bisogno di un costume perché hanno il proprio, e si presentano direttamente in piazza per combattere coi guelfi.
Ma non solo erano di più, il loro stendardiere non c'era, quindi s'è offerto Massimo (Ludyka) di farlo. Ci siamo accordati tra noi per le regole degli stendardieri (tre colpi ricevuti e molli lo stendardo ma non muori, non sei armato), e poi siamo partiti in parata. A Valle Faul, luogo dello scontro, il loro stendardiere tradizionale aspettava, ed ha rilevato il posto di Massimo, senza aver discusso nulla con me.
Così, quando nella furia della battaglia m'hanno colpito tre volte e stavo per cedere lo stendardo, ho visto di fronte a me il loro stendardiere armato di mazza in mezzo a un nugolo di ghibellini che lo stava colpendo.
"Ma tu quanti punti hai?!" - ho detto, mentre il mio pugno si serrava come acciaio sul mio stendardo.
"Nessuno, sono immortale!" - mi ha sorriso.
A quel punto non ci ho visto più e dopo avergli gridato in faccia che noi non dovevamo avere armi, ho finito di contare e ho gridato "VITTORIAAA!!!" facendomi largo tra i ghibellini, per andarglielo a gridare in faccia a tutti i guelfi che avevo davanti.
"VITTORIAAA!!! VITTORIAAA!!! VITTORIAAA!!!"
Dopo, le loro facce incredule, sorridenti e confuse, mi avrebbero fatto un po' dispiacere, ma lì per lì ero un animale, mi sentivo di poter vedere la mia faccia terribile un palmo davanti a me, come vedendola dall'interno, con tutta la gioia malvagia del sapore della vendetta, della rivincita. Mi hanno fatto strada, senza sollevare un dito, mentre correvo a sventolare il mio stendardo e gettavo a terra con disprezzo il loro, saltandoci anche sopra diverse volte.
L'aver barato è consistito soprattutto nel non aver contato il segnale "Morte" che gli arbitri dovevano dare per poter iniziare a contare i colpi subiti. Infatti loro non lo avevano dato, eppure noi avevamo conquistato lo stendardo nemico. Com'è possibile? Se non devi contare i tuoi tre punti, perché cedere lo stendardo? E poi, quando cazzo lo danno 'sto segnale? Là sotto ci si pistava come fabbri (ma era soprattutto scena) ed abbiamo fatto avanti e indietro nel campo di battaglia almeno un paio di volte...
Ad ogni modo, i pupi guelfi ovviamente non ci stanno (col senno di poi anche perché era durata poco) e chiedono di farne un'altra, subito subito. A me mi girano talmente e mi rode così tanto il culo, che dico chiaro e tondo che per quel che mi riguarda possono pure andarsi ad impiccare.
Tra l'altro, vicino a me, c'è un'altro ragazzo di identico umore - forse è pure un guelfo, non lo so - che si lamenta del fatto che per ore sono stati a istruire gli eserciti su in piazza e a spiegare che non ci si deve buttare contro gli scudi avversari, né tantomeno fare delle cariche con gli scudi a schiacciare gli avversari, e poi in campo "passi la prima, passi la seconda, ma alla terza me sò rotto il cazzo". Ed ha fatto una carica di scudo.
Ecco, vengono da me Federicone e un altro paio di persone, cercano di convincermi. C'è anche Andrea, che fa il generale guelfo (capirai, tra lui e Federicone, si rischiava che s'incontrassero al centro del campo e si mettessero a giocare a briscola! ^_^), mi chiede di rifarla così, gli eserciti per cazzi loro e solo un duello cinque contro cinque, tra generali, corpo di guardia e stendardieri. Vabbè, mi dico: vogliono vincere, e non la smetteranno finché 'sto cazzo di stendardo non ce l'avranno loro e potranno gridare "ho vinto, ho vinto!" anche quest'anno. E siccome le polemiche mi fanno il sangue amaro, dico "vabbé, famo contenti 'sti regazzini" e vado.
La scena è talmente farlocca che sembra di polistirolo. Federicone e Andrea combattono tipo rallenty, anche la guardia scelta, ma almeno si vede che stanno lì per divertirsi. I ghibellini hanno ovviamente la peggio - e sembra proprio fatto apposta - ma in fondo storicamente andò così, e per quanto mi riguarda a 'sta botta abbiamo vinto. E poi, cinque minuti prima quando ho spiegato ch'era successo lo stesso generale guelfo m'ha detto "hai fatto bene".
Solo, non mi quadra perché il loro stendardiere non sia fra i cinque che fanno la singolar tenzone, ma in mezzo a una ventina di guelfi che fanno muro con gli scudi, a cerchio, in una scena che ricorda da morire tante illustrazioni fantasy, ed anche qualche scena de Il Signore degli Anelli, mi sa.
E non mi quadra nemmeno perché, visto che era uno scontro cinque a cinque, lo stendardiere avversario mi indichi e dica ad uno dei ragazzi guelfi "vai, vai!!!". Ma gli eserciti non dovevano stare per cazzi loro? Non dovevo cedere la bandiera al generale avversario? Barate pure su questo, barate?!
MAVVAFFANCULOVA'.
Aspetto i tre tocchi e poi mi butto per terra, lanciandogli lo stendardo in modo da restare con la mano tesa alzata e diagonale. Non se ne accorge, peccato. Chissà se a Viterbo mandano a quel paese con lo stesso gesto. Ormai, quello che domina è l'istinto 'sti cazzi.
Qualcuno ancora non pago continua a scaramucciare anche dopo che la battaglia è finita.
In finale, nessuno s'è fatto male quest'anno, ed è già una vittoria. Ma l'amarezza per la reiterata viltà e infantilità dei guelfi mi ha lasciato un sapore molto più acido di tutti gli altri anni. Eppure, eravamo meno, peggio organizzati e abbiamo vinto. Avrei dovuto essere esaltato, pensare che allora esiste una giustizia al mondo; che l'orco gigante ha confidato troppo su se stesso e la sassata di Davide l'ha preso in centro pieno... E invece stavo lì a rodermi il fegato pensando all'ingenuità con cui, ogni anno, mi aspetto che giochino secondo le regole, come abbiamo sempre fatto noi - e spesso vincendo.
Sogno il giorno in cui, ad eserciti schierati in Valle Faul, al mio segnale si palesino, inaspettati, più di cento ghibellini armati e vestiti di tutto punto, con tanto di generali a cavallo. Lo spettacolo ed il colpo d'occhio di vedere i ghibellini almeno cinque o sei volte tanto i guelfi. Fargli provare, per una volta, cosa vuol dire vedersi in pochi contro un esercito di tre-quattro volte te di fronte.
E poi, togliersi la porca soddisfazione di giocare secondo le regole.
Ringraziando la Ludykantes Martina, che mi ha portato nella sacca i tre Powerade che le avevo commissionato di comprare a inizio sfilata, mi sono riportato con le auguste chiappe a S. Carluccio. Avvelenato, ma anche dispiaciuto - soprattutto per quel poveraccio che aveva tutto il diritto di strapparmi lo stendardo e che non me l'ha strappato.
Continuando a ricevere la comprensione dei guelfi cui esponevo il mio punto di vista, ho impiegato il pomeriggio a cercarlo, 'sto tipo. L'ho trovato quando già avevo indosso la maschera neutra con cui fare la parata per lo spettacolo dei Ludykantes ed il nostro a seguire. Gli ho riferito in fretta le motivazioni ed il mio rammarico, ma alla fine è suonata più come quello che ha barato, lo sa, ed ora c'ha i sensi di colpa e ha paura che gli altri ci vadano in puzza.
Beh, 'fanculo alle dietrologie. Io quello che dovevo dire l'ho detto.
Anche se da dietro una maschera bianca e inquietante che lasciava vedere solo i miei occhi e la parte bassa della bocca. ^__^
Lo spettacolo, il nostro, è stato ridotto all'osso.
Nemmeno una mezz'ora. Meglio così, eravamo stracchi.
E poi, doveva essere una sorta di pout-pourri di tutti i nostri spettacoli - in particolare i due che non ci ricordiamo affatto - e in un certo senso lo è stato; tra buchi, lacune e tanta voglia di far bene anche se non ci ricordavamo un cazzo. Andati in scena senza ombra d'interruzione tra lo spettacolo Ludykantes e il nostro, ce la siam cavata egregiamente, visti i presupposti.
E poi, non ve l'ho detto, ma per due giorni siam andati 'a cappello', ovvero a fine spettacolo abbiamo chiesto il contributo del pubblico. E se alla prima sera ne avevamo fatti un po' meno di 150, alla seconda ne abbiam fatti 171, di euro! Di cui una parte è stata spesa per farci bere e festeggiare!
Tutti con la birra, io col vino.
E' un po' che la birra non mi attira.
La voglia di partire latita, io devo accompagnare Valentina, Alessio e forse qualcun'altro, ma c'è da caricare la macchina, quindi dovrò passare a teatro... Però vorrei fare un po' tardi. Certo, Valentina il giorno dopo si alza alle 6:30 che deve andare a tenere i bimbi al centro estivo... e scalpita. Meno male che riusciamo a piazzare Alessio su di un'altra macchina e così accordarci per passare a teatro con calma, il lunedì.
Bevo vino, chiacchiero, mi saluto quattro volte con Polpaccini.
Valentina scalpita sempre più irrequieta, io vado a prendere la macchina, la carico. Erika mi lascia intravvedere la possibilità di restare ore a discutere su cosa mi devo caricare io perché in macchina a lei non entra, quindi mi affretto a mettere più roba possibile prima che lei prenda la macchina e si faccia i conti sulla sua reale capienza. E quindi, via!
Signori, durante il viaggio di ritorno Vale ha dormito ed io ero schifosamente brillo.
^__^
Non le ho detto niente, solo il giorno dopo gliel'ho confessato! ^__^
Gli ultimi chilometri me li son fatti con colpi di sonno continui, vedevo i led rossi degli stop delle macchine davanti che da due diventavano uno...
Sono arrivato a casa per miracolo.
=)P

E così si è chiusa l'ottava edizione di Ludika.
Si è sentita la mancanza di Jack Sbòrbs, del musico col suo stand di cappelli e la moglie, ed il vino di miele che ci piaceva tanto. E' ora che ci penso che ne sento appieno la mancanza.
Sua, non del vino.
Ma il ritorno del Roscio ci ha restituito qualcosa del passato.
GrimFang