L'artista mescola il sangue con la terra, per generare sempre nuova vita...

Sarà sicuramente potente, la vita. Piuttosto dolorosa, a mio avviso, a volte sorprendente, sicuramente intensa, vibrante, indubbiamente da vivere. Sempre e comunque.

Sara Tenaglia

Terra, Pioggia, Fuoco & Vento

Terra, Pioggia, Fuoco & Vento
Fire cup

lunedì 18 ottobre 2010

Nuvole e sole

Come qualcuno avrà già letto, nella finestrella in alto a destra, quest'anno NON sarò pubblicato sull'antologia di RiLL.

Ci sono rimasto male, molto male, perché da una parte consideravo i testi presentati di buon livello, e dall'altra - e soprattutto - fantasticavo sul "tre su tre" (tre partecipazioni, tre pubblicazioni di fila) e sulla doppia pubblicazione.
Già.
Cioè che addirittura me ne pubblicassero due!
Megalomane? Certo!
Ma immaginate il ceffone morale nello scoprire che non solo non me ne pubblicano nemmeno uno, ma ne pubblicano due ad un altro!!!
...è molto dura ingoiare che qualcuno scrive molto meglio di te. Ovviamente non parlo in generale, ma nell'ambito del concorso; tra gli esordienti sconosciuti, insomma.
Comunque, non sono stato a farmi il sangue amaro a lungo: ho accettato la sconfitta, beh, la disfatta, ho fatto spallucce ed ho tirato dritto.
C'è voluto poco a farmi tornare il sorriso, in fondo.

Infatti, Effimeri è finito.
Lunedì è andato in stampa, dopo nottate e nottate passate a correggere, revisionare, impaginare e scrivere - perché se non ci riduciamo all'ultimo non siamo noi.
Quindi, una cosa all'anno la pubblico! ^_-
E se non son soddisfazioni queste...
Chi lo vedrà, non saprà quanto sia venuto bene: dato lo sforzo, dato il poco tempo, dato il raffazzonamento del tutto avrà un'impressione sbagliata. Quella di un manuale fumoso, di difficile interpretazione, non chiaro, magari lacunoso.
E invece è personalizzabile, complesso ma - nei limiti del possibile - esplicativo, mutevole a seconda delle esigenze personali del narratore. E speriamo che faccia nascere tanta curiosità.
Come al solito, ci sono stati battibecchi, anche litigate, ma alla fine la mediazione fra gli istinti (e le concezioni) di tutti ha lasciato il solito miracolo, e nell'insieme sembra partorito da una, geniale, mente sola.

Cosa che non si può dire di un certo progetto che non approfondisco per scaramanzia, nel quale sono stato coinvolto prima di partire per Parigi, nel quale tante teste a lavorare non hanno saputo - a parte me e Gabriele - fondersi, scendere a compromessi, lottare fino alla morte per le proprie convinzioni, ma sempre disposti a lasciarle andare se messi in minoranza, e a lavorare su quelle altrui.
Grande scuola Elish, in questo. Non ne può esistere migliore.
I rospi ingoiati lì non si contano, eppure ogni volta, dopo aver fatto sbollire l'astio figlio della convinzione che la propria idea fosse perfetta, ero giocoforza costretto ad ammettere che tutto era bello comunque e non solo, forse migliore.
E, faccio notare, cercare di controbbattere l'opinione di Vania è tutto dire.
[per chi non lo dovesse conoscere, è un uomo che ha il carisma a mille]
Invece, su questo progetto ci lavora anche un sordo-cieco-mulo che è convinto che la sua idea sia la sola, ed è mostruosamente vincolato alle regole: niente invenzione, niente rielaborazione che esca dagli schemi. Ha letto che si fa così, e così si fa.
...viene voglia di strozzarlo.
E meno male che fin dall'inizio ho esordito con "[nome importante e d'effetto] diceva che se in un progetto del genere non ci si dà almeno una volta dello stronzo [l'un l'altro], non si sta lavorando bene".
Almeno, un bello "Stronzo" sonoro gliel'ho potuto dare!!! ^__^

Infine, il teatro.
Sono ricominciati i laboratori di Ygramul, in versione rinnovata.
Rinnovata perché i tre gruppi laboratoriali sono stati riorganizzati: non più un gruppo grande, uno medio e uno quasi inesistente, ora tutti dello stesso numero di persone. Questo vuol dire che qualcuno, dal nostro che era il più grande, se n'è dovuto andare.
Lalla e Valentina hanno lasciato. Proprio lasciato il teatro, niente più laboratorio. Anche Katia credo abbia lasciato. Gabriele ha deciso di darsi invece alla regia, e tiene un suo laboratorio (Gullyver) il mercoledì.
Alessio s'è fatto due conti sul numero di femmine fra noi e LE Yogurt, ed ha fatto le valigie.
Elisabetta è finita ai Saltymbanco.
Anche perché i tre gruppi sono divisi anche in termini di "professionalità" che in realtà è questione di anni d'esperienza nel portare spettacoli in giro e di disponibilità a comportarsi come una vera compagnia per tutto l'anno. Per la serie fai le valigie e il giorno dopo sei a Ferrara con uno spettacolo.
Quindi i Ludyka hanno la palma della priorità: noi siamo quelli più "bravi" (navigati) e quindi da noi ci si aspetta molto di più.
ERGO ci si fa anche un gigantesco mazzo, quest'anno.
Saltymbanco e Yogurt a seguire.
E poi, ultimo cambiamento rispetto agli altri anni, ma è un cambiamento che riguarda soprattutto gli altri laboratori, si lavora tutti sulla Commedia dell'Arte. A canovaccio.

Quest'anno a Ygramul comincia la vera e propria Scuola di EsoTeatro, a pagamento.
Con corsi, lezioni, docenti. Una cosa seria, insomma.
E Vania ha deciso di lavorare con noi sul percorso della Commedia dell'Arte, per mettere in gioco una vera e propria compagnia che possa vendere spettacoli, girare l'Italia, far conoscere noi, lui e il suo teatro.
All'inizio sarà mostruosamente ostica e dura, ma in fondo, ce la si può sempre fare. No?
Io ero a Parigi quando mi è stato assegnato il ruolo in contumacia.
Vania l'ha detto, e il resto della compagnia (Momar, Massimo, Serenella, Chiaretta, Federichino, Federicone, Bober e Grazia, una nuova) ha sbiancato. Momar ha mormorato
"Cinque minuti e ce lo giochiamo..."
E sono talmente d'accordo con lui che lo prenderei come epitaffio.
Mi tocca fare il più ipercinetico, mai fermo, agile, scattante, scomodo, plastico, nervoso, furetto, frizzante, astuto, coglionato, schizofrenico, diabolico, malizioso, stupito, innocente, ingenuo, smaliziato, scaltro, saltellante, prim'attore, egocentrico, e quant'altro personaggio della Commedia!

Me tocca fà Arlecchino.


GrimFang

martedì 12 ottobre 2010

Souvenir de Paris I

PARTE I - Roma-Beauvais-Parigi

"Benvenuti nella calda e assolata Parigi" - gracchiò l'altoparlante.
Nella cabina dell'aereoplano, tutti gli italiofoni cominciarono a ridere.
Fuori era notte, pioveva e facevano 14 gradi.

Aereoporto di Beauvais, maledetta pioggerellina insistente.
Sono lì, sotto la tettoia (se c'è un'ampia tettoia ci sarà un perché, e parecchie volte all'anno) in mezzo a una mandria di gente come me. Mandria dovrebbe rendere l'idea, ma in realtà ancora un paio di persone e difendiamo le Termopili.
La compagnia degli autobus (15 euro a tratta Beauvais-Parigi) ci contiene e ci osserva, divertita.
Una simpaticona fra gli autisti ci fa anche le foto, per darvi l'idea.
Il primo pullman è già pieno prima di battere ciglio, il secondo lo sarà entro breve. Visto che tutti gli altri autobus presenti non recano una scritta una di questa compagnia, ci sfiora il sospetto che non ne siano previsti altri. Volessimo restare lì, saremmo messi meglio di Leonida.
Mentre alcune ragazze (!) provano a fare le furbe e a scavalcare la fila - e vengono puntualmente e fermamente fatte rientrare nei ranghi dagli addetti in k-way blu - mi sovviene finalmente il pensiero "Sono in Francia".
E un sorriso pieno mi si stampa in faccia senza andare più via.

Roma, ore 16.00.
Suona l'allarme impostato per farmi uscire di casa. Ho il decollo alle 18.50, quindi ho tutto il tempo che serve. Idiota ottimista.
Il piano è quello di mollare la macchina ad Anagnina - visto che tutti sconsigliano di parcheggiare a Ciampino - e da lì prendere la navetta fino all'aereoporto. Check-in, imbarco e via.
La mia scarsa familiarità con le procedure via internet ed i voli low-cost (beh, i voli in genere) mi lascia un sottile senso di ansia, quello che mi assale sempre quando ho a che fare con le novità.
Nel frattempo combatto con la valigia: ovvero, passo il tempo a fissare il vuoto, cercando di organizzare le idee e capire cosa cavolo devo portarmi, se la valigia peserà o no meno di dieci chili - per evitare gli spaventosi sovrapprezzo imposti dalle compagnie - e se i liquidi che porto li ho messi tutti nella busta trasparente secondo le indicazioni che mi sono stampato (otto ore per trovare la pagina web giusta).
Il pranzo, l'ho praticamente saltato, ma non è un problema, mi dico.

Beauvais. Sull'aereo ho comprato un pacchetto gigante di M&Ms, per placare i morsi della fame. Sono già le nove, e chissà quando riuscirò a raggiungere Parigi - sempre che non mi tocchi aspettare casa di Paolo per ingollare un boccone.
Un terzo pullman è arrivato e partito, e non aveva nessun simbolo di compagnia: si stanno attrezzando con quello che trovano. Questo era un modello dei '90, all'apparenza. Immagino che per quando toccherà a me vedrò arrivare un pullmino giallo dipinto a fiori, ma nel frattempo una chiacchiera colta al volo pone un interrogativo maggiore.
A che cavolo di ora chiude la metro a Parigi?
Questo bus ci lascerà a Porte Maillot. Io devo arrivare a Belleville, in culo alla luna da lì, una cosa come tredici fermate di metro. Se arrivo che la metro è chiusa, tutto assume una piega preoccupante.
Il gruppo di ragazze italiane cui, del tutto casualmente, sono finito vicino nella ressa, sostiene che arriveremo tardi: chiude alle undici e mezza. Ma no, risponde qualcuno, chiude alle due. Mentre sembriamo un gruppo che discute quale numero giocare sulla ruota di Beauvais, mi immagino a camminare per la Ville Lumière all'una di notte, senza cena.
Mando un sms al Digia. Il testo chiede informazioni, il sottotesto grida "Aiuto!".
Nemmeno un minuto e mi chiama Paolo. Nessun problema, la metro chiude all'una.
Fantastico. Signori, sono spiacente è un orario che nessuno aveva detto, il banco vince.
Mi premuro, allora, di sincerarmi delle disponibilità gastronomiche chez lui. Non c'è un cazzo, ma una pasta si può sempre fare. Confortante.
Riattacco, e mi sovviene che la signora acanto a me, in aereo, mi ha rivelato che quel giorno è Santa Teresa. L'idea di mandare dalla Francia gli auguri a Terry per l'onomastico è troppo carina, ma una rapida occhiata allo stato della batteria, e il vago sentore di aver ricevuto un sms dalla Tim in quei giorni il cui contenuto era pressappoco "Ricarica, pezzente!" mi fanno riporre rapidamente il telefono.
Se arrivo dal Digia, glielo posso mandare.
Il fatto è che siamo d'accordo con Paolo per la seguente strategia:
1) atterro a Beauvais e prendo la navetta
2) arrivo a Porte Maillot e prendo la metro - linea 1, gialla, direzione Chateau de Vincennes
3) scendo a Nation e cerco la metro blu, linea 2 che lì fa capolinea
4) quando parte il convoglio gli faccio uno squillo
5) scendo a Couronnes e lo trovo ad aspettarmi.
Senza credito o senza batteria, il punto 4 me lo stoppo...

Roma, prendo la macchina e vado verso Anagnina.
Dico, per andare a lavoro vado a Subaugusta, due fermate prima... Niente, riesco a sbagliarmi e a fare per ben due volte dei lunghissimi giri a... pene di segugio. No, no, proprio a cazzo.
Riesco a parcheggiare che ho accumulato qualche decina di minuti di ritardo, ma non è un problema, penso. Penso.
Comunque, aumenta la strizza di fare tardi.
E se faccio davvero tardi di sicuro non riesco a mangiare nemmeno un tramezzino al volo. Figuriamoci il caffé e fumare una bella sigaretta.
Vabbè. M'incammino e in tempo record becco la fermata del pullman, solo che non c'è. Tocca aspettarlo, e arriva dopo altri, lunghissimi minuti.
Biglietto a bordo, fila, cerca gli spicci, un sacco di persone. Un sacco di tempo prima di ripartire.
Mi siedo in modo tale da avere a fianco un posto libero: vediamo chi mi affianca la sorte.
Maledico me stesso per un simile pensiero e mi riprometto di non farlo più quando un ingombrante donnone esteuropeo va a imitare Moby Dick al mio fianco. Oltre l'età, la scarsa avvenenza e l'odore di qualcosa non saprei che dire. L'unica cosa positiva, è che la sua presenza dopo un simile pensiero mi fa sentire tanto Duffy Duck, e in fondo non è male.
L'autobus parte, e fa un giro di peppe epocale, lentissimamente, mentre io guardo l'orologio correre con le cuffie nelle orecchie. Io, non l'orologio. Arriva dopo ere geologiche alla stazione di Ciampino, dove mi viene da maledire la gente che chiede informazioni all'autista, poveraccio.
Ma a me chiudono l'accesso al gate mezz'ora prima del volo, e mancano venti minuti.
Alla fine arriviamo, e prima di fiondarmi all'interno mi premuro di chiedere le informazioni per il ritorno: il volo mi atterra alle undici e un quarto, a che ora è l'ultima navetta per Anagnina?
Alle undici.
Ovviamente.

Beauvais, la pioggia è una costante cosmica.
A parte il freddo, si potrebbe dire che l'aria suda. Ma tanto siamo così stipati gli uni contro gli altri che sotto le spalle è tutto completamente asciutto.
Sì, perché ho finalmente guadagnato il mio mezzo metro fuori dalla tettoia, nel varco centrale di chi s'inzuppa, ma poi può rischiare di farcela per il prossimo volo interstellare. Gli autobus infatti arrivano, arrivano e ripartono gonfi, carichi, appannati dal sudore e dal respiro delle mandrie umane che li riempiono. O dalla semplice assenza di condizionatori.
Mano a mano che arrivano mostrano sempre di più gli impietosi segni del tempo: ruggine, qualche vetro crinato, zone delle lastre rigate dalle tonnellate di volte in cui sono state pulite con attrezzature non proprio indicate.
Forse l'ultimo gruppo partirà con un caravan trainato da buoi.
Ma non toccherà a me, per fortuna.
M'imbarco su uno scassone bianco guidato da un autista di colore. Non come quello che si è incazzato coi passeggeri che erano saliti coi biglietti di un gruppo e poi protestavano perché, mancando i posti, gli altri sarebbero rimasti a terra. Uno come tutti gli altri guidatori precedenti. Che poi mi sa pure che era lo stesso del ritorno...
Comunque, a quanto pare, guidare una navetta Parigi-Beauvais è lavoro nero.
Stavolta, approfitto del primo posto libero vicino a una ragazza, una delle tre slave che cercavano di fare le portoghesi scavalcando la catena per mettersi in testa alla fila. Non mi aspetto molto, solo l'occasione di poter dire il mio perfetto "pazhalste" a fine viaggio, facendola passare. E' comunque una bella sensazione, sembra di fare una gita di gruppo: più di metà pullman è praticamente under 36.
Poi la mia attenzione cade sulla moretta italiana in viaggio con tre amiche, un posto avanti a me sull'altra fila. E' bellissima. All'incirca ventenne, di aspetto decisamente più maturo delle amiche, ha un profilo meraviglioso e porta i capelli in modo spettacolare, corti e ribelli.
E così passo il viaggio spalla a spalla con la slava semiaddormentata, guardando i lineamenti della moretta e soffocando le risate per la bionda dietro di lei che, dopo aver gonfiato uno di quei cuscinetti da viaggio che si mettono attorno al collo, non riesce a evitare che la testa, ciondolando e rimbalzando sul cuscino, alla fine le cada sempre in avanti.

Sono a bordo dell'aereo, in mano ho il mio prezioso libro da leggere, uno dei gialli medievali di Ellis Peters, "Un cadavere di troppo". Una delle indagini di Fratello Cadfael, se avete presente.
Mi sono innamorato della serie tv con Derek Jacobi, e apprezzo i libri da morire. Tanto che mi sono comprato la collezione quasi completa, ne manca solo uno (ma dovrebbe avermelo rimediato Momo), tutti della stessa edizione. Ventitré volumi.
Ho il posto non uscita d'emergenza attaccato all'oblò sull'ala destra dell'aereoplano, così riesco a vedere anche un minimo di panorama. Ma trattandosi di volo notturno non è che ci sia questo granché da vedere. Spizzo le hostess - una sembra la quintessenza della stronza - e non ci trovo molto da fantasticare. Nei film e nell'immaginario le hostess sono dieci volte più sensuali di quelle. Sarà per via della low-cost...
Le trafile e l'imbarco sono andate lisce, nonostante il poco tempo. Ho persino preso un caffè, ma poi mi sono cagato sotto all'idea di perdere l'aereo per andare a fumare nei bagni. Ovviamente, avrei avuto tutto il tempo.
Il decollo prende un po' allo stomaco, ma a parte le virate già a bassa quota per risparmiare tempo, non accuso più di tanto. La signora accanto sembra gentile, e sebbene io rifuti il biscotto che mi offre non si fa problemi a ravanare le mie M&Ms, da vera golosa.
Mi piace questa donna.

A Place de Porte Maillot tira un vento bestia.
Non sono scemo, e quando vedo volare di tutto in giro per strada mi rimetto la felpa e chiudo bene la giacca a vento.
Nemmeno un 'pazhalste', perché appena scendo mi manca il fiato: sembra ci siano dieci gradi in meno rispetto a Beauvais, e mi maledico per aver dimenticato a Roma il consiglio della mia collega che mi diceva "portati una sciarpa". La mia misera bandana, immediatamente recuperata dallo zaino, non serve a niente.
Ci fiondiamo verso la metropolitana, di corsa non perché chiuda, ma perché fa un freddo becco.
Un'ora e mezza di viaggio è servita solo a scaldarci nel microclima dell'autobus, e adesso quei gradi li accuso tutti, uno per uno. Adesso sogno soltanto un pasto caldo e una coperta pesante.
Settantacinque secondi dopo, in strada, comincio a tremare.
Quello non è vento: sono piccoli demoni di ghiaccio che s'infilano tra le fibre degli indumenti e ti vengono a rovesciare azoto liquido nell'intimo.
Dopo un minuto e mezzo, mentre forzo l'andatura e comincio a bestemmiare chiedendomi dove cazzo sia questa cazzo di metro, sento di avere le labbra livide e mi stringo forsennatamente il collo cercando di far diventare il colletto della camicia un compartimento a tenuta stagna.
A tre minuti, mentre mi ripeto "coglione" come un mantra e penso alla t-shirt longsleeve pesante che se la ride nello zaino, se qualcuno mi vedesse penserebbe che sono un dio della break-dance. Shakero, in maniera talmente impercettibile che sembro fermo. Poi non posso fare a meno di scuotermi e vibrare, neanche avessi il Parkinson.
Comincio a disperare di raggiungere la metro vivo.
Inizio a supporre che è così che si sono estinti i dinosauri: cercando la cazzo di linea gialla a Porte Maillot.

Almeno, la pioggerellina insistente non c'è, e quando finalmente scendo nel ventre caldo della terra assaporo ogni singola particella termica come se fosse un orgasmo.
Poi ci pensano le improvvise correnti d'aria che si tirano appresso i vagoni a ridarmi il promemoria.
Confortato al pensiero di raggiungere un letto in tempi... in tempi, mi faccio tutto il viaggio con un solo pensiero: cibolettocaldo. Ma per quando ciccio fuori a Couronnes mi sembra d'essermi giù ambientato.
In realtà è che non tirava quella gianna a Belleville.

Paolo è lì che m'aspetta, siamo proprio vicini a casa.
Un solido abbraccio è quello che ci vuole, e poi dritti verso un bel piatto di pasta, da condire con chiecchiere e un poco di quel tocco di pecorino romano da 750 grammi che gli ho portato...


GrimFang

lunedì 11 ottobre 2010

DiSfida

Sono usciti i risultati: purtroppo quest'anno bocca asciutta.

Né il Trofeo RiLL (che da quando son finito in finale - senza vincere, senza pubblicazione - con MiniMart non riesco più nemmeno a farmi notare), né, ahimé, la S.F.I.D.A. mi hanno dato soddisfazioni.
E tanto più amara la sconfitta quanto più ero convinto dei miei testi.
E ancora più tanto amara e triste quanto più sognavo di vederne un giorno pubblicati addirittura due insieme, ed è capitato ad un altro!!!

Buh.
Mestizia, mestizia, mestizia...
-__-


GrimFang