L'artista mescola il sangue con la terra, per generare sempre nuova vita...

Sarà sicuramente potente, la vita. Piuttosto dolorosa, a mio avviso, a volte sorprendente, sicuramente intensa, vibrante, indubbiamente da vivere. Sempre e comunque.

Sara Tenaglia

Terra, Pioggia, Fuoco & Vento

Terra, Pioggia, Fuoco & Vento
Fire cup

venerdì 27 novembre 2009

BiZio

Sono BiZio!
No, non Fabrizio detto Bizio, sono proprio BiZio, nel senso Bi-Zio!
^_____^

Evviva Luca, fratello di Niccolò!!!

^___^


GrimFang

venerdì 20 novembre 2009

Ius primae noctis

Giustamente, come hanno insegnato anni di Scienze della Comunicazione buttati al vento, con questo titolo v'ho fregati: primo, perché ho catturato irrimediabilmente la vostra attenzione, secondo, perché non intendo affatto quel che pensate.
^_^

Infatti, la primae noctis a cui mi riferisco è la prima notte che ho passato a casetta nuova, nella mia bella stanzina affollata oltre ogni limite dalle scatole del trasloco ancora da finire. E lo ius nello specifico è alla inderogabile legge che prescrive "se vuoi farti aiutare nel trasloco, rifletti prima di scegliere l'amico che hai scelto". ^_^
Ma andiamo con ordine.

Sono settimane che sto impazzendo con questo spostamento.
E non mi sto riferendo affatto a tutto ciò - che pur è presente - che riguarda la svolta nella propria vita, il lasciare il nido protetto per confrontarsi (e sconfortarsi) col frigo vuoto, per dirne una. No, faccio esplicito riferimento solo a tutto quello che è "prendi, impacchetta, trasporta, spacchetta".
Ho decisamente preso sottogamba tutti gli amici che sul faccialibro mi dicevano "eh, ti capisco, sono solidale, le casse, i cartoni...". Ed io lì a dire "non è un trasloco vero, è solo una stanza...". Non pensavo che quello fosse un aspetto così importante. Mi dicevo: e che ce vò, infilo la roba nella scatola, impecetto, trasporto, riapro, sistemo...
Il fatto che il tavolino comprato da Ikea sia rimasto una settimana mezzo montato sul pavimento al centro della stanza la dice lunga. Il fatto che la sedia della medesima provenienza sia stata spacchettata venerdì mattina, pure.
Ma allora ero più concentrato sulle questioni esistenziali. Sui dilemmi generati dalle polemiche madre-figlio del tipo "Già vattene?" che costellano questo genere di passi nella crescita dei figli, specie se sono ritardatari e gli ultimi dei fratelli a compiere il passo. ...Dovrei aver fatto tesoro delle esperienze dei miei fratelli, ma mia sorella a 8 anni già andava da sola con la SIFD a studiare flauto dolce a Urbino, e da lì non s'è più fermata: globe trotter a tutto tondo, le manca solo l'Australia e l'Antartide, da vedere. E mio fratello, beh, lui se n'è andato sbattendo la porta ed ha fatto una vita di merda cercando di sopravvivere, quindi non è che sia un altro bel metro di paragone su cui prendere le misure. Quindi, niente (ma immagino sia così anche per chi ha una storia diversa) ogni storia è a sé stante, e solo la mia esperienza, con tutte le vaccate programmate, conta.
Le vaccate programmate sono quelle che non definisci, ma sai che dovrai mettere in conto.

Ad esempio, il non aver comprato il pane per cena, com'è successo lunedì, che è stato il mio primo giorno di 'pasto' a casa. E nella stessa lista di vaccate programmate c'era il non aver chiesto delucidazioni non tanto sul gas (è una di quelle cucine dove va aperto e chiuso prima dei fornelli), quanto sul fatto di togliere i rulli per verniciare dall'unico lavandino della cucina e sul dove metterli, su come spostare (e dove farlo) le cose che occupano gli stipi della cucina per far posto alla spesa che non va in frigo, a come fare altrettanto per la dispensa o per i mobiletti nel bagno, e così via.

Non fa parte delle vaccate programmate quella di pensare di fare l'ultima tranche di trasloco facendosi dare una mano da Edoardo e Simone.
Non tanto per Edoardo, che è un sòla e anche stavolta non si è smentito, quanto Simone. Gli voglio bene, quindi mi fa piacere vederlo, ma decisamente non sono stato in grado di valutare l'amico.
Lo dico perché Simone è pieno di buona volontà, ma anche di fisime. E pur di uscire con me e di vederci almeno una volta al mese, è il tipo che non fa problemi... al telefono.
Avrei dovuto sospettare che qualcosa non andava quando, dovendoci vedere sotto casa mia alle 21.15, alle 20.30 mi telefona per dirmi che lui uscirebbe 'fra poco' (e fin qui, ci sta tutta perché è assai ansioso, specie sulla puntualità), ma non per venire sotto casa mia, ma direttamente lì, alla casa nuova. Anzi, visto che ha paura di non saperci arrivare, a una punta lungo il percorso, a Largo Preneste.
Oddio, c'è sempre la buona volontà di dare una mano a scaricare, però... Però a caricare mi tocca farlo a me, con aiuto dal babbo e dal fratello. Ora, eravamo rimasti che ce la facevo a caricare in una macchina sola, e che comunque poi sarei rimasto lì a dormire - quindi doveva venire con la sua macchina se voleva tornare a casa - e che insomma la sua macchina non sarebbe servita per caricare, ma...
Simone tiene alla sua macchina più che a una qualsiasi parte del suo corpo. Qualsiasi. Forse così è più chiaro.
Dopo aver attaccato la cornetta, mi rispondo da solo, alla massima probabilità, che in questo modo aveva sfangato qualsiasi possibile emergenza dell'ultimo minuto stile "questo lo puoi mettere in macchina tua?".
Amici sì, ma non toccarmi la coreana.
^__^

Vabbè, ci rido su, carico la macchina di tutto e parto (con circa mezz'ora di ritardo, ma se l'è cercata lui, se veniva partivamo assieme).
Ma quando arrivo, lui la macchina l'ha parcheggiata, e sale sulla mia.
Qui, devo dire, un pochino mi girano; perché so che dovrò riaccompagnarlo alla macchina, e perché sembra insistere per andare a un pub che conosce lui in quella zona lì, e so già che finirà così. Però, riconosco che essendo la frase più volte ripetuta da Gab, futuro coinquilino nonché 'padrone di casa', "è facilissimo trovare parcheggio" equivale all'affermazione "mi chiamo Samantha, sono bionda, senegalese ed ho sedici anni" fatta dal sottoscritto, non posso dargli tutti i torti se la lascia lì. Infatti poi avrò bisogno di quindici minuti per trovare un posto per la mia.
[NB: Gab insiste che è così, c'è posto; a me invece piange il cuore spostarla stasera da dov'è parcheggiata... - n.b.2: ci sono tornato con Gab e s'è trovato parcheggio... mi sa che dipende dalla sua presenza]
Però, sono solo un uomo che vuole illudersi.
Quando una vaccata non è programmata, non è programmata, e non finisce di stupirti.


Scena: fermo la macchina in doppia fila e sollevo il portellone del portabagagli.
"Prendo lo zaino e fermo la porta" - dico - "non ci sono cose pesanti, a parte queste due".
Quando torno sta ancora traccheggiando davanti al portabagagli, a mani vuote, non sapendo che fare. Mi vede arrivare e prende la prima cosa leggera che capita. Vabbè, mi dico, intanto una pesante me l'accollo io. Quando torno alla macchina, lui ha in mano una busta. E basta. Capisco l'antifona e prendo l'altra pesante. Torno dentro, esco fuori, lui è dentro. Torno dentro. Lui è dentro con la busta in mano. Non la molla. Sembra un personaggio dei videogiochi quando entrano in una zona non gestibile dall'intelligenza artificiale - non so se avete presente - per cui da dove siete li vedete muoversi e agitarsi, ma se non fate un passo in avanti rendendovi visibili loro non escono.
Insomma, scarico tutto io.
E quando rientro, lui è ancora lì, con la busta in mano.
Solo allora mi rendo conto dell'errore madornale che ho fatto. La supermegavaccata da principianti.
Ho scordato che Simone ha la fobia della polvere.

Immaginatevi la gioia e il tempo che ha passato nel bagno a lavarsi le mani - per aver tenuto una busta e caricato due scatole!!! - ed avrete il quadro corretto della rappresentazione.
Sì, rappresentazione, perché sembrava un film à la Bunuel.
Diciamolo: già m'era presa a male per dover fare tutto da stressato e coi tempi contingentati; e m'era pure presa la gran voglia di levarmi le scarpe e buttarmi a quattro di bastoni sul letto, regalando tutto all'oblio fino al risveglio il mattino successivo. Ma dovevo uscire e andare al pub con Simone, e la cosa mi stava via via andando di traverso.
Avete presente quella figurazione fantastica che vi capita di fare quando le cose non vanno come volete e voi v'immaginate la situazione perfetta per poi fare il paragone, come una foto mentale su cui attaccate il cartello "Situazione ideale" per poi confrontarla con quanto vi mandano i vostri occhi sotto il cartello "Situazione reale"?
Beh, io in quel preciso momento ho avuto la sensazione nettissima di cosa mi sarebbe piaciuto avere in quel momento. L'aiuto da parte di un amico di quelli con cui stai bene anche senza parlare, seduti nella cucina anche senza scarpe, una birra in bottiglia in mano a testa, a riposarsi per il mazzo che entrambi ci siamo fatti per quel fine positivo che è il primo, forse vero segnale d'indipendenza che un uomo affronta nella vita. Di quelli che si guardano intorno approvando e confortandoti con l'aiuto dei loro stessi sogni:
"Lì potresti metterci una mensolina" - diceva il mio amico immaginario - "e sopra metterci tutte le boccettine tipo pepe, chiodi di garofano... sai, quelle lì, tipo così, no?"
"Ci starebbe bene." - aggiungeva, dopo un sorso di birra.

Simone l'unica cosa che ha detto è stata
"...vecchiotta, 'sta casa, eh?"
Se non gli date un appartamento luminoso arredato in acciaio e vetro gli compaiono pustole sulla pelle ed è preda di un terribile attacco d'orticaria.
Ve l'ho detto, odia la polvere.
Lui le mani non se le lava, le scarnifica.

Per chiudere, usciamo e andiamo al pub, e sinceramente non vedo l'ora di levarmelo dai piedi.
Lo so, è brutto, terribile a dirsi, ma anche l'amico più caro, se sei a pezzi, è di troppo. Solo che certa gente - tipo Simone - queste cose proprio non le capisce.
Nel senso che non le coglie: gli fa troppo piacere stare con te, parlare e confrontarsi, per rendersi conto che ti sta succhiando l'ultima briciola di energia che ancora ti regge in piedi.
Poi la serata è stata ovviamente piacevole, e grazie al cielo breve.
Al rientro a casa, c'eravamo solo io e lei, confortevole, piccola, confidente.
E non fredda, inospitale, estranea, come temevo.
Qualche gesto rituale nel togliersi i vestiti, qualche pensiero positivo rivolto al tavolino che ancora giaceva mezzo montato in mezzo alla stanza... e poi via, cedendo dolcemente al sonno del gentile Morfeo.
Senza problemi...


...il primo giorno.


GrimFang

sabato 7 novembre 2009

Trasloco!

Oggi, era il giorno prefissato (seee, dopo cinquemila rinvii) per cominciare a spostare seriamente la roba nella nuova stanza.
A dire il vero, già da parecchi giorni si sarebbe potuto cominciare, cioè da quando Gab m'ha dato le chiavi. Ma tra una cosa e l'altra, Lucca Comics e i gomiti che fan contatto col piede, soltanto oggi alla fine si era pronti a farlo.
Perché?
Beh, tanto per cominciare perché per lungo, lungo tempo, mi ero soltanto limitato a guardare le cose nella mia camera ed a valutare cosa fosse d'uopo trasferire e cosa no; e quali cose sì, ma in un secondo momento. Ad esempio, tutte le miniature da dipingere e i materiali per fare dei plastici possono tranquillamente attendere che mi sia ambientato e soprattutto che abbia la certezza di un rinnovato contratto.
Detesto l'idea di dovermene andare da lì in quanto novello disoccupato, ma, visto anche che la mia collega a marzo va in maternità, a quanto pare il rischio è minimo.
In secondo luogo, l'altro ieri sono cominciati i lavori a casa.

Torno da Lucca, e mi ritrovo mio padre in camera, a dormire.
No, dico, torno alle 5.20 di mattina e mi trovo non tanto mio padre che russa, quanto mio padre che russa sul suo letto, trasferito nella mia stanza! Quando mia madre mi aveva chiamato per avvisarmi, la sera stessa, la comunicazione era disturbata, ed avevo capito che ci avrei trovato dei mobili.
Comunque, fatto sta che dormire in camera con mio padre che russa è un po' una prova di nervi e determinazione. Che si fa più interessante quando alle otto di mattina cominciano a martellare gli operai nella stanza a fianco. Ora che ci penso, sembra un videogioco: sei riuscito a dormire, livello 1, ora sei pronto per il livello 2, gli operai!
Ovviamente, anche solo tre giorni così, e desideri ardentemente che il letto nella tua stanza nuova, a decine di chilometri da quel martellare sia al più presto possibile pronta! Specie se consideri che potresti dormire un quarto d'ora in più, perché la casa è più vicina all'ufficio!
Ad ogni modo, non è solo questo.
E' che sembra che i tuoi ti sbattano fuori di casa, e al tempo stesso cerchino di non farti andar via. Se mi estranio dalla situazione vedo come ciò sia perfettamente plausibile, ed umano. Non è certo facile veder andar via anche l'ultimo dei figli e restare da soli. Scappa via anche l'unica valvola di sfogo, tra l'altro. E sono pure uno che non puoi chiamare al telefono per lamentarti, e sono uno che non chiama... insomma rischio di sparire.
Quindi da una parte sei contento, dall'altra ti spaventa l'idea di restare da solo. La valvola di sfogo ovviamente, è invece ben felice di sfuggire alla pressione. ^_^
Insomma, a parte i cinque turni di lavaggio piatti che devo a mio fratello prima di sparire, la mia voglia di levare le tende è aumentata anche dal fatto che - a quanto pare - da martedì prossimo o poco dopo - iniziano a pittare la mia, di stanza.
Sulle prime ha fatto, e fa ancora, un pochino, l'effetto di chi fa i conti in tasca al defunto mentre è vivo; poi intuisco che è la scelta più razionale, dovendo rifare l'impianto elettrico a norma, approfittare della presenza degli operai in una botta sola.
Però mi fa un sacco triste sapere che tutte le scritte che ho vergato negli anni della mia vita su queste pareti bianche verranno sepolte da una mano anonima di vernice. E mi da anche un pochino di culo che tocchi ritirare giù i poster che ho appena appeso (quest'estate), facendomi un B di C non indifferente. E infine mi lascia basito il fatto che, dopo il mazzo del trasloco - e speriamo sia dopo e non durante - mi tocchi farmi anche quello dell'inscatola-e-leva-tutto-dalle-mensole-e-dai-tavoli che era forse l'unica cosa su cui contavo per risistemare la bolgia pregressa di camera mia.

A conti fatti, quindi, è dal ritorno da Lucca che pianificavo con maggiore attenzione la mia traslazione in altro sito abitativo (fuga e dipartita suonavano malissimo). ^_^
A proposito di Lucca...
Anche quest'anno, il XVsimo anno di esistenza di Elish, il XIIIsimo della sua presenza a LuccaGames, quest'anno nel di lei XVIsimo anno di vita (ci siete ancora?), dicevo, anche quest'anno, siamo andati a LuccaComics&Games.
E abbiamo fatto filotto.
Come?
Non abbiamo sempre presentato una squadra alle Ruolimpiadi - le olimpiadi del gioco di ruolo - e qualche anno l'abbiamo proprio saltato. Abbiamo variato nome e composizione della squadra (Elish, Elish Mirage, quest'anno Elish Boosta), e ci siamo piazzati per due volte di fila primi, poi secondi, poi di nuovo primi e forse c'è anche un terzo posto nel nostro palmares.
L'edizione 2009 delle Ruolimpiadi ha visto
- Federicone prendersi una signora Menzione per la preparazione della partita di Star Trek in cui ogni tavolo (di due) aveva tre laptop con le schermate in power point delle postazioni di controllo dell'ufficiale tattico, del navigatore e del primo ufficiale (0__0 un lavoro assurdo!)
- Vania prendersi la targa per il Miglior Evento presentato, cioè una partita ad Elish con quattordici giocatori (due per squadra)
- Vania aggiudicarsi il trofeo del Mastering, cioè il premio dato al miglior master (e che ve lo dico a fà?)
- Elish Boosta alzare la coppa dei vincitori, la quarta.
Nessun premio per gli altri, scusate, abbiam preso tutto noi! ^___^

Tornando all'argomento principe, ieri sera mi decido a riempire le scatole di cartone che m'ero fatto portare su da papà. Tre belle scatole capienti, più qualche scatola da scarpe.
Una, parte solo coi vestiti.
Una seconda, con lenzuola, asciugamani, tappeto e nello spazio che avanza ci butto una scatola di scarpe coi giochi da tavolo più piccoli, quelli di carte, poi i tarocchi, gli altoparlanti nuovi del computer - che sarà l'ultima cosa che sposterò, lì non c'è ancora internet - e un po' di fuffa varia.
La terza...
La terza libri.
Crispio come pesava! -__-

Oggi ero intenzionato a fare gli spostamenti di mattina, che magari sì ci sono più rogne per parcheggio e traffico, ma almeno c'è il sole! Anche perché c'era il materasso e un mobile da portare, che, essendo da caricare sul portapacchi, era bene si traslocassero in un momento non dico di sole, ma asciutto.
Invece nada, perché il culo mi pesa e la mattina voglio dormire, ma anche perché stamattina c'era mio nipote e poi anche i genitori a pranzo. =)P
Quindi si opta per farlo più tardi e, già che ci siamo, si aspetta anche che si liberi mio fratello così ci dà una mano. Meglio.

Alle sei circa iniziamo a caricare le macchine: nella mia vanno le casse, sul portapacchi di papà il materasso e il mobile.
Quando si apre il garage, mi sovviene che lì dentro cìho lasciato anche il mobile in ferro che m'ha dato zio Massimo, perché avevo scaricato la macchina in vista del carico per Lucca. Merde, per dirla alla francese.
Butto giù i sedili, controllo se le aste di questo mobile possono entrarci distese e per fortuna così è. Carico i ripiani, mio papà si ricorda della busta con i fermi e poi posso caricare le casse - che per fortunami entrano tranquillamente, due sul posto del passeggero e una dietro. Anzi, mi ritrovo con un sacco di spazio. La piccola cassetta con altri dvd occupa un miserrimo spazio, ma nel garage trovo anche un bustone coi vhs di mia sorella (per la serie "io non posso prenderli, lei non vuole tenerli, tu non puoi buttarli") e una busta con una scorta di stampelle per l'armadio.
Apro una parente, come dice Totò.
Tuo figlio se ne va di casa ad abitare per conto suo.
Gli daresti le stampelle di cui ha bisogno, o ne approfitteresti per svuotare gli armadi da quelle insulse stampelle in ferro ripiegato di cui ogni casa italiana non ricca (loro le hanno in platino) abbonda?
Almeno un po' e un po' eccheccazzo!
^__^

Ma lasciamo perdere e torniamo a noi.
Dopo aver provato senza successo a infilare la parte piccola nella mia auto, appare chiaro a tutti che il mobile - in due pezzi - in un solo viaggio non si può caricare. Primo, perché non ho il portapacchi. Secondo, perché abbiamo solo due corde elastiche per il fissaggio e due corde non elastiche attaccate insieme per farne una terza, di soccorso. Terzo, perché il materasso è già sulla macchina, ed entrambi i pezzi sopra non ci possono stare.
Si tratta di una libreria, in mano abbiamo già l'angoliera, si monta quella.
E poi via, si parte.
Non senza aver salutato per tre volte la tipa carina che hai beccato all'ascensore, poi in garage, poi di nuovo in garage, ma questa volta accompagnata dal simpatico vicino del terzo piano (o del secondo? Secondo, al terzo c'è il papà, ma lui ora vive da solo) che solo ora mi sovviene essere sposato con quello schianto di bionda per la quale molleresti carriera e lavoro - si fa per dire - e che quindi quest'altra che invece è moretta chi caspita è?
Comunque, palletta, palletta, Y e B contemporaneamente e si va.

Flashback.
"Pronto?"
"GrimFang? Sono Gab."
"Ah, ciao, dimmi!"
"Ma voi volevate venire oggi?"
"Sì, guarda, papà s'è messo a dormire adesso, quando si sveglia... Stanotte non ha dormito molto, volevo farlo riposare che è stanco."
"Ah, no, volevo solo avvisarti che qui stanno bloccando il traffico perché c'è la processione... sai Stefano Cucchi quello che..."
"Sì."
"...ecco, la famiglia vive qui, in questo palazzo, e quindi stanno facendo i funerali. Volevo avvisarti che adesso stanno bloccando il traffico, ma se venite fra un'oretta dovrebbe essere tutto finito."
"Sì, non ti preoccupare, mi sa che prima di un'ora non siamo certo là."
"No, volevo dirtelo, che se devi scaricare le cose... Ma tra un'ora finisce tutto."
"Grazie!"

Sono in macchina.
Accendo Radio Rock, sperando ci sia qualcuno di ascoltabile perché di attaccare l'mp3 non mi va.
Mi dico che potevo prendere il pacchetto di sigarette prima di bloccare irrimediabilmente il cruscotto con la cassa dei vestiti. Mi dico poco male, ce ne sono solo due, ne comprerò un pacchetto.
In radio c'è Vanessa la diggeiessa.
Vanessa dice
"...ecco sì, c'è confusione a Torpignattara per gli scontri con la polizia..."
Scusa?
Scusa?
SCUSA!?!
Sbarro gli occhi. Primo pensiero: le immagini degli scontri che ho visto io, macchine e cassonetti dati alle fiamme, lacrimogeni e sanpietrini che volano. Secondo pensiero: papà non ha il cellulare, come cazzo lo avviso?! Terzo pensiero: ma porca puttana che cazzo se lo comprano a fare il cellulare se poi rimane a casa??? Quarto pensiero: emmaccheccazzo, ma tutte a me mi capitano? E quando cavolo affitto co' sto trasloco???

Nonostante la notizia, cerco un bar tabacchi per prendere sigarette e caffè.
Mi fermo nel bar più gayo di Roma, almeno a giudicare dai gestori. Il caffè è ottimo.
Sempre detto che hanno più gusto.
Risalgo in macchina, e per circa tre chilometri cerco di comporre un sms per la radio. Più o meno dice "mi fai sapere meglio che succede a TorPigna, visto che sto facendo il trasloco ORA?".
Sono quasi arrivato quando giunge la risposta: non lo sa, l'ha letto in rete; ai funerali di Stefano Cucchi - che per chi non dovesse saperlo, è il ragazzo morto per le lesioni subite nel ramo carcerario dell'ospedale Pertini - ci sono stati scontri con la polizia, giudicata responsabile della morte del giovane (anche se al massimo è la polizia penitenziaria, ma ci vuole niente a fare di tutta l'erba un fascio).
Neanche un minuto dopo imbocco via di Torpignattara.
All'incrocio con la Casilina, sette camionette sette della mobile. Con un po' d'agenti a far da contorno. Dall'altra parte dell'incrocio, la municipale.
Per i primi cento metri non c'è nulla, forse qualcosa sparsa per terra e qualche sbuffo bianco tipo estintore sull'asfalto. Poi, devo fare lo slalom fra tre cassonetti in mezzo alla strada. Uno sbuffo di fumo mi mostra che almeno uno è stato incendiato, e quando lo passo mi accorgo dell'autobotte dei pompieri sull'altro lato. Poi svolto sulla parallela alla strada mia e tutto torna normale.
Però, quando imbocco la mia strada, nemmeno un'auto è parcheggiata davanti al palazzo, ed una striscia gialla e nera della municipale sostiene i cartelli di divieto di sosta. Mi accorgo di sguincio della fila di lumini davanti a tutto il palazzo, e solo dopo un attimo dell'immenso striscione per Stefano che sovrasta il portone.
Solo allora realizzo che Stefano viveva lì, dove vado a vivere io.
Solo allora capisco cos'è che Gab mi ha detto.
E mi sale l'ansia.

No, stavolta non è l'ansia che tutti pensate.
E' un'ansia più piccola e banale. C'è anche l'ansia di prendersi una multa mentre scarico - perché, controllando, sono in pieno orario di divieto di sosta - ma c'è soprattutto l'ansia di disturbare.
Insomma, hai perso un figlio, cavolo, e tornare a casa trovandoti l'androne invaso da scatole e casse varie più un carrello da trasporto e quattro pali di ferro... insomma, sta male!
Cerco di chiedere informazioni a una vecchina che sta entrando. Due secondi prima stava dicendo a un'amica che questi gli abitano di fronte, ma non li incrocia mai. Magari sa qualcosa.
Provo a chiederle se sa a che ora finisce la messa, quanto tempo ho. Lei sulle prime non capisce, e immaginando che mi preoccupo per la macchina si offre persino di starmi a guardare la roba mentre parcheggio. Poi mi dice che non sa nulla, perché lei non li ha mai sentiti entrare o uscire. Vicini discreti insomma, brava gente. Oppure lei è sorda, il che per me andrebbe assolutamente bene, visto che poi ho scoperto che è quella che mi abita di sotto! ^_^
La saluto e corro a posteggiare - cosa che per fortuna riesco a fare in pochi minuti netti.
Corro indietro e cerco di far sparire nel modo più veloce la roba dall'androne. In preda a una sacra furia carico tre casse sul carrello e inizio a tirarlo su per le scale... verso l'ascensore. Rischio di slittare seriamente solo all'ultimo gradino, ma ce la faccio. Porto su tutto il resto vicino alla cabina, così sarò più rapido a fare su e giù.
Uno sbattere di portiera sospetto mi fa uscire prima di aver fatto il primo carico: è come sospettavo, è arrivato papà con mio fratello.
Apro il portone e poi salgo a razzo mentre scaricano.
Un viaggio. Scarico. Scendo. Secondo viaggio, mentre carico i ripiani della libreria scivolano, pesano l'ira di dio. Sono sudato come un muflone, non mi sono tolto il capotto. Papà non capisce perché ho così fretta, si domanda perché cerco di caricare tutto insieme. Non ha torto, ma voglio togliermi di torno prima d'invadere in maniera sgradevole l'intimità di un dolore familiare. Ed evitare di sentirmi uno straniero all'ennesima potenza.
In fondo, mio padre mica ci va a vivere là. Io sì.
Con il secondo viaggio riesco a portar su tutto, e mi chiedo se poi loro ce la faranno a far entrare l'angoliera nell'ascensore, oppure dovranno farsi a piedi sette piani di scale.
Ma alla fine va tutto bene.
Entro, sistemo le casse e comincio a pensare che sia il caso di dare una sistemata: la stanza è già invasa dalle casse - troppe, tantissime - di vhs e dvd che ci ho portato la prima volta che son venuto con papà e mio fratello a darmi una mano. Ma prima, c'è un'impellenza da sbrigare al cesso. ^_^

Quando è tutto su, spiego meglio a papà - che nulla sapeva degli scontri, e poi gli suggerisco l'immagine di mia madre che guarda il telegiornale e scopre che ci sono state scene di guerriglia urbana proprio sotto casa mia. Ci facciamo grasse risate insieme, poi loro vanno ed io inizio a sistemare.
Gli ho detto che volevo anche recuperare un po' di casse di cartone - che sono state un dito al deretano da riportare, specie perché qualcuno ha lasciato socchiusa la porta dell'ascensore al terzo piano - ma la realtà era un'altra.
Me la volevo coccolare.
Godermi da solo per un po' quella stanza, che sarà, è già un pochino, la mia.
Così, ho svuotato la cassa dei vestiti e li ho messi nei cassetti dell'armadio, divisi per magliette, intimo, maglioni, calzoni, mutande e canottiere, pigiami e calzini. Ho messo tutte le stampelle al loro posto, ho messo lenzuola di ricambio e asciugamani nel ripiano sotto. Ho tolto il materasso dall'imballatura e mi sono fatto il letto, mettendo su il piumone. E infine, ho fatto sparire dalla circolazione le casse di vhs e dvd, mettendo i secondi nella libreria che c'era già, e le prime ancora nelle casse sopra la stessa. Infine, ho sistemato il tappeto al centro della stanza.
E poi, dopo aver contemplato il tutto, ho aperto la finestra e mi sono fumato una sigaretta, la prima in quella casa, in quella stanza.
Non potete capire che vista c'è, da camera mia.
Buona vita,


GrimFang

martedì 27 ottobre 2009

Luccaaaaa!!!

Si parte!
^__^

A risentirci al mio ritorno, buona vita


GrimFang
nel XV anniversario di Elish

venerdì 16 ottobre 2009

L'Assedio

"Ciao, vuoi uscire con me?"
"No."
"Ma dai, esci con me." [Nb: MAI chiedere perché]
"No."
"Guarda, andremo in un posto bellissimo. Non dico quale perché voglio farti una sorpresa."
"Non m'interessa!"
"Sei una ragazza fenomenale, ci divertiremo tantissimo!"
"Santissimo iddio, ma lo vuoi capire che non mi va? Non mi piaci, non m'interessi, non ho nessuno stimolo a uscire con te!"
"E dopo potremmo anche andare a fare quattro passi per [scegliere il luogo con cura]"
"Ma parlo arabo? Mi fai schifo, ma guardati! Neanche se fossi cieca e con la scabbia potrei uscire con te!!!"
"Usciamo?"
"Mi passi a prendere tu?"

Questo, signori, l'universo femminile.
Costanza e perseveranza, continuando a martellare, senza mai potersi concedere un errore pena il dover cominciare daccapo.
La chiave per poter accedere all'agognata meta, l'uscita in due [anche perché se uscite in più di due è un classico che lei invece si metta con e/o trombi un tuo amico]. Poi, se ti giochi male quella, hai chiuso.
Il tutto con l'accortezza e l'occhio di capire se, dopo i primi due rifiuti, stia effettivamente cedendo oppure l'insistenza non è realmente gradita. Ma attenzione! Per una donna, le parole sono completamente svincolate dal significato reale! "Vaffanculo" potrebbe significare "Insisti" per esemplificare in maniera brutale il concetto.
La traduzione di quanto sopra, infatti, potrebbe più o meno essere

"Ciao, vuoi uscire con me?"
"Guarda, non ti conosco, non ho la più pallida idea di chi sei e di come potrebbe essere tra noi due, ma siccome sono una che cerca sicurezze e te sei completamente a me ignoto non vedo perché dovrei sprecare tempo ed energie dedicandole a te quando invece posso continuare a struggermi su quello stronzo sposato con figli che conosco perché lui sì che mi dà sicurezze visto che se ha una famiglia così bella sicuramente quando MOLLERA' la famiglia e starà con me sarà tutto bellissimo e CERTAMENTE STABILE."
"Ma dai, esci con me." [Nb: ripeto, MAI chiedere perché]
"Stai cominciando a diventare fastidioso, appiccicoso e petulante. Mi soffochi, e stai rubando tempo e spazio al mio amore impossibile che mi tratta come una pezza da piedi, non mi caga e mi fa soffrire da cani, ma lo fa sicuramente solo perché così mi sento viva e posso sentire il peso delle mie passioni e la forza dell'amore che ho per lui e che vincerà su tutto."
"Guarda, andremo in un posto bellissimo. Non dico quale perché voglio farti una sorpresa."
"Mi spaventi. La tua insistenza non fa che farmi vedere un futuro negativo in cui io sono perseguitata dalla sfortuna che mi ha messo addosso un simile sfigato come sofferenza aggiuntiva e gratuita mentre io mi struggo per quello lì che potrebbe pure rispondere agli sms ogni tanto! Che c'entra che non glieli ho mai mandati! Ma lui è bello e impossibile come dice la Nannini, mentre te sei una pezza da piedi come tanti altri che come voglio li trovo e li butto, però mi fa piacere tutta questa attenzione, non smettere. Anzi sì, che mi spaventi: il futuro con te è il futuro con un mezzo uomo, non con un maschio vero! Sì è vero, ti sto cagando di più, ma è solo perché mi fai tenerezza. O pena. ...Oddio sono confusa."
"Sei una ragazza fenomenale, ci divertiremo tantissimo!"
"Ecco, vedi? Sei ancora qui, nonostante io ti abbia ben detto di andartene a chiare lettere! Questo vuol solo dire che sei uno zerbino di cui posso fare a meno, infatti che gusto c'è a mettersi con uno che farebbe tutto per te? Sai che palle... Non sei interessante! Però sai che ti dico? Che ti tengo qui giusto perché mi fa piacere sentirmi importante - insomma, fa sempre bene all'autostima, no? - mentre io lo so che non valgo niente, e sono una merda. Tu continua, mentre io seguito a fare il filo a quell'altro, quello lì, che mi piace. Eh, mi piace. ...Sì, lui mi piace veramente. Però è sposato, porca puttana. Ed è anche stronzo. Ma è così perfetto per me! E tu invece non significhi niente, ricordatelo!"
"E dopo potremmo anche andare a fare quattro passi per [sempre scegliere il luogo con cura]"
"Accidenti, come insiste. ...mi sarò mica sbagliata? Ecco vedi, sono proprio una merda, non valgo niente: non riesco mai a capire niente di quello che mi succede! Ma perché sono nata fallata?! Oddio, che confusione... Per una volta che mi capita una cosa carina... E perdo pure un sacco di tempo dietro a quello stronzo che nemmeno mi caga. Ma questo qui no, dai, è uno sfigato qualunque! Certo, sa indubbiamente riconoscere le mie qualità. Voglio dire, se insiste ci sarà un perché... Dai, è stato proprio carino. Fammelo un po' vedere... non è nemmeno così brutto. Che dici, gli diamo una chance? Giusto così, per passare il tempo, mentre quel coso si decide..."
"Usciamo?"
"Non aspettarti niente al primo appuntamento. Prova ad allungare le mani e sei un uomo morto. Mi aspetto che mi farai sentire servita e riverita o quantomeno a casa mia, o penserò che tutto quello che hai detto e fatto era finalizzato al sesso, e che sei un gran bugiardo, e che tutto quello che io ho pensato di me grazie al fatto che mi vieni dietro era falso, e mi sentirò una merda e starò malissimo, molto di più della sofferenza a cui sono abituata appresso a uomini che non mi si cagano. E ti odierò. Voglio una serata divina. E' tutto. Ah, sì, sei stato molto carino a insistere e non mollare, ma non te lo dirò mai nemmeno sotto tortura. E se mi divertirò tantissimo dirò che è stata una serata piacevole, e ti darò un'altra possibilità, ma non aspettarti altro."

Ci sarebbero tante cose da dire, tante disamine da fare.
Ma il succo è che, come si può notare, quello femminile è un soliloquio interiore, vagamente orientato dagli input esterni, basato su alcuni fondamentali capisaldi a) ognuna di loro pensa di essere una merda e sa di essere una principessa b) questo genera una ruota di fondamentale incertezza che c) impone a tutte le donne la ricerca del senso di stabilità. Ogni donna vuole essere confermata, rassicurata. Le immature, da una figura di tipo paterno, di cui si stancheranno crescendo, o col crescere della relazione. Quelle mature, da una figura tipo compagno che lasci loro l'autonomia, il comando, la libertà, le chiavi della macchina, eccetera. Ovvero, il senso di totale controllo. Poi possono pure non averlo realmente, ma all'apparenza dev'essere così.
Sennò non si fidano.
In tutto questo, la ricerca di un amore impossibile è, di per sé, una fonte di sicurezza: se io muoio appresso a uno sposato, ad esempio, SO che non lo avrò per me. E questa è una certezza.
So che sembra una totale perversione mentale.
Infatti lo è. Ma è anche il modo in cui ragionano le donne. ^_^
Eppure, in fondo, lo facciamo tutti. Ogni volta che ci ripetiamo "Occristo non ce la faccio!" è perché in questo modo instauriamo un meccanismo secondo il quale vinciamo sempre: se ce la facciamo, possiamo dire "incredibile, ce l'ho fatta nonostante...", se falliamo possiamo dire "eh, l'avevo detto" e trovare conforto nel fatto che avevamo ragione, non ce l'avremmo fatta.
Ci siete? E' un ragionamento che vi fila? Vi siete accorti che avete appena risposto alla domanda "perché le donne non possono mai avere torto"? ^_-
Come?!?
Per i più... ritardatari, lo spiego.
Se una donna ragiona secondo uno schema contraddittorio - particolarmente aggravato in stato depressivo o di profondo deficit di autostima (fino all'autolesionismo) - non esiste modo che possa avere torto, perché per lei è logico che le argomentazioni A e B facciano parte di un medesimo panorama, e non siano mutualmente esclusive pur se contraddittorie.
Un esempio: lei dice "non chiamarmi". Se tu la chiami invadi i suoi spazi, non la rispetti, la contrari e non le vuoi bene; se non la chiami non la pensi, non la desideri, non le vuoi bene. Comunque vada, sbagli e sei fregato. [N.b.: l'esempio è realmente accaduto]
A tal proposito, una delle frasi che ci dà più fastidio è "lo sapevo" (o "lo vedi?", oppure "e io che ho detto?").
Avete presente, al termine di una discussione, quando voi avete sudato sette camicie per sostenere le vostre ragioni e lei alla fine 'capitola' (per modo di dire) sostenendo che fin dall'inizio eravate d'accordo solo che vi siete capiti male?
Quando una donna dice così, in noi maschi emerge l'istinto cavernicolo verso la clava. Noi maschi, infatti, non sopportiamo nemmeno l'idea che si possa, a posteriori, dire "lo sapevo" quando prima nemmeno ci si è espressi a riguardo, o si sono persino formulate ipotesi opposte.
Eppure, nel panorama mentale femminile, il punto A che sostenevate voi e il B che sostenevano loro non erano radicalmente opposti. Erano... 'shiftati' come punti di vista, ma sostanzialmente uguali.
Ma torniamo a noi.
Come potete notare, esiste un pessimismo di fondo: non in termini 'murphiani' (leggi di Murphy), bensì in termini pratici. Nell'esempio che citavo prima, quello del 'non chiamarmi', non viene fornita alternativa o spazio di manovra: comunque vada, sbagli. Il pessimismo è nel 'non' del 'non chiamarmi': ovvio che se fosse stato 'chiamami' lo spazio sarebbe stato ottimista e la relazione del tipo 'comunque vada fai bene'. Ma è anche ovvio che in un simile stato le probabilità di sofferenza per la persona che lo pronuncia sarebbero esponenzialmente aumentate e che, quindi, sia di molto conveniente l'atteggiamento negativo. Un fatto di protezione, dunque.
Ed è proprio questa la chiave su cui ragionare. I 'no' delle donne spesso e volentieri sono 'no' di protezione, autodifensivi. E vanno superati con una dose direi mistica di Santa Pazienza.
In ogni caso, non esiste spazio per le mediazioni, le vie di mezzo. Niente chiaroscuri o sfumature.
Le donne sono molto più drastiche degli uomini.
Suppongo che sia perché il chiaroscuro non lo sanno gestire.
Se A e B non sono opposti, ma compresenti - specie se vissuti al negativo - lo spazio C fra i due risulta problematico. Posso dire "sono nata fallata" e pensare "nessuna è più perfetta di me", ma non posso ammettere "sono normale, come chiunque".
TERTIUM NON DATUR.
Peccato che lo spazio C sia proprio lo spazio in cui ragionano i maschi.

E veniamo a costoro!
Dalle modalità di pensiero femminile derivano di conseguenza delle implicazioni per la popolazione maschile.
Caso A: sei stato baciato dalla dea fortuna, che ti ha fornito dei cromosomi giusti e dell'ambiente ideale per sviluppare il tuo fascino. Devi per forza di cose diventare uno stronzo.
Non puoi farne a meno! Un uomo di fascino per le donne deve per forza essere un obbiettivo impossibile, quindi o sei gay, o "voi dite che era interessato a me?! No, dai, è impossibile: è troppo carino!". [anche qui, esempio tratto dal vero]
CASO B: la fortuna non è stata troppo clemente. Non è che sei brutto o privo di fascino, sei 'solo' normale. Grave colpa. Sei anonimo. E allora sono affari tuoi: ci sarà sempre qualcuno che loro desiderano più di te, e continueranno a desiderarlo finché non ti conoscono, e non ti conosceranno finché tu resterai anonimo... un serpente che si morde la coda. E non ne esci se non ti metti a fare l'unica cosa che puoi fare: insistere. Martellare a morte finché non le farai cedere, esauste, finché non ti sarai in un certo modo imposto. E importi - con garbo, per carità - bada bene, è un modo di dare sicurezza. "Quest'uomo sa quello che vuole", è l'unica equazione che può toglierti dall'anonimato, a parte una vincita al Superenalotto. L'uomo insicuro, incerto, recalcitrante, ondivago, tentennante, che senso di sicurezza vuoi che dia?
Persino nella scelta del cinema, teatro, passeggiata - e qui veniamo alla nota tra parentesi quadre del dialogo immaginario dell'inizio - mostra due cose: la propria sensibilità (attenzione ai gusti/scelte della partner) e la propria decisione. L'affidabilità. Uno che compie delle scelte.
L'uomo 'nato sotto il segno del faggiano', quello che semplicemente non capisce, insomma, la stragrande maggioranza di noi maschi, me per primo, questa impressione non la dà. Fate finta, se necessario, ma datevi (diamoci) una svegliata!
Ora, diciamocelo, anche per il maschio al giorno d'oggi c'è in primo luogo la ricerca di una sicurezza. La certezza banale di un affetto. Il piacere di una ritualità fatta di gesti e di tenerezze, una complicità, il piacere di una condivisione. Esattamente quello che cerca la donna. E' per questo che poi si sta bene in due.
MA non bisogna mai dimenticare la differenza fondamentale nel modo di ragionare: la donna è piena di insicurezze, ma non le mostra per non mettere in discussione la propria solidità; l'uomo mostra le proprie incertezze perché non ha nessun problema a relazionarle a se stesso senza che il mondo cada. Ma un uomo che si mostra incerto non ha attrattiva per una donna che cerca solidità.
L'uomo deve dunque insistere, mostrarsi sicuro, fingere se necessario e quando riesce ad ottenere l'opportunità di farsi conoscere, cercare di tirare fuori tutta la magia di cui dispone, affinché non la serata, ma lui stesso sia 'indimenticabile'.

Questo, più o meno, tagliato con l'accetta e con molte lacune, è parte di quanto mi è stato detto a Ferragosto. Quel che ne rimane, rimacerato e arricchito da qualche considerazione, anche a vostro uso e consumo.
E' la Regola dell'Assedio, che m'impegno a provare, quando riuscirò a racimolare un po' di coraggio e a cacciar via un po' di terrore, per lasciare che finalmente una su mille mi riesca davvero a interessare. E speriamo che il Castello capitoli...

Quindi, per chiudere il cerchio alla luce di tutto questo, il nostro immaginario dialogo iniziale potrebbe essere riproposto come segue:

"Mi piaci, molto."
"Guarda, non ti conosco, non ho la più pallida idea di chi sei e di come potrebbe essere tra noi due, quindi non vale la pena neanche pensarci."
"Ma perché? Ti prego, almeno una possibilità..."
"Per favore, non diventare fastidioso. Io già non so organizzare la mia vita sentimentale, proprio non ce la faccio a darti retta. Potresti essere un maniaco, un depresso, un pervertito, io che ne so? Non ho tempo e spazio da dedicarti..."
"Insisto. DEVO insistere. Mi piaci troppo: è come succede dappertutto, conosci una ragazza, ci parli, magari nche per poco e capisci com'è fatta. Lo intuisci, e sai che va bene per te. Oh, non sto parlando di relazione a vita o matrimonio, è solo che sarebbe troppo bello uscire con te. Stare insieme. Tutto qui."
"Scusami, ma io devo capire chi sei. Sei uno che ci prova con tutte? Ti interesso seriamente oppure sono una tra le tante che punti sperando che una prima o poi ci cada? Come faccio a fidarmi di te? E se poi non vali le mie illusioni? Io non voglio soffrire. Se c'è una cosa nella vita che so per certo, da poterci immergere la mano nel fuoco è questa: io-non-voglio-soffrire. E se poi scopro che non t'interesso veramente, o che non siamo fatti per stare insieme starò da cani, quindi chi me lo fa fare? Insisti solo se mi vuoi veramente, per favore... non farmi male. Ti piaccio davvero? Solo se è così insisti, ti prego..."
"Santo cielo, sì che mi piaci! Devo cantartelo in turco? Sei una ragazza fenomenale, e solo a guardarti mi sento bene. Però, per favore, cedi. Non sono un pezzo di ferro, e i rifiuti mi fanno male. Cosa credi, che non ho paura anch'io di restare solo? Che non abbia bisogno anch'io di dividere la mia vita con qualcuno come tutti? E' solo che credo che con te potrebbe andare bene. Poi non lo so, ma intanto, proviamoci!"
"Sì, ma tu devi capire me: ne ho già prese di batoste sentimentali, e gradirei non ripetere. Io non so cosa ci trovi d'interessante in me, almeno, se hai visto qualcosa oltre all'aspetto fisico ed al fatto che sono donna. Se stiamo ancora qui a parlare vuol dire che qualcosa c'è, e che ne so, potrebbe funzionare. Tu proprio proprio non ce l'hai una certezza una, magari piccolina, da darmi? Che ne so, una cosa che incentiva... Qualcosa che mi faccia pensare bene di te. Non mi serve un amico, cerco qualcosa di più. E per dare quel qualcosa di più mi serve di sapere che ci tieni veramente, e per questo mi serve qualcosa da te, una... prova, che so, che sei una persona profonda, che hai dei sentimenti... Che NON mi darai sempre ragione, che NON ci sarai sempre per me, ma anche che non mi darai addosso e non sarai assente. Qualcosa che mi faccia capire se mi amerai o meno."
"Ci sarò. Non sempre, ma ci sarò. Ci sono ancora, adesso, no? Non può valere come prova? E poi, dai, chi mai lo può sapere prima come andranno le cose? Intanto proviamoci, senza impegno, poi quel che sarà sarà, no? E come prima proposta... che ne so... dov'è che ci vedo bene insieme io e te? Dove possiamo parlare un sacco... Cinema no, da evitare se non ci aggancio una serata dopo... e poi finisce che si parla del film... non so [attenzione: esempio] magari una mostra! Ti va Chagall?"
"Chagall mi fa cagare! Perfetto. Parleremo per ore. E se non varrà la pena, dai, avrò perso un pomeriggio. Però se va male finisce là, va bene? Amici come prima, senza strascichi, senza rancore..."
"Io ti desidero. Tutto qui."
"...e se poi va bene, in fondo è un pomeriggio. Magari la tiriamo per le lunghe fino a un pub la sera, o magari mi inviti a cena. Se lo fai guadagni punti! Io sono una tipa simpatica, sai? Mi hanno sempre trovato molto divertente... e poi ti faccio l'imitazione della Marini, ma solo se mi preghi abbastanza. E' un mio pezzo forte, troverò il modo di farla uscire fuori, non temere. Si spisciano sempre tutti dalle risate. Tu vivi da solo? ...no, scema, aspetta, non correre, dai, ti ha solo chiesto un appuntamento, e poi, al primo appuntamento, no. Certo, se capita... Ma dev'essere proprio un'uscita fenomenale! Chissà di che segno sei... Dai, sarà una cosa molto divertente!"

Come sarebbe diverso il mondo se riuscissimo a parlarci così.


GrimFang

mercoledì 7 ottobre 2009

Lettera a Bersani

Un paio di giorni fa, mi è giunto via email l'appello di Pierluigi Bersani a partecipare alle primarie del PD, e a compilare un questionario online in maniera da avere un po' di 'riscontro partecipato', diciamo così, alla sua visione delle problematiche in Italia.
Ovviamente non suo di persona, ma del Comitato a suo favore.
Ora, al di là del fatto che sono anni che non ho più la tessera del PD - qualcuno dovrebbe avvisarli - e immaginando che la mia email ce l'abbiano dagli elenchi delle primarie precedenti, ricevere simili appelli via email ha di per sé una possibile comodità: quella di rispondere, sempre che gli arrivi.
Io l'ho fatto, e non mi è tornata indietro nessuna notifica di mancata ricezione.

Per questo ve la trascrivo qui, la mia lettera.
Almeno so che anche un altro paio di persone, oltre l'addetto che l'ha cestinata, l'avranno letta.
Buona vita,


GrimFang


Caro Bersani,
dopo quanto accaduto in Calabria (che non è altro che la versione ingigantita di quanto è sempre accaduto ai congressi di sezione per l'elezione del segretario), io sul PD ci metto una pietra sopra. Piuttosto divento radicale.
Quello che c'era di marcio nel vecchio meccanismo del partito è rimasto, se non peggiorato, mentre quello che c'era di buono, il rinnovamento, il dibattito interno, la pluralità d'opinione e lo slancio politico chissà che diavolo di fine gli avete fatto fare. Presi singolarmente, tutti gli iscritti ancora ce l'hanno e lo usano: li metti uno vicino all'altro e perdono di senso.
Ora, io credo - e non so quanti la pensano come me - che una volta c'era un orizzonte. Un'idea di paese per la quale lottare, a piccoli passi. E non sto parlando di grandi idee politiche, ma della politica vera, quella spicciola, che riguarda la gente. Quella delle case, della spesa, delle mense... della solidarietà sociale. C'era una politica che sognava quei piccoli passetti che avrebbero reso l'Italia un paese più felice.
Oggi si perde tutto il tempo sui massimi ideali, gli orizzonti, i riferimenti... e a far polemica sulla polemica. Nessuno ha più le palle di dire un "non rispondo", "ma davvero la ritiene una cosa importante" e mille mila risposte di buon senso. Come Nanni Moretti, aspettavo davanti alla tv che qualcuno dicesse, del lodo Alfano, "ma se dovessimo un giorno avere un Presidente di sinistra e scoprire che è un ex BR, voi lo vorreste processare o aspettereste la fine del mandato?". Cose simili non le ha dette nessuno. Nessuno si nega ai giornalisti, tutti parlano, tutti cercano di dipingere qualcosa di simile a quell'orizzonte che dicevo snza nemmeno accorgersi che non c'è il muro. Che stanno dipingendo l'aria, e non resta niente.
Come se il crollo del muro avesse generato una sorta di paura di esser vuoti dentro - anche se non è affatto vero! Basta guardare alle realtà locali! - e per riempire questo vuoto e scacciare la paura di chi si è o meno, si sia riempito questo buco con Berlusconi. Almeno così si sa chi NON si è, ed è già un conforto. Solo che così di Berlusconi non si può fare a meno, pena il ricominciare a patire daccapo... e quindi non si riesca mai a portare un attacco fino in fondo. Non si riesce mai a mettere a segno una strategia vincente. Insomma, non si riesce mai a usare il puro e semplice buon senso!!! La legge che promulga è sbagliata? Vuoi far capire ai cittadini che è sbagliata senza che possano strumentalizzarti e generare polemiche sterili? Fai l'esempio su qualcun altro! Non lo chiamare nemmeno in causa, fai altre ipotesi, gioca su di te! Rovescia tutto in maniera che si spaventino quelli della destra!!! Falli rendere conto che il paese che si prospetta non è affatto quello sicuro che pensano di sostenere! Parla degli stipendi dei poliziotti!!! ...mah.
O siete tutti in attesa dell'ineluttabile fine, o dovreste avere il buon gusto di fare un bagno di umiltà. Profondo. Di ripartire da zero. Ricordarsi del rigore e della dignità. Ricordarsi di un Pertini, per dirne uno senza scomodare colui di cui porto il nome. Trovare, da qualche parte della propria anima, l'onestà intellettuale di un difensore di quei principi di una politica sana e partecipata: dove partecipata non significa le primarie, e tantomeno la consultazione online...
Mi perdoni, Bersani, ma nell'era di internet sembra che tutti siano drogati di tecnologia a ogni costo.
La democrazia partecipata era lì dove nei baretti di paese si parlava di politica, dove ci si vedeva a fare gli attivi pre-congresso in sezione, e si gridava, si litigava e poi si faceva pace, trovata la posizione conciliatrice. Quella è partecipazione. Non l'assistere alla conferenza dei relatori, com'è diventata ultimamente. Non il questionario su internet, dove dobbiamo rispondere a domande che avete scelto prima voi. Di eleggere gente che viene candidata da voi, ne ho le palle piene - perdoni il tono scurrile.
Che i vertici suggeriscano quei nomi che giungono sussurrati fino alla base, per poi saltare fuori dalla base come se questa li avesse proposti, è una cosa che mi ha sempre fatto schifo. Preferisco le voci contrarie, discordi, stridenti ma dotate della virtù della conciliazione, virtù eminentemente politica, e dell'attenzione al mondo reale, a come si evolve. E nessuno di voi tre mi dà quest'idea.
Per questo, caro compagno - e lo dico con una certa soddisfazione sulla lingua, io, che votai la mozione Morando e che sono più per un rigore 'etico' alla Di Pietro che per i veterocomunisti - caro compagno Bersani, io non voterò alle primarie.
Non voterò nemmeno PD, fino a quando non vedrò qualcuno che, senza voler compiacere la folla, prendere più voti, o apparire di più in televisione, dirà chiaro e schietto quello che pensa.
Uno dei momenti più belli della mia vita politica, caro compagno, fu quando decisi di dare una risposta impopolare, ma mia, scartando invece la più ovvia e - come si dice da noi in teatro - da carrettella, cioè per raccogliere applausi. Ebbene, caro Bersani, mi sorpresi a guardare un'assemblea di più di 400 persone che si alzava in piedi ed applaudiva per dieci minuti. Me, che ero convinto di aver dato una risposta per cui potevo essere linciato: che aveva ragione la polizia ad aver caricato a una manifestazione.
Questa è partecipazione, caro compagno. Questa è politica, e democrazia.
Prova anche tu.
E chissà che non ti stupisca a prendere i voti di trenta milioni di italiani che pensavi di esserti giocato.

Spero che questa mia ti arrivi, con affetto,


GrimFang

sabato 26 settembre 2009

Sjuàsciarnél

Tempo fa è morta Marilyn Chambers.
Per chi non lo sapesse, era la star del primo (ex-aequo con Gola Profonda) film porno della storia moderna, cioè di quelli propriamente detti così. Si trattava di Behind the Green Door, in cui lei era una ragazza inesperta rapita alle gioie del sesso.
L'ha trovata la figlia diciottenne, in una casa 'mobile' in cui viveva da un paio di mesi. E' morta relativamente giovane, per cause ancora da accertare. Era passata al mondo del porno da un lavoro di modella testimonial dei saponi Ivory Snow, ed era rimasta attiva fino al 2007. Caso raro, attiva sia nel mondo del porno che no.

A proposito di gioie del sesso, sto cercando di tradurre in italiano il testo di una canzone francese che mi ha sempre fatto morire dal ridere: "La nymphomane".
Già alla prima occhiata ho capito che è una missione impossibile: specie se uno vuole rispettare la metrica, le rime e la musicalità del testo. E' nata francese, e mi sa che in francese resta. Ma se Fabrizio De André ci riusciva, con altre canzoni come "Il gorilla", allora forse qualche speranza c'è.
Certo, permane il problema di tradurre "joies charnelles" [sjuàsciarnél] con qualcosa di altrettanto corto e musicale.

E visto che siamo in tema e che non posto novità a riguardo da un po', potrei anche lasciarmi andare a qualche considerazione sulla mia vita sentimental-sessuale.
SE ci fosse qualcosa da aggiungere!
^__-

In realtà, ci sono diverse nuove attrattive in campo femminile, ma non è una novità, visto l'elevato tasso di sensibilità che il sottoscritto ha nei confronti delle belle donne.
Eppure è un periodo... diciamo strano, sebbene in passato ne siano capitati altri così: cioè un periodo in fondo positivo in cui mi ritrovo circondato da belle fanciulle tra le quali, cronicamente, non so scegliere.
Tanto più che si fanno anche un pochino sentire gli effetti dei social network, cioè facebook: ho ripreso, come vi dicevo, i contatti con alcuni compagni delle elementari, tra cui alcune delle ragazze più carine. E finalmente, ad esempio, sono riuscito a dire ad una di loro - dopo 24 anni - che in una certa sera, gennaio del 1985 o 1984, visto che ho fatto la primina (ma dovrebbe essere 1985), alla mia festa di compleanno avrei desiderato baciarla sopra ogni altra cosa al mondo.
Sì, a dieci anni. Era meravigliosa.
Lo è ancora, a giudicare dalle foto e dal tono scanzonato con cui abbiamo corrisposto via email, e gioca molto assai sulla seduzione: in primis, perché si fa pregare e attua tutte le dinamiche femminili tipiche della donna che vuole sentirsi al centro dell'attenzione; in secundis, perché al mio riferimento di un certo vestito da spagnola che ancora mi ricordo, mi ha risposto che non solo ce l'ha e ci entra ancora, ma che alla prima occasione in cui ci reincontreremo se lo metterà. Ed al massimo io "dovrò accettare che la gente pensi che vado in giro con una matta" (o qualcosa di simile).
^_^
Ora, però, è da tener presente che alla 'cena delle elementari' che abbiamo provato a organizzare, alla fine eravamo io, Letizia e Floriana, e lei ha dato buca all'ultimo momento (come Simone, Francesco, eccetera...).

Comunque, la cosa inattesa è che, in questa discussione sul bacio, s'è inserita anche un'altra compagna, che mi ha scritto in via privata (l'altra discussione era 'pubblica'), dicendomi

"... ma non mi sembrava il caso di spiattellarlo in pubblico. Ho pur sempre un senso del pudore e della privacy, perbacco!
Mi ricordo SEMPRE la storia dell'incidente della tua lingua, che mi raccontasti, credo in terza. L'interruttore della lampada e lo spinotto, e la corsa in ospedale, il ruolo di tuo padre. Mi sbaglio?
" - era mia madre, ma fa niente - "E mi ricordo benissimo il tuo modo di correre e di muoverti, le tue belle manine da bimbo intelligente e un po' irrequieto!
Mi dispiace non lasciarmi coinvolgere da tutti i tuoi suggerimenti facebucchici, ma non riesco a trovare abbastanza tempo da dedicarmici... Non pensare che non li apprezzi, però!
E poi volevo commentare lo sminuire la tua voglia di baciare Virginia a 10 anni: non sembra anche a te che i sentimenti avessero la stessa forza dentro di noi, allora come ora?
Internamente penso che non cambiamo poi molto, siamo gli stessi bambini che abbiamo conosciuto cento anni fa!
"

Ora.
Una che ti scrive dopo un fracco di anni che si ricorda di come ti muovi, e delle tue manine, per poi dirti che i sentimenti sono gli stessi di quando avevamo dieci anni...
Sto scoprendo adesso che aveva una cotta per me?
"Scappa." - dicono le amiche.
Però è carinissima la mail che ha scritto.
"Scappa!" - dicono gli amici.
Dai, abita a Milano! Certo, le manca Roma e...
"Fidati. Lascia stare e scappa." - dicono in coro le amiche, gli amici, ed i miei sensi di rogna.
Eppure...
Ma poi piano piano vai avanti e scopri che comunque convive, su a Milano.
"Ritieniti fortunato" - dicono le vocine.
Però le belle manine da bimbo intelligente e un po' irrequieto ancora ce le ho!
E si chiamano stronza e birichina, ma questa è un'altra storia...

Del resto, anche altre situazioni faceboocchiche che si erano create si sono poi rivelate un po' buchi nell'acqua.
Chissà, magari solo perché ho aspettato troppo io.
Giorgia, ad esempio, la mia amica con cui avevo ripreso contatti dopo un mucchio di tempo - ma è capitato di rivederci nel tempo dopo la fine del liceo - ha da poco (e mi dispiace un casino per lei) perso il bambino che aspettava, il che a) presupponeva una relazione quantomeno approfondita che non sapevo e b) lascia un po' di amaro su tutti i commenti al suo profilo in cui ci si congratulava per la sua nuova relazione.
Del fatto che è uscita dall'elenco delle cardinapabili, come dice il mio amico Simone (quello che ha dato buca), sarà contenta Sara, con cui tempo fa ho avuto uno scambio di pareri di questo tipo:
Io: "...e poi c'è anche Giorgia. E tu la conosci, Giorgia."
Sara: "...ma chi, [cognome]?"
Io: "Sì."
Sara: "No."
Io: "Sì sì."
Sara: "No. Ti dico no."
Io: "...beh, dai..."
Sara: "No."

Certo, io Giorgia me la ricordo ancora come al liceo (per carità, ci siamo ribeccati negli anni), spavalda sostenitrice del sesso libero e compagna di vita di sezione. In fondo mi fa sesso da allora, da quando passammo una notte condividendo una coperta gialla, in realtà uno striscione, mentre facevamo presidio davanti a Montecitorio. E poi, per citare un amico di Sergio, "io sulla mia trombonave faccio salire tutte!".
Non è proprio così, ma dovrei tendere a farlo! ^_-
Olivia, invece, la sua migliore amica, l'ho ribeccata giusto un paio di volte. E anche se mi ha regalato i fiori a fine spettacolo al Furio Camillo - come ha fatto con tutti gli amici - non ci siamo più scritti, ho perso interesse.
Insomma, ho contravvenuto ai precetti che mi sono stati dati a Ferragosto.
Ho rotto l'assedio.
Ma questo, signori, è un altro post... ^_-
Buona vita,


GrimFang

lunedì 21 settembre 2009

Il mio amico Jebediah

E' così che me l'hanno detto.
"Il tuo amico Jebediah è tra i vincitori".

Avevo appena finito di mettere in scena l'ultima replica di "3 pa(ZzSs)i all'Inferno" e mi stavo gustando un po' di chiacchiere, una sigaretta, un po' d'aria. Vado a recuperare il telefonino e che c'è? Un paio di sms, ne leggo uno di sfuggita, nemmeno lo capisco.
Sulle prime mi dico "ma chi cavolo è jebedia?" (era scritto senza acca, ma non sarebbe cambiato un granché). Poi, con gran difficoltà - comprenderete, erano appena finite due repliche in un giorno solo, pomeridiana e serale, e s'era appena finito di brindare a spumante per l'ultima andata in scena dello spettacolo... in più metteteci che tra uno scherzo e l'altro non avevo cenato, ed ero stato costretto ad abbondare in fette di crostata, l'unica cosa rimasta. ...poi dici non cenare sennò ti ritorna tutto su durante lo spettacolo, vabbè...
Comunque, con un bello sforzo uno dei miei neuroni - ne posseggo ancora più di uno, a differenza di ciò che dicono spesso alcuni amici miei, possessori oramai di una sola unità neuronale (pertanto funzionante assai meglio delle molteplici rimaste a me) - dicevo, prima di perdermi in ulteriori digressioni, riesco a ricollegare tipo allaccio di corrente il nome del mittente e quello del mio fantomatico amico.
Una sorta di scintilla tipo -non-so-bene-che-cazzo-è-successo-ma-ci-sono-arrivato-uguale-e-se-provo-a-tornare-indietro-per-capire-come-e-perché-non-ci-riesco.
Comunque, avevo capito che Jebediah aveva vinto.

Certo, col senno di poi, cinque contro uno è anche chiaro che poi uno vince, ma mica è detto. Voglio dire, la concorrenza c'era, abbondante, agguerrita. E il vecchio Jebediah Jonze non era mica detto che ce la facesse a batterli tutti. Però, a essere sincero, io avevo scommesso proprio su di lui, e questo faceva di me un doppiamente vincitore. Il che è sempre una gran bella soddisfazione! ^_^
Insomma, avevo sì più chances, ma mica era detto che Jebediah ce la facesse.
Ok, ok, ci speravo.
Ma mica solo per lui, eh, anche gli altri quattro, chi più chi meno.
Tra l'altro, la notizia arrivava corredata da un commento-linguaccia, perché ne avevo discusso via email proprio un paio di giorni fa proprio con lui. Diceva "dai che non puoi lamentarti troppo dei nostri gusti". Perché il cavallo su cui avevo scommesso, Jebediah, non era tra quelli su cui avrebbe scommesso lui. Lui era più per Outremer, o Direttiva.
Anzi, adesso adesso, proprio ora che controllo le email per rivedere quali diceva, ne trovo un'altra sua, dove - a parte dirmi che in genere tendo a perdere sul rush finale - specifica che Outremer non è immediato, mentre definisce Direttiva una deliziosa variazione in chiave sbarazzina di Asimov...
^__^
E non posso che essere schifosamente contento.
Insomma, anche quest'anno, un'altra SFIDA vinta! ^_-


GrimFang

mercoledì 9 settembre 2009

Sssshhh, fate piano...

Sì, lo so che non scrivo qua sopra da un bel po' e che di cose da dire ce ne sarebbero per cento post...
Ma ora sono un po' di fretta, come sempre, e mi ero affacciato solo per darvi una notiziuola, che un paio di voi sanno già... Ve la canto sulle note di "Voglio andare a vivere in campagna" di Toto Cutugno (solo perché col testo ci sta):


"Me ne vado a vivere a Torpignaaaa, aah... aah..., aah... aah..."

^____________________^


Signore e signori, dal prossimo mese GrimFang trasloca!
E si scorteccia dalle balle della famiglia! ^__^

Che il dio o chi per lui ce la mandi buona,


GrimFang

mercoledì 12 agosto 2009

2012

"Ehm, signore, abbiamo finalmente capito di che materia è l'asteroide, signore."
"E di che cos'è?"
"Ehm, magnetite."
"Questo comporta qualcosa?"
"Sì signore. Il fatto che sia di magnetite varia i dati nel suo rapporto di attrazione gravitazionale con la Terra..."
"Vuol dire che visto che quel coso è di magnetite ci precipiterà sulla testa?!?"
"Beh, non proprio..."
"Ah, volevo ben dire!"
"...ci precipiterà sulla testa perché tutti i dati raccolti sinora su di lui erano sballati, signore."


GrimFang

venerdì 31 luglio 2009

La stanza nascosta

Stanotte ho sognato il Deso.

Era tipo una vacanza, un posto dove stavamo assieme, c'era sicuramente Maria, Paolo Digia, ma c'era anche Vania e gli elishiani (tipo accampati in una grossa tenda blu sotto l'albero).
La parte che ricordo comincia da me che esco di casa per andare a incontrarli e, una volta chiamato l'ascensore - quello reale di casa mia - resto di stucco quando le porte si aprono e mi trovo di fronte uno spilungone in abiti bianchi estivi, leggeri, a capo chino e con uno zuccotto bianco in testa.
E resto di sale quando solleva il viso e mi trovo davanti gli occhi azzurri del Deso.

Da lì, c'è un piccolo salto: il quantitativo di domande che emotivamente si sono affacciate dentro di me deve aver spinto il sogno verso un pur piccolo chiarimento.
Per cui, mi ritrovo a casa di Maria-Deso (sebbene fossi certo che lì abitava il Deso e non tanto Maria), che non è affatto quella reale. Era una stanza, salone molto grande, di quelli tipo set del cinema: assi di legno grige per il pavimento, coperto di tappeti, un grosso tavolo, forse un camino, mobilio scuro e pesante e soprattutto una sorta di carta da parati fatta di stoffa scarlatta imbottita.
Il chiarimento in questione riguardava, infatti, il concetto "dove cazzo sei stato tutto questo tempo".
Il Deso mi porta verso un angolo del muro, una sporgenza della stanza nella parete dove poi c'è incassato il camino. E lì, strappa via dalla parete parte di questa tappezzeria (ah, ecco il termine! Mica carta da parati... ^__^) che viene via perché in realtà è fissata col velcro, e rivela un passaggio nel muro. Strettissimo, che dà su delle scalette ripide. Da sopra viene luce.
Lo seguo, e mi ritrovo in una stanza più luminosa, credo ci sia tipo un lucernario, molto molto spartana. Infatti c'è solo il pavimento in assi di legno e un tavolo scarno al centro.
E scopro così che lui ci è sempre rimasto vicino, ci ha osservato vivere la nostra vita senza di lui. E parlandogli scopro anche che ha deciso di rifarsi vivo dopo averci visto mangiare in moderata allegria, come sempre, in armonia, in un posto tipo quei fast-food, no, anzi, quelle tavole calde all'americana, coi tavoli dietro grandi vetri che danno sulla strada.
Lui doveva averci osservato da un motorino, indossando il casco, o magari da una bicicletta.
Quindi siamo usciti da lì, per andare - credo - a raggiungere gli altri.
Ed è lì, camminando sui sanpietrini tra quelle case color mattone tipo quelle di trastevere, che ho visto l'albero con sotto la grossa tenda blu. Fuori c'era Vania, che stava aggiustando i tiranti di quella specie di 'baraccone' da circo elishiano...

Questo è quel che mi ricordo.
Poi, ho fatto tante inferenze e ragionamenti, come il perché io me lo sia sognato - ieri sono andato col Digia alla cena di un mio amico di teatro, Amedeo, e nel tragitto è uscita fuori una battuta alla "se il Deso fosse qui direbbe". O anche, il fatto che nel giardino di Amedeo ci sia un grosso vetro che fa vedere il salone sottostante, che potrebbe avermi suggerito l'idea del guardare da sopra senza essere visti...
Però, resta curioso il fatto che stanotte l'abbia sognato anche Giulia.
Che ieri non c'era.

Buona vita,

GrimFang

martedì 28 luglio 2009

Trofeo RiLL

Niente, non ce l'ho fatta.
Buh.

Ora resta la S.F.I.D.A. ...


GrimFang

venerdì 17 luglio 2009

Las smutandadas

E' estate.
E potrei finire il post qui, salutarvi, firmare e andarmene che ci siamo capiti.

Ma è anche un momento dell'estate particolare, per me.
E' il momento in cui al lavoro da me fanno i provini.
I provini per entrare ai corsi di recitazione.
Dall'altro ieri fino a, con tutta probabilità, fine luglio, il mio posto di lavoro si riempie in modo inverosimile di aspiranti attrici tutte rigorosamente under 25.
Non tutte delle meraviglie, per carità.
Ci sono delle belle ciccione o delle ragazze brutte che, PURTROPPO, anche fossero brave o bravine hanno scarse chances di farcela.
Io questa cosa la detesto, anche perché di visi particolari, di gente come la Finocchiaro - che io adoro - per dirne una, ci sarebbe un gran bisogno; ed io come regista - perché no, in fondo un paio di regie le ho fatte - andrei a cercare le facce vere, non le facce fotocopia... ma soprattutto per la motivazione che intuisco: il termine Cinematografia ha sempre meno a che fare col mio posto di lavoro, cioè, con la scuola intendo. E molto di più il termine Televisione, invece. Televisione che si sta mangiando anche il cinema italiano, avvelenandolo col miglior pasto consumato sulle fiction che sulla botta una tantum del grande schermo.

***Digressione***
Che brutta cosa.
Mi sono affacciato alla finestra per l'immenso caldo che fa in questa stanza, alla ricerca del refrigerio minimo di questo sputarello di vento che c'è. E vedo due ragazze nella strada di fronte - che è privata e poco trafficata - che si posizionano tra due macchine e si guardano attorno circospette.
Purtroppo avevo già capito.
Cerco il binocolo, lo prendo e continuo a pregare di vedere la fiamma di un accendino.
Avranno meno di diciott'anni.
Un accendino, ti prego, dimmi che state rollando.
Ma quando vanno via si guardano l'un l'altra per controllare se è sporco il naso...
Che brutta, brutta cosa...
***fine digressione***

Dicevo, dunque, che questo periodo dell'anno il mio posto di lavoro fiorisce, e non in senso della flora, bensì della fauna! ^_^
Il primo giorno, a dire il vero, non c'era tutta 'sta gran bellezza. Ma, dovendo aspirare, qualcuna di quelle signorine s'era vestita di conseguenza; e così, in (pochi) panni aspiratorii, rendeva manifesta la propria voglia... aspiratrice.
Insomma, ce n'era più di una vestita come una zoccola. ^_^
Ma no dai, sono ingiusto. Sono semplicemente tutte in tiro, com'è anche banale supporre dovendo affrontare una selezione.
Se una ha un bel corpo e una marcia in più perché non dovrebbe sfruttarla? Voglio dire, la mia macchina arriva solo fino alla quinta...
Tanto più che i posti per cui concorrono non sono mica come quelli di un ministero: qui se cercano sei donne e sei uomini non può capitare come per il posto unico in cui il maschio può anche reinfilare i documenti nella cartellina ed andarsene a casa, sapendo di non poter competere con quello stacco di coscia biondo in minigonna e reggiseno rinforzato.
No, qui donne contro donne e uomini contro uomini. E nella più stupida tradizione italiota, passano i migliori compromessi tra canoni estetici e canoni...
Ero indeciso se provare con una pessima battuta sulla Rai o una raffinata di tipo musicale.
Canoni intellettivi, diciamo così. Qualità, capacità, insomma.
Le scarpe vere non le prendono mai. Hanno un nome da difendere, insomma.
Vabbè, ciancio alle bande, il motivo da cui l'oggetto di questo post è quella ragazza bruna, anzi proprio mora, con una corta e larga gonna verde, che attendeva il suo turno svaccata sulla panchina - fortuitamente di fronte alla mia, a diversi metri di faccia a me - cercando di rilassarsi.
Il che, a quanto pare, implicava la refrigerazione delle parti basse grazie alla circolazione delle correnti d'aria consentita dal divaricamento totale delle cosce, con conseguente accesso al panorama da parte del sottoscritto e dei 30° circa davanti a lei, inclusi nell'angolazione delle gambe.
Peccato che in quei 30° c'ero solo io, col sangue al naso e un piccolo accenno di aritmia cardiaca dovuta alla totale sorpresa e gratuità della cosa. Evviva le cose a buffo.
La motivazione dell'epistassi, in realtà, era soprattutto dovuta alla necessaria evidenza, anche per un miope come me, della mancanza del supporto intimo tipicamente indossato dalle persone in qualsiasi stagione - o per lo meno che si suppone dovrebbe essere portato in una occasione come quella!
Invece, l'allegra fanciulla ne era priva: prima di cedere all'evidenza, in effetti, un miope come me dubita sempre - pur dovendo fare i conti con subitanee rigidità delle membra tutte (lo stesso principio dell'infarto, ma con risultati spesso apprezzati dagli uomini anziani - che certamento lo preferiscono al rigor mortis, anche perché quest'ultimo si ottiene una volta sola, e senza poterci più provare gusto).
La prima cosa in assoluto, è discriminare se si tratti invece, subdolamente, di quei maledetti trompe l'oeil che sono i capi di biancheria intima color carne. Capita spessissimo di avere delle vertigini e un senso come di perdita del controllo per qualcosa di sicuramente sexy, ma di portata erotica assai inferiore.
Ma in quel caso una certa macchia scura, cisposa, sembrava a tutti i sensi eliminare l'opzione biancheria color carne. Beh, biancheria tout court.
Specialmente considerato che, una volta rientrato in stato altrove-catatonico, incrociando Matteo avveniva il seguente scambio di battute
"Hai visto quella con la gonna verde?"
"Quella senza mutande? Li mortacci sua..."
di cui non ricordo esattamente chi abbia detto cosa, ma le parole sono state quelle.

Il bello è che, il giorno dopo, ce n'era un'altra con lo stesso 'vizio' di tenere le gambe larghe quando si indossa la gonna.
Questa volta però, non c'era dubbio sull'infame effetto color carne della sua biancheria! =)P
Poi, invece, è andata scemando.
Sarà il fatto che il caldo è andato diminuendo... e c'è meno bisogno di far prendere aria alla frasca.
Ad esempio oggi c'erano ragazze bellissime - tre davvero, davvero carine - e ce n'era una che sedeva svaccata davanti a me, a cosce spalancate. Però non so se indossasse o meno biancheria intima.
Aveva i pantaloni!
^____-


Domani si parte per Avignone. Si torna lunedì.
Ho una tenda nuova da tre posti, un sacco a pelo nuovo più estivo del mio, un tappetino nuovo per non rifarmi la schiena sul terreno, una scatola di preservativi 'nuova' con tre tipi diversi di profilattici e circa 190 euro di meno.
Poteva andarmi peggio.
Si parte alle sette del pomeriggio, dal CIM di San Giovanni. Sì, con noi vengono i mattacchioni di Vania, anzi, a onor del vero siamo noi che andiamo con loro.
Vania ci ha detto di portare i vestiti dell'Inferno. Il viaggio è lungo, decideremo a bordo cosa andremo a fare. E poi, una volta tornati, toccherà vedersi per preparare lo spettacolo per Cly, che è il weekend dopo.
Il 30, invece, scadono i termini per l'invio dei racconti per la SFIDA di RiLL. Tre sono pronti, uno va tagliato, uno lo sto scrivendo. Speriamo di chiuderlo...
Già, perché è il più problematico (a parte quello che era talmente problematico che non l'ho scritto): riguarda Elish, nel dettaglio riguarda una cosa che ho inventato proprio io in Elish.
I guerrieri bibliotecari.

...e già so che qualcuno di voi sta sorridendo.
^__-


GrimFang

mercoledì 8 luglio 2009

Pronto? pronto un c...

Ce pòi pure morì, al pronto soccorso, se te danno er codice sbajato!

In vita mia, mi è toccato tre volte salire su di un'ambulanza.
La prima, agli esami di maturità: scritto di matematica, panico allo stato puro, entrando mi sento male, vacillo. E' la mia prima botta di gastrite, ma l'avrei scoperto poi.
Mi accascio all'ingresso, la membro esterno di storia - che ci aveva fatto filosofia l'anno prima, ma questa è un'altra storia - mi fa fare respirazione yoga, e un po' mi calma. Ma appena si allontana riprende più forte di prima. Niente, arriva l'ambulanza, mi siringano mezza fiala di valium nel sedere. Visto che non sortisce effetti mi caricano sulla lettiga, mi ci legano con le cinghie e poi via all'ospedale a tutta birra, con l'ambulanza che piglia le curve in piega come Valentino Rossi. Mi portano al Santo Spirito, e poi tutto bene.
La seconda volta è stata l'anno scorso, due giorni prima di Lucca Comics.
Febbrone da cavallo, vomito alla fermata di Repubblica della Metro A. Risalgo fino al gabbiotto, mi accascio, chiedo di poter andare al bagno, non si può. Mi chiamano l'ambulanza, ci salgo anche se mi sento meglio.
Mi portano al Policlinico, e lì NON va tutto bene.
Sono stanco, fiaccato, ho sudato tantissimo. Voglio dormì, ma niente: la sedia è troppo distante dal muro ed è pesantissima, impossibile da spostare. La testa mi ciondola, non trova appoggio, ho freddo. Ho un cazzo di codice verde (rosso = priorità assoluta; giallo = priorità alta; verde = normale; bianco = che cazzo ce sei venuto a fà all'ospedale?), e chiunque mi passa avanti. Aspetto per ore, chiedo quanto manca, mi sento sempre più spossato. Come accade sempre, mi convinco che andare a casa e farsi una sontuosa dormita sia il modo migliore di curare qualsiasi cosa io abbia, e lla fine li mando affanculo e me ne vado a prendere il 490 sotto la pioggia per tornare a casa.
La terza volta, è stato sabato pomeriggio.

Al teatro Ygramul, verso le 18.30, il mio amico Lele presentava il suo libro di poesie.
L'avevo aiutato ad organizzare la serata, in realtà facendo un paio di volte da ponte con Vania, nulla di più. M'aveva anche chiesto di portare qualcosa di mio e leggerlo, o anche cose altrui; ma all'ultimo momento m'era girata male e non avevo portato niente.
Peccato, mi ero anche detto guardando e sentendo quelle che altri recitavano.
E poi, seduto così, un po' scomodo, una chiappa su una giù, arriva la fitta.
Un dolorino che si fa più acuto, la sensazione d'intensa e crescente scomodità che s'impossessa di me, negandomi qualsivoglia sollievo.
Mi agito, poi mi alzo, e cercando di non disturbare me ne vado in sala bar, pensando di sdraiarmi da qualche parte. Spiego a Vania il problema, con un mezzo sorriso che però mi rimane storpiato in faccia quando il mio corpo segnala che la posizione semi sdraiata che ho preso non è quella buona.
Da lì, è un rapidissimo decadimento: qualsiasi posizione io prenda non va bene.
Nemmeno sdraiato sul pavimento, in piedi, in diagonale, nulla... Arrivano anche Gab e Lalla, che assistono alla mia non muta crescita di dolore e panico; raggiungo con loro l'esterno, cercando di fare molta attenzione anche alla mia respirazione: sia per il panico, sia perché le fitte mi tagliano il fiato, e ciò non è bene.
E sudo, sudo in maniera totale.
Quando vado a sedermi di fronte al teatro, su, dove c'è la strada, sono zuppo fradicio e sento qualsiasi correntina d'aria come una carezza ghiacciata. Vania si allontana per prendermi qualcosa in farmacia, un antidolorifico; ma più passa il tempo più sento che non basta.
Con me ci sono Gab e Lalla, che fanno il possibile per tranquillizzarmi e farmi compagnia.
La posizione che ho trovato, quella in cui soffro comunque, ma meno, mi comprime lo stesso i polmoni, ma almeno è accettabile. Sento la mia muscolatura rigida e bloccata come un ciocco di legno.
A quel punto, mi accorgo che non sto tremando: vibro.
Vibro a una velocità assoluta, secondo me batto anche il battito delle ali di un colibrì: sono apparentemente fermo, immobile, e invece le mie mani, soprattutto quelle, potrebbero essere brevettate come strumenti per il piacere di coppia. ^_-Quando Lalla me ne tocca una, mi accorgo che praticamente ho le mani addormentate, numb. Uncomfortably numb.
Parlo a monosillabi, un po' perché mi manca il fiato, un po' perché l'ultima cosa che voglio fare è parlare. Mi accorgo che sotto di me c'è una pozza d'acqua, che gronda copiosa a terra dalla mia fronte.
Mi son fatto portare il giacchetto, l'ho messo e adesso è zuppo anche quello. Quando Gab suggerisce di chiamare l'ambulanza annuisco: sogno il momento in cui arriveranno e mi siringheranno nella schiena un abissale antinfiammatorio...
Così, quando Vania arriva comunicando che il farmacista senza ricette gli ha potuto vendere solo un MomentAct (che cazzo ci faccio col MomentAct!!), aspettiamo l'arrivo dell'ambulanza. E pianissimo, comincio a calmarmi.
Tanto che, quando arriva, in un tempo che sembra interminabile ma mi sa tanto che non lo è stato, sono persino in grado di tirarmi in piedi da solo - sebbene i paramedici mi diano ugualmente una mano.
...diciamola tutta, è anche un po' brutto che quando arrivano il paziente si tiri in piedi e dica "no grazie, adesso va molto meglio". Pare che oltre che a prenderli per il culo tu stia anche sottolineando il concetto "quanto cazzo c'avete messo", no? ^_^
Ad ogni modo, la fitta c'è ancora, la sento e so benissimo dov'è localizzata.
Quando salgo sull'ambulanza la paramedica, una simpatica, sale dietro con me e andiamo - purtroppo - al Policlinico.
Adesso, il problema del Policlinico è che è centralissimo. E' grande. Insomma, c'è un botto di gente. Se caschi col motorino, dal Colosseo a via Barberini, da via Nomentana a Piazza Venezia, ti portano lì. Quindi, nell'ordine da rispettare dei codici cromatici, è infinitamente più probabile che la lista dei codici verdi sia già lunghissima quando arrivi, e che sia continuamente rallentata dall'arrivo di nuovi codici gialli.
Vi dico solo che quello prima di me perdeva sangue dal mento, un signore anziano, e l'hanno lasciato lì a tamponarsi la ferita con le garze per ore.
Vania mi ha accompagnato, e resta a farmi compagnia fino al cambio con Gab e Lalla. Io sono stato piazzato su di una comoda sedia a rotelle dalla quale preferisco proprio non alzarmi: punto primo perché, nonostante mi stia sentendo molto meglio, capisco che la 'seduta morbida' della sedia - che accoglie bene sia il sedere che la schiena, scarica il peso togliendo l'incombenza alla mia muscolatura ed alle mie ossa, e non è proprio il caso di rinunciarci. Punto secondo perché... beh, mi rilasso, ed è sempre divertente girare sulle ruote! ^_-
Sempre che non ti ci debba trovare inchiodato a vita, ovviamente.
Delle ore passate in sala d'aspetto, niente di rilevante. A parte l'aver aiutato Vania a costruire la sua pagina Facebook, mentre mi fumavo un paio di sigarette all'esterno. Vania s'era anche preoccupato di andare a chiedere che nel frattempo non mi avessero chiamato.
Poi il cambio con Gab e Lalla - Vania doveva fare uno spettacolo a Castel Sant'Angelo - e infine la mia richiesta di andare a prendere la macchina: io dovevo tornare a teatro a prendere la mia, e siccome m'ero rotto le palle di aspettare avremmo fatto così - loro andavano a prendere la macchina e posare il motorino per riportarmi a teatro; io avrei aspettato il loro ritorno sperando che mi chiamassero. Altrimenti pace e vaffanculo.
In fondo stavo meglio.
Così, loro escono, ed io mi accingo a leggere gli ultimi racconti dell'antologia di RiLL che mi mancavano.
Metto gli occhi sulla pagina e...
Via. Mi sfuggono sulla pagina. Faccio fatica a mantenere la concentrazione, il cervello si rifiuta di compiere l'operazione. Vado veramente avanti a fatica, e mi rendo conto che non è tanto perché non ho voglia di leggere, quanto perché non ho cenato e sono praticamente le undici.
Nada zuccheri. Forse anche nada liquidi.
Insomma, non ho affatto fame - cosa che comincia a farsi strada invece appena mi rendo conto del problema - eppure sono assolutamente cosciente della mancanza di materiali da bruciare per il mio sostentamento. E ringrazio Vania per quell'assaggino di barretta al cioccolato che mi ha dato quando mi ha portato il caffè.
Ma quanto tempo posso andare avanti, ancora?
Ed è lì, mentre sto col libro in mano, indeciso se sforzarmi a leggere oppure cedere e metterlo via, che arriva la classica infermiera stronza.
"Chi c'è ancora?"
Ah sì, ah sì, e voilà, tocca a me.
"E lei chi è?"
"GrimFang, sono qui per la schiena..."
Bastarda.
"Ah, ma lei non ha risposto all'appello, eh?"
Bastarda stronza.
"...la sua scheda è stata tolta. C'è ancora, eh, ma c'è da aspettare!"
Stronzabastardastronzastronzastronza.
Vania è venuto a chiedere, non m'avevano chiamato. Quando cazzo l'hai fatto 'st' appello, nei tuoi sogni? Hai beccato l'unico minuto in cui eravamo fuori entrambi, l'hai fatto sottovoce, hai aspettato apposta il momento adatto? Grandissimabastardastronza. Mi prende come mi prende tutte le volte in casi del genere: non rispondo, non rispondere mi fa male dentro perché qualche vaffanculo nella vita bisogna dirlo, però maledetta buona educazione a me questa cosa mi ferisce, l'essere trascurato, il sentirmi messo ingiustamente in disparte, il sentire calpestate le mie ragioni senza nemmeno argomentare...
Insomma, sto male e mi verrebbe da piangere, se non fosse che ho smesso di farlo troppo tempo fa.
E allora diventa urgente che ritornino al più presto Gab e Lalla, per andare via, andare a mangiare e mandarli un'altra volta affanculo dopo la volta della metropolitana. Però in tre abbiamo esaurito tutti il credito sul telefonino, per cui più degli squilli inutili non riusciamo a farci.
Mi alzo, aspetto fuori, fumo.
Quando finalmente vedo Lalla rientro e dico duramente all'infermiera di turno (un'altra):
"Io me ne vado, GrimFang, la mia scheda la può levare!"
Ometto la parte più divertente, quella sul dove se la poteva ficcare.
E' mezzanotte.
Starving. Ho una fame che non ci vedo.
Tiriamo dritti a teatro che lì c'è il bar aperto tutta la notte: entriamo e mangiamo. Chiacchieriamo, commentiamo. Sto meglio, ma sento che il dolorino lì ancora c'è; non faccio in tempo a pensare a che guaio sarebbe se mi ripigliasse ancora in quel momento, dovendo guidare fino a casa, che lo sento riaffacciarsi.
Saluto Gab e Lalla in fretta e furia e salto in macchina.
Non so cosa sia, ho solo il parere dei paramedici: un colpo di freddo, oppure uno stiramento muscolare. Qualcosa che comunque, con tutta probabilità, ho contratto in precedenza e che ha approfittato di una scomoda postura per riaffacciarsi ed acuirsi. E in effetti nelle ore di attesa, m'era anche tornato in mente che lo avevo accusato anche in precedenza, in macchina, mentre ero alla guida. Ma quando? Non riuscivo a ricordare se era andando a teatro oppure era tornando dalla festa la sera prima.
Comunque, il viaggio di ritorno è un calvario.
Nonostante abbia tirato in avanti il sedile, per non dovermi sforzare troppo, le fitte si rifanno vive, e aumentano. Io spingo la macchina quasi a tavoletta, cercando di fare la strada più veloce - e ringraziando il cielo che da lì c'è la tangenziale percorribile anche la notte e poi il sottopasso fino a Pineta Sacchetti. Rallento per respirare sulle fitte peggiori.
Sogno, anelo l'attimo in cui metterò il piede a casa e cercherò il Voltaren, il Lasonil o ingurgiterò Tachipirina - qualsiasi cosa pur di sedarmi a dovere. Non me ne frega nemmeno niente di essere da solo, di non avere nessuno a casa ad accudirmi (perché i miei son stati fuori per una settimana).
Faccio l'ultimo tratto, quello coi semafori, in stato pietoso. Arrivo e metto la macchina in garage, operazione per la quale bisogna pur piegarsi con la schiena, e infine schizzo fuori dalla macchina, che in quel frangente detesto, come complice dei miei mali. Rimuginando sull'ergonomia del sedile di un veicolo a quattro ruote, aprò l'ascensore e poi su mi fiondo in casa. Corro nel bagno di mamma e, col senno di poi, non so quale nume tutelare mi abbia fatto cercare con precisione il medicamento di cui avevo bisogno - che sia l'effetto subliminale delle pubblicità? Beh, in questo caso è positivo, anche perché lo trovo subito in bagno da me, in bella mostra.
Guardo le indicazioni, è proprio contro il mal di schiena. Godendo come un riccio me lo spalmo sulla parte infiammata: pochi minuti, e sto già bene. E benedico San Voltaren.
Non so tuttora cosa cavolo sia stato, ma non ho avuto bisogno di altre applicazioni. Il giorno dopo sentivo ancora - come lo sento adesso - quale parte della schiena, quale punto, è quello che mi da problemi e contratture, ma me la cavo tranquillamente.
Prima o poi, però, devo passare sotto le sapienti mani di Alessandro!
^_-


GrimFang

giovedì 2 luglio 2009

Ciao Karl

Dal portale di Yahoo:

"E' morto a 97 anni uno dei più grandi caratteristi di tutti i tempi.
Karl Malden se n'è andato, dopo una carriera lunga e importante, portandosi via l'ultima scia di polvere di stelle della Hollywood che fu. A 97 anni, l'attore, celebre per il talento camaleontico, in grado di interpretare con credibilità ruoli di buono e di cattivo, ha ceduto il passo alla sua età, che l'ha portato ad essere l'ultimo, grande rappresentante del mitico Actor's Studio.
Volto 'complicato', con naso largo e occhio magnetico, Malden trovò il successo grazie alla sua capacità di calarsi in ruoli sempre diversi, che gli fecero anche vincere un Oscar - come attore non protagonista - per la sua interpretazione in 'Un tram che si chiama desiderio' di Elia Kazan, dove il protagonista del film - che era anche suo amico nella vita - Marlon Brando, si fermò alla nomination.
In seguito, i due 'amici' recitarono insieme in un altro film di Kazan, 'Fronte del porto', dove Brando non mancò l'appuntamento con l'Oscar, mentre Malden, pur non premiato, consegnò alla storia del cinema una performance memorabile. Marlon volle Malden anche ne 'I due volti della vendetta', l'unico film che il grande attore diresse nella sua vita, a testimonianza del forte legame e della stima che c'era tra i due.
Nella sua lunga carriera, Karl Malden fu scelto anche da Alfred Hitchcock (nel film 'Io confesso'), e John Ford (in 'Il grande sentiero'). Paradossalmente, negli anni '70 il suo volto ricevette nuova fama grazie a un telefilm, 'Le strade di San Francisco', dove l'attore collaudato tenne a battesimo un giovanissimo Michael Douglas.
Nei primi anni '70 l'attore fu chiamato in Italia, dal maestro dell'horror Dario Argento, per dare vita all'indimenticabile personaggio di un cieco enigmista ne 'Il gatto a nove code'.
Da alcuni anni, Karl Malden si era ritirato a vita privata, insieme alla moglie, Mona Greenberg, sposata nel 1938. La loro unione è stata una delle più longeve della storia del cinema."

Karl Malden era uno di quegli attori che mi ha fatto bonaria compagnia, comparendo in un numero esorbitante di film visti da piccolo e da più grande, e riapprezzati ogni volta che li rivedo.
Ero un fan sfegatato de "Le strade di San Francisco", dove il suo viso astuto perennemente col cappellaccio in testa faceva da contraltare al giovane Michael Douglas - allora assai più sopportabile di adesso - e alla sua irrequieta voglia di fare. Era l'epoca de "Alla conquista del West", dei pomeriggi a casa con gli appuntamenti fissi alla tv, "Magnum P.I.", "Chips", "Riptide", "A-Team"...
E' morto a 97 anni, un'età più che ragguardevole, e con 71 anni di matrimonio alle spalle (minchia!).
S'è ritirato dalle scene in tempo per non farsi vedere da vecchio, come lo mostrano impietose le foto adesso, e lasciare di sé quella immagine che, a quarant'anni come a sessanta, era sempre praticamente identica: le guanciotte, il sorriso e quel naso a patata, come un marchio di fabbrica.


GrimFang

lunedì 22 giugno 2009

Una rosa bianca

Domani parto per Viterbo.
Facciamo le prove generali per gli spettacoli di Ludika, e già che ci sono resto su.
E adesso che ho un po' di tempo, posso fare un bilancio delle prime andate in scena con lo spettacolo nuovo, "3 pa(zzssi)i all'Inferno", che magari qualcuno di voi potrà ammirare in piazza sabato prossimo, il 27.

Le prime tre date, sono state quelle a Ygramul, lo spazio per il quale lo spettacolo è nato ed è stato pensato.
Non posso chiarire ancora le dinamiche, per quelli di voi che ancora non se lo sono gustato e magari si sono già prenotati per l'ultima replica il 5 luglio alla Casa delle Culture; ma ogni spazio, ogni meandro di quel teatro ha vissuto della nostra anima, e dev'essersi sentito.
Dev'essersi sentito perché - sold out e pienone per ogni serata a parte (per il 5 luglio credo siano rimasti sei posti) - nonostante il mio come al solito ferale giudizio sulla prestazione, specie quella della prima, l'applauso alla fine è sempre stato lungo e gratificante.
Ora, è bene spiegare come ci siamo arrivati, a quel giorno.

Tanto per cominciare, il lunedì delle prove Vania - il regista - ci ha cazziato.
Al punto che noi del laboratorio Ludyka abbiamo offerto il giorno dopo in sacrificio, per una nuova prova generale collettiva, al posto delle prove dei nostri spettacoli (due gruppi di noi che fanno due messinscene diverse dello stesso copione).
Accidenti, m'incarto io a scrivere, figuriamoci voi a seguirmi! ^_^
Il fatto è questo: nei quattro giorni di Ludika ci saranno spettacoli ogni sera.
L'Inferno è il 27, ma per gli altri tre giorni ci si doveva organizzare tra di noi del gruppo Ludyka e basta, per cui Vania ha deciso di trasformare sei di noi in registi, e di affidarci i testi degli spettacoli degli anni scorsi.
Ora, però, noi non abbiamo sei spettacoli alle spalle, ma solo quattro. Quindi Vania ha fuso gli ultimi due in uno solo, ed ha affidato lo stesso copione a due registi diversi. Sei registi, tre copioni, sei spettacoli.
A me è toccato "L'amore degli Zanni", il mio cavallo di battaglia d'attore, con un gruppo di veterani dello spettacolo nelle parti principali, e tre perfetti novizi nei ruoli minori. Recito invece ne "I segreti di Viterbo" per la regia di Valentina e... cosa sono quelle facce? Valentina se la cava, con le idee.
Sì, è come dire, 'ostica' su un casino di co... Sì, ok, a tratti è esasperan...
Beh, non vi ho ancora detto che nel suo spettacolo c'è anche Federichino.
Ok, ok, mettiamo le cose in chiaro: nel mio "L'amore degli Zanni" ho tre prime donne e un'ancora di salvezza. Avete la più pallida idea di cosa abbia significato cercare di lavorare con Omar, Federichino e Valentina, no, dico, tutti e tre assieme, con ciascuno di loro che cerca di metter bocca su tutto?!? E poter contare solo sulla gioia di vivere di Lalla per superare tutto questo?
Vi dico solo che un giorno s'è incazzata pure Lalla!!!
Grazie al cielo mi è bastato gemere "...no... Lalla, pure tu..." per riavere indietro un minimo di conforto.
Quindi, tornando a quel che dicevo, stare ne "I segreti di Viterbo" con Vale e Federichino è stata una passeggiata, a confronto!
Grazie a Dio non c'era pure Erika nel mio gruppo... ^_-
Comunque, sono in scena con un ruolo minore anche in "Troppi giullari della vita rotonda" o come cavolo si chiama incrociando i titoli di "Troppi rumori in scena" e "I giullari della vita rotonda". Per la regia di Federichino.
Sic.

Quindi, abbiamo sacrificato le MIE prove per avere una seconda opportunità di prova generale con (quasi) tutti. Dico quasi perché non è che 32 persone si liberano così, dall'oggi al domani.
Sì, siamo 32 attori.
Per questo il pubblico è diviso in gruppi di 15 ed è necessaria la prenotazione.
...altrimenti mettevamo in scena un carro bestiame diretto ad Auschwitz.
Insomma, facciamo queste seconde generali e vanno bene.
Ok. Ma questo vuol dire non poter scendere sotto quel minimo standard.
Senza contare che abbiamo tagliato via del tutto un bel pezzo finale (perché nessuno se l'era studiato)!!!

Ad ogni modo, si va in scena.
Un sacco di pubblico, io decido che la parte iniziale me la faccio senza occhiali, che metto in tasca, perché devo fare la 'maschera cieca' e senza mi riesce molto meglio! ^_-
Il rituale del 'merda' - gli attori pronunciano tre volte merda prima di posizionarsi per lo spettacolo - è un po' bizzarro ed allevia la tensione: dopo aver detto merda urlato al cielo, abbiamo toccato al culo a quello alla nostra sinistra, poi a quello a destra, ed infine correndo come dei pazzi a tutto il resto della compagnia!
^_^
Non fai in tempo a capire di chi è il culo che stai toccando, ma sapere che non hai mancato Claudia, Michela, Fri, Chiara, eccetera, eccetera è abbastanza per dar soddisfazione a un vecchio satiro come me. =)P
Poi, però, ci sono quei minuti di attesa, in posizione, prima che cominci lo spettacolo.
All'esterno, in rampa, immobili.
Cominci a notare che la posizione che hai scelto non è delle migliori. Ti fa male la schiena. Alla prossima meglio in piedi che così sbilanciato. Eh, ma poi perdo questa posa plastica, è carina. Oh, ma quanto cazzo ci mette a dare il via?
Sento il pubblico a meno di un metro da me, sento le chiacchiere, le stronzate, l'appello. Penso che così perdo la concentrazione. E se poi arriva una battuta carina che faccio, comincio a ridere? Di massacrarmi la guancia coi denti come faccio di solito non mi va.
Ecco, arriva il segnale d'inizio!
La gente entra, ma...
La prima volta il pubblico ha tirato dritto guardandoci come belle statuine. Il nostro segnale per muoverci non era arrivato ancora e insomma, promemoria per la prossima. ^_^
La prima per me è stata una schifenza: buchi lacunosi e mostruosi nel testo, imprecisioni, affollamento, due gruppi di pubblico si sono fusi insieme... carro bestiame per Auschwitz.
E invece...
Invece alla fine applauso possente, qualcuno che si riprenota persino per vederlo ancora. Vania soddisfattissimo perché c'erano buone energie...

Mah, mi dico, è vero che c'era una buona presenza. Ma questa era la strizza della prima, vedrai come alla seconda cediamo. La prendiamo sottogamba e - zac! - faremo una replica di merda.
Intanto, abbiamo alzato lo standard.

La replica, sabato 13, è un delirio.
Per me, che alle nove parto per Capalbio che si sposa mio cugino, e che alle 16.30 mollo il pranzo di nozze dopo il primo (avrei voglia di trascrivervi il menù che mi son portato via...) e devo pure faticare per avere un caffè.
Che arrivo in orario, ma a pelo, alla punta delle 19.30 per truccarsi e costumarsi.
E che, contrariamente a quanto programmato, ho fame. Grazie al cazzo, ho assaggiato solo i due primi! Mangio qualcosina e mi compro i soliti due Energade che mi sparo da solo a fine spettacolo.
E poi, stesso rito dell'altra volta, con in più un po' di respirazione antistress, e in scena.
Anche lì, fregato sulla rampa dalla chiamata che ci immobilizza. Stavolta ero partito un po' più dritto e mi ero andato a posizionare per ultimo, ma m'ero scordato che a una certa chiamano "Canto II" e io mi fermo come sono. E resto così per un'eternità, fino a quando Michela viene a darmi il cambio. E Michela viene dal fondo, deve passare i Saltymbanco che fanno una scena (quindi deve aspettare che finisca) e superare tutto il pubblico. Arriva sempre per ultima. E poi io devo correre a precedere quello stesso pubblico perché ho una scena subito dopo con loro!!!
...e 'sta botta mi son fermato proprio a cazzo! ^_^
Sono praticamente proteso in avanti, irrigidito, la schiena manda fitte lancinanti mentre il mio cervello grida "non pensarci! non pensarci! falla addormentare!" e maledico il giorno in cui ho dimenticato il proposito di fermarmi in posizioni comode, e la mia smania di essere ligio al ruolo attoriale che non prevede che uno si assesti solo per star più comodo DOPO che è stato chiamato lo stop! ^_^
Finalmente Michela arriva e posso continuare. Vado ad appendermi al bar e poi lo spettacolo continua.
E anche questa serata, applausi scroscianti. Sergio mi abbraccia (peccato sia riuscito a fare solo questo, perché poi è sparito) e ci fa i complimenti, forse lo autorizzano a scrivere del nostro spettacolo sulla testata di critica teatrale per cui lavora. Momo riesco a spupazzarmela di più, per fortuna.
Bestia, è andata bene anche stavolta. Ma domani...

E infatti 'domani', cioè domenica 14, è un dramma.
Lo spettacolo è un successone, al solito. A parte qualche faccia poco convinta che sembra abbia visto solo io (c'era uno che pareva quasi schifato, stile ma che monnezza sono venuto a vedere). Sabato si era andati tutti insieme a mangiare al bar, quello aperto tutta la notte, e s'era fatta un po' d'allegra caciara tutti assieme. Ad esempio, Amedeo ogni sera ha portato due diverse ragazze carine a vederlo, il che a) impone di frequentare il ragazzo e b) ha consentito a buona parte della compagnia di conoscere gente nuova. Ma non solo lui, ci han pensato anche Betta, Ester, e tante altre persone a portare amiche.
Vedi Paolino, a lavorare in Francia...
^____^
Comunque, domenica mi alzo di conseguenza assai tardi. I miei partono lunedì, e quindi so che la giornata è dedicata alle raccomandazioni sul genere "metti in ordine la stanza", "dai da mangiare ai pesci", "chiudi le serrande che sennò fa caldo" eccetera.
Purtroppo per me, un commento da me erroneamente considerato privo di rilievo, fatto da una sorella di mia nonna che non mi vede da secoli, diventa oggetto di una furiosa diatriba con la mia augusta genitrice nel mentre che sono zaino in spalla per uscire di casa e recarmi a teatro.
"Sei magro". Questo l'argomento.
Inutile sottolineare come, l'ultima volta che era uscito l'argomento magro=morte alla fine io sia andato dal medico il quale mi ha confortato mostrandomi che rientravo nella fascia verde (normalità - giallo = fuori norma, rosso = rischio) del peso, e neanche di poco.
Niente, mia madre aveva lasciato macerare la frase ventiquattro ore quindi nulla poteva battere la sua ansia di morte. Alé.
Fesso io che mi ci sono fatto il sangue amaro e poi l'ho mandato tutto in testa.

Con un mal di testa terrificante (non di quelli forti, ma di quelli persistenti in sottofondo) arrivo in teatro.
Si preannuncia una cazzo di serata.
Il rituale solito non basta a risollevarmi il morale, sono un po' nero e preferirei non farlo. Ma lo faccio. Verrebbe da dire "il lavoro è lavoro", che è un po' un motto che m'appartiene. Anche se quando mi trovo poi in scena da solo a urlare la canzone del coro che poco prima facevano in sei, l'ulteriore botta di sangue al cervello non fa bene.
E a dire il vero spero che facendo lo spettacolo mi passi. No, passerà alla fine. Anzi, mi distrarrà spesso tirandomi fuori dalla situazione e dal personaggio fino a quando non accade il miracolo.
Anzi, la sequenza di miracoli.
In sala scenografia, Erika arriva al mio fianco. Siamo sopra il ballatoio, tra i nostri compiti c'è quello di far oscillare una lampadina. E' accesa, è calda, l'ho sempre fatta oscillare io. Stasera vuole farlo lei.
Peccato che non lo faccia nel verso avanti e indietro, ma destra sinistra.
STOCK!
Lobo frontale destro.
La guardo stralunato, e per poco non sbotta a ridere. Un istante dopo dobbiamo lanciare bolle di sapone sul pubblico. Soffio. Soffio forte. Troppo forte.
Uno spruzzo di acqua e sapone concentrato finisce dritto nel mio occhio sinistro, bruciando come i tizzoni dell'inferno. Strizzo l'occhio, cerco di riaprirlo, un dolore allucinante.
Ma sono truccato, non mi posso stropicciare gli occhi.
Ma sono perpetuamente in scena, non posso andare in bagno a sciacquarmi.
Con un occhio in fiamme senza possibilità di lacrimare, sentendo il sapone che brucia mordendo la carne, sentendo l'afflusso di sangue al bulbo che si gonfia e comincia a pulsare (abbastanza pulp?), scendo la scala da guercio e - credo sia stato lì, altrimenti non capisco dove - ammollo una ginocchiata sinistra coi controfiocchi al muro in cemento.
Fantozzi mi da una pacca sulla spalla sospirando, mentre aggiungono il mio nome alla lista degli interpreti di slapstick comedies.
Bestemmiando in aramaico, tanto all'inferno ci sto già, mi preparo alla scena successiva.
Zoppico, stringo un occhio in una smorfia demoniaca di puro dolore, ruggisco per non gridare.
Qualcuno deve aver pensato "bravo, questo qui!".
Quand'è il momento di defilarsi, ci schieriamo da un lato per lasciare la scena agli Yogurt che fanno le Erinni. Io mi piego in due dal dolore, per cercare di aprire l'occhio e sbattere le palpebre. Quando mi guardo attorno, tutti quanti si sono piegati come me. Qualcuno mi ha copiato scambiandolo per un inchino.
Dio, mi dico, peggio di così che mi può andare?
In quella posizione non è che la schiena stia proprio comoda... ^_-
Grazie al cielo c'è il cambio scena.
A fine serata, mi scopro un livido sulla tempia e un graffio sulla spalla sinistra, sotto la camicia. Vi giuro che ancora non ho capito come me li sono fatti.

Ad ogni modo, successone.
E poi, tutti a festeggiare. Anche l'ultima replica al teatro Ygramul è andata bene, ed io continuo a chiedermi come sia stato possibile, anche se finalmente Giorgia è riuscita a dire "Amor ch'a nullo amato amar perdona / mi prese del costui piacer sì forte / che come vedi ancor non m'abbandona". E non "Amor ch'a nullo amato perdona / mi prese del costui che ancor non m'abbandona" o cose simili... ^__^
Però pare che sia riuscito a dirlo bene solo una volta...
E poi il mal di testa mi è passato. Sono stanco ed ho solo voglia di rilassarmi un po': di nuovo tutti al bar, brindisi con bottiglie di spumante che, scopriremo poi, vengono tipo 18 euro l'una, e tante tante chiacchiere spensierate.

Il giorno dopo, inaspettatamente, mi assale un magone tremendo per tutto il lavoro fatto.
Per le prove in comune, per tutta la gente splendida con cui condivido questo percorso, per lo spettacolo - che forse riproporremo a settembre ancora una volta all'Ygramul.
Mi manca di brutto, sono in ufficio, la vicinanza con gente come Andrea - classe 1954 - con cui si chiacchierava del fatto che i BASTARDI (il maiuscolo è col senno di poi) del Furio Camillo ci hanno spostato la data dal 19 al 20 avvisandoci con neanche due settimane d'anticipo, e che lui saltava la Mezza Maratona dopo aver anche pagato l'iscrizione... e si discuteva del piacere con cui si fa un simile sacrificio, perché c'è impegno e impegno e quello di correre era un piacere personale... Ed io pensavo se avrei sacrificato o meno una cosa cui tenevo tanto per non lasciare soli in scena gli altri - quando pur sapevo che ci sarebbero state delle assenze, nelle varie repliche - e cercavo di sostenere che non l'avrei fatto mentre qualcosa in me sentiva che invece sì, non li avrei lasciati soli se potevo evitarlo... E mi scoprivo a metà, in bilico tra una cosa desiderata e un impegno piacevole come fare teatro tutti insieme. Perfettamente a metà.
Ma se una delle donne dei miei sogni mi chiedesse di andare a letto con lei la sera dello spettacolo, immagino che non avrei dubbi.
In fondo i ragazzi se la cavano anche da soli. ^_-

Poi, venerdì sera, serata dedicata da tempo a rivedere Simone dopo un po' che non ci si vedeva, Gabriele mi dice che forse proietta il corto che abbiamo girato a maggio, quello da un racconto di Rodari.
Ok, mi dico, anche perché ho dimenticato la mia camicia di scena in teatro, e visto che il giorno dopo siamo al Furio Camillo, è il caso che la prenda e provi a dargli una lavata, scrostando via il muschio e i funghi che devono essere cresciuti su di un capo mai lavato dopo tre copiose sudate di andata in scena e una settimana di permanenza nel loco horribilis della fuffa elishiana.
Quindi mi organizzo con Simo e passiamo a teatro - passiamo lo stesso anche se Gab mi ha fatto sapere che il corto non si proietta.
E invece alla fine si proietta uguale, il tempo di aspettare Renato che poi non arriva e quindi ce lo vediamo senza di lui.
So che Simone ci tiene alle nostre serate-chiacchiera, per cui provo a scacciargli via l'impressione che lo sto gabbando e che in realtà voglio passare la serata con tutto il gruppo di cui non conosce nessuno. E poi so che lui di cortometraggi e queste cose qui non capisce nulla e gliene frega poco: posso inchiodarlo per ore a discutere di macchine e musica anni Ottanta, ma se dico teatro gli fa allergia.
Quindi giusto il tempo di pazientare un po', quanto dura? Dieci minuti... Ecco...

Porca vacca.
Credo sia stato questo il primo pensiero quando mi sono visto sullo schermo recitare.
Questo non sono io.
E' stato il secondo.
Per la prima volta nella mia vita, mi sono trovato bravo a recitare. Molto bravo.
Probabilmente anche la vicinanza nello schermo con quel cane di Federicone ^__^ giovava alla mia prestazione, ma davvero, sono rimasto senza parole. Mimica, intonazione, naturalezza.
Ma dov'era quel sole abbacinante che ci inchiodava, il caldo torrido che ci abbradipava, tutti i casini nel girarlo? Non c'era nulla di quella giornata, eppure c'era tutto, ed era una cosa a sé. Una bella cosa.
Tutti siamo stati concordi con Gabriele nel dirgli di provare a spedirlo da qualche parte, a qualche concorso. Quindi non lo vedrete su Youtube, come gli altri. Almeno, non per un po'.
Ma per me, è stato un bellissimo shock, che spero possiate in qualche modo presto apprezzare e condividere.

Infine, la rosa bianca.
Siamo andati in scena al Furio Camillo sabato 20 giugno.
Dovevo lavorare sul copione de "L'amore degli Zanni", ma non era proprio giornata (l'ho finito domenica al posto di andare a vedere lo spettacolo del laboratorio Caryllon, rosicando - "Processo per l'ombra di un asino", Dürrenmatt, che adoro!) , così sono andato prima, alle 18, a vedere "Arsenico e vecchi merletti" del laboratorio Senyor (tutti belli in età).
La sala, un forno crematorio. Oltre i 35 gradi, a occhio e croce. Umidità dovuta al sudore: un 83%.
Si respirava con le branchie, annaspando. Dopo dieci minuti avevamo le pinne.
Lo spettacolo, piuttosto carino, con un paio di attrici strepitose e qualche attore un po' cane (ma mai quanto Federicone ^_-). In particolare, una vecchietta surclassava tutti di una quindicina di spanne: spet-ta-co-la-re.
Non ero il solo ad essere arrivato per lo spettacolo prima, anche per buttare un occhio agli spazi e sentirci più tranquilli. Certo, vedere Valentina (la donna di Vania, l'altra non sarebbe venuta perché era in scena a Ygramul con la prima del laboratorio Caryllon) già sclerata verso i tipi del teatro avrebbe dovuto farci presagire qualcosa di negativo prossimo a venire.
Comunque, facciamo riunione e Vania ci spiega come ricollocare la macchina scenica dello spettacolo in giro per questo spazio nuovo, alieno.
In particolare, quello che era la rampa del teatro Ygramul sarebbe stato lo spazio dell'ingresso secondario, quello degli attori - da cui noi invece avremmo fatto entrare il pubblico. In pratica, il pubblico entrava dal portone accanto, poi tramite porta secondaria entrava nel foyer e di lì nel teatro e così via. Alcuni di noi si sarebbero piazzati nelle scale - un po' su e un po' giù, ed avrebbero recitato la loro parte, eccetera eccetera.
Finite le indicazioni, cambio, trucco, ripasso delle scene e dei movimenti...
Quaranta minuti all'andata in scena.
Mezz'ora.
Franz, nei camerini, mi chiede come ci si deve disporre nell'androne: l'accompagno, le mostro le scale che scendono e che portano dritte ai camerini; le faccio vedere la porta da cui invece il pubblico entrerà nel foyer; le indico le scale che portano ai piani sup...
Il tizio slavo che ci fa il Cerbero (uno dei due del teatro Furio Camillo che ci fanno da sorveglianti , dei due, il kapò) della situazione è davanti a noi, ci guarda malissimo e molto sgarbatamente afferma:
"Non si fa teatro sulle scale. Mica vorrete fare qualcosa qui! Questo è bed&breakfast, non c'entra niente col teatro! XYZ è uno stronzo se vi ha detto diversamente, qui è già tanto se vi facciamo passare il pubblico!"
Grana.
Grana grandissima, rogne a non finire.
Si corre da Vania, il tizio è irremovibile, Vania sembra calmo (ma poi ho capito che ingoiava ed aggiungeva al conto, non facendosi fregare da quei pezzi di merda e restando concentrato sulle cose da fare) e pare asserire che c'è problema: sale, guarda lo spazio del foyer e lo divide in due, dicendo qualcosa sull'organizzare lì noi gli spazi. E se ne va.

Senno di poi: se il proprietario del bed&breakfast s'incazza non ha affatto torto, ed il senso veicolato dai modi merdosi del tipo è anche corretto.
Ma c'è modo e modo, e c'è anche un tempo giusto per dirlo.
Non a venti minuti dall'andata in scena, cane maledetto.

Vania ha detto di organizzare gli spazi. Siamo io e Franz, c'è Giulia, Max dei Saltymbanco. Facciamo ipotesi, cerchiamo il modo migliore di far sì che il pubblico passi ma ascolti tutti gli attori che sono in scena in quel punto. Cerchiamo di trovare il modo giusto per non far mischiare i due spazi che nel foyer convivono, di rispettare la macchina, anzi, di non farla saltare.
Ma siamo tante teste, troppe, a lanciare idee su idee per mettere una falla all'emergenza. E io mi rendo conto che una simile cosa può far salire l'ansia, il panico, la mancanza di riferimento: se ognuno pretende di imporre la sua e un'altro sente una cosa e la piglia per buona, e magari cinque minuti dopo cambia, è il disastro. Nessuno si raccapezzerà più su dove si deve stare e cosa si deve fare.
Cerco di fermare qualcosa che io stesso ho contribuito a iniziare, cerco di fermare il mostro prima che si mangi noi col nostro spettacolo. Dico qualcosa come "Vania è il regista, non è problema nostro. Noi siamo attori: Vania dice che lo facciamo qui, ci dirà lui come fare". Mi rispondono qualcosa come "Ma Vania ha detto che ci dobbiamo pensare noi a come fare". Colpo basso.
Parlo francamente: "Siamo in tanti, non possiamo stare a macerarci su come fare quando fra poco andiamo in scena, così rischiamo che ci sale l'ansia...".
Franz mi guarda, stupita: "E a chi je sale, l'ansia?"
Sono Yogurt e Saltymbanco quelli davanti a me. Mica Ludyka.
La guardo sorridendo, e sinceramente sbotto: "A me, me sale!!!"

Chiediamo se possiamo usare un balconcino che affaccia sul foyer, ed il pezzo di merda kapò ci dice che non c'è problema. Abbiamo risolto.
Dieci minuti all'andata in scena.
Scendo, chiamo Vania, lo faccio salire, cerco di spiegare, ma appena su Franz mi avvisa che l'altro stronzo (il nazista silenzioso, non il kapò - e il bello è che è pure un fricchettone) ha appena detto che il balconcino non si può usare, perché lì sopra ci sono gli uffici.
E' guerra.
Guerra tra me e il Furio Camillo, gli darei fuoco all'istante, anzi, dopo lo spettacolo.
Vania mantiene la sua faccia di pietra e dice non c'è problema, lo faremo qui, indicando lo spazio antistante la porta.
Cerco di attingere alla sua impassibilità la forza che mi serve per scacciare il panico, e con gli altri in due secondi abbiamo deciso, alla pressapoco, come cavolo si fa questa scena.
Appena in tempo per correre al solito rito.
Da Vania, niente parole di biasimo o che rimarchino quanto sono stronzi quei due - capace che ci sorvegliano anche mentre ci stiamo dando quest'ultimo 'merda' collettivo. Giusto: quello che deve vivere è solo lo spettacolo, il resto deve restare fuori. Ma l'odio, il rodimento, il livore e il mal di fegato sono possenti come il lato oscuro della Forza, in me. E stavolta neanche il rito del toccaculi riesce a scacciarlo. Cerco di fare la respirazione meglio che posso.
Poi si va, in apnea.

Ecco, si respira.
Lo spettacolo è finito, la gente applaude, un altro successo.
Sarà paracula la macchina scenica o saremo bravi noi?
E' il testo ad essere un maledetto evergreen o è l'anima che in qualche modo, a pezzettini, ciascuno ci mette? Oh, pezzettino qui, pezzettino lì, 32 anime fanno un animone bello grosso!
Fuori, a respirare.
I seimila gradi fahrenheit dell'interno possono finalmente andare a quel paese. Loro, e tutti quelli del Furio Camillo, in coro e "singin' halleluja", per dirla coi Monty Python.
Sono fuori, sono felice, sul finale mi sono accasciato su Amedeo schiacciandogli le gambe, ma ad Alessio è andata peggio, che si è trovato con la testa sotto Andrea. Mi immergo in chiacchiera immediata con amici di Claudia, credo, una ragazza è carina, anche se sto parlando un po' con tutti. Fumo, scroccando una sigaretta.
E mi trovo Olivia davanti, raggiante, che ci fa i complimenti per lo spettacolo, che le è piaciuto tantissimo. Siamo bravissimi, dice. Allora ha mantenuto la promessa, mi dico, io sono andato a vederla in "Didi and Gogo" e lei è venuta a veder noi. Ma quanta differenza tra lei che ha avuto il Sala 1 a gratis e noi che questa mondezza l'abbiamo pure pagata, penso.
Olivia è contentissima, io sono contento che è lì, molto, molto carina, e rimpiango solo di non averla notata nel pubblico, forse perché per due terzi dello spettacolo non indosso gli occhiali. E lei fa una cosa che non mi aspetto, che non mi sarei mai aspettato.
Solleva una rosa, una rosa bianca, incartata nella sua confezione argentata con fiocco bianco, lunga, bellissima, e me la da.
LA ROSA, PAOLO!!!

Sono rimasto entusiasta di quella rosa, la mia rosa.
Tutte le altre, compreso un girasole, sono andate a Claudia, perché Giuseppe, Ilaria e non mi ricordo chi quella sera non c'erano. E ha pure cercato di prendersi la mia. Avida! ^__^
C'ho ricamato una cifra per tutta la sera, facendo battute a destra e a manca e facendo vedere a tutti che mi avevano regalato una rosa.
Perché?
Non so, non so dirlo con precisione o forse non voglio fare la disamina di qualcosa che, ancora di là nel suo vaso in cucina, mi fa piacere e un po' mi emoziona. Ecco, è tutto qui. Mi ha fatto piacere.
Una bella donna mi ha regalato una rosa per il mio impegno sulla scena. Per tutto quello che ci ho messo.
Una rosa bianca.


GrimFang