L'artista mescola il sangue con la terra, per generare sempre nuova vita...

Sarà sicuramente potente, la vita. Piuttosto dolorosa, a mio avviso, a volte sorprendente, sicuramente intensa, vibrante, indubbiamente da vivere. Sempre e comunque.

Sara Tenaglia

Terra, Pioggia, Fuoco & Vento

Terra, Pioggia, Fuoco & Vento
Fire cup

venerdì 10 dicembre 2010

Letterina a Babbo Natale

Caro Babbo Natale,
quest'anno non sono stato troppo buono, ma come sai ognuno si arrangia come può, e quindi vorrei comunque ricevere dei bei regali.

In particolare avrei bisogno di tante cose, quindi la scelta migliore sarebbe trovare sotto l'albero una valigetta piena di biglietti da 100 euro, sotto casa una macchina col motore acceso e sotto la torre di controllo un bell'aereo pronto a decollare, ma...

Ma ho un sacco di cose da fare qui e poca voglia di partire, quindi - visto che una bella e prosperosa ragazza in costume da piratessa te la terresti tu e non me la verresti certo a regalare a me - ti chiedo, in ordine sparso:

- lo scudetto per la A.S. Roma nel campionato di quest'anno o nel prossimo;
- le INTROVABILI magliette taglia media di Batistuta, Nakata e soprattutto del mio idolo Damiano Tommasi, quando giocavano nella Roma;
- uno schermo piatto per computer, perché il mio ormai ha svalvolato e cambia colore e luminosità quando gli pare; e anche il computer intero non è che sta messo tanto bene...
- una bustona piena di vestiti colorati, dai colori caldi, giallo, arancione, rosso, ma anche verde fosforescente, viola, blu elettrico... ma sai che amo le tinte unite quindi niente righine, patchwork troppo piccoli... va bene il bi/tricolore, ma... insomma sai che gusti ho (e che sono pieno di maglioni) e che non ho troppo tempo per girare a fare cambi;
- delle pantofole calde, sobrie, a mocassino per casa (niente cose puccettose);
- una macchina fotografica digitale non compatta, ma di quelle serie o semiserie, così comincio a imparare sul serio a fare fotografie;
- un cronometro da tasca, senza pretese, per calcolare il tempo quando scrivo le sceneggiature;
- il boxset dvd della serie a cartoni animati "Sherlock Holmes" di Miyazaki;
- la discografia completa di Ivano Fossati (a parte il cd live doppio che ho già), o degli Irfan;
- tutta la serie dei libri del ciclo delle "Cronache del ghiaccio e del fuoco" di George R. R. Martin;
- e un sacco di altre cose che non mi vengono in mente...

Tu sai che detesto l'idea di scriverti le letterine per chiederti i regali perché se ancora c'è qualcosa che salva il Natale è almeno la sorpresa di riceverli e scartarli.
Non c'è più magia, tutto è commerciale, tu non esisti più ed è orribile costringersi a fare finta di credere in te per fare in modo che i bambini invece ci credano. E' la summa dell'essere ipocriti, fa
sentire sporchi.
Arrivare a compilare una lista dei desiderata è proprio il gradino più in basso, l'ultima rinuncia.
Perché il regalo, di per sé, non conta.
La gioia di fare un regalo è quella di vedere la faccia felice di chi lo riceve, non quella di dargli una cosa costosa, o alla moda, o utile.

Fare un regalo è un'arte.
E' empatia, è scambio, è altruismo.
E' scegliere, fra una tonnellata di possibilità quella che sembra perfetta. Perfetta per l'obbiettivo, che non è un generico 'dare qualcosa', ma vedere la luce sulla faccia di chi lo riceve. Sentire quell'onda che scalda il cuore, quando qualcuno quasi non ci crede che gli abbiano letto nel pensiero. O anche ricevere un messaggio, una telefonata, in seguito, di ringraziamento: "quel libro mi è proprio piaciuto", "non avevo visto quel film, molto bello"...
Quando si fa un regalo non lo si fa perché lo si deve, per un obbligo moral-istituzionale.
Togliersi il pensiero, levarsi un fastidio, non è certo lo spirito giusto per fare un regalo.
Per fare un regalo bisogna innanzitutto regalare il tempo. Il tempo di pensare, il tempo di scegliere. Sforzarsi di capire, di intuire.
Di mettersi nei panni di un altro.

Un magnifico azzardo.
A volte si vince, a volte si perde. E' nell'ordine delle cose.
Ma rinunciare di partenza a giocare... appiattisce tutto. Toglie l'unico senso.

Perché si dice a Natale siamo tutti più buoni?
Prova a confrontare l'immagine di un centro commerciale in cui tutti fanno a botte per prendere una cosa qualsiasi purché sia costosa e consenta loro di fare bella figura, perché hanno solo cinque minuti o quelli gli vogliono dedicare, e poi una volta a casa decidono a chi va cosa, con l'immagine di una folla di gente che passeggia per settimane davanti alle vetrine, o cerca su internet, o cerca di trovare il tempo di aprire gli occhi e sognare... alla ricerca del momento in cui guardando una cosa gli verrà subito in mente una persona, e potrà dire "è questo".
La capisci da solo la differenza.
Chi sbriga una pratica ha tutto il tempo che vuole per odiare, essere sordo, livoroso, recriminare.
I secondi non possono avere più spazio per tutto questo. Per loro l'altro non può più essere un estraneo, chiunque egli sia - anche un completo sconosciuto - perché hanno fatto pratica nel mettersi nei panni altrui. L'antidoto naturale contro l'egoismo.

E quindi non è nemmeno una questione di soldi.
Ho avuto più sorrisi e simpatia per le poesie personali regalate a Natale, gli acronimi, le essenze profumate tarate sulle persone... che per oggetti assai più costosi economicamente.
Tu sai quante volte m'hanno riempito di critiche per quanti soldi spendo nel fare regali. Ahimé, quest'anno anche il mio portafogli mi richiama all'austerity e tutti i mei regali saranno meno belli e azzeccati del solito.
Ma saranno comunque pensati.
Perché è questa la differenza.
Io gioco d'azzardo, ma con la sola felicità. Niente soldi di mezzo.
E senza alcun senso di fastidio. ^_^

Quindi, figurati come mi sento a scriverti questa lettera, così come mi hanno chiesto.
Come se un po' mi fossi tradito.
Ho quasi compilato la lista che sarà la mia condanna a morte: prova a immaginare la mia 'gioia' nello scartare un regalo e mormorare "...ah... hanno scelto questo...".
Da regno del mistero a calcolo combinatorio.
Che entusiasmo.
La lista della spesa. Per uscire, comprare, consumare, regalare e tornare a far parte del circuito di ogni anno, di cui nemmeno a Natale si rinuncia a far parte, nell'illusione che in questo mondo non ci sia mai tempo. Come macchine.
Sai che gioia.

Per questo ti chiedo, caro Babbo Natale, questa letterina bruciala.
Appena l'hai letta, bruciala. Dimenticala. Ignorala.
Fammi un regalo che sia tutt'altro.
Te solo sai quanto cavolo ho bisogno di un sacco di cose che ora non mi vengono in mente e non ti ho ancora chiesto; sai che non le chiederei comunque nonostante mi piacciano da morire o mi servano davvero. Perché non sarebbero regali, ma mere richieste esaudite.
Quindi, caro Babbo, dimentica. Chiudi gli occhi, invece, e prova a immaginarmi felice. Superfelice.
Sforzati di vedere che cos'è che ho scartato, quale cosa tengo in mano.
Eccola, è lì.
Voglio quella.

Vedrai che andrà bene così.
Tuo,


GrimFang

lunedì 18 ottobre 2010

Nuvole e sole

Come qualcuno avrà già letto, nella finestrella in alto a destra, quest'anno NON sarò pubblicato sull'antologia di RiLL.

Ci sono rimasto male, molto male, perché da una parte consideravo i testi presentati di buon livello, e dall'altra - e soprattutto - fantasticavo sul "tre su tre" (tre partecipazioni, tre pubblicazioni di fila) e sulla doppia pubblicazione.
Già.
Cioè che addirittura me ne pubblicassero due!
Megalomane? Certo!
Ma immaginate il ceffone morale nello scoprire che non solo non me ne pubblicano nemmeno uno, ma ne pubblicano due ad un altro!!!
...è molto dura ingoiare che qualcuno scrive molto meglio di te. Ovviamente non parlo in generale, ma nell'ambito del concorso; tra gli esordienti sconosciuti, insomma.
Comunque, non sono stato a farmi il sangue amaro a lungo: ho accettato la sconfitta, beh, la disfatta, ho fatto spallucce ed ho tirato dritto.
C'è voluto poco a farmi tornare il sorriso, in fondo.

Infatti, Effimeri è finito.
Lunedì è andato in stampa, dopo nottate e nottate passate a correggere, revisionare, impaginare e scrivere - perché se non ci riduciamo all'ultimo non siamo noi.
Quindi, una cosa all'anno la pubblico! ^_-
E se non son soddisfazioni queste...
Chi lo vedrà, non saprà quanto sia venuto bene: dato lo sforzo, dato il poco tempo, dato il raffazzonamento del tutto avrà un'impressione sbagliata. Quella di un manuale fumoso, di difficile interpretazione, non chiaro, magari lacunoso.
E invece è personalizzabile, complesso ma - nei limiti del possibile - esplicativo, mutevole a seconda delle esigenze personali del narratore. E speriamo che faccia nascere tanta curiosità.
Come al solito, ci sono stati battibecchi, anche litigate, ma alla fine la mediazione fra gli istinti (e le concezioni) di tutti ha lasciato il solito miracolo, e nell'insieme sembra partorito da una, geniale, mente sola.

Cosa che non si può dire di un certo progetto che non approfondisco per scaramanzia, nel quale sono stato coinvolto prima di partire per Parigi, nel quale tante teste a lavorare non hanno saputo - a parte me e Gabriele - fondersi, scendere a compromessi, lottare fino alla morte per le proprie convinzioni, ma sempre disposti a lasciarle andare se messi in minoranza, e a lavorare su quelle altrui.
Grande scuola Elish, in questo. Non ne può esistere migliore.
I rospi ingoiati lì non si contano, eppure ogni volta, dopo aver fatto sbollire l'astio figlio della convinzione che la propria idea fosse perfetta, ero giocoforza costretto ad ammettere che tutto era bello comunque e non solo, forse migliore.
E, faccio notare, cercare di controbbattere l'opinione di Vania è tutto dire.
[per chi non lo dovesse conoscere, è un uomo che ha il carisma a mille]
Invece, su questo progetto ci lavora anche un sordo-cieco-mulo che è convinto che la sua idea sia la sola, ed è mostruosamente vincolato alle regole: niente invenzione, niente rielaborazione che esca dagli schemi. Ha letto che si fa così, e così si fa.
...viene voglia di strozzarlo.
E meno male che fin dall'inizio ho esordito con "[nome importante e d'effetto] diceva che se in un progetto del genere non ci si dà almeno una volta dello stronzo [l'un l'altro], non si sta lavorando bene".
Almeno, un bello "Stronzo" sonoro gliel'ho potuto dare!!! ^__^

Infine, il teatro.
Sono ricominciati i laboratori di Ygramul, in versione rinnovata.
Rinnovata perché i tre gruppi laboratoriali sono stati riorganizzati: non più un gruppo grande, uno medio e uno quasi inesistente, ora tutti dello stesso numero di persone. Questo vuol dire che qualcuno, dal nostro che era il più grande, se n'è dovuto andare.
Lalla e Valentina hanno lasciato. Proprio lasciato il teatro, niente più laboratorio. Anche Katia credo abbia lasciato. Gabriele ha deciso di darsi invece alla regia, e tiene un suo laboratorio (Gullyver) il mercoledì.
Alessio s'è fatto due conti sul numero di femmine fra noi e LE Yogurt, ed ha fatto le valigie.
Elisabetta è finita ai Saltymbanco.
Anche perché i tre gruppi sono divisi anche in termini di "professionalità" che in realtà è questione di anni d'esperienza nel portare spettacoli in giro e di disponibilità a comportarsi come una vera compagnia per tutto l'anno. Per la serie fai le valigie e il giorno dopo sei a Ferrara con uno spettacolo.
Quindi i Ludyka hanno la palma della priorità: noi siamo quelli più "bravi" (navigati) e quindi da noi ci si aspetta molto di più.
ERGO ci si fa anche un gigantesco mazzo, quest'anno.
Saltymbanco e Yogurt a seguire.
E poi, ultimo cambiamento rispetto agli altri anni, ma è un cambiamento che riguarda soprattutto gli altri laboratori, si lavora tutti sulla Commedia dell'Arte. A canovaccio.

Quest'anno a Ygramul comincia la vera e propria Scuola di EsoTeatro, a pagamento.
Con corsi, lezioni, docenti. Una cosa seria, insomma.
E Vania ha deciso di lavorare con noi sul percorso della Commedia dell'Arte, per mettere in gioco una vera e propria compagnia che possa vendere spettacoli, girare l'Italia, far conoscere noi, lui e il suo teatro.
All'inizio sarà mostruosamente ostica e dura, ma in fondo, ce la si può sempre fare. No?
Io ero a Parigi quando mi è stato assegnato il ruolo in contumacia.
Vania l'ha detto, e il resto della compagnia (Momar, Massimo, Serenella, Chiaretta, Federichino, Federicone, Bober e Grazia, una nuova) ha sbiancato. Momar ha mormorato
"Cinque minuti e ce lo giochiamo..."
E sono talmente d'accordo con lui che lo prenderei come epitaffio.
Mi tocca fare il più ipercinetico, mai fermo, agile, scattante, scomodo, plastico, nervoso, furetto, frizzante, astuto, coglionato, schizofrenico, diabolico, malizioso, stupito, innocente, ingenuo, smaliziato, scaltro, saltellante, prim'attore, egocentrico, e quant'altro personaggio della Commedia!

Me tocca fà Arlecchino.


GrimFang

martedì 12 ottobre 2010

Souvenir de Paris I

PARTE I - Roma-Beauvais-Parigi

"Benvenuti nella calda e assolata Parigi" - gracchiò l'altoparlante.
Nella cabina dell'aereoplano, tutti gli italiofoni cominciarono a ridere.
Fuori era notte, pioveva e facevano 14 gradi.

Aereoporto di Beauvais, maledetta pioggerellina insistente.
Sono lì, sotto la tettoia (se c'è un'ampia tettoia ci sarà un perché, e parecchie volte all'anno) in mezzo a una mandria di gente come me. Mandria dovrebbe rendere l'idea, ma in realtà ancora un paio di persone e difendiamo le Termopili.
La compagnia degli autobus (15 euro a tratta Beauvais-Parigi) ci contiene e ci osserva, divertita.
Una simpaticona fra gli autisti ci fa anche le foto, per darvi l'idea.
Il primo pullman è già pieno prima di battere ciglio, il secondo lo sarà entro breve. Visto che tutti gli altri autobus presenti non recano una scritta una di questa compagnia, ci sfiora il sospetto che non ne siano previsti altri. Volessimo restare lì, saremmo messi meglio di Leonida.
Mentre alcune ragazze (!) provano a fare le furbe e a scavalcare la fila - e vengono puntualmente e fermamente fatte rientrare nei ranghi dagli addetti in k-way blu - mi sovviene finalmente il pensiero "Sono in Francia".
E un sorriso pieno mi si stampa in faccia senza andare più via.

Roma, ore 16.00.
Suona l'allarme impostato per farmi uscire di casa. Ho il decollo alle 18.50, quindi ho tutto il tempo che serve. Idiota ottimista.
Il piano è quello di mollare la macchina ad Anagnina - visto che tutti sconsigliano di parcheggiare a Ciampino - e da lì prendere la navetta fino all'aereoporto. Check-in, imbarco e via.
La mia scarsa familiarità con le procedure via internet ed i voli low-cost (beh, i voli in genere) mi lascia un sottile senso di ansia, quello che mi assale sempre quando ho a che fare con le novità.
Nel frattempo combatto con la valigia: ovvero, passo il tempo a fissare il vuoto, cercando di organizzare le idee e capire cosa cavolo devo portarmi, se la valigia peserà o no meno di dieci chili - per evitare gli spaventosi sovrapprezzo imposti dalle compagnie - e se i liquidi che porto li ho messi tutti nella busta trasparente secondo le indicazioni che mi sono stampato (otto ore per trovare la pagina web giusta).
Il pranzo, l'ho praticamente saltato, ma non è un problema, mi dico.

Beauvais. Sull'aereo ho comprato un pacchetto gigante di M&Ms, per placare i morsi della fame. Sono già le nove, e chissà quando riuscirò a raggiungere Parigi - sempre che non mi tocchi aspettare casa di Paolo per ingollare un boccone.
Un terzo pullman è arrivato e partito, e non aveva nessun simbolo di compagnia: si stanno attrezzando con quello che trovano. Questo era un modello dei '90, all'apparenza. Immagino che per quando toccherà a me vedrò arrivare un pullmino giallo dipinto a fiori, ma nel frattempo una chiacchiera colta al volo pone un interrogativo maggiore.
A che cavolo di ora chiude la metro a Parigi?
Questo bus ci lascerà a Porte Maillot. Io devo arrivare a Belleville, in culo alla luna da lì, una cosa come tredici fermate di metro. Se arrivo che la metro è chiusa, tutto assume una piega preoccupante.
Il gruppo di ragazze italiane cui, del tutto casualmente, sono finito vicino nella ressa, sostiene che arriveremo tardi: chiude alle undici e mezza. Ma no, risponde qualcuno, chiude alle due. Mentre sembriamo un gruppo che discute quale numero giocare sulla ruota di Beauvais, mi immagino a camminare per la Ville Lumière all'una di notte, senza cena.
Mando un sms al Digia. Il testo chiede informazioni, il sottotesto grida "Aiuto!".
Nemmeno un minuto e mi chiama Paolo. Nessun problema, la metro chiude all'una.
Fantastico. Signori, sono spiacente è un orario che nessuno aveva detto, il banco vince.
Mi premuro, allora, di sincerarmi delle disponibilità gastronomiche chez lui. Non c'è un cazzo, ma una pasta si può sempre fare. Confortante.
Riattacco, e mi sovviene che la signora acanto a me, in aereo, mi ha rivelato che quel giorno è Santa Teresa. L'idea di mandare dalla Francia gli auguri a Terry per l'onomastico è troppo carina, ma una rapida occhiata allo stato della batteria, e il vago sentore di aver ricevuto un sms dalla Tim in quei giorni il cui contenuto era pressappoco "Ricarica, pezzente!" mi fanno riporre rapidamente il telefono.
Se arrivo dal Digia, glielo posso mandare.
Il fatto è che siamo d'accordo con Paolo per la seguente strategia:
1) atterro a Beauvais e prendo la navetta
2) arrivo a Porte Maillot e prendo la metro - linea 1, gialla, direzione Chateau de Vincennes
3) scendo a Nation e cerco la metro blu, linea 2 che lì fa capolinea
4) quando parte il convoglio gli faccio uno squillo
5) scendo a Couronnes e lo trovo ad aspettarmi.
Senza credito o senza batteria, il punto 4 me lo stoppo...

Roma, prendo la macchina e vado verso Anagnina.
Dico, per andare a lavoro vado a Subaugusta, due fermate prima... Niente, riesco a sbagliarmi e a fare per ben due volte dei lunghissimi giri a... pene di segugio. No, no, proprio a cazzo.
Riesco a parcheggiare che ho accumulato qualche decina di minuti di ritardo, ma non è un problema, penso. Penso.
Comunque, aumenta la strizza di fare tardi.
E se faccio davvero tardi di sicuro non riesco a mangiare nemmeno un tramezzino al volo. Figuriamoci il caffé e fumare una bella sigaretta.
Vabbè. M'incammino e in tempo record becco la fermata del pullman, solo che non c'è. Tocca aspettarlo, e arriva dopo altri, lunghissimi minuti.
Biglietto a bordo, fila, cerca gli spicci, un sacco di persone. Un sacco di tempo prima di ripartire.
Mi siedo in modo tale da avere a fianco un posto libero: vediamo chi mi affianca la sorte.
Maledico me stesso per un simile pensiero e mi riprometto di non farlo più quando un ingombrante donnone esteuropeo va a imitare Moby Dick al mio fianco. Oltre l'età, la scarsa avvenenza e l'odore di qualcosa non saprei che dire. L'unica cosa positiva, è che la sua presenza dopo un simile pensiero mi fa sentire tanto Duffy Duck, e in fondo non è male.
L'autobus parte, e fa un giro di peppe epocale, lentissimamente, mentre io guardo l'orologio correre con le cuffie nelle orecchie. Io, non l'orologio. Arriva dopo ere geologiche alla stazione di Ciampino, dove mi viene da maledire la gente che chiede informazioni all'autista, poveraccio.
Ma a me chiudono l'accesso al gate mezz'ora prima del volo, e mancano venti minuti.
Alla fine arriviamo, e prima di fiondarmi all'interno mi premuro di chiedere le informazioni per il ritorno: il volo mi atterra alle undici e un quarto, a che ora è l'ultima navetta per Anagnina?
Alle undici.
Ovviamente.

Beauvais, la pioggia è una costante cosmica.
A parte il freddo, si potrebbe dire che l'aria suda. Ma tanto siamo così stipati gli uni contro gli altri che sotto le spalle è tutto completamente asciutto.
Sì, perché ho finalmente guadagnato il mio mezzo metro fuori dalla tettoia, nel varco centrale di chi s'inzuppa, ma poi può rischiare di farcela per il prossimo volo interstellare. Gli autobus infatti arrivano, arrivano e ripartono gonfi, carichi, appannati dal sudore e dal respiro delle mandrie umane che li riempiono. O dalla semplice assenza di condizionatori.
Mano a mano che arrivano mostrano sempre di più gli impietosi segni del tempo: ruggine, qualche vetro crinato, zone delle lastre rigate dalle tonnellate di volte in cui sono state pulite con attrezzature non proprio indicate.
Forse l'ultimo gruppo partirà con un caravan trainato da buoi.
Ma non toccherà a me, per fortuna.
M'imbarco su uno scassone bianco guidato da un autista di colore. Non come quello che si è incazzato coi passeggeri che erano saliti coi biglietti di un gruppo e poi protestavano perché, mancando i posti, gli altri sarebbero rimasti a terra. Uno come tutti gli altri guidatori precedenti. Che poi mi sa pure che era lo stesso del ritorno...
Comunque, a quanto pare, guidare una navetta Parigi-Beauvais è lavoro nero.
Stavolta, approfitto del primo posto libero vicino a una ragazza, una delle tre slave che cercavano di fare le portoghesi scavalcando la catena per mettersi in testa alla fila. Non mi aspetto molto, solo l'occasione di poter dire il mio perfetto "pazhalste" a fine viaggio, facendola passare. E' comunque una bella sensazione, sembra di fare una gita di gruppo: più di metà pullman è praticamente under 36.
Poi la mia attenzione cade sulla moretta italiana in viaggio con tre amiche, un posto avanti a me sull'altra fila. E' bellissima. All'incirca ventenne, di aspetto decisamente più maturo delle amiche, ha un profilo meraviglioso e porta i capelli in modo spettacolare, corti e ribelli.
E così passo il viaggio spalla a spalla con la slava semiaddormentata, guardando i lineamenti della moretta e soffocando le risate per la bionda dietro di lei che, dopo aver gonfiato uno di quei cuscinetti da viaggio che si mettono attorno al collo, non riesce a evitare che la testa, ciondolando e rimbalzando sul cuscino, alla fine le cada sempre in avanti.

Sono a bordo dell'aereo, in mano ho il mio prezioso libro da leggere, uno dei gialli medievali di Ellis Peters, "Un cadavere di troppo". Una delle indagini di Fratello Cadfael, se avete presente.
Mi sono innamorato della serie tv con Derek Jacobi, e apprezzo i libri da morire. Tanto che mi sono comprato la collezione quasi completa, ne manca solo uno (ma dovrebbe avermelo rimediato Momo), tutti della stessa edizione. Ventitré volumi.
Ho il posto non uscita d'emergenza attaccato all'oblò sull'ala destra dell'aereoplano, così riesco a vedere anche un minimo di panorama. Ma trattandosi di volo notturno non è che ci sia questo granché da vedere. Spizzo le hostess - una sembra la quintessenza della stronza - e non ci trovo molto da fantasticare. Nei film e nell'immaginario le hostess sono dieci volte più sensuali di quelle. Sarà per via della low-cost...
Le trafile e l'imbarco sono andate lisce, nonostante il poco tempo. Ho persino preso un caffè, ma poi mi sono cagato sotto all'idea di perdere l'aereo per andare a fumare nei bagni. Ovviamente, avrei avuto tutto il tempo.
Il decollo prende un po' allo stomaco, ma a parte le virate già a bassa quota per risparmiare tempo, non accuso più di tanto. La signora accanto sembra gentile, e sebbene io rifuti il biscotto che mi offre non si fa problemi a ravanare le mie M&Ms, da vera golosa.
Mi piace questa donna.

A Place de Porte Maillot tira un vento bestia.
Non sono scemo, e quando vedo volare di tutto in giro per strada mi rimetto la felpa e chiudo bene la giacca a vento.
Nemmeno un 'pazhalste', perché appena scendo mi manca il fiato: sembra ci siano dieci gradi in meno rispetto a Beauvais, e mi maledico per aver dimenticato a Roma il consiglio della mia collega che mi diceva "portati una sciarpa". La mia misera bandana, immediatamente recuperata dallo zaino, non serve a niente.
Ci fiondiamo verso la metropolitana, di corsa non perché chiuda, ma perché fa un freddo becco.
Un'ora e mezza di viaggio è servita solo a scaldarci nel microclima dell'autobus, e adesso quei gradi li accuso tutti, uno per uno. Adesso sogno soltanto un pasto caldo e una coperta pesante.
Settantacinque secondi dopo, in strada, comincio a tremare.
Quello non è vento: sono piccoli demoni di ghiaccio che s'infilano tra le fibre degli indumenti e ti vengono a rovesciare azoto liquido nell'intimo.
Dopo un minuto e mezzo, mentre forzo l'andatura e comincio a bestemmiare chiedendomi dove cazzo sia questa cazzo di metro, sento di avere le labbra livide e mi stringo forsennatamente il collo cercando di far diventare il colletto della camicia un compartimento a tenuta stagna.
A tre minuti, mentre mi ripeto "coglione" come un mantra e penso alla t-shirt longsleeve pesante che se la ride nello zaino, se qualcuno mi vedesse penserebbe che sono un dio della break-dance. Shakero, in maniera talmente impercettibile che sembro fermo. Poi non posso fare a meno di scuotermi e vibrare, neanche avessi il Parkinson.
Comincio a disperare di raggiungere la metro vivo.
Inizio a supporre che è così che si sono estinti i dinosauri: cercando la cazzo di linea gialla a Porte Maillot.

Almeno, la pioggerellina insistente non c'è, e quando finalmente scendo nel ventre caldo della terra assaporo ogni singola particella termica come se fosse un orgasmo.
Poi ci pensano le improvvise correnti d'aria che si tirano appresso i vagoni a ridarmi il promemoria.
Confortato al pensiero di raggiungere un letto in tempi... in tempi, mi faccio tutto il viaggio con un solo pensiero: cibolettocaldo. Ma per quando ciccio fuori a Couronnes mi sembra d'essermi giù ambientato.
In realtà è che non tirava quella gianna a Belleville.

Paolo è lì che m'aspetta, siamo proprio vicini a casa.
Un solido abbraccio è quello che ci vuole, e poi dritti verso un bel piatto di pasta, da condire con chiecchiere e un poco di quel tocco di pecorino romano da 750 grammi che gli ho portato...


GrimFang

lunedì 11 ottobre 2010

DiSfida

Sono usciti i risultati: purtroppo quest'anno bocca asciutta.

Né il Trofeo RiLL (che da quando son finito in finale - senza vincere, senza pubblicazione - con MiniMart non riesco più nemmeno a farmi notare), né, ahimé, la S.F.I.D.A. mi hanno dato soddisfazioni.
E tanto più amara la sconfitta quanto più ero convinto dei miei testi.
E ancora più tanto amara e triste quanto più sognavo di vederne un giorno pubblicati addirittura due insieme, ed è capitato ad un altro!!!

Buh.
Mestizia, mestizia, mestizia...
-__-


GrimFang

lunedì 27 settembre 2010

Pa-pa-ris!

11:01 Paolo: carissimo
dimmi quando hai due secondi
11:02 dovremo organizzare un paio di cose logistiche
tipo quando arrivi dove atterri dove devi andare etc

(24 minuti )

11:27 me: due sec
SI RICHIEDE DI EFFETTUARE IL CHECK-IN ONLINE PRIMA DEL VIAGGIO E SI DEVE PRESENTARE ALL’AEROPORTO LA CARTA D’IMBARCO E UN DOCUMENTO DI VIAGGIO VALIDO
11:28 cosa intendono per documento di viaggio?
Paolo: carta d'identita nel tuo caso
me: ah ok
ANDATA
Da Roma (Ciampino) (CIA) a Parigi Beauvais (BVA)
Fri, 01Oct10 Volo FR9635 Partenza CIA alle 18:50 e Arrivo BVA alle 20:55
RITORNO
Da Parigi Beauvais (BVA) a Roma (Ciampino) (CIA)
Tue, 05Oct10 Volo FR9636 Partenza BVA alle 21:20 e Arrivo CIA alle 23:15

11:29 Paolo: okay
allora arrivi venerdì sera
me: yep
Paolo: arriverai a Beauvais
che è fuori Parigi
me: bien
Paolo: da li dovrai prendere un bus
ci sono freccione che te lo indicano
11:30 me: per dove?
Paolo: appena scendi dall'aereo
me: c'ha un numero?
Paolo: per parigi
me: ah ok
Paolo: è una navetta
dell'aeroporto
me: come si dice 'navetta' in francese?
^^
Paolo: navette credo
me: =P
Paolo: ma basta che dici bus por paris
pour
11:31 comunque il bus ti porterà a paris
me: sennò faccio lo spagnolo
'por'
Paolo: alla fermata della metro "port maillot"
la metro gialla
linea 1
me: ok
Paolo: tu entri nella metro gialla
11:32 me: direzione?
Paolo: chateau de vincennes
me: ok
Paolo: e scendi a Nation
me: scusa, de Vicennes
11:33 o Vincennes?
Paolo: la seconda che hai detto
me: con la n
Paolo: yes
dopodiché a Nation prendi la linea 2
blu
la direzione è solo una
me: SENZA uscire
Paolo: perché la linea due fa capolinea lì
11:34 naturalmente senza uscire
me: ok
Paolo: presa la linea 2
scendi alla fermata "Couronnes"
me: ok
Paolo: mi fai uno squillo quando stai per prendere la metro 2
11:35 me: a quale numero?
Paolo: 0033670830xxx
me: Ricapitolando:
j'arrive a Beauvais
11:36 je prend la navette pour Paris
j'arrive a Port Maillot, metro jaune, ligne 1
je descend à Nation
11:37 je te telephone à le numero 0033670830xxx
Paolo: quando parte la metro 2
me: je prend la ligne bleue, numero 2
et je descend à Couronne
Paolo: inverti le ultime due righe
me: giusto?
Paolo: tu prima prendi la 2
poi mi chiami quando parte
me: ok, 30 min prima che parte, chiaro
11:38 ^^
Paolo: una volta che sei sceso a Couronne, io ti aspetto fuori dalla metro
me: bien
Paolo: per quanto riguarda il contrabbando
dovresti portarci:
11:39 me: aspé
domanda
Paolo: vai
me: il bagaglio che porto (max 10 kg) è a mano o va in stiva?
Paolo: a mano
me: allora non posso portare roba in bottiglia
11:40 giusto?
Paolo: puoi portarla se è meno di un tot
mi pare
me: quale tot lo sai?
cmq scordati olio e sugo... ^^
Paolo: 25 ml max
11:41 certo non ci contavo
ci dovresti portare allora
una confezione di rinazina per il mio coinquilino
me: spray nasale?
Paolo: che sta a schioppà che qui in francia non la vendono
si
11:42 e un tocco di pecorino romano
me: pecorino come, stagionato, poco stagionato, molto stagionato
c'è una marca
Paolo: no
pecorino da grattuggiare
per la pasta
11:43 me: ok
Paolo: poi direi basta
i biglietti della metro li fai a port maillot
me: ah, chissà che pensavo
Paolo: uno ti basta per tutto il tragitto
ci sono sia macchinette che biglietteria
11:44 me: ok
Paolo: ti informo peraltro
che sbato 2
sabato
c'è la notte bianca di parigi
me: sììììììììììììììììììììììììììììììììììììììììììììììì!!!!!!!!!!!!
^_ç__^
ma che culo!
11:45 Paolo: ti informo anche
che fa freddino
me: esattamente quello che volevo sapere
che me devo portà?
Paolo: siamo a 14 gradi
ed il tempo è nuvolo
me: maglione di lana d'alpaca o felpa pesante?
11:46 Paolo: con pioggerellina
diciamo che non è ancora freddo allucinante
io giro con maglione medio
e giacca a vento leggera
non piumino
11:47 me: ma io sono freddoloso...
non so, optare per una combo felpa d'alpaca e k-way...
Paolo: vedi te
me: col rischio che se sudo mi devasto prima di riuscire a togliere il KWay
11:48 cmq, se devo affrontare una notte bianca...
meglio stare parati
Paolo: secondo me una giacca a vento la devi portare sicuro
me: visto che non potrò prelevare al banco posta ^_- quanto mi devo portare secondo te?
Paolo: beh puoi prelevare uguale
11:49 paghi tipi un euro di commissione
comunque
fammi pensare
11:50 con duecento euro dovresti stare trqnauillamente [ndr:sic!] parato
dipende quanto vogliamo cenare fuori/casa
me: vuoi arrischiarti a farmi conoscere la cucina francese?
11:51 Paolo: ma qui intorno è pieno di roba etnica
io francese praticamente non c'ho mai mangiato
;-)
poi dipende quanto e cosa si vuol visitare
11:52 tieni presente poi che il fine settimana io vado a spasso con te
lunedi invece dovro un po lavorare
pensa un po' ai giri che vuoi fare, cosa vuoi vedere
11:53 alcune cose si pagano, altre no
me: Louvre
assolutamente
e poi non so
11:54 Paolo: c'è l'Orsay
me: immagino di voler bighellonare per le strade di Montmatre, mi pare
Paolo: il museo degli impressionisti
me: mh, sì
Paolo: vabbè
guardati una mezza guida e pensaci su
11:55 me: ecco, la Torre giusto da sotto... ^_-
ok
farollo
o in caso decido lì
Paolo: per l'alloggio
siamo in tre
io te e il mio coinquilino
me: io mammeta e te!
Paolo: tu dormi con me
me: =P
Paolo: quindi preparate
me: nooooooooooooooo
-_-
11:56 dì al tuo coinquilino che sono un ragazzo carino!!!
...ah, no, ha chiesto lo spray nasale
non mi conviene
meglio te che russi
Paolo: bravo
me: anche se russare per te è un eufemismo
Paolo: portati anche del bromuro che questa città è un ficaio
me: te unioni repubbliche socialiste sovieticizzi
11:57 ok, vado di valeriana
Paolo: vabbe mi sembra che ho detto tutto
me: porto pure la mia personale panacea
Paolo: sarebbe?
11:58 me: Tachipirina
11:59 Paolo: bravo
12:00 me: ok, vestiti detti
beni di consumo, detti
soldi, detti
precauzioni, sottintese
12:01 ^_-
che manca?
12:02 Paolo: niente mi pare

(6 minuti )

12:08 me: bueno
12:09 allora per la rinazina la prendo sotto casa
per il pecorino mi sa che mi tocca girare un po', per cercare quello buono
;)
12:12 nn si riesce a trovare l'elenco delle cose da non mettere nel bagaglio a mano...
12:13 dicono solo in non mettere armi, cose che sembrano armi e tutto ciò che può essere usato o sembrare un'arma
più agenti infettivi, cose radioattive e altre facezie del genere
12:14 poi mica lo spiegano che un'innocente bottiglia d'acqua da 30 ml può essere considerata qualcosa che sembra un'arma
12:16 Paolo: tutto nelle tue mani ouo essere un arma
anche un fagiolo
12:19 me: nelle tue, poi...

(7 minuti )

12:27 me: ^_-
soprattutto nell'intestino
Paolo: :-)


Ebbene sì, vado a trovare Paolino a Parigi!!! ^__^
Buona vita!


GrimFang

martedì 7 settembre 2010

Capocaccia

[Maledetti i giorni che passano e i post che restano incompleti...]

E' un po' che non vi aggiorno sulla mia situazione sentimentale.
I maligni diranno che è perché non c'è nulla da aggiungere.
...detesto quando i maligni hanno ragione. ^_^

Però, anche se non significa nulla, sono uscito con Alessia.
Questa Alessia.
Yep. Un mio collega quando l'ha saputo mi ha stretto la mano.
Curioso.
Proprio oggi altri due colleghi stavano amabilmente discutendo fra loro. Quello che mi sta più simpatico sosteneva ridendo che sono gay ma non me ne sono ancora accorto. Che devo ancora accettarlo.
Col senno di poi, il suo punto di vista è comprensibile: mi vede sempre circondato di gnocche pazzesche con le quali faccio lo splendido, ma poi non mi vede mai aqquartato (termine da me testé coniato, col significato di "appartato a paccare selvaggiamente contro una parete con lei avvinghiata a me come un quarto di bue è appeso al gancio"). ...facile che non se lo spieghi.
L'altro invece, quello che mi sta profondamente sul cazzo perché è un nerd andato a male, sosteneva invece che non fossi affatto frocio, ma solo un eterosessuale che non scopa da un sacco.
Al di là di quanto possa far piacere che un simile argomento di discussione possa allietare la giornata di due colleghi, non posso fare a meno di ripetermi.
...detesto quando i maligni hanno ragione.

E per far contento Degio, con "nerd andato a male" intendo quella tipologia di nerd che non vorrebbe essere nerd, ma un uomo di successo socialmente accettato anzi vincente, in modo da realizzare l'intima fantasia di scaricare vendicativamente le proprie attuali frustrazioni su coloro i quali (i vincenti) nell'essere tali ora lo umiliano.
Sì, una sorta di gay inconsapevole che si propone con atteggiamenti razzisti per affermare una mascolinità su cui sotto sotto è in forte dubbio.
Il nerd andato a male è cattivo gratuitamente, non può fare a meno di essere nerd - è la sua natura, l'unico modo che conosce per essere socialmente accettato (anche se avviene "in qualità di nerd") - ed è anche spocchioso, perché se proprio deve essere nerd, che almeno sia il vincente della categoria, gratuitamente volgare ed offensivo se si trova a far parte di una "cricca" nei confronti di coloro che non ne fanno parte o non sono presenti. E' l'uomo delle confidenze non richieste, l'invasore molesto degli spazi vitali dedicati al "non mi rompere il cazzo".

Però, io sono uscito con Alessia.
Una domenica mattina, con la pappa in bocca e la trachea occlusa, con sguardi da cucciolo cerbiatto disperato in cerca di una via di fuga, come se mi dovessero sparare da un istante all'altro (o disperatamente cercando una fucilata per togliermi dalla situazione)... insomma, con un briciolo d'ansia e tanto tanto talento per l'esagerazione. =)P
La situazione è figlia di un luuungo processo...

Quasi un anno fa ho invitato Alessia a mangiarsi un frullato nel posto migliore di Roma: Pascucci.
Quei frullati non sono frullati, non sono nemmeno delizie per il palato. Sono poesie.
Poesie che si sciolgono in bocca.
...il fatto poi che io ci porti spesso le ragazze che mi piacciono, che sia una delle poche tappe della mia personale mappa "Seduci una donna per la gola", e che l'ultima volta che ci sono stato - con Elisa - la cassiera mi abbia salutato con un sonoro
"Oh, tu, ogni volta una ragazza diversa!"
con tutto che ci sono andato a distanza di anni fra una e l'altra - il che fa piacere, ti senti un po' a casa, ti si riconosce un ruolo di rimorchione che non ti appartiene neanche lontanamente e genera un piacevole imbarazzo con la ragazza in questione perché fa apparire evidente il tuo goffo tentativo di seduzione - questo fatto, come dicevo, è del tutto secondario.
Però, per un motivo o per l'altro (tipo mie domeniche bloccate o tipo la sua relazione stabile con questo Marco) non si riusciva mai a imbroccare una data, un'occasione giusta.

Tra l'altro, nemmeno domenica l'abbiamo imbroccata: rischiava di saltare!
Già, perché avevo proposto sabato, anche se stavo a tocchetti minuscoli e speravo proprio che mi dicesse di no - ma almeno riprendevo l'argomento (serpeggiato via sms durante l'estate) e lo rendevo un minimo più reale, e prima che riprendessero le lezioni. E per fortuna anche lei non poteva. Però, l'alternativa proposta era o per la mattina successiva - e sarei dovuto andarmene alle 12.45 perché alle due dovevo stare a Sutri a fare animazione medievale di piazza - oppure si rimandava di un'intera settimana.
Con uno schiaffo alla paura e un conforto nell'avere un alibi per svignarmela invece ho scelto proprio la mattina successiva. Sperando di riuscire a dormire... cioè di dare a tutto questo l'importanza che ha: uscire per una passeggiata di un paio d'ore con una ragazza per un innocentissimo frullato.
Così, la mattina dopo ero sotto casa sua, che mi abita pure vicino, in leggero anticipo. Ho aspettato che scendesse, combattendo la sensazione sgradevole di pappa in bocca, ripromettendomi di fumare di meno e cercando di ricacciare il cuore giù dalla gola.
Ci salutiamo, sale in macchina e tira lì una battuta
"Pensa se è chiuso."
Colgo al volo l'occasione per una battuta
"Nooo... perché l'hai detto? Adesso sarà sicuramente chiuso!" - e sorrido.
Dixit.
ERA chiuso. ^__^
Morale della storia, siamo stati in giro per un paio d'ore di piacevole chiacchiera, e poi l'ho lasciata alla metro perché dovevo scappare - l'avrei riaccompagnata, ma ha insistito e poi ho preferito un approccio adulto.

Qui scatta l'inciso.
Nello scrivere questo post, per mettervi delle immagini, ho cercato su google.
Ed ho preso una sonora mazzata.
Mi viene in mente la puntata di "How I met your mother" - serie per la quale sono totalmente in fissa, mi sono scaricato e sparato in endovena 5 stagioni e resto in trepida attesa della 6a che parte il 30 settembre (viste tutte rigorosamente in originale con sottotitoli, dopo "The Big Bang Theory" ormai è un'abitudine) - sul bagaglio che ciascuno si porta appresso in una relazione, lì rappresentata da enormi valigioni con sopra etichette tipo "vive a casa col fratello", "monomaniaca" o "ha vinto un reality show".
Beh, io ho scoperto la grossa valigia di Alessia e non l'ho presa bene. Ci sono rimasto tra lo spaventato (al grido mentale di "ma una normale noooo?") e... il deluso. Non so nemmeno io bene, non riesco a chiarirlo, era come una sensazione di fitta al petto. Magari solo la banale presa d'atto di non conoscerla.
Ma in gran parte l'ho superata proprio grazie a quella puntata di una serie tv. Tutti abbiamo bagagli, compreso io. E i miei valigioni non sono piccoli. Nemmeno le etichette.
Così, giorni dopo, l'ho sdrammatizzata, accennandogliela.
"Che mi dici di..."
"Lasciamo stare. Ne possiamo parlare in privato?"
Ed ora che ci penso. Sono un colossale cazzone se ancora non l'ho fatto.

Saltando di palo in frasca - Digia... per favore - invece il 6 è stata la festa di Sara, che il giorno dopo tornava in Inghilterra. Per poi andare in USA. E in Canada. Non necessariamente in quest'ordine. Vabbé... insomma, siamo andati al locale dei suoi zii a Roma, un bel ristorante in cui non abbiamo mangiato (siamo solo andati a prenderla), ma che a naso e occhio fa buona cucina, dove abbiamo preso un bicchiere di vino con lei.
Dopo, per continuare a festeggiare e consentire ai proprietari di chiudere e andare a dormire, ci siamo spostati altrove.
La meta era un'altra, ma era chiusa, quindi abbiamo fatto un po' di strada in più e siamo sbarcati a "Gino passami l'olio", bel locale, con tavolini all'esterno e stampe erotiche antiche appese all'interno. Non ci ero mai stato, pur essendoci passato davanti una vita di volte (ok, non così tante, ma quant'è fica come espressione)...
...e quando entriamo, mi ritrovo davanti Sabrie, altra studentessa di recitazione.
Questa Sabrie.
"Lavori qui? Ma dai, da quanto?"
"Quattro anni".
Minchia. Quanti ne aveva, sedici?!?
Ad ogni modo, è sempre una bella sorpresa, e si fa un po' di chiacchiera, in un momento di pausa e l'altro. E' innegabile, è carina; e chiaro come il sole che anche lei sia finita nella mia lista delle possibilità - anche perché non avevo mai fatto caso a quanto è carina, prima.
Che poi, dopo che ci siamo aggiunti a vicenda su Facebook, è saltato fuori che anche lei andava al Mamiani.
EONI dopo di me, ma è stato piacevolmente curioso scoprirlo.
Comunque lei deve lavorare, noi siamo appena arrivati, c'è da scegliere che prendere, ed io butto l'occhio sulla lavagna con la lista dei vini al bicchiere.
Ed è lì.
Il primo.
Capocaccia.

Capocaccia, è il ricordo preciso di un capodanno, forse il più bel capodanno della mia vita.
Quello della videocamera che si rompe il 31 notte e si ripara il 1 mattina, da sola. Quello di me che la mattina me ne vado da solo con la camera a fare un filmato insulso per ore, arrampicandomi sull'impossibile della costa di Santo Stefano, facendomi la colonna sonora con la bocca come un novello Indiana Jones...
Quello delle bottiglie di pregiatissimo - e ottimo - Capocaccia bevute "alla goccia", tutti ciucchi in un attimo.
Mai più bevuto da allora.
Il mio non è un desiderio di assaggiarlo ancora, è un obbligo morale a celebrare il ricordo. E ne prendo un bicchiere.
E tuttora non riesco a non pensare, ripensandomi al pub col bicchiere in mano, a quanto sarebbe bello festeggiare ancora un capodanno così.

E mentre sono lì, mi sovviene che Sara mi ha detto che deve assolutamente presentarmi Francesca, che fa la casting director, per via delle mie... pulsioni attoriali. Oh, insomma, devo decidermi a dirlo una buona volta che volente o nolente io faccio l'attore.
A volte, non a tempo pieno, ma lo faccio, cacchio. E anche bene, a tratti. =)P
Comunque, beh, mi viene in mente che è assurdo che una giovane aspirante attrice si trovi a servirci al tavolo proprio dove c'è una casting director in cerca di gente. Per cui...
...sì, ok, ok. Ho detto OK Paolo!
...per cui quale migliore occasione di fare colpo su Sabrie?
Dai, però non era così bieca. Quando mi sono alzato per dire a Sara nell'orecchio che la cameriera era una studentessa di recitazione del centro quasi non ci avevo pensato. E poi mi andava di ricordarglielo anche per me stesso, tié!
=)PP
Certo non mi aspettavo la reazione di Francesca, che quando s'è alzata se l'è fatta proprio presentare.
E devo dire che mi sono stupito anche quando, poco prima, raccontavo a Sabrie che ero al tavolo con una casting director e... e me ne sono accorto solo allora: con una sceneggiatrice, una regista, e, mi pare un aiuto regista sicuri, poi gli altri magari non sapevo che facevano.
Che tavolata, ragazzi!
Così, Francesca s'è presa tutti i contatti di Sabrie, e a lei brillavano gli occhi quando siamo andati via.
Ma l'età anagrafica, la toglie brutalmente dalla lista. Oddio, mai dire mai, ma...
Quando ho letto l'anno di nascita su facebook mi sono sentito mio nonno.


GrimFang

giovedì 2 settembre 2010

Calendari

E' un po' che ci pensavo.
Intendo, di postarvi qui un esempio di quegli scritti - trattasi di email - che tanto dividono i miei colleghi fra fan del sottoscritto e gente che comincia ad evitarmi nei corridoi.
Perché?

Dovete sapere che, fra le mie tante incombenze, c'è anche quella di compilare i calendari.
Calendario, è l'abbreviazione per "calendario delle lavorazioni" ovverosia la costruzione ad incastro dei riversamenti da pellicola a supporto digitale o comunque audiovideo; in pratica, creare la working agenda per il settore detto telecinema.
Cercando di esplicare il tutto in due parole, l'affare consiste di questo:

1) n uffici mandano a noi le loro richieste di lavorazione per i più svariati motivi - impegni istituzionali, proiezioni, prestiti, scambi nazionali e internazionali, esigenze di preservazione e controllo, favori ad amici, eccetera - alle quali aggiungiamo le nostre - richieste di visione, copie interne, sostituzione materiali fallati, eccetera;
2) io trascrivo tutto su di un file word, ordinandole per data della richiesta e spostando in avanti le priorità - cioè quelle con una scadenza più vicina o con altri motivi di urgenza;
3) vado a spulciare nella banca dati pellicole la consistenza dei film - questo perché nessuno mi dice mai quanti rulli sono, nonostante io pietisca da secoli per avere le richieste complete di tutte le informazioni;
4) trascrivo accanto a ogni titolo il numero di rulli di cui consta, e mi faccio un secondo mazzo a riordinare il tutto in base a quanto è umanamente fattibile in una giornata - circa 11 rulli da 600 metri - e cercando di far conciliare la provenienza delle stesse, che possono venire dall'Archivio o dal Magazzino (la cosa migliore è equilibrare: una da qui e una da lì, ma l'Archivio ne contiene 10 volte tante, quindi quasi tutte vengono da lì);
5) ricontrollo di aver rispettato al meglio l'ordine di priorità e importanza delle lavorazioni, di aver equilibrato al meglio il tutto di modo che nessuno si debba lamentare, poi scrivo una di queste mie famigerate email, ci allego il file col calendario e la invio praticamente a mezzo edificio;
6) premendo il tasto "invia/ricevi" la mia mail col calendario parte, e ne arriva un'altra - immancabilmente - contenente una richiesta urgente più urgente delle altre, che fa saltare il calendario testé inviato.
^_^

Così, ne ho scelta una significativa.
Era l'epoca del vulcano islandese, e per la migliore comprensione del tutto vi dico che: Tonino è il tecnico del telecinema; Ivrea è la nostra sede dedicata al cinema d'impresa (che spesso ci manda vecchie pellicole da telecinemare); in giallo sono indicate le lavorazioni che hanno bisogno di particolari aggiuntivi; l'AAMOD è un committente che ci paga per i lavori di telecinema dei suoi materiali; la Sala Trevi è il nostro cinema (dipende proprio da noi); che Toffee è un diminutivo per il mio ex capo; Corona è il nome di un fondo di pellicole contese fra noi e Bologna; Pasquale è stato il mio mentore quando sono entrato a lavorare qui.
So...
Hope you enjoy it! ^^


Carissimi tutti, eccoci di nuovo qui per l'immancabile, imprescindibile, imprevedibile appuntamento con il calendario del telecinema!
Piccole rivoluzioni d'ottobre... come dite? Siamo ad aprile? Beh, anche l'originale rivoluzione d'ottobre era a novembre, quindi che volete, portiamo solo un lieve ritardo... colpa della nuvola di silicio del vulcano partenopeo Eyjafjallajkullallà, gemello del suo quasi omonimo islandese.
Dicevo, parziale riammodernamento dei locali del calendario, dove si sono spostati un sacco di mobili perché l'armadietto di Ivrea si è rivelato un cicinino più ingombrante: si pensava fosse un triremi, è spuntato fuori il Titanic... Quindi, scheletri di marinai a bordo, il buon Tonino ha dovuto spazzare il ponte, la coffa e la coperta, e invece dei due giorni previsti ci ha messo una settimana. Del resto, se la pellicola continua a saltare, sgusciare, slittare, spizzare, rilanciare, vedo, buio, chip uno che deve fare? Armarsi di santa pazienza a 16 o 35 millimetri e procedere chiane chiane, o pang'ono pang'ono come dicono in Malawi. E pang'ono pang'ono Tonino ha praticamente fatto tutto, AAMOD compresi (o imminenti).
Imminentemente! Su Rieduchéscional Channel!
Dopopòddimenocché, ci sono le urgenze già urgenti dei riversamenti per il Trevi, che sono stati compattati anche col ragionier Ugo, che attendeva un po' più in fondo, ma che per una volta nella vita è stato fatto passare avanti. Come quando era in fila per pagare le tasse.
Con loro, s'è infilata di straforo la new entry toffettiana della Città di Pavese, che è Torino, e che ci spiega perché Toffee lo voglia vedere (in realtà me l'avrebbe anche spiegato, ma il neurone in cui avevo archiviato il dato si è suicidato per la solitudine). Ora, questa città di Tortino oopps, Torino, che è anche la città di Pavese, ma mica solo la sua, eh, che ci abita pure Chiamparino, o il mio amico Daniele che è andato a fare il disegnatore, o il mio amico Lucio che anche lui è disegnatore, ma suona pure il jazz e lo swing manouche, e ha fatto la locandina di 7/8 di Stefano Landini che, ah già, ci vive pure lui... dicevo, la città di Tonino, che è Roma... ah, no... cioè... insomma, 'sto documentario fa parte o no dei Corona? No, perché ci siamo chiesti con Pasquale che alla 11 B ci sono pellicole che non sono inserite in banca dati e che... vabbè, ma quello è un futuro telecinema.
Tornando a noi, la suora assassina continua a ballare via dal telecinema, in un anno vissuto pericolosamente al Theatre Royal, ma finirà coi Sos Laribiancos, dimenticata a Regina Coeli. Quello che cambia invece è che Detto Mariano s'ammischia a Santi Invernizzi, creando nuovi orizzonti teologici per tutti e nuovi modi di declinare il verbo quando, ad esempio, ti dai un martello su un dito.
Al dodici maggio invece c'è un bel giallo svitato che al momento proprio non ricordo perché è così giallo, forse mal di fegato? Ad ogni modo, potrebbe essere un telecinema fantasma, ma non chiedetemi di connettere a quest'ora, che non vedo una fiesta e non ci vedo più dalla Opel.
Però so benissimo chi è la Elena che ci ha chiesto i telecinema delle cose di Ubaldo Maria, perché è una ragazza simpatica e molto carina che sta(va?) alla cineteca di Bologna. Tranquilli, è fidanzata.
Non con me.
Peccato.
Comunque, è per la sua tesi di dottorato, e siccome chiede materiali importanti pure per noi, forse ci si riesce a fare il telecinema anche di quel nitrato... eh?
Da lì in poi, tutto è in mano alla parola di Maria fino al 20, dove sono previsti due forse, in realtà, perché la richiesta era 'stramba' e stiamo aspettando i visti, i nulla osta, i beneplaciti, i lasciti che ci dicano (cosa che accadrà al 90%) "ntz!". E noi archivieremo la pratica senza colpo ferire.
Però, 'sto "Continente perduto" pare susciti di molto l'interesse dei ricercatori, internazionali e non, forse sarebbe il caso di dare un occhio per vedere se se ne può cavare qualcosa.
Il buon, ottimo, fantastico, e soprattutto (Valentina non me ne volere), romanista, Daniele ci ha già informato (uso il plurale maiestatis, che parlo di me) che il telecinema di questo titolo all'epoca non venne fatto perché la colonna è in magnetico. Poi, non so se si potrebbe passare la colonna in un modo, il video in un altro, e fare il mix alla foce del fiume invece che a monte. Sennò, sciacquiamo i panni in Arno e buonanotte.
E a proposito di buonanotte...
...zzzzzzzzzzzzzzzzzzz......
^_-

GrimFang

martedì 24 agosto 2010

Descrittura

E' uscito l'elenco dei racconti per SFIDA 2010. I miei ci sono tutti, ora stiamo a vedere.
Toccherà aspettare un bel po' per sapere qualcosa, ma tigna e pazienza sono preziose alleate.

Digia mi ha fatto come al solito da prezioso assistente, in qualità di monogruppo di lettura. ^^
E' importante, ed è un po' che me ne sono reso conto, che qualcuno legga quel che scrivi: perché da una parte ti conforta sulla bontà delle tue idee e ti conferma nell'entusiasmo della scrittura, dall'altra ti critica con occhio esterno e ti spinge ad asciugare, stringere, tagliare, risistemare, correggere, stravolgere, rivedere...
Tutte attività fondamentali per non finire con lo sprecare una buona idea. Il confronto - che non vuol dire adesione acritica all'opinione altrui, è necessario non solo nella fase ultima, quella della pubblicazione, dove gli aggiustamenti si concordano coi "correttori di bozze" (ormai specie aliena) o coi curatori del volume (leggasi "quelli di RiLL" visto che ho pubblicato solo con loro, finora). Il confronto è un bene durante la stessa stesura.
Certo, si tratta di cose diverse e con diverse modalità.
Posso confrontarmi su un'idea, o su un tema e ottenerne un'idea, come ho fatto con Gab che mi ha fornito un assist da schiacciata per uno dei racconti. Ma posso anche confrontarmi su di uno sviluppo di massima, su una prima stesura - come faccio con Digia - per poi rimettere mano quasi violentemente su tutto, com'è capitato a un altro racconto in cui, come ci siamo trovati a concordare, dicevo "troppo e troppo presto".
Comunque, il lavoro di trasformazione da uno spunto, un'intuizione, a un racconto, un testo compiuto, è - appunto - un lavorone. Un lavoraccio. Una sudata.
Combattere per restare nei 21.600 caratteri imposti dal concorso non è tanto una limatura o uno stralcio corposo di lettere e spazi vuoti: è una riorganizzazione compatta dell'intero lavoro, è un passare al setaccio di un criterio estetico e sostanziale che, nelle prime stesure, cede sempre giocoforza il passo alla necessità espressiva, il voler dire tutto senza tralasciare niente. L'afflato compositivo.
Poi, il 90% delle volte, quando ci rimetti mano tagli. Tagli tutto. La maggior parte delle volte perché dire tutto è dire troppo. Perché invadi il sacrosanto spazio del lettore nel quale è lui a costruire, a farsi un'idea, a immagin-are. Perché certe sospensioni, certi non detti che portano a suspances, o a fuori campo, rimandano ad altro, creano giochi nel testo. Lo rendono più interessante e a volte più ricco.
Altre volte perché magari quando rileggi ti chiedi se hai mai preso la licenza media. ^_^
E poi, io ho questi due vizi, uno brutto brutto, l'altro scaramantico-estetizzante.
Il primo, è la malaugurata tendenza - che esplode soprattutto tramite stanchezza - a chiudere frasi (o anche all'interno della stessa) a esagerare la cadenza. In pratica, costruisco una messe di rime e assonanze interne che rendono le frasi digeribili come due piatti della mia famosa (o famigerata) pasta alla pesca. Che è dolce, buona, ma un quarto di piatto corrisponde a un vasetto di malta versato nello stomaco e ne imita la medesima leggerezza.
Leggere due periodi scritti in questo modo farebbe calare la palpebra a un caffeinomane insonne, e sottoporrebbe a ben dura prova l'intenzione di continuare.
Per cui, quando rileggo, è una lotta alla ricerca di sinonimi, di costruzioni alternative di frase, di giochi di anticipi e posticipi.
Il secondo, è che scrivo in Word.
E detesto quando l'accapo automatico fa sì che una riga si slarghi con chilometri di spazi vuoti mentre quella sotto è tutta compatta.
Lo so che poi il testo verrà formattato in altra maniera, reimpostato, reimpaginato. Ma quando lo leggo io, provo piacere a trovarlo omogeneo, compatto. Gradevole alla lettura, insomma. E allora anche lì lavoro di lima, cerco giri di parole, vedo se posso spostare una parola lunga prima. E...
...e ritengo, in maniera del tutto irrazionale, che questo mi porti anche fortuna.
Nel senso che il testo poi mi viene meglio. Più piacevole.
^_^

Quindi, così.
Scrivo per il piacere di scrivere, e di farmi leggere. E di vedere che sono apprezzabili le cose che faccio leggere. In mostruosa competizione, devo ammetterlo, con gli altri che partecipano a questi concorsi: non posso celare un pelo di veleno che mi rende acido lo stomaco ogni qual volta leggo nelle loro "righe di presentazione" la messe di premi che hanno già ottenuto! ^^
Ok, ok, perché non partecipo pure io ad altri concorsi dite voi... vero.
Resta il fatto che però è solo per quelle righe: quando leggo un racconto, uno scritto bene, non c'è mica competizione o invidia. C'è sincera ammirazione: "cazzo quanto scrive bene questo/a".
A volte smetto proprio di leggere oltre, e continuo a fare facce stupefatte mentre ripenso a quanto è trascorsa bene la lettura e vago per casa rimuginando su quanto testé letto e... pasturando in giro. Poi, dopo un po', riprendo.
Non ho il libro sottomano per dirvi chi mi ha così colpito. =)P

Nel frattempo, titillo l'idea di pubblicare una raccolta...
Buona vita!


GrimFang

domenica 15 agosto 2010

La donna ideale.

Si chiama Claudia, fa la barista in un bar vicino Santa Croce di Cittareale, sulla Salaria, ma studia biotecnologie a Milano. E' nata a Cittareale.
E questo è tutto quello che so.

Fa strano incontrare una donna che corrisponde quasi in tutto alla tua donna ideale.
Diciamocelo: quanta gente nell'arco della vita ha una simile opportunità?
Chiariamo, non sto parlando di amore.
Ovvio - voi lo sapete - m'innamoro di tutte, quindi figuriamoci di questa. Ma io sto parlando di un'altra cosa, della visualizzazione che, immagino, ogni maschietto almeno una volta ha fatto di come dovrebbe essere per lui la donna perfetta.
Per me, la questione è maledettamente difficile, perché non ho mai avuto gusti precisi. Definiti. Perciò, è chiaro che si possa creare una sovrapposizione, o una contrapposizione. Un contrasto.
Però, su tutte le figurazioni che mi sono fatto, va detto che una certa preferenza andava alle ragazze castane, slanciate, coi capelli lunghi raccolti in una coda.
Basta fare due più due, per capire che questa Claudia è così.
Ed ha anche un naso - a me piacciono molto i nasi - non proprio aquilino, ma dritto, che le stava graziosamente sulla faccia. Decisamente, un gran bel naso. E del buon gusto, perché le scarpe che indossava erano belle, senza essere appariscenti, ma assolutamente... con stile.
Poi dicono che gli uomini non osservano i particolari.

O ancora, quando le ho detto che aveva quasi tutte le caratteratteristiche della mia donna ideale...
...sì, gliel'ho detto.
Perché?
Che c'è di male a dirlo? Ah, capisco, voi pensate che forse, anche solo per cinque minuti, s'è riaffacciato il GrimFang di una volta, quello che pensava che un complimento sincero può mettere in imbarazzo sulle prime, ma poi resta.
Quel GrimFang che non si faceva prendere i crampi allo stomaco ogni volta che faceva il filo a una donna; il GrimFang che non associava direttamente l'assoluto ignoto futuro all'aprir bocca di un momento...
Chissà.
Magari per cinque minuti cinque s'è riaffacciato.
Comunque, visto che s'era scordata di riempire le zuccheriere e noi stavamo quasi facendo un pasticcio (io e Giuseppe, il chitarrista) per mettere lo zucchero nel caffé, lei m'ha chiesto se una delle caratteristiche era proprio quella. L'essersi scordata di riemprle.
Non credo di essere riuscito a farle capire quanto fosse vero quel che aveva detto.
Per me, quello era un tratto in più. Un punto importante.
La mia donna ideale, è una mezza casinista.
Non riesco a fare a meno di trovare questa caratteristica semplicemente adorabile, in una donna.
La donna con la testa un po' da un'altra parte.
Irresistibile.
Sarà che son cresciuto con film in cui questo corrispondeva a donne dolcissime, come Shirley MacLaine o Meg Ryan nel remake di "Nata ieri"... e di conseguenza a grandi amori romantici.
Mah.

Comunque, l'effetto è strano.
Stai lì, a guardarla, e ti diverti a osservare i tratti che non hai mai enumerato, e che finora erano state solo singole asserzioni generiche: mi piace la donna così, così...
E vedertela davanti. Capire che è reale.
Guardate che questo è il punto.
Poi magari non la desideri come altre donne, che prenderesti alla Clark Gable per un bacio incendiario dietro al banco. ...o altro. Magari non c'è passione esplosiva, trasporto, solo una grande, intensa soddisfazione.
La guardi, e capisci che da qualche parte, in questo mondo, quello che uno sogna esiste; o perlomeno qualcosa che ci va tantissimo vicino. Puoi tirare le somme e scoprire che magari non è quella la donna che hai sempre voluto - o meglio - che hai sempre detto di volere... Oppure confermerti nella tua opinione: sì, è più o meno così.

Sapete?
Ringrazio di non aver avuto più tempo per conoscerla.
Non perché, come molti di voi penserebbero, conoscerla avrebbe potuto creare insanabili distanze con le mie aspettative e quindi disilludermi. No.
Per l'esatto contrario.
Perché sarebbe stato ancora peggio scoprirla migliore di quel che appare, e passare il resto del tempo a pensare che la mia donna perfetta è davvero così, e vive a Milano.


GrimFang

Briganti!








giovedì 5 agosto 2010

Bianco, verde e rosso

Bianco, non è difficile capire perché.
Siamo ad agosto, e il sole l'ho visto più sotto forma di botte di caldo e insolazione che di abbronzatura. E dire che, come al solito, quest'anno m'ero riproposto di fare un po' di mare, come non mi capita da anni... Solo che ho un debole per le bruciature.
Beh, quel poco di colorito che avevo preso montando la piazza di Ludika sotto al sole (cercate su Youtube, ci sono dei bei video) ormai s'è perso, e al massimo ho dei vaghi riflessi rossi proprio a farci caso.

Verde, beh, sono al verde.
Ho fatto la fila, stamane presto, alle poste per prendere la carta PostePay. Mi serviva per comprare online il biglietto, per andare a Londra da Sara. Senza stare ad appoggiarmi alle carte degli altri. Tanto poi, mi sono detto, la userò anche per qualche acquisto su Ebay, no?
"Costa 5 euro, e almeno 5 euro li devi mettere nella carta" - mi avevano detto - "ci vogliono cinque minuti".
Avevano ragione sulla prima parte, non sulla seconda.
Arrivo alle poste e vedo la fila unica, erogatori eliminacode fuori uso. Visto che è la seconda posta in tre giorni che vedo in quella situazione spero in un miracolo, ma stavolta mi tocca fare la fila. Che non è nemmeno impossibile: diventa molto peggio cinque minuti dopo, ma io sono già in fila.
Fremo, perché devo andare in ufficio. Ho già avvisato del ritardo, ma mi sono anche accorto che mi sta morendo la batteria, e se mi dovessero chiamare...
Arriva finalmente il mio momento, mi presento al signore al banco, dico cosa voglio e...
Mi porge un modulo.
"Devi riempire questo" - mi fa - "ma c'è la fila, non posso fartelo fare qua..."
Vabbé, dico io, mi scosto lo riempio e torno.
"Ti tocca rifare la fila, però."
Sbianco.
"Non posso farli aspettare..." - dice, come in tono di scusa.
"M-ma io devo andare a lavoro..." - balbetto, gemendo.
Contrattiamo quasi gestualmente, la concessione è "...se ti fanno passare loro..." espressa con alzata di spalle, indicazione del mento e gesto vago della mano. Quella fila ora è una minaccia. Quella gente, il mio nemico, o un insperato alleato.
Indietreggio di poco, mi appoggio a una sedia e riempio furioso il modulo, il più veloce possibile.
Solo uno mi ha passato. Mi rialzo, mi rimetto a capo della fila. Nessuno protesta, questo è già un bene.
La signora accanto si rivela un amico nemico con posizione neutrale: visto che il tizio della mia postazione è sparito, io aspetto lui e loro vanno dagli altri. Affare fatto.
"Anche perché la penna è sua" - trillo, con malcelato trionfalismo, agitando la bic nera che mi ha prestato.
Torna, e avrei voluto essere andato da un altro.
E' lento, esasperante, e sparisce. Prende i miei documenti, li fotocopia (e sparisce), poi torna... e non li ha. Li ha scordati. Sparisce un'altra volta.
E così via, un lento calvario, mentre io vorrei schizzar via da lì e prendere il 409.
Primo, perché c'è un'aria condizionata incapacitante: la signora accanto a lui, alla postazione vicina, parla con una collega di come il maglione che indossa sia di lana, invernale, talmente caldo che lei di solito NON lo mette quando va sui campi da sci...
Nel frattempo un altro tipo inquietante fa avanti e indietro fra il retro dell'ufficio e la saletta privata (quella dove fanno tipo le consulenze) recando seco oggetti ameni quali uno scopettone privo di tessuto (solo l'anima in ferro) e un lungo bastone di metallo che termina in un gancio col quale, una volta che è sparito nella saletta - che ha un separé alto due metri, ma non arriva al soffitto - cerca di armeggiare con uno dei condotti dell'aria condizionata. E noi che siamo in sala vediamo tutti i patetici tentativi di usare quelle aste per un arcano e imprecisato motivo...
E poi, perché una delle impiegate ha detto ad alta voce che se qualcuno ha il Bancoposta può andare al suo sportello.
E una signora dalla fila ha detto che ha il Bancomat.
E l'impiegata col maglione ha detto "che c'entra?" e da lì è partita la battaglia dialettica fra una che cerca di spiegare a quella che ritiene una mentecatta che posta e banca sono due cose differenti, e l'altra che magari a metà filippica l'ha pure capita, ma non vuole passare per tonta e non la finisce.
Alla fine ci siamo. Devo decidere con quanto caricarla: chiedo se posso trasferire i fondi dalla carta Bancoposta e ricevo risposta affermativa. E' fatta. Fra poco non sarò più lì. Il biglietto costerà sui 250, ci metto 300 e passa la paura.
"Non si può."
"Scusi?"
"Credito insufficiente per portare a termine l'operazione." - legge.
Scusi? - mi ripeto mentalmente.
Scusi?

Non sottovalutate mai l'importanza di un regolare controllo dell'estratto conto.
Il mio, semestrale, l'ho preso quando sono andato a cena dai miei, lunedì.
L'ho aperto martedì, e l'ho letto.
"Porca paletta" - mi sono detto - "cazzo quanto ho speso".
Il saldo iniziale era quasi duemila euro. Il finale settecento.
Ho guardato le cifre, ho cercato di ricordare le date. Qualcosa era evidente, le spese fisse mensili. Altri, riconoscevo i prelievi, e mi preoccupavo per quelli più ravvicinati: cose tipo "Come cazzo li ho spesi cento euro in tre giorni?!?", ma purtroppo ormai privi di risposta. Ah, ecco, mi sono ricordato quando ho preso i dvd. Brutta botta.
Altre ancora sono motivate proprio dall'uso della carta, tipo Cisalfa. C'è scritto, te lo ricordi.
Ma sentirti dire così, di punto in bianco, che non hai trecento euro sul conto, è una pessima, pessima cosa. Sì, ti ricordi che lo stipendio te lo accreditano l'otto - e oggi ci fai una figura con la collega della ragioneria (quella più carina di tutte le colleghe) quando impacciatissimo le chiedi se i pagamenti sono partiti o per qualche motivo ritardati fino alla riapertura... perché hai un problema di liquidità... - dicevo, te lo ricordi, ma non conta.

Sei in rosso.
E' questo che ti dici, è così che ti senti.
Ti senti che hai sul conto una manciata di spicciolame. Trenta euro, pensi.
Ottimista: sono undici.
E nemmeno questa è la verità, perché tu, sulla carta PostePay, i trecento ce li hai messi. Hai solo dovuto tirare fuori di tasca i cento che avevi prelevato ieri, e spostare i duecento che c'erano dal conto. Ma ora hai trecento euro su una carta che non usi e undici miseri euro sul conto da cui scali le tue spese fisse: mezzo stipendio.
E pensi, pensi, mannaggia quanto pensi.
Mio zio mi ha dato cinquecento euro, dritti sul conto, che io non ho speso, pensi.
Beh, li hai spesi.
Non come hai detto che li avresti spesi a tuo zio, e i trampoli perdiana li vuoi ancora comprare. E ne avanzavano parecchi di soldi, oltre ai trampoli.
La macchina ha bisogno di cure: cambio dell'olio, cambio dei pneumatici, controllo, ricarica o sostituzione delle sospensioni, e quel maledetto rumore che fa la ventola da quando hai tamponato la studentessa di teologia che soffre di attacchi di panico. [Che culo, eh?]
E quelle non sono spese che puoi rimandare, che se la macchina ti muore... tu sei fottuto.
E dire che proprio martedì i tuoi si sono offerti di pagare loro le gomme.
Grazie al cielo, dici adesso, con la coda fra le gambe.

E' dura, è terribile, avere la consapevolezza in pochi istanti di quanto male abbia gestito i miei soldi.
M'ha fatto male. M'ha rovinato la giornata.
Mi sforzavo di non pensarci e sorridere, di metterla in burletta, ma senza successo. Mi sono sentito morire dentro.
Non per l'indipendenza, la vita da solo, cioè anche per questo, ma per il fallimento epocale, l'Epic Fail. Undici dadi da venti, tutti uno.
La tragica necessità, la consapevolezza che questo stipendio non basta.
Non mi garantisce una vita, non mi garantisce una vita dignitosa. Se ereditassi una casa dai miei, non riuscirei a mantenerla.
E penso a quel collega che, quando stacca, va a lavorare al ristorante come cameriere. Certo, non sempre, ma arrotonda. E lui è fisso. Indeterminato.
Poi dici che non ti prende l'ansia di esistere.
Che non ti viene in mente un mondo dove se compri un dvd, salti una cena.

Questo mondo è per i ricchi, o per gli asceti.


GrimFang

domenica 25 luglio 2010

Cosa significa sentirsi a casa?

Mai scritti tanti post in meno di 24 ore.

Ma mi è capitato di passare un sabato sera a casa, senza feste del vino bianco e giovani fanciulle, e di leggere questo.
E di trovarlo delizioso. Giustissimo e delizioso.
E anche ricco di spunti di riflessione, a cominciare dalla medesima radice delle parole abito e abitare.
Indossare una casa. Duplice adattamento, lei a te e te a lei.
Mi guardo attorno e vedo il disordine in cui vivo e penso che mi assomiglia.
Come il mio guardaroba, che non aggiorno spesso, e come la mia esistenza. In fondo, se ci sono dei giorni in cui mi vesto 'preciso', se non 'in tiro', ci sono anche dei giorni in cui sento che la casa mi deve calzare come un guanto. Certo, la casa dei miei sogni non è certo questa - e devo ammettere che l'unica cosa che abbia mai veramente immaginato della casa dei miei sogni sono il bagno e lo studio.
Per ora, mi sto abituando a vivere qui. Dove sono comunque in affitto.
Però, per la prima volta un paio di giorni fa, ho provato il frullatore anteguerra che c'è e quindi l'ho riposto in una busta nello sgabuzzino, dopo aver pulito latte e banana dal tavolo e dal pavimento.
Ho fatto spazio.
Ho cominciato a cambiare le cose qua dentro.
Sì, Degio, ho pensato pure al letto, ma ancora mi do tempo.

Per quanto riguarda il posto da cui partire, beh, questo è sicuramente il posto cui tornare.
La vivo più come una tana, un riparo dove andare a buttare le mie ossa sul letto, più che un trampolino di lancio da cui partire.
Difetto d'ottica? Mah. C'è da rifletterci.

"Questo significa sentirsi a casa: vivere questa relazione fatta di adattamenti, aggiustamenti, pentimenti, sistemazioni continue" - dice.
E a me viene in mente che lo stesso si può dire di una relazione.
E che forse la relazione migliore è proprio quella in cui ti senti a casa, no?
E se ne consegue che abitare, abito e abitudine in fondo sono solo la "disposizione interiore a essere, a vivere", beh, devo decisamente rifarmi il guardaroba. ^_-
Buona vita,


GrimFang

sabato 24 luglio 2010

Solitario Di Addario (o Ballo delle Coppie)

Serve un mazzo di carte tradizionali (napoletane, piacentine...).

Mischiate il mazzo e scoprite le prime quattro carte, disponendole in fila.
Se ci sono due carte dello stesso valore, ad esempio due nove, scartatele e rimpiazzatele con altre carte dal mazzo. Continuate a scartare le coppie di carte uguali (dovessero essere tre uguali scegliete voi quali due scartare).
Se avete quattro carte di valore differente, calate dal mazzo una seconda fila sovrapposta alla prima (lasciate comunque vedere il valore della carta sottostante), quindi procedete alla rimozione delle carte uguali sulla FILA, poi rimuovete eventuali coppie di valore uguale l'una sotto l'altra (cioé, ad esempio, fra prima fila e seconda, se si è sovrapposta a una carta un'altra col medesimo valore) e infine rimuovete le coppie di carte che ora siano "libere", cioè non bloccate da una carta soprastante.
Esempio:

1 5 9 7
3 5 3 9

Si rimuovono i 3 della seconda fila, i 5 che sono in colonna ed infine i 9 che sono (avendo rimosso i 3) entrambi liberi.
Solo dopo aver rimosso il rimovibile rimpiazzate le carte per reintegrare le file. Attenzione: se una fila è stata completamente rimossa non va rimpiazzata. Nell'esempio appena fatto resterebbero le carte

1 7

e sarebbero rimpiazzate solo le due carte centrali.
Se riuscite a scartare tutto il mazzo, il solitario è venuto.
Ricordate,
a) sempre rispettare l'ordine fila, colonna, carte libere per la rimozione: spesso e volentieri vi potrebbe essere assai più conveniente togliere prima la colonna, ma non è consentito;
b) integrare sempre tutte le file presenti. Nel caso in cui aveste

1 5 9 2
7 3
1
4

dovreste comunque calare otto carte prima di vedere di nuovo cosa è possibile togliere. Quindi potreste ritrovarvi così

1 5 9 2
7 4 3 3
1 4 8 4
4 8 5 6

in cui siete obbligati a metter giù una quinta fila sperando di togliere l'8 per poi togliere i 4...
Nell'esempio appena mostrato, se nell'ultima fila non ci fosse l'8 andrebbe tolta la colonna dei 4 lasciando libero il 5, MA è possibile la variante in cui - ferma restando la priorità della fila sul resto - colonne e carte libere sono considerate pari e quindi si può scegliere quale levare.

Ecco qua.
Questo sinora l'unico gioco che abbia realmente inventato e testato, circa dieci anni fa. Poi, certo, ci sono le varianti del Tokio, ma quel gioco non è mio, l'ho solo... variato.
Però, basta anche solo questo bieco solitario a fare di me un creatore di giochi, ogni volta che debbo ricordarmelo! ^_-
Buoni solitari estivi a tutti!


GrimFang

PS: per chi si domandasse perché "Ballo delle coppie", immaginatevi una festa, in cui chi rimedia scompare... E' un solitario che insegna molto sulla vita.
^_-

Australoamericana

me: sveglio?
Paolo: yes
che c'hai fatto con la roscia?
me: ieri sera sono andato al Pigneto
con degli amici
Paolo: e?
14.39 me: avevo mangiato pesante (tre fettone di formaggio col peperoncino)
quindi ho cercato di non bere
anche perché ero fottutamente stanco
Paolo: ma?
me: ma di riffo o di raffo gli ho offerto due shottini di whisky
e uno l'ho dovuto smezzare anche io
Paolo: a chi?
14.40 me: non lo conosci
fatto sta che a me il whisky manco piace
e invece quello un minimo l'ho gustato
forse perché andava a scaldare lo stomaco dove si combatteva per la digestione
14.41 Paolo: sennonche?
me: a proposito - ho scoperto che dal pigneto a casa mia a piedi sono 25 minuti
altro che dieci
sennonché chiacchiera qui chiacchiera là io ero sempre più stanco
14.42 ci alziamo per fare una passeggiata e cediamo il tavolo a - toh! - l'amica di Stefano che l'altro ieri non era venuta
vabbè
uno di noi tre se ne va
l'altro m'accompagna a far lo struscio per un pezzo verso casa
e ribecchiamo un altro che s'era fermato con noi prima
14.43 e mi offrono una Menabrea
e io metto la birra sul whisky dentro di me
e sono sempre più stanco
e insomma a 'na certa decido che devo tornare a casa, saluti e baci e ciao
arrivo a casa che sto male
sudo come un non so che cosa
14.44 mi asciugo e sono di nuovo sudato
cerco di fare tutto piano perché la tipa è già a casa che sta dormendo
sto abbastanza da cani, ma non posso farmi la doccia
mi sento tutti i sintomi del colpo di sole, ma il sole di notte non c'è
tachipirina e a nanna
14.45 per fortuna funziona
stamattina suona il telefono
io scatto, rincoglionito ma non abbastanza da non tenere presente che sono nudo e c'è la tipa in casa
14.46 quindi mi metto i pantaloni di corsa e vado al telefono
che smette di suonare mentre invece suona il citofono
anzi, è stato citofono-telefono-citofono
al citofono c'è il fratello di Gab che gli apro e sale
14.47 mi fiondo in camera per mettermi qualcos'altro ma risuona il telefono
eccheccazzo
ricorro di là, rispondo al telefono è il mio amico Simone che non mi chiama MAI a quest'ora, ma ha un'urgenza
14.48 mentre sono al telefono con lui suonano alla porta
apro, faccio entrare Ruggero, finisco la telefonata con Simone e finalmente me la presentano
...tra l'altro non so nemmeno più se si chiama Lori (Laurie) o una cosa simile
14.49 caruccia, non bellissima
Paolo: boccie?
me: pienotte
^^
Paolo: culo?
me: abbondantello
Paolo: gambe?
me: occhi azzurri
14.50 eh, gambe americane, che ce vòi fà
tozze
è alta meno di me
mi pare
14.51 comunque, io dico che sto ancora male dalla sera prima
e Ruggero mi racconta che lei stava peggio di me!!!!!
Ieri sera l'ha buttata di peso sul letto e lei s'è abbioccata così, vestita, è riuscita giusto a togliersi le scarpe
e io mi preoccupavo di non fare rumore!!!
14.52 Paolo: quando uno è un signore!
me: era ciucca brilla cotta al punto che lei di come è tornata non si ricorda niente!
potevo farmi una docciaaaaa!!!!!!
Paolo: potevi farti lei...
;-)
14.53 me: ...paolino tu lo sai che questa va sul blog, vero?
;)
Paolo: tutto va sul blog
14.54 me: certo, dall'inizio! ^^
14.57 comunque, non capisco un cazzo di quello che dice
14.58 Paolo: usa il linguaggio non verbale
il linguaggio della mazza
me: e della carota
14.59 Paolo: che programmi hai sto fine sett?
me: se non avessi avuto un problemino con gli alcolici ieri sera
15.00 stasera ci sarebbe stata la festa del vino bianco fresco a casa di uno che conosco
piena di giovani attrici
o aspiranti tali
15.01 Paolo: un'occasione che il nostro regista sceneggiatore attore non puo perdere
me: ah ah ah
e invece me sa proprio de sì, se qualcuno ha altro da proporre
15.02 Paolo: io non so
mi piacerebbe finire la partita a marvel heroes uno di questi giorni
me: senti vincio
15.03 io verrei subito
ho anche questi due giochi miei da provare
uno fino a 4, l'altro fino a 6
pià un altro paio di scatole da aprire e leggere il regolamento
15.04 Paolo: magari provo a mandare un mess a erika
me: vai!
15.05 Paolo: le dico come stan messi tra oggi e domani
15.06 me: ma chiamarla proprio?
la chiamo io?
Paolo: beh si
se ti offri gentilmenete
non posso rifiutare
me: chiamo vincio
15.07 Paolo: bravo
senti che ti dice
in caso poi si puo ridire anche al castagna e a maria
ma prima senti vinciolo
15.08 me: allora, m'ha detto che stasera lui tornerebbe alle 21.30-22
e di sentire erika se lei se la sente
ma lui cmq domattina lavorerebbe presto
domani sera già più facile
Paolo: senno famo domani
me: ma devo cmq sentire erika
15.09 te ce passeresti cmq stasera? (e poi anche domani?)
15.10 Paolo: secondo me se per loro oggi è un casino farei domani
tra oggi e domani
comunque si decida
io ci sono
15.11 me: eriz dice domani
Paolo: allora famo direttamente domani
mi sembra mejo
decidiamo a che vogliamo giuocare
cosi in caso lo dicamo pure al migliore, a maria
a mirko
15.12 me: marvel è da 4, i miei so' da 4...
Paolo: allora niente
me: vinz domani finisce alle 20.30
15.13 ma eriz dice se vogliamo passare cmq prima no problema
Paolo: famo nove
me: lei sta a casa il pome
Paolo: vediamo come sto combinato nel pome
diciamo nove for sure
magari prima
me: ok
Paolo: magari mangiamo insieme
ma pizza
15.14 me: pizza?
Paolo: che senno stamo sempre a scorcca cene
me: =P
Paolo: anche io ho una decenza
me: beh, i soldi che spenderemmo per la pizza li possiamo spendere in altro
TU? una DECENZA?
0__o
Paolo: ebbene si
ce l'ho
15.15 me: cavolo... dobbiamo aver davvero ravanato a fondo per trovarla
=)
Paolo: eh si
15.17 me: cmq, anche io penso che sto scroccando sempre cene
ma pur di non mangiare pizza...
Paolo: kebab?
me: oh!
si ragiona!
^^
però, il kebab migliore di Roma è sotto casa mia
15.18 Paolo: portane 4
me: e poi, bisogna accordarsi con Erika
15.19 se vogliamo ripagare le loro cene un misero kebab è un po' pochino
Paolo: alloa chiamaiamo il categring?
catering

11 minuti
15.31 me: ma dai!

14 minuti
15.46 me: intendevo che si può portare pure qualcos'altro
misto affettati, ciliegine di mozzarella, coca cola, birra....
io una bottiglia di chinotto ce l'ho, ma non ricordo se gradiscono
cmq, c'è un vento magnifico qui, quasi una tromba d'aria
^_^
15.47 Paolo: una trombata d'aria
me: (vado a cucinarmi qualcosa ch'è anche il caso di mangiare)
=P