L'artista mescola il sangue con la terra, per generare sempre nuova vita...

Sarà sicuramente potente, la vita. Piuttosto dolorosa, a mio avviso, a volte sorprendente, sicuramente intensa, vibrante, indubbiamente da vivere. Sempre e comunque.

Sara Tenaglia

Terra, Pioggia, Fuoco & Vento

Terra, Pioggia, Fuoco & Vento
Fire cup

sabato 31 maggio 2008

San Cleto

Capita, di solito, che mia madre mi chiami col nome di mio fratello. A volte anche mio padre.
Oggi ci si è messa anche un'amica di vecchia data di mia sorella, per un totale di sei volte in un giorno.
Ora, sbaglio a soffrire di crisi d'identità?

Mi viene in mente la parabola del figliol prodigo.
Ci sono due fratelli: uno si fa il culo e l'altro invece si fa i cazzi suoi, litiga col padre e se ne va. Scompare, non da notizie. Il primo fratello continua a farsi il mazzo, poi un giorno torna l'altro, s'inventa la cazzata tipo "scusa papà, ho sbagliato" e improvvisamente il primo con conta più un cazzo, mentre per il secondo ammazzano il vitello grasso, fanno una gran festa e persino il titolo della parabola lo chiama 'prodigo'. De che? Prodigo de cazzate?
La parabola non racconta se in seguito il primo si sia incazzato coi suoi facendo notare di come si fosse fatto per anni un bucio così e manco un regalino di compleanno, se i suoi abbiano risposto stizziti "che c'entra non lo vediamo da anni" e se quindi il primo si sia allontanato di casa mandandoli a quel paese per poi fare ritorno dopo anni ed essere accolto a sassate quando invece si aspettava il vitello grasso.
Forse perché si avrebbe l'impressione che l'insegnamento è che il mondo è dei furbi. "Goditela, ma vedi di tornare in tempo per l'eredità".

Ovviamente, il mio non è questo caso: mio fratello è stato via per decenni nonostante abitasse a un paio di isolati di distanza, ed è stato parecchio male, anche mentalmente.
E se è naturale equivocare il nome di un figlio con quello di un altro (che in fondo un po' vuol dire "per me pari siete"), ditemi voi se vi è capitato, al massimo posso lamentarmi di quanto poco spesso accada il contrario.
Ma è pure legittimo che a me piaccia il mio, di nome. Anche perché ci sono abituato.
^__^
Se a questo aggiungete che oggi mi han chiamato al telefonino due volte cercando uno che si chiama Gianni (che non è il mio nome, né quello di mio fratello, grazie al cielo) e che al telefono di solito mi scambiano per una donna, senza contare le innumerevoli volte in cui amici e amiche mi hanno detto "brava"...
Insomma, problemi di identità ce ne sarebbero i motivi, non vi pare?

Ieri sera c'è stato il festival di San Cleto.
Vania era vestito in abito scuro, camicia bianca ed occhiali da sole. Era paro paro all'Agente Smith di Matrix; visto che anche Antonio era in camicia scura e occhiali neri e poteva passare per Neo, visto il fisicaccio, m'è venuto in mente che potremmo anche girare qualcosa su Matrix...
Come l'altr'anno (ma si possono usare due apostrofi in italiano, o solo in rock'n'roll?) la conduzione era affidata a Pape, ed il repertorio assai vario: dalla musica, agli sketch comici, ai brani di teatro, teatro-canzone, alle letture. E con ospiti e ospiti/concorrenti, Daniele Mutino e la sua fisarmonica uber alles. Un folletto danzante che riesce - anche questa volta l'ha fatto - a scioglierti il cuore in una dolente dolcezza sulle note e le parole de "Il suonatore Jones" di Fabrizio De Andrè.
L'anno scorso avevo vinto io con Nunzio, cantando "Fight da faida" di Frankie Hi Nrg; quest'anno non c'era trippa per gatti, e lo sapevo. Di idee di cose da proporre ne avevo tante, ma le scadenze prima di questo festival erano tante (Parco Leonardo, il matrimonio del Deso...) ed il tempo libero per organizzarle seriamente davvero poco.
Così, sono stato costretto ad accantonare il progetto di cantare una canzone con Valentina ed un terzo da trovare, pur avendola proposta a Vale, ma senza poi dare seguito. O ancora, non sono riuscito a trovare altri due che volessero 'suonare' con me un brano di Beethoven russando. Ed è persino saltata la scenetta in cui mi avevano coinvolto per fare la parte di Aigor, di Frankenstein Junior, perché si è rotta una corda del violino.
Il brano che avrei cantato mi è venuto in mente guidando, mentre andavo a teatro.
E a pensare a quello che ho fatto, direi che ci ho messo - finalmente! - una sana dosa di spensierata incoscienza. Perché poi, prima di esibirmi è salito, sì, il panico, ma mi era in fondo di conforto l'idea che comunque andavo lì... per perdere. Cioè, che se non avessi vinto non sarebbe stato affatto importante; che ci tenevo di più a far bene il brano che all'esito finale, e che forse era più questo a darmi ansie.
In effetti, affrontare il pubblico cantando "La pianta del tè" di Ivano Fossati senza la base musicale, è stato un vero e proprio atto di coraggio. Col panico che mi strozzava la voce ed era difficilissimo farla uscire corposa... farla uscire e basta! ^__^
Mi stupisco ancora adesso se solo penso alla tensione che avevo, e al tipo particolare di panico: era poco!!! Questo, mi stupisce. Certo, non avevo a che fare con qualcosa di completamente nuovo, e sapevo anche a grandi linee cosa ci si aspettava da me.
Ma se nel conto ci mettete la presentazione che mi è stata fatta - ovviamente ricordando che ero il vincitore dell'anno scorso - e anche che... beh...
Per alzare fondi per il teatro, che ieri era ad ingresso gratuito, hanno avuto la pensata di far pagare 1 euro a chi volesse avere un bacio a stampo sulle labbra da Antonio o da Daniele. E il momento clou di questo fatto è accaduto quando Federicone, Gabriele e Renato - soprattutto quest'ultimo, per chi ha presente di chi parlo - hanno sganciato 10 euro per baciare a stampo, tutti e tre Pape, il presentatore.
Beh, nella mia presentazione, hanno messo anche me tra quelli da baciare, ma a 50 centesimi. ^_^
Dicendo che sarebbe stato il caso sociale di farlo gratis, ma era pur sempre una raccolta fondi.
^__^
Tranquillizzante, eh? Ma non è finita qui. Qualcuno ha avuto la brillante idea di lanciare 50 centesimi per farmi baciare... Vania.
Così, prima di esibirmi, c'è stato un bacio a stampo sulle labbra sotto ai riflettori col mio regista.
Grazie a Dio non era Renato.
^_____^

Bene, chiunque al posto mio sarebbe stato una corda di violino, ma quella rotta della scenetta cancellata.
Così, semplicemente, introduco il brano chiedendo clemenza per la difficoltà di eseguire il pezzo senza la base musicale. Poi, visto che siamo in ballo, balliamo.
L'ho cantata. E' la mia canzone preferita, ma se non l'avessi ripassata nel tragitto in macchina l'avrei toppata in almeno tre punti diversi. Ed è andata.
Quand'è finita, ero zuppo madido, stanco e felice. Ce l'avevo fatta. E per contenere il panico avevo fatto attenzione ad una parte immobile di me, proprio come devo imparare a fare negli esercizi di teatro, per giocare col mio toro. Potrebbe darsi che l'esibizione di ieri sera sia stata il primo passo di una diversa crescita attoriale.
Speriamo!
L'ho cantata tutta ad occhi chiusi, dimenticando il pubblico e pensando, cercando di pensare soprattutto alla voce; ho persino usato un paio di gesti enfatici della mano che non reggeva il microfono, l'ho passato di mano, l'ho tenuto con entrambe sul finale. Guardate che riuscire ad avere attenzione per questi dettagli quando ti stai cagando in mano non è affatto facile. Ci sono riuscito perché mi ero detto che altrimenti sarebbe stato guardare uno stoccafisso, soprattutto senza una base.

Non ho vinto. Lo sapevo perché già vedendo Aida, Simoncione e Caschetto fare il mago Courmayeur e assistenti facendo il verso ai Bulgari di Aldo, Giovanni e Giacomo era uno spacco irresistibile. Perché quest'anno, oltre a Claudio Zilli, che c'era l'anno scorso, c'era anche un'altra aspirante professionista, di nome credo Valeria Celeste e il cognome non lo ricordo. Con canzoni sue.
AH, già.
Tra i progetti abortiti per l'esibizione c'era anche quella di duettare finalmente con Sergio, cantando la canzone che ho scritto per lui, "Saloon City". Finora, mi pare, l'unico mio testo che sia mai stato musicato durante un'esibizione (beh, più di una, forse). Parlo di esibizione perché un altro testo, "Il monte", venne musicato nel lontano '93, mi pare, da un ragazzo siracusano con la chitarra, a un campeggio.
Ovviamente, Sergio mi ha dato buca. Sarà per l'anno prossimo.

Così, la serata è trascorsa, fino al finale che ha visto premiati lo stesso Pape e Aida per un'altra esibizione: due angeli pantofolai che si animano e ballano con gioia su "Spaccacuore" di Bersani (nel link erroneamente attribuita alla Pausini, ne girano di ignoranti).
Nelle chiacchiere post-chiusura, Valentina (l'altra, la yogurtina) viene candidamente a confessarmi che il mio brano le piaciuto, ma che l'ha fatta spaccare dalle risate. E' un po' timorosa che io ci rimanga male, ma me l'ha detto, ed io che un po' ci sono rimasto male, ma non glielo dico, apprezzo comunque il gesto, ma non capisco perché. Ci pensa sua cugina Claudia a chiarirmi perché, quando mi confessa la stessa cosa a sua volta: è che senza la base uno tende a cercare di creare la melodia nella voce, a canticchiarla, a fare qualcosa per compensare la mancanza. Io cantavo come se ci fosse sotto la musica, che non c'era, e questo era grottesco e straniante. Buffo, secondo loro.
Beh, meglio questo che pensare che era ridicolo il testo, come sembrava dalle parole di Valentina.
Strano però: quando uno canta sotto la doccia o nell'ascensore la base musicale non ce l'ha. La mimiamo veramente altrimenti?
Claudia ha detto che sembravo uno che cantava con le cuffie nella metro.
L'immagine è decisamente un po' triste, no?
Però, almeno, contemporaneamente ricevevo i complimenti per voce e intonazione da parte di Antonio e Daniele, ch'è una soddisfazione.

Poi siamo rimasti lì a cincischiare, non avevo affatto voglia di tornare a casa, e nonostante le cinque ore di sonno mi sentivo bello sveglio.
Vincenzo s'era aggiudicato un passaggio fino a piazza Sempione, quindi non ero da solo in macchina, e siamo rimasti lì a parlare con gli altri, con Isabeau che ha anche fatto saltare un mio altarino - a suo tempo da me confessato nel ritorno in macchina da Granada... E quando s'è fatta l'ora, siamo andati via.
Ma in macchina abbiamo cominciato a parlare di Sergio, che conosce anche lui, dei suoi spettacoli e del teatro in genere. Gli ho raccontato ENCRE, e anche "L'eredità" su cui sto lavorando. Lui mi ha parlato del suo spettacolo che sta scrivendo...
Siamo scesi a prenderci un caffè, e quando siamo rientrati in macchina stava finendo di passare il brano che avevo richiesto in radio a Loredana, la mia djea preferita... Ovviamente, proprio "La pianta del tè".
Ridendo e scherzando, ma soprattutto parlando di teatro, del suo spettacolo, dandogli consigli e ottenendo anche qualche dritta importante, in un piacevolissimo scambio alla pari, è andata a finire che ci siamo separati alle 4.18 della mattina.
Ed io sarei rimasto ancora volentieri a parlare.
Adoro queste serate.


GrimFang

venerdì 30 maggio 2008

Cinquoredesonno

Ieri sera sono stato al concerto n. 100 dell'Anonima.

E 100 euro m'è costato, più o meno.

In compenso, ho scoperto che la tessera al Big Mama costa 13 euro, ma vale solo fino ad ottobre. Perché 'solo'? Beh, a fine giugno chiude... fino a metà settembre.
E ho scoperto anche che parcheggiando sul marciapiede non si perdono punti patente.

Ero tornato a casa devastato, non vedendo l'ora di svaccarmi sul letto e dimenticarmi di me stesso. Stavo pure male, tanto che mi son misurato la febbre, solo per scoprire un miserrimo 36.9 che al confonto con la sensazione di malessere non aveva senso di esistere. M'ero anche dovuto sorbire un 'turno' di veglia del pargolo, cosa che, avendo due di pressione, si è limitata ad essere un "lo tengo d'occhio mentre butta giù e strapazza i libri del corridoio".
Avevo trovato conforto proprio in un libricino mille lire di quelli lanciati in aria dal piccolo Attila: "Lettera sulla felicità" di Epicuro.
Non l'avevo mai letto, e mano a mano che andavo avanti mi veniva in mente che avevo un disperato bisogno di crederci. Nel senso quasi fideistico del termine: l'introiezione cioè di un principio filosofico nel profondo. Non reca molto giovamento infatti trovarsi in accordo teorico con la Lettera, ma sentirsela distante sul piano pratico. Quanto dice sulla morte, ad esempio.
"Poi abituati a pensare che la morte non costituisce nulla per noi, dal momento che il godere e il soffrire sono entrambi nel sentire, e la morte non è altro che la sua assenza. L'esatta coscienza che la morte non significa nulla per noi rende godibile la mortalità della vita, senza l'inganno del tempo infinito che è indotto dal desiderio dell'immortalità.
Non esiste nulla di terribile nella vita per chi davvero sappia che nulla c'è da temere nel non vivere più. Perciò è sciocco chi sostiene di aver paura della morte, non tanto perché il suo arrivo lo farà soffrire, ma in quanto l'affligge la sua continua attesa. Ciò che una volta presente non ci turba, stoltamente atteso ci fa impazzire.
La morte, il più atroce dunque di tutti i mali, non esiste per noi. Quando noi viviamo la morte non c'è, quando c'è lei non ci siamo noi. Non è nulla né per i vivi né per i morti. Per i vivi non c'è, i morti non sono più. Invece la gente ora fugge la morte come il peggior male, ora la invoca come requie ai mali che vive.
Il vero saggio, come non gli dispiace vivere, così non teme di non vivere più. La vita per lui non è un male, né è un male il non vivere. Ma come dei cibi sceglie i migliori, non la quantità, così non il tempo più lungo si gode, ma il più dolce."

Quanti anni sono passati, duemila?
E i problemi dell'uomo sono sempre gli stessi.
Come fare a non aver paura della morte quando si prende i tuoi affetti? Come fare a non aver paura della malattia, che sembra sempre essere sintomo di essa? Come fare a non avere paura?
Certo: se si riuscisse a non avere paura della morte, la stessa malattia farebbe meno paura. Forse non avremmo paura affatto.
Ma come si fa ad affrontare così questa piramide che siamo soliti affrontare dall'altro verso, in virtù della natura assoluta ed ineluttabile che la morte si porta appresso? Perché la morte è una certezza, forse l'unica.
Difficile rinunciarci.

Ancora più avanti, leggevo
"Una ferma conoscenza dei desideri fa ricondurre ogni scelta o rifiuto al benessere del corpo ed alla perfetta serenità dell'animo, perché questo è il compito della vita felice, a questo noi indirizziamo ogni nostra azione, al fine di allontanarci dalla sofferenza e dall'ansia.
Una volta raggiunto questo stato ogni bufera interna cessa, perché il nostro organismo vitale non è più bisognoso di alcuna cosa, altro non deve cercare per il bene dell'animo e del corpo. Infatti proviamo bisogno del piacere quando soffriamo per la mancanza di esso. Quando invece non soffriamo non ne abbiamo bisogno."
Al di là di quanta psicanalisi sulla differenza tra desiderio e bisogno c'è in questo passo, come non farsi venire in mente le parole di Ivano Fossati ne "La pianta del té" (forse la mia canzone preferita)?
"Chi si guarda nel cuore / sa bene quello che vuole / e prende quello che... c'è / ha ben piccole foglie / ha ben piccole foglie / ha ben piccole foglie / la pianta del té."

Dovrei far rileggere questo libricino a mia madre e poi farmelo regalare con dedica.
Non scrivo forse per superare la morte? Non ho ambizione al successo per una sorta d'immortalità di sponda? Mi sa di sì.
E non sono assolutamente in grado di guardarmi onestamente nel cuore, adesso come adesso, per distinguere bisogno e desiderio. Anche, ed in particolar modo, con le donne. Touché.
Otto anni da single non sono uno scherzo.
Mi sa che mi sono talmente disabituato all'amare che l'istinto sessuale è l'unica cosa che ancora ricordo come funziona.
^__^'

Ad ogni modo, stavo coricato in come sul mio lettino quando mi suona la sveglia del cellulare e mi ricorda che c'è il concerto.
Voglia di alzarmi: zero.
Ma è il concerto numero 100.
Il groupie più anziano non può mancare.
E' anche un botto di tempo che non li sento, che non vedo Sergio - che guarda caso proprio quella mattina aveva cominciato a dare un'occhiata ad ENCRE, copione per corto teatrale che ho scritto (a proposito, devo aggiornare la sezione 'progetti conclusi' con questo!) - e poi so che la loro musica ha il potere di farmi rilassare... So, ma non sento, che sarà una serata divertente.
Conto sul fatto che se mi sento male, o mi passa la voglia, posso sempre tornare indietro. Posso andarmene a metà. Posso anche solo andare a far presenza - anche se mi scuciono 13 euro. E poi, levarmi di casa dove in questo mese è meglio stare il meno possibile, per non accusare il fatto che non esiste più nemmeno quello straccio, quell'ombra di privacy, e che in certi momenti quasi sembra che sei trasparente, che i tuoi diritti non contano, e infine che dopo una cazzo di giornata a lavoro vorresti avere cinque minuti almeno per riposare e non ce l'hai!, beh, avere l'occasione di uscire è un incentivo.
Così, complice il senso di riposo dei dieci minuti passati a misurarmi la febbre, sono uscito.

Trovare parcheggio a Trastevere di venerdì sera è quello che è. Avrei dovuto cercare più a lungo, e meglio, ma vista l'ora e visto che una tipa in retromarcia mi stava per fracassare la macchina perché non avevo visto che s'era fermata lei per quel parcheggio (se non metti la freccia, che cazzo vuoi?!) è finita che l'ho messa su via Mameli.
Ovviamente sapete dove.
Arrivo lì, e rivedo in effetti un sacco di facce che non vedevo da tempo, fra cui quella di Marta - che oltre ad avere un Boecklin in casa (quello della prima immagine) è stata una di quelle ragazze con cui, in passato, poteva esserci del tenero - e Biole.
Non avendo prenotato - ci mancava anche quello - mi devo prendere il posto che capita, sperando in una buona visuale. Non ero in forma, quindi non avrei mai fatto il casino che faccio di solito; ci ha pensato la signora a fianco a me, che a quanto pare era la prima volta che li sentiva e - a giudicare dal numero di volte in cui si è rivolta a me e soprattutto dal come - che, forse, a quanto pare ci provava col sottoscritto.
Non ero proprio in vena, insomma, ma mi sono comunque goduto la serata; al massimo accusnado un po' il caldo dentro e l'umido freddo fuori.
Non hanno fatto "The lion sleeps tonight", ma la 'mia' "Blackbird" sì: e visto che mi abbracciavo da solo per la tenera bellezza dell'esecuzione, la tipa di cui sopra non ha trovato di meglio che venire inopportunamente a rovinarmela (avevo cambiato posto nel frattempo). Ora capite perché quel che dicevo prima è più che giustificato.

A fine serata - dopo un semi-mezzo impegno da parte di Sergio a provare a venire a cantare con me la mia canzone che ha musicato, "Saloon City", al festival di San Cleto di stasera (il che vuol dire che non lo vedrò affatto) - ho anche dato il mio indirizzo email a una ragazza che mi invierà i dettagli di un festival di teatro organizzato da lei.
L'amica comune che me l'ha presentata prima ha raccontato che le ho fatto fare un gioco sulle vite precedenti da cui è uscito che lei è stata una rosa nel giardino dell'Alcazar, poi le ha detto che abbiamo interessi comuni (teatro, cinema, ...) e ha chiuso tutto con
"Chissà, magari può nascere una storia, no?"
Dico, me l'hai presentata da nemmeno due minuti.
Ma ho apprezzato la naturalezza del tutto.
E poi, son finalmente tornato a casa morire dal sonno, ma non prima di aver mangiato una fetta di una pannosa e nutellosa torta celebrativa dei 100 concerti, e non prima di aver scambiato chiacchiere aggiuntive con Federica (una delle due Federia&Federica conosciute ai concerti dell'Anonima e al cui fascino, di entrambe, non ero indifferente) e Valinguina, ora fotografa ufficiale dell'Anonima.
E' il suo nick perché ha davvero la lingua lunga. Fisicamente, intendo.
Alla mia richiesta di mostrarla ha opposto un netto e irremovibile rifiuto; ma ha dovuto cedere davanti alla curiosità di vedere la mia. ^__-
Così, dopo lo scambio di linguacce, sono andato a casa a dormire.
Ho chiesto "Blackbird" alla radio, ma i miei sms li han letti quando ero già a casa, quindi niente.
Sono salito su, e sono sprofondato nel sonno.

Mi sveglio tutti i giorni lavorativi alle 9, salvo emergenze.
Sono andato a dormire alle 2.
Alle 7,14 di questa mattina Niccolò ha cominciato a ridere forte, perché lo facevano giocare. Tutte le porte aperte, il casino arrivava fino da me. Nelle due ore che sono rimasto a letto cercando disperatamente di dormire, nessuno s'è degnato di fare più piano. Nemmeno dopo che ho gridato a squarciagola per farli tacitare.
Mi sono alzato con un rodimento di culo spettacolare, e sono arrivato in ufficio che ero uno zombi.
Fortuna che oggi, al contrario di ieri e l'altroieri, il collega c'era.
Questo non è bastato a farmi restare lucido fino alla chiusura, e con i due di Rai International che c'erano oggi c'è stato un impiccio sui conti spettacolare: sono riuscito a confonderli talmente tanto che siamo rimasti per dieci minuti a cercare di capire (e far capire) che se una persona vede un film paga tre euro, se il film lo vedono in due ne pagano sei, e così via...
Ci siamo spaccati dalle risate, eravamo tutti e tre alla frutta.

Vabbè, adesso vi lascio.
Vado a mangiare, e subito dopo a cedere il titolo di San Cleto guadagnato l'anno scorso.
^__^


GrimFang

giovedì 29 maggio 2008

Daje daje daje!!!



Anche se se lo gusta appieno solo Erika!!!
^___^


GrimFang

PS: se non lo vedete bene, questo è il link.

martedì 27 maggio 2008

Addio al celibato (o del perché NON andare a vedere Indiana Jones)

OK.
Com'è fatto un addio al celibato che si rispetti?

L'immaginario collettivo di tutti noi non ha esitazioni: vengono in mente scene che magari nemmeno c'entrano, come quelle di "Full Monty", "Risky Business", "Animal House"... ma tutte col minimo comun denominatore di 'festa pazza'.
Donne che escono dalle torte, spogliarelliste, trans, scherzi crudeli (più o meno) ed il malcapitato sposo irrimediabilmente messo alla berlina.

Di addii al celibato nella mia vita - questo compreso - ne ho fatti tre.
Il primo, in ordine cronologico, è stato quello di Stefano, l'anno scorso.
Al di là del fatto che ha passato i quarant'anni ed era un deciso "trombeur de femmes" (con la r, Digia, con la r...) - cosa che per l'appunto mandava tutti i suoi amici e conoscenti in fibrillazione ("ma che davvero si sposa?!", "chi è la pazza/genio che l'ha incastrato?", eccetera) - e sembrava avviato verso lo status di single a vita, c'era da tener presente che, comunque, si tratta pur sempre di una persona che, legittimamente, era terrorizzata all'idea del suo addio al celibato.
'Conosci i tuoi amici', sembra essere la regola che spinge tutti gli sposi a temere questo momento.
Saggiamente...
Indi per cui, paventando l'idea di ritrovarsi all'improvviso in un locale pieno di trans o, molto peggio, in una sala piena delle sue ex, ha deciso con incoscienza (^__-) di imporci qualcosa di organizzato da lui. Aveva talmente tanta paura che non siamo nemmeno andati a ballare.
Sembrava facesse molta attenzione al motto di Wilde "posso resistere a tutto tranne che alle tentazioni".
Così, come tradizione vuole, abbiamo passato una serata senza l'ombra di una donna. Programma: cena in pizzeria e poi un salto al Caffè Letterario che stava un paio di civici dopo. E poi tutti a casa.
Almeno, trattandosi di una cena con tutti gli amici, conosciuti o sconosciuti tra loro, di vecchia e di nuova data, ci siamo spaccati dalle risate. Sono saltati fuori un quantitativo di aneddoti impressionante e sono saltati in aria un sacco di altarini, mentre lui, tutto contento, era costretto ad indossare una t-shirt preparata ad hoc dal sottoscritto, con scritto a caratteri cubitali rossi "Domani mi sposo".
Però, mi ricorderò sempre di Sergio, amico di Stefano conosciuto quella sera, molto simpatico, che scuoteva la testa sconsolato.
"Nemmeno una spogliarellista... Almeno un puttan-tour... Dai..."

All'addio al celibato del Deso, quello che scuoteva la testa ero io.
Immemore, per fortuna (altrimenti avrei protestato di più), dell'addio al celibato di Federicone - che è stato rapito il pomeriggio, costretto ad ascoltare sempre e solo la stessa canzone, portato a sera a casa di Vania, costretto ad ascoltare un rituale chtulhuoide (che a lui fa impressione) e quindi pucciato nella vasca da bagno piena di purea di patate e polipetti nascosti ad arte per dargli l'idea dei tentacoli, che è stato depilato e rasato e truccato da donna, e che ha dovuto ascoltare una telefonata alla futura sposa fatta da un'amica a lei non nota che parlava con accento francese, e che infine è stato ricoperto di scritte col pennarello, solo per citarne alcune - immemore di tutto questo, cedevo al diktat del testimone dello sposo, DIGIA, che, nel totale rispetto della volontà (e della strizza nera) dello sposo DESO, mi imponeva una serata pizza più cinema.
Quanto di più banale e piatto possa esserci, per una 'serata da ricordare'.
Ma il fatto è che al Deso la torta con la ragazza dentro l'avevano fatta altri amici la sera prima, a quanto pare... =P
Comunque, vabbè, mi rassegno.
Mi rassegno fino a venerdì mattina, quando un volantino affisso da uno studente qui a lavoro coglie la mia attenzione: questa sera festa in via taldetali, dopo cena, eccetera... Nome della festa: "ALLUCINOGENO PARTY".
Folgorazione.
Addio al celibato + alto tasso alcolico (e probabilmente non solo) + studentesse di recitazione disinibite e (sicuro come la morte una volta detto "il mio amico qui si sposa domani") altamente troieggianti. Uguale: serata perfetta.
Vado in fibrillazione, ma dal tono pantofolaio che tradisce l'essere pantofolaio di quel pantofolaio del Digia mi fa capire che primo, sarà dura e secondo, sarà impossibile.
Come vincere l'essenza letargica di questa coppia di sciamannati, in cui uno si trincera dietro la supposta volontà dell'altro?
Comprendo che è un problema da rimandare. Per aggirare la montagna de sonno Digia dovrò attendere che ci si riunisca la sera, ed operare affinché la mia trama si tessa e la tela si stenda: in pratica, convincerlo all'idea o attirare il Deso in trappola.
Ma sono solo, e dopo un paio di minuti si capisce che mi mancheranno le forze.
Nemmeno lo status di single affamato che il Digia AVEVA fino a quella sera... fino a un certo zompetto... una certa apparizione... ma non anticipiamo; nemmeno lo status di single in caccia + festa di donne strafighe (tutte future attrici) poteva funzionare.
(...e adesso mi spiego anche perché...)
Per quanto riguarda l'invitare anche Erika, che ci teneva, era stato stabilito dal Digia - ma io aggiungo a ragione, come anche lo sposo era d'accordo - "niente donne". Come da tradizione.
Potrebbe obiettare che la tradizione impone anche di fare cose diverse da pizza e cinema, ma questo è un altro discorso.
Fatto sta che quando ci riuniamo siamo io, il Deso, il Digia, Tata e Leo.
Troppo pochi anche per fare un festino come si deve, non proprio dei festaioli riuniti, e soprattutto massacrati dagli orari di lavoro di un'intera settimana, come si evince dalle facce.
E' andata, mi dico. Peccato. Era una bella combo l'Allucinogeno Party.
Così, ci dirigiamo al Risky Point.
Causa fame atavica terribile esplosami all'arrivo a casa di fronte alle costolette (no, punta di petto) al forno con contorno di patate arrosto che mi si erano palesate davanti dapprima come intenso profumo e poi come visione paradisiaca, avevo già cenato. Per cui, mi sarei limitato a una birra - Menabrea in bottiglia - e a spiluccare un'oliva ascolana.
Il colpo di genio mi viene subito: siamo ad un tavolino d'angolo e il Deso si è preso un posto a sedere per il quale dà le spalle all'intera sala dietro di noi. Presto fatto: mi alzo con la scusa di ordinare subito le birre, vado al bancone e mi faccio dare l'occorrente. Torno a posto e agisco.
"Allora, tre medie chiare, una Menabrea e..." - faccio.
Poi mi siedo e dopo poco avverto Tata, che siede all'altro lato del Deso, per evitare che si sorprenda e rovini tutto. Anche il Digia coglie che c'è qualcosa di strano, mi guarda preoccupato, ogni tanto ci scambiamo delle occhiate, ma per fortuna - pur essendo pantofolaio - sta al gioco.
Il resto della cena scorre via facilmente, tra un eccesso di caldo, una voglia di fumare una sigaretta e un ridersela sotto i baffi per via del fatto che il Deso è completamente ignaro. Dal resto della sala ogni tanto scorgo sguardi e risatine: il tavolo dietro di noi è occupato da una famigliola, e la madre è lì che gongola guardando la schiena del Deso.
A un certo punto spengono pure le luci per un istante, ed io mi preoccupo che abbiano agito di testa loro; invece c'è un compleanno dall'altro lato del locale...
A fine cena ci alziamo, anche perché si sta facendo una certa e, come d'accordo, abbiamo deciso di andare al cinema a vedere Indiana Jones...
...purtroppo...
...e siamo anche riusciti a convincere Leo, che proprio non aveva interesse a vederlo.
Quindi facciamo per uscire quando, passando vicino a una cameriera, il Deso viene apostrofato più o meno così
"Allora tu sei quello che domani si sposa? Perché fai st'errore?"
Il Deso s'illumina come un abat-jour. Giuro, spandeva luce. La guarda e le fa
"Sì. Te l'ha detto lui?" - indicandomi.
"No." - fa lei.
Un po' confuso il Deso ribatte (si scoprirà dopo che gli è venuto l'orribile sospetto di conoscerla)
"E allora come lo sai?"
E lei, un VERO GENIO, risponde
"Guarda... te lo si legge addosso."
Il Deso s'illumina di più, come gli abbaglianti allo xeno. Risponde "Grazie!" ed esce, il foglietto con su scritto <> ancora attaccato alla maglietta sotto la giacca.
Io passo vicino alla cameriera e le faccio
"Capito adesso perché si sposa?"
E lei
"Perché è un completo minchione?"
Ed io, già alle sue spalle, gongolante
"Esatto!" - e le mollo un bacio sulla nuca per quant'ero felice.
Una volta fuori, comunico al Digia tutta la scenetta e cominciamo a spaccarci dalle risate. Il Deso non capisce, ci guarda, è sinceramente convinto che il suo amore per Maria e la felicità di sposarla trasudino dai suoi vestiti a tal punto che la gente lo guardi passare e faccia "hey! ma quello domani si sposa!". Io e Digia siamo alle lacrime, il Deso s'incaponisce che vuole sapere, e sta ridendo anche lui perché immagina ci sia qualcosa dietro (AH! Quant'era vero! ^__^') e la nostra allegria e presa per il culo è troppo contagiosa.
Passiamo tutto il tragitto fino al Gregory come se si trattasse di un indovinello. Io l'ho detto a una cameriera, ma non era lei e garantisco che questa non gliel'ha detto. Quindi come ha fatto a saperlo? Il Deso parte in quarta con le domande, e noi ci spacchiamo ad ogni risposta plausibile, ma totalmente ingenua che ci da.
Il massimo è quando gli garantiamo che una volta a casa lo capirà da solo, e ci abbarbichiamo su questa constatazione - avendo fiducia nel fatto che il Deso non sarà così imbecille da non accorgersi del biglietto una volta che si sarà tolta la maglietta - senza concedere nulla di più. Ma la sua curiosità è fortissima, e siamo quasi al cinema quando imbrocca qualcosa.
"Gliel'avete scritto?" - ci fa.
A questo punto io faccio finta di non aver sentito, che stiamo attraversando la strada, il Digia nicchia, ma non è più divertente se non gli si svela la verità. Io sono quello che si è fatto dare carta, pennarello e skotch e gli ha poggiato la mano sulla schiena con la scusa del ricapitolare le birre: tocca a me svelare la verità.
Il Deso si toglie il bigliettino lo guarda e scoppia a ridere come un matto; io mi becco del 'genio' (grazie), ed il Deso è così contento del bigliettino e dello scherzo che se lo attacca sulla giacca e continua ad andarci in giro.
^__^
Dopo un'escursione-gelato ci rechiamo al cinema, e paghiamo questi fatidici 7,50 per andare alla prima, spettacolo delle 22.
Che dire?
Ormai lo sapete che a me, questo Indiana Jones, ha fatto cagare.
Come a Digia, Deso, Tata. Mi pare che a Leo, in fondo digiuno di Indy, non fosse totalmente dispiaciuto. A lui faceva cagare in genere.
Momar lo difende: dice che lo è andato a vedere con aspettative basse e con gli occhi di un ragazzino e si è divertito. Non so, o sono i 7 euro che bruciano e non vuole ammettere di averli spesi così, o è andato a vederlo aspettandosi un film dei Vanzina.
A metà del film, il Digia aveva già cominciato a chiedere perdono, e a mormorare dispiaciuto
"Allucinogeno Party... perché non siamo andati all'Allucinogeno Party?"
Già dai titoli - non c'è nessun titolone scritto come quelli dei film precedenti, c'è un titolo pro-forma che sembra scritto a macchina, anonimo - si capisce che qualcosa non va. Non c'è una intro, si parte praticamente già con la vicenda. E che vicenda. Dove nel primo e nel terzo c'era ricercatezza dell'ambientazione, dei costumi, delle luci, qui è tutto 'smarmellato' (per fare omaggio a quel serial fichissimo che è "Boris") e pieno zeppo di citazioni di se stesso. Ci sono le mummie che fanno tanto sotterranei di Venezia, ci sono le scene nella foresta e in un improbabile cimitero (difeso in maniera totalmente ingiustificata da un paio di comparse) che fanno stile Tempio Maledetto, ci sono i cattivi stile nazisti capeggiati da una che sembra tarata sulla bionda de L'Ultima Crociata, ma senza l'aspetto se(n/s)suale perché questo è un film per famiglie... c'è persino l'Arca dell'Alleanza, che sembra messa lì a dirti "ti ricordi quanto eravamo bravi una volta?". E poi giù a sciropparti un mattone in cui il giovane fa il giovane, Indy sembra superman, ci sono un quantitativo industriale di pallottole e mai nessuno che se le becca, dove il protagonista dice "Non collaborerò mai con voi! Dov'è una mappa?" e tu, povero spettatore, ti devi bere qualsiasi bojata (tipo il ragazzo ribelle che sa tirare di scherma come un maestro di spada provetto, o come indigeni di stirpe millenaria che vivono in statue intatte da millenni solo per romperle quando passano loro ed avere l'effetto sorpresa sullo spettatore - che quando lo vede al massimo fa "ma dai?", e non per lo stupore) uccidendo con le tue stesse mani il tuo senso critico se vuoi arrivare alla fine del film.
Fino al punto in cui Shia LaBoeuf (che vuol dire 'Il Bove', giustappunto) non dice
"Cosa stiamo facendo seduti qua?"
e il Digia
"Me lo chiedo da due ore"
Fino al punto in cui il Deso dice
"No, io mi alzo e me ne vado"
ed io rispondo, ricordandogli le sue responsabilità
"M'avete imposto di venire qua, e adesso restate fino alla fine dei titoli di coda"
Fino all'interminabile, prolisso, insopportabile finale al termine del quale l'unica cosa possibile per riprendersi era comunicarci gli uni con gli altri l'assoluto stupore per questa vaccata pazzesca. E riderne, finché si può. Aspettando Indiana Jones e la Maledizione del Catetere Fantasma...
Così, si è spento l'addio al celibato del Deso; memorabile a suo modo, sotto certi punti di vista.
Tutti ci siamo imposti come dovere morale di non far andare la gente a vedere Indiana Jones, per non dare anche stavolta una montagna di soldi a quegli imbecilli come se c'avessero imbroccato, mentre invece campano ancora di rendita...
E poi, sempre scuotendo la testa, ci siamo salutati. Che qualcuno, il giorno dopo alle 11, aveva da fare.
...e qualcun altro anche prima.
^__-


GrimFang
"Oggi alle ragazze di 16 anni gliene dai venti, e a quelle di venti, 16... Anzi, a quelle di quaranta, gliene dai 16..."
"No, scusa, diciamo le cose come stanno: le ragazze di 16 anni vorresti che ne avessero venti, ma te lo sai che ne hanno 16, lo senti!"
"Mi correggo. Le ragazze di 16 anni pensi che ne abbiano venti; e te te ne prendi 16."

Un atto dovuto (aspettando il post)

Il resoconto del rientro di Sara... Dovevo postarlo...
^__^

"Mi sono seriamente chiesta se qualcuno mi avesse fatto il malocchio. Sentite un po':

Arrivata ieri sera a casa dopo le 23, mi rendo conto, con mio orrore, che il volo di partenza oggi non era, come pensavo, alle 11.30 ma bensi' alle 9.35!! Provo a fare il check-in online ma non funge, allora decido di chiamare Alitalia per farlo al telefono. Per farvela breve, mi attaccano in faccia 26 volte. Non esagero, le ho contate. A quel punto abbandono e mi dirigo a letto, fissando la sveglia per le 6 del mattino seguente.

Quando mi sto proprio per addormentare, improvvisamente sento un boato tipo esplosione. Li' per li' mi dico: "ma non siamo a Baghdad", pero' la curiosita' vince e allora mi alzo, apro la serranda e cosa vedo: che una macchina sotto casa mia e' esplosa ed e' avviluppata dalle fiamme. Nel panico, sveglio mia madre, visto che anni (e quasi c'ho messo l'h davanti!!) in Inghilterra mi hanno rimosso il ricordo del numero per chiamare i vigili del fuoco. Insomma chiamiamo. Quelli ci mettono piu' di 15 minuti ad arrivare, mentre la macchina continua a scoppiare, innalzando un cumulo di fumo nerissimo, fiamme alte 6-7 metri, e benzina a fuoco che scorre sotto le macchine circostanti. Gli alberi del vicinato hanno rischiato brutto. Il vicinato diventa una scena di paese: le vecchiette e i pettegoli, tutti svegli, in vestaglia, sui vari balconi a godersi lo spettacolo e a parlare da balcone a balcone. Insomma alla fine arrivano i pompieri che spengono il tutto (anche se ci mettono un bel po'). Mi corico di nuovo alle 2...

Dopo solo 4 ore di sonno mi preparo e parto. Poi, il Leonardo Express si blocca a Ponte di Galeria, dopo che tutti noi avevamo avvertito una puzza di bruciato: ebbene si', stava prendendo fuoco il treno! I passeggeri si ribellano, visto che siamo tutti in partenza dall'aeroporto; finalmente dopo 15 minuti buoni il treno riesce a ripartire. Faccio il check-in (arrivata solo 40 minuti prima del volo) e poi mi sciroppo una mezz'oretta di fila per il controllo di sicurezza e poi passaporto. Finalmente salgo sull'aereo dove, tanto per farmi incazzare, ci tengono fermi per quasi un'ora. Ritardiamo anche sorvolando Londra, ma finalmente atterriamo con una buona ora di ritardo. Ora, io ieri sera ovviamente non avevo mangiato, e stamattina nella fretta neppure. Sull'aereo ci danno un vomitevole panino, quindi appena a terra mi sfogo al primo chiosco disponibile.

L'avventura poteva essere finita cosi', ma lo stronzo fato ha voluto giocarmi un ultimo, duplice tiro: la metro dall'aeroporto portava "severe delays", in cui si fermava per 5-10 minuti ad ogni stazione, e poi finalmente arrivata a casa, pioveva, quindi mi sono bagnata nei 3 minuti di tragitto da stazione a casa!!! :(

E senza parlare dei bambini urlanti sul volo!!!

Vabbe', alla fine sono arrivata a casa sana e salva. E tutto cio' non toglie che abbiamo passato un bellissimo bellissimo fichissimo weekend!! Grazie ancora a Deso e BioMaria (alla riscossa!!), e' stato veramente un evento che mi rimarra' dentro...
"


GrimFang

Boiler

Sydney Pollack è morto.
E due minuti prima di saperlo sono venuti ad offrirmi il cameo di un ragazzo ubriaco in un cortometraggio di scuola.
Le cose non sono certamente collegate, ma la combo è abbastanza dilaniante. Se ci mettete che oggi sono venuto in ufficio in macchina facendo questo percorso, perché poi vado dritto a teatro e da lì a fare le prove a Viterbo... E che mi è stato richiesto di vestirmi di nuovo così per girare giovedì - ed io son sicuro che me ne scorderò...
Quindi oggi mi sento un po' scombussolato, fuori fase. Complice anche l'aria condizionata che ci deve essere qui in ufficio per mantenere il materiale entro i limiti di temperatura, ma che in noi esseri umani provoca un clamoroso coccolone ogni qual volta usciamo dalla tana...
Oggi sto in maglietta e pantaloncini, che va bene per fuori, ma qui dentro devo metter su anche la camicia a maniche lunghe. Chissà che cazzo di tempo farà quest'estate... Se fa davvero caldo mi sa che qui mi suicido.

Per adesso mi sento il cervello come un boiler...


GrimFang

lunedì 26 maggio 2008

Cambio di stagione

Qui a casa è aria di cambio di stagione.
I vestiti invernali, con questo caldo torrido, sono tornati dentro gli armadi e quelli estivi sono ricicciati all'aperto. I primi ad essere stati fiocinati nel cesto dei panni da lavare sono stati quelli che avevo addosso: oggi a lavoro rischiavo il collasso! ^__^
Niente da fare, niet!
Ormai è la bella stagione, ed a parte l'ondata di freddo e maltempo che ci colpirà solo per le leggi di Murphy (farà improvvisamente freddo non appena avrai riposto i tuoi vestiti pesanti), bisogna adeguarsi. Comincia l'era dei calzoncini!
"Who like shorts, shorts..." come nella puntata dei Simpsons.
E ovviamente la fauna femminile si adegua.
Potete immaginare cosa gira per il mio ambiente di lavoro.
Oggi il mio senso di ragno ha vibrato facendomi voltare, con perfetto tempismo, mentre una collega - la più gnocca dell'edificio - si scopriva di più il petto per far vedere la scottatura a un altro collega. Subito dopo ci siamo guardati e lei è scoppiata a ridere, mentre io commentavo ad alta voce la mia fortuna.
E mi ritengo davvero fortunato. No, per il ritorno alla massima forma del mio senso di gnocca!
=)P
Che poi oggi c'era anche Chiara, la toscana. ...La ragazza-copertina, ricordate? M'è venuta a trovare sul lavoro. See, bello crederci: è che deve fare domanda per entrare al centro sperimentale, come anche il suo ragazzo, e infatti era con lui. E' che ha conosciuto alcuni degli studenti che frequentano il primo anno, quindi mi ha fatto l'improvvisata. Nel senso che comunque già una volta c'è venuta e non m'ha cercato, quindi oggi pagava pegno. ;)P
In un certo senso mi sa che l'ha pagato, perché al novanta per cento il ragazzo le ha fatto una brutta scenata, dopo. A giudicare dalla telefonata...
Poi dice che si sceglie sempre i ragazzi sbagliati. ...Mi ricorda qualcuno...
Beh, scherzi a parte stavolta aveva priorità trovarmi, e l'ha fatto. E s'è anche fermata a chiacchierare un'oretta in ufficio da me. Mi ha anche aiutato a ricollocare la bolgia di dvd fuori posto! Che carina!
Ma lo stress era al suo posto anche al ritorno: se di solito la notte mi sogno i numeri di collocazione, oggi pomeriggio al telefono stavo per rispondere "Videoteca?" a mia zia.
Poi uno dice che urge una vacanza... e dire che questa settimana l'ho fatta!
E le cose andranno sempre peggio.

Venerdì a pranzo invio in posta interna una email con il nuovo calendario delle lavorazioni del telecinema, riorganizzato in maniera da togliermi al più presto dalle palle un tipo petulante e anche con un filo di criterio in più, visto che spalmavo nel tempo le richieste di un singolo fruitore e ne avvicinavo altre che rischiavano di slittare alle calende greche.
Cosa buona e giusta, ma la mia responsabile - la solita - aveva da ridire e mi ha chiamato al telefono. L'aveva già fatto presente anche prima, e giustamente non le va proprio giù che si perda del tempo (questo è opinabile) e dei soldi (questo è sacrosanto) per portare da pellicola a digitale un film come "Arrapaho" per soddisfare le richieste di un utente... che... beh, è uno scroccone all'ennesima potenza, non so se per necessità o per abitudine. Mi sono anche tolto lo sfizio di guardare, quando si poteva, la sua dichiarazione di redditi del 2005: dichiarava un imponibile di 32 euro per il 2004. Ma non si può capire se è uno che va avanti coll'assegno di disoccupazione oppure un evasore fiscale. L'aspetto è quello della prima ipotesi, ma è comunque assai tirato. Basti dire che una volta ha chiesto se poteva visionare un film (si dovrebbe pagare 3 euro) coi 2,57 euro che aveva; li ha messi sul tavolo, li ha rimessi in tasca, s'è visto il film e poi ci ha detto che ce li aveva dati. Morale della favola, è passato in cavalleria. Vabbè...
Ad ogni modo, il film per di più è in commercio (e allora vattelo ad affittare, se non lo vuoi comprare) e, insomma, stavolta aveva ben più che ragione a dirmi che certe richieste le dobbiamo rifiutare.
Il problema non era quello, era la voce che sentivo alle sue spalle.
Il capo.
E diceva di andare a pranzo assieme.

Pranzo di lavoro.

Deglutivo a stento.
Emozionato in positivo, per carità, perché s'affacciava anche un'ipotesi tutt'altro che malvagia: quella di cominciare ad avere delle responsabilità aggiuntive - il che, per uno che ha un contratto a progetto, suona sempre come preallarme dell'assunzione. Ma anche emozionato in negativo, perché comunque c'era un'aria di critica al mio operato, in partenza.
Così, deglutisco, guardo il collega e gli comunico quanto mi sta per accadere. Grazie al cielo mi fa un sorriso e me la butta in positivo. Esco, non ci sono, ci ripenso, non mi va di aspettarli, voglio fare la figura di quello che sta incollato al lavoro, giro i tacchi e rientro. Qualche momento dopo si affacciano e vengono a prendermi.
Siamo in cinque.
Il capo, la responsabile, il collega della responsabile, la segretaria del capo e io.
Meno male che mi stanno tutti simpatici.
Così, stile codazzo di fantozziana memoria, seguiamo il capo a mensa. Mensa che era già in balia degli studenti, quindi un caos. Il capo, detto fatto - è il caso di dirlo - ci piazza a mangiare nella saletta riservata ai dirigenti.
Nessuno di noi altri quattro era mai stato lì dentro a mangiare.
Facciamo la fila, prendiamo le cose, le mettiamo sul vassoio - e anche stavolta Grazia non m'ha fatto pagare (che donna!) - e ci dirigiamo alla saletta. Io sono il primo ad entrare: tavolo rettangolare, quattro posti sui lati lunghi apparecchiati ed uno a capotavola sulla destra, semiapparecchiato.
Ovviamente, mi piazzo lontano sulla sinistra.
La responsabile si siede accanto a me.
Problema: i vassoi non c'entrano, bisogna tirar giù i piatti. Nel frattempo il capo è impegnato in una conversazione al cellulare, all'esterno. E poi i vassoi dove li mettiamo? Servizievole - o in cerca di una via di fuga - li porto io indietro. Quando torno, però, la mia responsabile sta facendo una cosa che mi diverte tanto.
Sta spostando il posto apparecchiato a capotavola dalla destra (vicino a lei) alla sinistra. Sono seduto a pranzo a fianco al capo.
Grazie al cielo il pranzo è stato veloce e gradevole.
Ci sono stati un sacco di discorsi cinematografici che non ho colto, e sono rimasto saggiamente a bocca sigillata. Se qualcuno sapesse quanto sono ignorante in questo campo, quanti e quali capisaldi mi mancano e soprattutto quale volume colossale di nomi mi scordo anche dopo averli letti, potrei a buon diritto essere silurato all'istante! ^__^
Gli appunti che mi sono stati mossi non sono stati dei veri e propri appunti, ma delle direttive operative, del tipo "da adesso in poi si fa così". Anche perché se uno prima non me lo dice come devo fare le cose, la vedo poco professionale muovermi degli appunti dopo. No?
Quindi, ad esempio, da adesso in poi a chi mi chiede di vedere un film che in videoteca non c'è devo rispondere "se lo compri"; e solo se insistono rispondendomi "non è in commercio" posso prendere in considerazione l'idea. Così le sfoltiamo un po' queste piattole universitarie che non hanno nient'altro da fare che scrivere tesi di cinema, o in cui trattano argomenti come "Casanova" o il pugilato nelle Belle Arti (giuro) tirando fuori dal cappello a cilindro improbabili film degli anni venti!
^__^
Ovviamente sto brutalizzando, ma il concetto è quello.
I film stranieri, scordateveli.
Altre cose erano che so, il problema degli spazi. In ufficio sembriamo dei baraccati, teniamo i film negli scatoloni, che gli armadi sono pieni. Ottime condizioni di conservazione che mantiene, il cartone. Abbiamo dunque ricevuto il via libera per spedire i materiali doppi - o addirittura tripli! - alle sedi di Torino e Milano.
Peccato sia stato solo un via libera vocale. E senza il nulla osta dell'altro dirigente da cui dipendiamo...
Beh, perlomeno è un segno positivo.
Ma la notizia bomba, quella che rende felice il sottoscritto come una Pasqua, è la decisione di affidare finalmente di nuovo la responsabilità di acquisto. Noi da dicembre 2007 non compriamo più nulla. La scusa ufficiale è che il budget mensile a disposizione della videoteca per l'acquisto di dvd commerciali non ha un referente cui venire assegnata. In pratica, non c'è una persona cui dire "Toh! Questa è una manciata di euro, vammi a comprare dei film in edicola o dovunque sia!".
Ufficiosamente è che non s'è voluto trovarla.
E a chi va a finire il citriolo?
Ta-dah!
Al sottoscritto!
Ovviamente, solo il lato migliore (spero): cioè la selezione e la scelta dei dvd. La creazione di una lista dei desiderata, il fine lavoro di setaccio che deve e può includere motivazioni personali, ma anche filmiche...
In breve, godo.
E il versante dei contatti con case di produzione e distribuzione di dvd se lo sciroppi pure qualcun altro!
Adesso, non cominciamo a fare che non avete mai scritto commenti ai post e vi svegliate adesso con "compra questo", "prendi quello", eh?
E insomma, quest'è stato.
Il capo ha persino chiamato il responsabile di un altro settore invitandolo a raggiungerci per trovare il modo di superare alcune impasse tecniche, tra cui quella di sveltire il processo di trasferimento da dvd a vhs e viceversa, o la duplicazione di dvd. ...Per motivi interni, ovviamente!
E' stato allora che ho notato una cosa divertente...

Tutti fissavamo l'altro responsabile, che giustamente si sentiva magari a disagio.
Ma allora ho fatto mente locale e mi sono accorto che tutti, per tutto il pranzo, abbiamo cercato di non guardare in faccia il capo, o di farlo il meno possibile. Ed è proprio con lui che è così: con l'altro sarebbe stato più facile; sarà che è romano, sarà che lo vedi spesso in abiti casual...
...sarà che non lo senti come la persona che ti può far passare pessimi quarti d'ora...
Fatto sta che l'ho trovato divertente: creava una certa qual solidarietà nel timore tra noi altri quattro.
Forse non è una bella cosa, non credo che lo sia; magari per me è la paura che ti legga negli occhi la tua incompetenza o gli sbagli che inevitabilmente hai fatto, e forse è lo stesso per gli altri. Eppure mi veniva da ridere sotto i baffi, perché sembrava proprio una cosa inevitabile: uno ci provava, ma poi finiva comunque a rimettere gli occhi sul piatto.
^__^

E poi, quando son tornato a casa, c'era già quel Piccolo Attila del mio nipote, che in camera mia adesso ha anche rotto quel coso di coccio che si mette sui termosifoni con l'acqua per umidificare l'aria, e che oggi spassosamente sbatteva un mio cd a destra e a manca...
Ma c'era poco tempo per stare a cincischiare, perché quella sera ci sarebbe stato l'addio al celibato del Deso.

Ma questo post è già troppo lungo, verremo ad affrontare le questioni matrimoniali nel prossimo!
^___-
Quello che vi DEVO anticipare, per ora, e vi saluto con questo, è

NON ANDATE A VEDERE INDIANA JONES!!!


GrimFang

Regressione e progressismo

Ovviamente, tutti voi state aspettando il resoconto di un matrimonio e di un incredibile weekend (dico incredibile solo per farvi venire la voglia di leggerlo ^__-).
Visto però che ci metterò un botto a scriverlo per raccontarvelo, ho pensato che intanto vi potete ciucciare questo, mentre controllate nervosamente se c'è qualcosa di nuovo da leggere.
^__^

Si tratta della risposta della mia amica Mag, alla lettera che era diventata un mio post un po' di tempo fa. Quella sui barbari e la nuova politica. L'ho lasciata così com'era, con tutti gli errori che fanno tanto francese! ^_-
Visto che mi riempie d'orgoglio e m'incensa, non ci penso due volte a postarvela!!!

Caro,
scusa se ti rispondo solo ora, e grazie per la tua bellissima mail, anzi molto profonda, che ho letto e riletto più volte da quando l'ho ricevuta. M'è talmente piacciuta che ho finito per stamparla (mi capita di rado stampare una mail). Devo dire che sono anche orgogliosa di essere la destinataria di un pensiero alla volta profondo e attuale, a tal punto che penso che questa mail possa diventare, oltre la lettera di un amico, una testimonianza letteraria di un'epoca. Per cui la voglio conservare ben bene. Mi conosci abbastanza bene per sapere che non mi perdo in complimenti e che sono abbastanza sincera, anche se a volte un pò violenta. Questo per dirti che hai scritto un testo bellissimo, e ti ringrazio ancora per averlo mandato.
Detto questo, mi sono trovata d'accordo con te in diversi punti, tra l'altro sulla decadenza delle vecchie istituzioni, e il bisogno di rinnovamento dei "valori" della società. Cosa strana qui in Francia, in effetti è la sinistra che difende le vecchie istituzioni, fondate sotto l'impero napoleonico.
Secondo me, stiamo assistendo alla nascita di una visione freudiana della politica, che si definisce tra i due poli della regressione e del progressismo. E in questo "bipartismo" le contraddizioni sono infinite. Ma il problema è che, secondo me, viviamo un'epoca che non tollera la contraddizione.
Poi devo dire che faccio difficoltà oggi a concepire un vero uomo politico, sia di destra sia di sinistra, che non sappia usare benissimo i mass media. Sul modello americano. Qualsiasi evoluzione abbia la politica europea, mi sembra che possa essere solo sulla scia degli Stati Uniti. E proprio per quello, io avrei tendenza a ravvicinarmi a un certo nazionalismo. So che quella è una posizione politicamente "incorretta", ma non vedo perché dovremmo diventare tutti simili. Io non voglio assomigliare agli americani, già mi trovo abbastanza americanizzata.
Terza cosa: io non ho niente contro il medioevo, l'unica cosa è che secondo me il medioevo per noi occidentali diventa il luogo privilegiato dell'immaginario collettivo, il solco della nostra mitologia, ma non una realtà che si ripete. Mi sembra invece che il medioevo, come l'intendi tu, è una realtà nel terzo mondo, laddove c'è davvero la NECESSITA' di mangiare, di salvarsi, di guarire. Non da noi. Noi tutto questo ce l'abbiamo già. Il barillo di petrolio sta oltrepassando 135 dollari, il che non impedisce millioni di persone in Francia di prendere la macchina per andare a godersi un pò di sole da qualche parte (che mi pare un atteggiamento invece completamente romantico, nel senso storico della parola), e di restare ore e ore nel traffico a spendere benzina ad oltranza.
Non pretendo di capire qualcosa, anzi, sinceramente, credo di non volere capire certe cose, ma posso dire che ho visto due anni fa l'Italia divisa in 2, l'anno scorso la Francia divisa in 2, ed è come se fossero campioni della situazione del mondo, diviso anch'esso in 2. Gente come me, se si trova dalla parte più progressista nel proprio paese, invece non lo è nella bipartizione mondiale, di fronte ai paesi che hanno fame. La rivoluzione nasce da un bisogno di sopravvivenza, non da una volontà di benessere.
Ecco, diciamo che queste sono le prime idee che mi sono venute in mente rileggendo la tua mail.
Scusa se il mio italiano peggiora, spero che non sia troppo pesante alla lettura.
Un abbraccio, e guarda che ieri sera il cinema italiano ha fatto bellissima figura a Cannes. Auguri!


Che dire?
Intanto ci penso, e poi le rispondo.
Baci ai pupi

GrimFang - in stato comatoso

mercoledì 21 maggio 2008

Speedy Telecinema

Mi sento ufficialmente defunto. A pezzi.
Solo a pensare che domani mattina mi devo svegliare un'ora prima mi prende lo sconforto muscolare.
Di là c'è il Piccolo Attila che sta devastando il salotto, e dà capocciate al pavimento mettendosi, alquanto giustamente, a frignare. Anticipo di quel che sarà quando qui, dal 24 p.v., si trasferirà tutta l'allegra famigliola, causa lavori in quel della loro magione.
Addio quiete, addio pace, addio sogni di gloria!
E se ieri è saltato il teatro, l'hanno spostato al 27 e dovrò comunque mandare a memoria il copione, e il pensiero che in fondo manca così poco al 24 giugno - quando andiamo in scena a Ygramul - comincia già a procurarmi ansia.
Devo fare del moto. Un po' d'esercizio fisico, chessò, una partita a calcetto. Una di quelle cose che ti ricordano che hai un corpo (dapprima dolorosamente) e che funziona ancora bene. O bene o male. Una di quelle cose che ti fanno venire fame, ti mettono appetito. Qui mi sento una patina di fiacca che va lavata via.
Speriamo che al pranzo di matrimonio del Deso e Maria, in Toscana, ci sia modo e tempo per farsi delle lunghe partite a pallavolo, prima di sedersi al tavolo. O quantomeno una bella camminata. Pare ci sarà bel tempo.

Ieri in ufficio abbiamo superato tutti i record.
Di nuovo da solo, mi sono trovato a gestire con Tonino (collega del telecinema) una di quelle vaccate epocali che da fuori non si vedono.
Dovete sapere che c'è gente che, per motivi di studio e di documentazione, fa richiesta per il riversamento delle pellicole su supporto digitale (operazione detta telecinema), per poi venirsele a vedere da me in Videoteca. Ora, questa coda di lavorazioni è lunghissima: non solo per il volume delle richieste, ma per il fatto che tonnellate di altre urgenze gli passano davanti!
Infatti, capita spessissimo che ci siano dei riversamenti pagati - che hanno un'ovvia precedenza su quelli gratuiti a titolo di studio - oppure dei materiali da mettere su un adeguato supporto (tipo le cassette Beta) per la proiezione al Cinema Trevi. O ancora delle urgenze interne per confrontare versioni e materiali, documentarsi, scrivere testi, articoli... Una lista infinita.
Quindi, per fare un esempio, immaginate di fare richiesta per il riversamento di un film. Generalmente non vi viene detto quando sarà fatto, al massimo una data orientativa tipo "la fine del prossimo mese". Poi passano davanti le urgenze, e tutto slitta, slitta, slitta...
Bene, ci sono delle eccezioni ovviamente.
Se una ricercatrice viene da New York apposta per vedersi quei film e tu hai fissato la data, beh, quelli devono esser pronti; mica puoi farle fare un viaggio a vuoto e poi tornare!!! Per questo, in quei casi, io e il collega siamo soliti mettere quelle lavorazioni in calendario anticipando la data. Viene il 20? La lavorazione va fatta entro il 15. Che lei poi viene il 20 non lo diciamo a nessuno: per tutti questa dovrebbe arrivare il 16!
Bene, questa Gloria, caruccetta, non veniva da New York ma da Padova; e nonostante tutte le mie indicazioni, segnalazioni in rosso, scritte nelle email che dicevano "Attenzione! Non farli slittare!" i quattro documentari che doveva vedere non erano stati nemmeno toccati.
Lunedì che, grazie a dio, prima di uscire e tornare a casa al calendario delle prenotazioni c'avevo buttato un occhio, rimango di sale. Questa volta, almeno, proprio non si poteva dire che era colpa mia; però paventavo la colossale figura di merda che c'avrei fatto assieme a tutto l'Ente, soprattutto perché la mattina dopo, con questa, ci parlavo io!
Chiamo Tonino che, grazie al cielo, mi rassicura: alle brutte se li vede in moviola, alle pessime se li vede mentre si fa il telecinema. E chissà, penso io, magari lo trova pure interessante. Ad ogni modo, Tonino se li sarebbe fatti portare appena arrivato, ed avrebbe cominciato a lavorare: erano tutti cortometraggi - gran botta di culo - quindi visto che lei arrivava alle 10.30 almeno uno doveva per forza essere già pronto. Uno ce l'avevo già pronto io - ed era il quinto - quindi pensavo di stare parato per almeno un'ora.
Sono andato a casa pensando al discorso he le avrei imbastito all'indomani.

Martedì mattina vado a prendere il caffè che lei non era ancora arrivata.
Passa una ragazza mora con gli occhiali: mai vista prima, si dirige verso la videoteca, è lei. La placco sulla porta e faccio "Gloria?". Alla risposta affermativa, mormoro che stavo prendendo il caffè e lei, gentilissima, dice che può aspettare. Visto che lei è gentile, io faccio altrettanto. Avendo pronti ben due dvd - uno l'aveva portato Tonino qualche istante prima - le metto su il primo e vado a far colazione.
Rientro che lei ha in quel preciso istante finito di vedere il dvd. Le metto l'altro senza dire nulla e penso: "se dura abbastanza forse l'altro dvd può essere pronto, e il discorsetto di scuse lo posso limitare solo agli ultimi". Così alzo la cornetta e dico a Tonino, telegrafico, "Tonì, appena è pronto fammi uno squillo che vengo io a prenderlo, che questa già n'ha finito uno!", e riattacco.
Nel frattempo, viene un collega, Mario, con due ricercatrici a vedere altro materiale.
Arriva lo squillo, mi alzo, affido la Videoteca a Mario e corro su. Prendo il dvd, torno e...
...e Gloria in quel preciso istante sta togliendo il secondo dvd.
Sorrido, nascondo nella mano il terzo dvd, faccio il giro del bancone, faccio finta di frugare e glielo metto. Penso: "ne mancano ancora due".
Ma il quarto stenta ad arrivare. Lei è lì, la vedo, non mette quasi mai in pausa, non prende appunti. Anzi, li prende, ma senza fermare. E' una macchinetta. Io osservo l'orologio del computer che fa scorrere i minuti. Chiamo Tonino.
"Questo è lungo, saranno venti minuti. Ma sto lavorando anche l'ultimo sull'altra macchina, dovrebbero esser pronti tutti e due, tra un po' di minuti."
Mario se ne va con le due tipe, il tempo stringe.
Gloria ha finito, si alza. Fa per aprir bocca.
In quel preciso momento il mio telefono squilla: è Tonino, sono pronti.
Quasi cinguettando le passo accanto dicendo "Guarda scusami, è che oggi sono solo, devo far tutto io... Torno subito!" ^__^
Corro più del vento su al telecinema, ma Tonino mi fa aspettare, che già che ci sto c'è da portare in Videoteca una pila di materiali. Meglio! E' vero che avrà aspettato tre minuti - maledetto uno dei telecinema che non si decideva a finalizzare il dvd - ma questo ha consentito il mio ingresso con in braccio una pila di materiali, a conferma di quanto detto, tra i quali era impossibile distinguere il suo!
Qui, ho fatto proprio il coatto, perché sistemo la pila dietro il bancone, lei è seduta e non può vedere, io prendo il suo in mano e... faccio finta di tirarlo fuori dall'armadio! ^__^
Sì, bieco e meschino! Yeah!
Lo metto su e...
...panico.

Può capitare, a volte, che un dvd venga male. Capita.
Magari s'incanta. Si pianta. O l'audio viene riversato male.
Gloria non sente. L'audio è bassissimo.
Vedo il mio castello di carte crollare trionfante, perché la verità ha il suo prezzo che prima o poi dev'esser pagato. I nodi vengono al pettine. La giustizia trionfa.
Cincischio coi canali audio, la cuffia. Cambio il lettore, accampando ipotesi su ipotesi, ma niente scuse. Non ancora, non sono vinto.
Niente.
Però, curiosamente, infilando il jack della cuffia solo a metà, l'audio si sente. Pure forte! Però da una sola parte. Aggrappandomi ad un filo di speranza, come ultimo straccio di un appiglio, provo a cambiare cuffie. Si sente, ma da un orecchio solo.
Vabbè, ho comunque vinto.
"Guarda scusami sono le cuffie..."
"Ma funzionavano fino a adesso..."
"Non so che dirti, quando gli va si rompono. Ti da fastidio se lo senti da un orecchio solo?"
"No."
Vittoria.
"Prova adesso... Senti?"
"Sì, sì."
Eh, sento anch'io... Ma...
"Stereo?"
"Sì, adesso è stereo."
Doppia vittoria. Così c'ho fatto anche la figura del tecnico.
"Lo vedi? Sono così. Queste cuffie fanno come gli pare..."
E mi allontano gongolante.
Gloria non s'è accorta di nulla. Un'emergenza colossale di cui non ha avuto nemmeno sentore. Dietro l'apparente calma e normalità di routine della Videoteca c'erano state corse, veri e propri fugoni, telefonate, pellicole montate e poi smontate in fretta e furia dagli apparecchi, e lei non saprà nulla di tutto questo. E a dire il vero nessuno ce lo riconoscerà, né a me, né a Tonino.
Il nostro unico premio, è stato una reciproca pacca sulla spalla.

E né la verità, né la giustizia trionfa.


GrimFang

lunedì 19 maggio 2008

Valentina - non è vero che poi mi dilungo spesso...

Al di là dell'amarezza scudetto, ieri è stata una giornata stancante.
Dopo il sabato all-day a Parco Leonardo - manifestazione gdr, poi cena e cinema (finalmente ho visto "Iron Man").
Dopo il venerdì da solo a lavoro e poi riunione di Elish da Renato.
Dopo il giovedì a lavoro e poi cinema con Erika per "Alla scoperta di Charlie" (che non facevano un soldo di danno a lasciare il titolo originale "King of California").
Dopo il mercoledì da solo a lavoro e poi psicologo e poi grazie a dio casetta.
Dopo il martedì da solo a lavoro e poi laboratorio di teatro a proposito mi devo studiare il copione.
Dopo il lunedì a lavoro e poi esci prima vai alla laurea di Gab poi torna a casa prendi la macchina e vai al suo compleanno/festa di laurea.
Dopo tutto questo uno che, legittimamente, si sente a pezzi, si va a vedere la partita al pub col cibo ancora sullo stomaco e - nonostante lo sapesse benissimo che bastava anche solo un gol al novantesimo dell'Inter - c'ha creduto. E il cibo gli è rimasto sullo stomaco.

Uscito dal pub deluso, amareggiato, colpevole di aver anche finito - leggiucchiando qui e lì e durante l'intervallo - il romanzo che mi ha prestato Valeria, "Aspetta primavera, Bandini" di John Fante (che non mi è poi così piaciuto), sono rimasto in macchina a chiedermi se andare a casa, come volevo fare, oppure forzarmi ad andare a Via Bertani, per la festa del Bertani Day. Visto che sapevo che poi mi sarei divertito, sull'onda del cancellare quel momento infelice di natura calcistica, considerando che lì c'è sempre un pacco di gnocca e molti amici da salutare che non li vedevo da un po'... alla fine mi sono forzato e ci sono andato.
Ovviamente era tutto allegro e colorato, era anche bello godersi il sole di un bel pomeriggio romano... Ho persino incontrato una collega che era venuta a sentire le performances di una sua amica che poi è la sorella di Lou Castel, che io ricorderò sempre per la parte in "Quien sabe?" al fianco di quel dio che era Gian Maria Volontè (spizzatevi il sito ufficiale).
Poi becco un bel po' di amici, quelli del B5 ma non solo, anche quelli degli incredibili giri in comune che abbiamo. Becco anche Claudio, con cui faccio laboratorio di teatro, in compagnia di un suo amico. Il quale mi guarda e mi fa
"Ma non ci conosciamo?"
Insomma, salta fuori che non è altri che Vagnard, dei Cacciatori di Streghe e che, ridendo e scherzando, ci conosciamo da più tempo noi che lui con Claudio. Il quale ci resta male e spiega che lui è solito fare così, ma anche perché si scorda le persone che gli hanno presentato fino a quando non le frequenta regolarmente. Talmente tanto che la seconda volta che Claudio gli ha presentato la sua ragazza gli ha dovuto ricordare che già la conosceva, e la terza volta...
La terza volta Claudio gli è andato vicino, ha guardato la sua ragazza e le ha fatto
"Sì, anche a me pare di conoscerti..." - e per tre ore l'hanno menato per il naso in un continuo di suggerimenti tipo 'forse ci siamo conosciuti lì', 'forse ci siamo incontrati qua', fino a che Claudio prima di andar via guarda Vagnard e gli fa
"Ahò, quella è carina, quasi quasi ci provo." - va da lei e la bacia.
Pare che da quel giorno Vagnard non se la sia più scordata. ^__^
La cosa carina è che a quel punto arriva Pietro e Claudio gli fa:
"Ti presento..."
E Pietro
"Eeeh! Da mo' che ci conosciamo..."
Claudio ci guarda e fa
"Mavvaff..." - e se ne va. ^__^
E poi...
Poi devo fare outing.

Lo so che a voi forse non ve ne frega un cacchio, ma in fondo questo blog è un diario, pur sempre condiviso, ma un diario.
Il fatto è che parlando con un amico, mi pare assieme a Michele (con cui condivido il giorno del compleanno, che è il figlio della migliore amica di mia madre e lo conosco da quando era così, che ho ribeccato due volte in giro per l'Europa mentre facevo l'interrail - una a San Sebastian e una settimana dopo a Lisbona - e che ribecco lì perché per un paio di anni hanno fatto capodanno assieme con quelli del B5 e sono diventati amici - vedi che giri?), finisco a chiacchierare con questa Valentina, molto carina.
Ed è anche interessante chiacchierarci. E che mi da la medesima impressione di interesse nei miei confronti di quella che mi ha dato Anna quando ci siamo conosciuti, e che mi viene anche a cercare dopo un po' per continuare a parlare, del fatto che non piango da quando ero adolescente, della mia tesi, del teatro... Insomma, posso tranquillamente dire che ho rimorchiato.
Mi piaceva.
Eppure...
E' arrivato il panico.
Non so da dove; freddo, disagio... Il fatto di essere rimasto così a lungo senza una ragazza, la sensazione di disabitudine a tutto: a gestire una situazione così tranquilla, a non pensarci, a lasciarmi andare. Sia stata lei che diceva che stava provando a trasferirsi in Germania, o il fatto che mi contestava alcune cose di filosofia del teatro e il modo in cui lo faceva lasciava intuire (o arrivare empaticamente sottopelle) qualche suo problema... Non so, mi sono andate via tutte le energie.
Poi sono arrivati Stefano e Raffaella, che avevo invitato io - anche se non mi aspettavo venissero perché non m'avevano fatto sapere niente - ed anche i suoi amici che aspettava... L'ho lasciata andare. Con un qualcosa tipo "ci vediamo dopo".
E per il resto della serata non ho più avuto energie.
Siamo passati a salutare Lucio, poi ci siamo messi a cenare lì al ristorante L'Archetto II, ma mi si era chiuso lo stomaco, sentivo la fiacca. Sono riuscito a sbocconcellare un piatto di bucatini cacio e pepe, ma ero devastato, sentivo l'urgenza di trovare conforto nel sonno e nelle pareti di casa quotidiane, il mio rifugio.
Il colpo di grazia è stato reincontrare Emiliano, dopo secoli che non ci vediamo, e non sapere cosa rispondere alla banale domanda "E tu come stai? Come te la passi?". Gli ho detto del matrimonio del Deso - è stato lui a farci fortuitamente conoscere, a proposito, saluta tutti Deso, Digia, Sara... - del mio monologo finalmente finito, di qualcosa del teatro di Vania... e in tutto c'era un velo di amarezza per un periodo della mia vita finito. Per il fatto che molto nella loro vita è stato conchiuso, raggiunto: c'è chi s'è sposato (Angelo e Taiyo), chi ha figli (Simone: Margherita, Angelo: Iacopo), chi come Emiliano è pieno zeppo d'impegni di lavoro... Io solo mi sono sentito bloccato, senza una laurea e chiuso in un posto che a ben guardare mi mangia l'anima e non solo il tempo.
M'è presa un po' a male. Mi sono sentito troppo debole per continuare; senza una spalla su cui appoggiarmi (anche visto che Sara Santa Subito era stressata) e me ne sono andato. Alle dieci e mezza. Lasciando lì Valentina e tutto quello che poteva rappresentare.

Tornato a casa mi sono letto Rat-Man sperando che potesse restituirmi un po' di buonumore - non ha molto funzionato anche se è un gran numero - e sono filato dritto a letto.
Ho dormito male e c'ho messo un sacco ad addormentarmi. Sono persino andato a dormire con una felpa, per il freddo che mi sentivo nelle ossa; per la necessità di sentirmi coccolato e protetto, al caldo.
Stamattina mi sono alzato di malumore, chiedendomi ancora quel che mi chiedevo prima di addormentarmi: se oggi ci sarebbe stato il collega, se c'era gente prenotata per una visione e a che ora.
Sono arrivato in ufficio che fuori c'era uno che aspettava: niente collega, ma perlomeno questo non era uno prenotato, grazie al cielo. Poi tutta la mattina via a combattere cercando di capire cosa cavolo c'era nelle vhs che questo tipo voleva vedere, perché c'erano differenti versioni di diversi anni e anche in lingue diverse: a lui interessava una cosa che c'era solo in francese; e non capiva il francese. Nel frattempo dopo essersi perso un paio di volte per Roma era arrivato anche il ragazzo di Venezia, e segui che vuole...
E così via, pieno come un uovo per tutta la giornata.
Poi ci si mette anche Johnny, uscito da un anno dalla scuola che mi saluta chiamandomi "Frankie". S'è corretto subito, ma comunque un po' ti rode: quando lui aveva le crisi e voleva mollare la scuola, chi l'ha aiutato a tener duro e continuare?
Eppure...

Eppure Eljana ti riporta il copione di Encre che gli avevi dato e ti fa i suoi apprezzamenti; ti dice che è difficilissimo da mettere in scena per la totale mancanza di azione (o quasi), ma specifica che quello poi è lavoro del regista; ti dice che è molto interessante; ti da coraggio.
Eppure i due ragazzi venuti a consultare il materiale quando se ne vanno non la finiscono più di ringraziarti per la cordialità e la gentilezza; e tu capisci che in effetti tu non lo fai perché è parte del tuo lavoro, ma perché ti piace sentirti utile.
Eppure quando torni a casa sta a te decidere se buttarti sul letto, guardarti un film in tv o metterti a scrivere o studiare.
E pure ti sei scordato che domani viene una tipa a vedersi dei materiali che tu hai specificato a lettere rosse che andavano telecinemati entro il 15 maggio, e invece quelli se ne sono bellamente scordati. Quindi domani viene quella, tipo dal Friuli, apposta, e che se vede?
Eppure non vai nel panico e non la prendi sul fallimento personale come avresti fatto mesi fa; sai che quello che dovevi fare l'hai fatto; che forse non hai fatto tutto quello che potevi, ma che non ti è richiesto; e sai che domani, alle brutte - e saranno brutte - ti scuserai a nome della Fondazione e le farai vedere i materiali in moviola, o al telecinema.
E in fondo il tuo posto di lavoro non ti sembra poi così una prigione, in fondo.
Mai quanto lo sembrerà casa tua dal 24, quando tutta la famigliola di tua sorella attuerà il simpatico trasferimento causa lavori!!!
Buoni nipoti a tutti!
^__^


GrimFang

giovedì 15 maggio 2008

Meglio sentirsi nei propri panni

Jeans elasticizzati (anche se con uno sbrago terribile sul ginocchio), scarpe nere comode e camicia leggera bianca, lievemente quadrettata da delle righine geometriche; t-shirt nera abbastanza stretta, e mi sento a casa!
^__^

Sentirsi un po' in tiro - pur essendo completamente casual - è una gran bella sensazione.
Come quando mi faccio la barba dopo tanto tempo. Aiuta sentirsi curato, ripulito, rimesso a nuovo. E capita anche che Camilla, sentendo un odore di fresco, pulito - certamente non mio ...nel senso che di certo non profumo di lavanda e panni stesi, che era quello che aveva sentito lei - venga ad annusarmi, un istante dopo che, dopo un leggero bacio di saluto, io avevo annusato lei.
Quanto mi ha fatto piacere!
Per Milla c'avevo preso una sbandata, tempo fa.
Perché l'avevo accompagnata a visitare una casa (ricordate?) che avrebbe potuto comprare; e così s'era affacciata anche nella mia vita, al di fuori di quella istituzionale dell'ambiente dove lavoro per cui mi conosce.
Cavolo, basta questo a farmi partire per una donna? Che s'interessi a me?
No. A dire il vero non serve nemmeno questo, parto prima. Vabbè.
Comunque, sentire l'odore di una ragazza mi piace da morire; per questo mi manda in brodo di giuggiole quando sentono me.
E poi lei, oggi, aveva le scarpe rosse di vernice. Quelle che fanno tanto ricerca di sesso.
Peccato che il resto del vestiario non confermava l'idea, sennò chissà, sentendomi tanto gaggio forse c'avrei anche provato.
Quanto mi ci ritrovavo e mi piaceva mentre mi osservavo sbracato sulla sedia a gambe distese e incrociate...
Ah! Un po' di sano narcisismo! ^__^
E poi...

E poi ti entra questa ragazza in videoteca.
Una che non definiresti mai un gran pezzo di gnocca, perché oggettivamente non lo è. Ma è carinissima. Piccolina, con gli occhiali, che è venuta a vedersi un film, ma c'è un problema col titolo, e tu - che faresti di tutto per esserle d'aiuto - arrivi a spulciarti tutta la filmografia di Ettore Scola pur di trovare il titolo che le serve; e preghi dio di avercelo, così rimane.
Il titolo lo trovi, e gridi un "evvai!" mentale, mentre fai un po' lo splendido perché t'ha detto bene, e butti giù sorrisi e battute cordiali, così, come ti vengono, senza esagerare. Le prepari la postazione, le metti il video, le controlli se funziona, se l'audio va bene... ci manca solo che ti siedi per controllare se la sedia è abbastanza comoda. La inviti con un sorriso a sedersi e godi nell'anima nel vederla un po' imbranata, e ti piace da morire l'idea che stai coccolandola, che la fai sentire a suo agio e stai facendo lo splendido perché in fondo ti ci senti, splendido.
Poi torni dietro al bancone, con modo sicuro ed elegante, potresti persino sembrare Woody Allen in "Provaci Ancora Sam" quando si atteggia a Humphrey Bogart. Scivoli alla tua postazione sempre con la faccia sile "occhiolino e pollice ed indice tesi della mano destra", abbassi la testa in modo che lei non ti veda e ti volti repentino verso il collega con la faccia improvvisamente mutata in un muto grido esterrefatto ed hai con lui una subitanea conversazione fatta solo per movimenti di labbra del tipo
"Ommadonna, ma hai visto che è!?"
"Chi quella?"
"Cristo divino è bellissima!!!"
"Ma dai, è carina! Non mi pare tutto 'sto..."
"Ma sei scemo? E' deliziosa!"
"Dai, sii oggettivo, è molto carina, ma ho visto di meglio..."
Il tutto intermezzato da qualche risatina soffocata dovuta soprattutto alla mimica esagerata del sottoscritto.
E allora sbirci il nome sul foglio della consultazione, Barbara. E sai che comunque non la rivedrai, o perlomeno è difficile.
Era una donna in emergenza, ti dici, e ti è scattato l'istinto al soccorso. E' bassina e delicata, come piace a te. Ha gli occhiali, un punto a suo favore. E' imbranata, o quantomeno confusa, che è una cosa che adoro. E intanto la guardi, pensi a quello che ha detto il collega, lo capisci che totalmente bella non è. Ma è l'insieme che... sembra quasi magico. Un concentrato di dolcezza.
Allora, cogli la palla al balzo e, dovendo controllare dei dvd, ti piazzi alla postazione accanto. Calze di nylon nere, stivaletti neri senza nessuna pretesa, minigonna. Solo a guardarle le gambe ti prende un principio di coccolone: non c'è niente da fare, ti piace.
Ti piace tanto.
Se non m'innamorassi ogni cinque secondi, potrei parlare di un colpo di fulmine.
Già, perché mi guarda e sorride. E io, che ai sorrisi sono pure sensibile, mi becco questo dritto al cuore in un momento in cui non me l'aspettavo! E che sorriso, come se il resto non bastasse. Butto un occhio al seno, ma non insisto troppo, giusto per sincerarmi che è totalmente in regola su tutte le forme - e non posso che dirmi che la fanziulla è decisamente to-tal-men-te a posto. E nel tornare in posizione noto anche una giacca sugli scatoloni, che immagino subito esser sua.
E poi, il normale tran-tran del mio lavoro, oggi alleggerito dalla presenza del collega - che domani non c'è, per la terza volta questa settimana.
Pausa caffè. Sigaretta. Pranzo, quel che fosse.
E quando torno, ecco, lei si volta a guardarmi e s'illumina, mi fa un gran sorriso.
E m'illumino anche io, e penso che sia una gran bella giornata, ma non faccio altro; non le batto i pezzi, non faccio scattare nessuna arma strategica, nessun aggancio di piacionaggio. Mi limito a godermi la bella giornata. Mi ricordo che volevo dare il copione di un corto teatrale ad Eljana - che Erica ha letto e ha detto che non le è piaciuto, e che ci ha trovato anche un che di maschilista - mi sono fatto degli scrupoli, ci ho ripensato e gliel'ho dato da leggere. Le ho premesso che non è molto bello (Erica dice "so che posso aspettarmi di più da te"), ma ho un dannato bisogno di farmi leggere, e di avere delle critiche. Scarpelli dice che devo trovare il mio stile. Io dico che se lo stile è un modo di essere e una sensibilità, io devo ancora trovare me stesso.
Comunque, l'ho dato ad Erica, Sergio (per cui l'ho scritto), Roberto, Eljana e Vania, in attesa di una risposta.
E limitandomi a godere della bella giornata, la vedo alzarsi per andar via senza nessuna sofferenza, perché è nell'ordine delle cose, ma le lancio un'ultimo sguardo da dietro il bancone. Non mi ricordo cosa le ho detto, a meno di mezzo metro di distanza, ma ho avuto l'impressione di averle scavato negli occhi, per quanto sono andato in profondità.
Se avessi avuto una coscienza morale istantanea, sarei arrostito sulle mie stesse guance, per quello sguardo. ...e forse lei per i suoi sorrisi.
Poi si è voltata, mi è sembrata un po'... ciondolante, come se fosse intontita, ma so ch'è un'impressione. E quando era sulla porta ed io ancora dietro il bancone, un'intuizione, un impulso per fermarla, chiamarla.
"Barbara!"
Lei si è girata a guardarmi. Indicando dove non vedevo, e sorridendo conciliante (e un po' complice) le ho detto
"Questa giacca qui sotto, è tua?"
E mentre tornava a prenderla, forse avrei dovuto chiedermi se l'impressione che ciondolasse dopo il mio sguardo era davvero un'illusione...

Ok, era da un po' di tempo che non postavo, quindi avevate diritto a degli aggiornamenti, no?
^__-
La primavera colpisce e non perdona, ed io qui, come il Digia a Roma Tre, faccio fatica a respirare.
Allergia? Nooo!
E' che sto pucciato nella gnocca tutto il giorno, e dove ti volti ti si mozza il fiato. L'estate sarà peggio. Moolto peggio.
Infatti, se il Digia ha più abbondanza e varietà, io qui ho decisamente meno varietà ma qualità più selezionata: hanno dovuto tutte passare un provino per essere ammesse! ^__^
Ok, ok, è un discorso maschilista? No, maschile.
Queste ragazze un giorno faranno le attrici - anche se le due che m'intrigano di più fanno montaggio - e la bellezza pare sia un criterio implicito richiesto. Con buona pace di tutte le validissime attrici più bruttine. E a livello teorico, ma anche pratico, questo mi fa girare un sacco i coglioni.
Ma non ci sono solo le attrici, come avete capito. Barbara è una studentessa esterna - per quanto dovesse vedere quel film per un provino, quindi suppongo reciti anche lei (!!!... ghak!!! ...e... se stesse preparando per fare l'esame... qui? ... 0__0'... oddio...), ma insomma, ce n'è di gente che viene a vedersi i film da noi. Per 3 miseri euro ti vedi in tv un film di cui magari si è persa (o non si è mai avuta) traccia! Tipo "Thomas e gli indemoniati", che è il secondo film di Pupi Avati e il debutto cinematografico di Mariangela Melato, che si può dire che in Italia nessuno l'ha visto: il distributore è fallito dopo l'acquisto della pellicola!
Senza contare le studiose, le studentesse che devono fare la tesi sul cinema...
Con qualcuna stringi rapporti, magari ti vedi anche al di fuori della scuola, e mantieni una corrispondenza quando tornano a casa loro, vedi Magali, ch'è di Marsiglia. Altri li frequenti solo lì, magari ci chiacchieri, ti conosci, ma poi è difficile vedersi fuori. Anche se magari quando ti capita di beccarli in giro per Roma si fermano volentieri a chiacchierare o t'invitano a unirti a loro.
Ma lì dentro, è veramente difficile innamorarsi.
Intendo davvero: il mondo è fuori, altrove, nel tempo libero e nei mille interessi di ciascuno. E di certo non mi aiuta essere uno che ha bisogno di stare attaccato al pc a scrivere.
Ed io sono ancora lì a chiedermi se voglio un infinitonumero di storie di sesso (chi non vorrebbe?) oppure una storia vera, totale. Ma sarà l'effetto sbarazzino della primavera...
Per adesso sto un po' sul "me ne frego e vediamo che viene", che mi pare anche l'atteggiamento più salutare.
Per questo oggi Barbara è passata come la brezza di primavera, e se dovessi provare a descrivervela non me la ricorderei. Perché m'è rimasta come una cosa intensa, e il resto non è poi forse così importante.

E' uscito l'elenco dei racconti partecipanti alla XIV edizione di RiLL: 170 racconti con cui competere non sono uno scherzo. Mi piace pensare che quegli ultimi 3 della cifra 173 siano quelli che ho spedito io. Alcuni di voi sanno i titoli di due dei tre racconti che ho spedito, ma ignorano il terzo. Mi piacerebbe sapere quale pensano che sia, di tutta quella lunga lista, il titolo che ignorano. Credo che un buon occhio saprebbe imbroccarlo, conoscendomi. OVVIAMENTE, non vi dirò se avete torto o ragione - o almeno, non qui sopra, sennò mi squalificano.
Però so già quale titolo almeno quattro di voi diranno.
La tentazione sarà troppo forte... ^__-
Nel frattempo, il racconto per la S.F.I.D.A. comincia sempre più a prendere corpo nella mia mente. Stasera l'ho raccontato a grandi linee ad Erika, che ha apprezzato, ed ora si tratta di tenerlo in gestazione quanto basta, e poi lasciarlo uscire. Credo che parteciperò con un solo racconto, ma da qui al 5 agosto la strada è lunga, e ce n'è di tempo per fare. Anche se giugno e luglio sono già mesi pieni di cose.
E così, è questo l'augurio con cui vi saluto, mentre ascolto Aquadia, di Lino Cannavacciuolo.
Che la vostra strada possa essere lunga, e piena di belle cose da fare.


GrimFang

sabato 10 maggio 2008

951

Se non avete mai ascoltato "Help me" dei Ten Years After, album omonimo, non sapete cos'è il blues.
Magari non è vero, ma faceva troppo fico dirlo.
Così, scorrendo sui noveecinquantuno di questo magnifico brano, m'immergo nelle atmosfere torbide e passionali che ben s'addicono alla scrittura, di questo blog come di un racconto, perché ce n'è di cose da dire - mozzicone di sigaretta alla mano - e da leggere.
"Aspetta primavera, Bandini" di John Fante, ad esempio, che sto iniziando a leggere adesso. Di cui sinora ho adorato la prefazione di Ammaniti, che divide gli scrittori in scrittori da tana e scrittori da prateria: tra quelli cioè che si chiudono in casa e osservano il mondo, un po' da deboli, da eremiti, ma in fondo comunque pungenti e rivelatori, e quelli che invece sono affamati di vita e ci si buttano con tutte le scarpe, come Hemingway, o Scott Fitzgerald, per dire. I primi più spaventati dalla vita e che necessitano un porto sicuro per difendersi dalla propria fragilità, i secondi pieni di cicatrici e alla ricerca perpetua di nuove emozioni, nuove sensazioni da riversare nelle loro pagine.
Leggendola, sentivo di appartenere ai primi, e con un certo dispiacere invidiavo i secondi. Mi sentivo più un Salgari, chiuso a inventarsi Mompracem salendo sul tavolo della cucina; più uno Stephen King pronto a sfornare fantasia a ritmi industriali, perché quando uno sa raccontare bene è già a metà dell'opera; temevo di finire come un Hubbard, suicida dopo la morte della madre, completamente distante da quel Conan che ha pur sempre toccato anche la mia fantasia. E scoprivo con stupore che lo stesso Ammaniti si metteva proprio in questa categoria. E in qualche modo mi è stato di conforto.
Il libro vero e proprio lo devo ancora iniziare. Me lo son fatto prestare da Valeria, studentessa di montaggio lì da me, una ragazza splendida. Dovessi dire quali sono le ragazze che mi piacciono di più tra quelle che sono entrate quest'anno, mi sa proprio che direi Valeria e Yael. Che, guarda il caso, sono amiche e tutte e due allieve di montaggio. Devo ammettere, comunque, che il farsi prestare il libro ha già ottenuto il buon risultato di ottenere il numero di telefono di Valeria! ^__^
Già lo potevo prendere dalla lista degli studenti in videoteca, ma sono stato corretto, come in fondo sono.
Ed è anche vero che in questo periodo non navigo nell'oro.

Però, mi sta riprendendo la vena creativa, e la sento proprio come una specie di stato di grazia dopo un lungo periodo di siccità.
L'ultima cosa a rilanciarmela è stato il trofeo RiLL. Non per il trofeo in sé, ma per una... competizione collaterale cui ho scoperto di avere diritto a partecipare essendo finito in finale l'anno scorso. E' la SFIDA, in cui tutti i finalisti delle edizioni passate scrivono racconti liberi, ma con dei paletti fissi: abbastanza elastici in realtà, ma abbastanza curiosi da titillare la fantasia. Ancora lo devo scrivere, ma già le idee in testa cominciano a ronzare, e qualcuna di queste - a volte - diventa altro.
Nell'arco di una sera, tra la suggestione RiLLina, una scena che avevo visto in metro e lo spettacolo di Sergio che ho visto al teatro poco tempo fa è nata "ENCRE", un corto teatrale. Pensato proprio per Sergio e la sua compagnia. Non so rendermi bene conto, ancora, se il testo vale o meno, ma gliel'ho spedita e aspetto le sue reazioni e commenti. Come li aspetto da Vania, cui ne ho data una copia con l'esplicita richiesta di "critiche costruttive da parte di un regista" e che mi ha già detto - come mi aspettavo - che le saprò fra dodici anni.
In più, proprio un paio di giorni fa, ho ricevuto la notizia che Federichino s'è finalmente comprato una videocamera di buona qualità su ebay. E adesso si apre l'opportunità di realizzarli davvero i cortometraggi, anche per partecipare a qualche festival. E visto che di arretrati (in voglia, idee, progetti) se ne sono accumulati un sacco, c'è il rischio di annegare nella valanga. Addio tempo per me... C'è quasi da correre al riparo per il mio romanzo.
Ora di darsi una mossa!

A proposito di tempo...
Niccolò mi ha rotto il ciondolo col folletto, il ricordo dell'interrail più bello della mia vita, quello del '93. Papà sta provando ad aggiustarlo, ma è ora che si mettano in testa che mio nipote qui in camera mia non ci deve più mettere piede - soprattutto se è affidato a loro, che se ne sbattono se porta la devastazione, tanto è roba mia. Dovrei soprannominarlo Piccolo Attila... che poi, tra l'altro quando l'ho chiamato Attila s'è anche girato. Tutte e tre le volte.
Ovviamente mi girano, ma è anche perché al di là dei giornali e della narrativa strapazzata - non oso immaginare se lasciassi in giro un fumetto - io sulla scrivania, dove simpaticamente l'hanno lasciato arrivare giorni fa (ed ha strappato il jack delle cuffie, inserito nel portatile, dal resto del filo - capito che razza di forza?), io ci tengo un bel tagliacarte a forma di spada.
Che tanto poi l'irresponsabile sono io.
E in più, ogni volta che c'è mia madre in giro c'è il diktat della nonna: ad esempio, cantavo una ninna nanna al piccolino, è arrivata lei e s'è messa a cantarne un'altra. Risultato: c'è stato un momento di cacofonia e fracasso e come puoi pretendere che s'addormenti? Ho dovuto fare pippa e andar via. Poi me lo affida e fa "cullalo che si addormenta", io spengo la luce e lo cullo, al primo accenno di rumore che fa arriva lei e riaccende la luce, e poi si mette a cullarlo lei - e non con miglior risultato. Oppure si sveglia, io lo riaddormento, si risveglia di nuovo, provo a riaddormentarlo e lei tac! viene a farlo lei e tocca fare pippa un'altra volta.
Ma tutto questo è normale e rientra nelle ansie di mia madre e nel senso di possesso di una nonna cui sembra di tornar giovane. Quello che proprio non sopporto è che poi lei, visto che deve fumarsi una sigaretta mentre noi stiamo pranzando, in virtù di un qualche diritto che evidentemente le spetta per aver fatto il 'sacrificio' di mangiar prima e in fretta, venga a rimproverarci di mangiare e di non darle una mano perché 'fa tutto lei'.
...
...e grazie al cazzo se ogni volta che qualcun altro ci prova si mette sempre in mezzo!!!
Ma la cosa che mi fa andare definitivamente in bestia è che nessuno mi abbia detto che dal 24 maggio per un mese almeno tutta l'allegra famigliola di mia sorella si trasferisce a vivere da noi, perché a casa loro fanno i lavori, e che quando sono trasecolato cascando dalle nuvole mi sia sentito rispondere "Ma dove vivi, sono mesi che se ne parla!".
Io non abito qui, non esisto, non ci sono e non vengo nemmeno interpellato.
L'unica cosa che mi spetta è sorbirmi i tiramenti di tutti e le lamentele sul disordine nella mia stanza, magari ogni tanto sui miei orari o - per fortuna davvero quasi mai - qualche pippozzo sul lavoro e la laurea. E i turni dei piatti.
Che è una cosa che mi sta qui, perché ogni sera eccetto il martedì in cui siamo assenti entrambi, ci alterniamo al lavaggio io e mio fratello. Un giorno lui e uno io. Ma lui viene solo a cena, quindi fa i turni della cena; quando non sono in ufficio però, a pranzo i piatti li lavo io. E nemmeno sarebbe tanto sbagliato, se non fosse che anche quando io sono assente da casa vengono considerati i miei turni dei piatti, e che anche quando ci sono festività o un ponte lungo a pranzo li lavo spesso io. Quindi può capitare un bel periodo lungo in cui sto sempre con le mani a mollo, mentre i miei si lavano spesso piatti di due persone, mio fratello spesso i piatti di tre perché io non c'ero, e solo io minimo i piatti di quattro e massimo i piatti di sei con tutte le stoviglie e gli annessi e connessi - perché magari devo lavare i piatti di un pranzo domenicale o di una cena in cui nemmeno c'ero per recuperare la sera in cui ho mangiato fuori.
E ci sono i due pesi e le due misure.
E se provassi a farlo notare, e che fratello inumano, mio fratello sta male, e poi non sarebbe giusto, lui i suoi piatti li lava a casa sua. Se pranza. Cosa che forse non fa, visto che gli pesa di cucinare. E poi io mica ce l'ho con mio fratello, ma con loro: e allora sono il figlio ingrato, perché loro cucinano, e chissà quante altre cose fanno...
Insomma, lo so da me che sono minuzie. Ma son quelle piccole cose che poi ti fanno guardare il tuo conto in banca, ti fanno pensare ai soldi che hai promesso a Ygramul per l'acquisto dell'insegna, ti fanno pensare a quella cifra che pensavi di mettere da parte per comprarti una telecamera semiprofessionale...
E ti fanno maledire l'impossibilità di permetterti un affitto.

Scarpelli continua, con una certa grazia, a chiedere di me a mia sorella - e questo non può che farmi piacere.
Di due racconti di Cechov che ho letto, grazie al suo diktat di leggerlo, già ho trovato qualcosa di profondo e illuminante. L'uomo intelligente si sente in gabbia perché percepisce con ansia la mancanza di senso del mondo, e tutta la sua intelligenza lo spinge a trovare un perché che non può trovare. E finisce con l'invidiare l'idiota, che sembra felice perché queste domande non se le pone e della gabbia non ha coscienza, ma sa che non rinuncerebbe mai alla sua intelligenza che è l'unica cosa che lo fa sentire vivo, e davvero re. Così, lentamente, la sua scelta è impazzire o vivere con più o meno grazia un'amara esistenza. Beh, questo è quello che ne ricavo io; ed è una risposta, un panorama che chiarisce le cose, la natura delle proprie ansie. Poi, nessuno dice che sia davvero così - e già nella questione dell'intelligenza che spinge a trovare un perché trovo una prima scappatoia, che in fondo è quella che mi son sempre detto.
Se il trovare un perché è un'esigenza della tua intelligenza è trovare un perché, non è detto che debba essere la tua. Si può vivere benissimo senza tutti i perché. E continuare a gustarsi le chiacchierate intelligenti che ci fanno sentire vivi e ci rendono migliori.
Certo, non sapere chi sei fa sbandare male in curva, ma bisogna allenarsi a tenere la strada...

Magari concedendosi ogni tanto di guardarsi un film sul videoproiettore mentre sbafi pizza, pollo arrosto con patate e bevi birra a rutto libero con gli amici nella casa nuova di Ostia, mentre la tua futura moglie non c'è...
E se ci metti il nuovo tavolo da esterno e le fantastiche sedie sagomate che ti accolgono la schiena, è il top.
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GrimFang