L'artista mescola il sangue con la terra, per generare sempre nuova vita...

Sarà sicuramente potente, la vita. Piuttosto dolorosa, a mio avviso, a volte sorprendente, sicuramente intensa, vibrante, indubbiamente da vivere. Sempre e comunque.

Sara Tenaglia

Terra, Pioggia, Fuoco & Vento

Terra, Pioggia, Fuoco & Vento
Fire cup

venerdì 21 settembre 2007

Non è un cipresso è Romics, la la la laaa...

Bene, il sondaggio s'è chiuso con 5 votanti: parità tra chi dice sì e chi dice no, con un solitario voto che propende per il sì, e quindi si porta appresso la bilancia.

Appurato che il me stesso simpsonizzato mi somiglia abbastanza, come da "Promemoria T.P.F.&V." in alto a destra, la prossima settimana c'è Romics. Che è alla nuova Fiera di Roma!
Si parte giovedì (per chi va a montare lo stand da mercoledì) e noi di Elish, ovviamente, ci saremo.
C'è persino già il calendario delle partite, ovviamente senza i nomi dei master che le faranno giocare!
Non per altro, ma già è tanto che qualcuno si sia preso la briga d'inventare in tutta fretta dei titoli da far inserire nel programma... (grazie Erika!)
Così, ecco il Programma:

Giovedì 4
ore 15.00
"L'Eredità degli Antichi" partita dimostrativa ambientata nel Dima.

Venerdì 5
ore 11.00
"Il Mausoleo al Confine del Dima" partita dimostrativa ambientata nel Dima Orientale.
ore 16.00
"Le Fasi della Seconda Luna" partita dimostrativa ambientata nel Dima Orientale.

Sabato 6
ore 11.00
"Ritratto di Jhiadra" partita dimostrativa ispitata al libro di illustrazione "Elasia".
ore 16.00
"Il Riflesso Invisibile" partita dimostrativa ispirata al libro di illustrazione "Elasia".

Dom 7
ore 10.00
"Prigione del Negus" partita dimostrativa ambientata nel Dima.
ore 15.00
"Il Romanzo Incompleto" partita dimostrativa ispirata al libro di illustrazione "Elasia".

E a proposito di Elish, ho ripreso a scrivere il mio romanzo.
Qualcosa, a dire la verità. E già un pochino è andata scemando.
Ma se consideriamo che non ci mettevo mano da mesi, è un bel passo avanti.

Quasi sicuramente è 'merito' del furto subito: sulla Moleskine non erano pochi gli appunti che riguardavano la stesura di parti del mio romanzo; battute, riferimenti, e la trasposizione fantasy di molte delle impressioni che avevo avuto ad Antecchia.
E, per inciso, a proposito del furto, mi sono ricordato che nel portafogli c'erano anche tutte le tessere degli 'affittavideo' (che in italiano è videonoleggio), sì, ma anche la tessera della Feltrinelli! E la scheda coi timbri di Rinascita per poi avere lo sconto!
Già, direte, t'hanno fregato 190 euro e tutta la vita, e te vai a rosicare per la tessera della Feltrinelli?
Già, lo faccio!
Perché l'ultima volta che ho usato quella tessera, la cassiera mi fa
"Ha raggiunto il bonus massimo di sconto, 30 euro. Li usa adesso?"
E io:
"No!"

^__^

Vabbè, se non me li ridanno quando mi faccio il duplicato vuol dire che almeno gli avrò regalato un libro, un cd o un dvd.
ANCHE.

Torniamo al libro.
Il fatto è che non dev'essere stato solo il furto di quegli appunti, a farmi scattare la molla.
No, è stata soprattutto la riunione di Elish di martedì scorso, credo.
Una riunione che, quando è saltato fuori l'argomento "romanzo di Elish che devi scrivere", mi ha ricordato - e riportato un po' di entusiasmo - che quando lo avrò terminato io inizierò a godere.
Intendiamoci: chiunque finisca un romanzo che adesso come adesso consta di trenta capitoli da venti/trenta pagine Word l'uno, più prologo ed epilogo, più le appendici, chiunque godrebbe come un turco. Anche solo per il carico di roba che ti sei sbolognato di dosso!
Ma io godrei di più, perché dopo averlo terminato, lo farò leggere al gruppo.
E poi deciderò l'impaginazione, la correzione di bozze, i disegni, la copertina.
E dopo lo vedrò stampato.
E dopo ancora, quando avrò tra le mani la mia preziosissima prima copia, aspetterò la prima fiera: perché lì sarà pubblicizzato. E pubblicizzato alla Elish!
Avrò il piacere di vedere tutti i miei amici strombazzare ai quattro venti le tematiche del libro, accenni di storia, cose che non c'entrano un cazzo, insomma: per una volta, il baraccone sarà per me.
In mio onore.
Che gusto.
E poi contare le copie vendute, vedere se va bene e se va male, sperare di finire tutte le copie in una botta sola (seeee, bum!) e magari doverlo ristampare per la fiera successiva (delirio).
Già è bello autoincensarsi, poterlo fare a ragione, poi! ^____-

E così, sull'onda di questo entusiasmo ho scritto due paginette.
Ne mancheranno ancora ottocento, che volete che sia.
=)P

Come diet? Pardon, dite?
Che nel promemoria avevo detto che dovevo lavorare al copione di Ludika 2008 e al mio monologo?
Uh, ehr... avete ragione, sì, avevo detto così, ma vedete, credo che la creatività funzioni meglio per 'moto circolare'. Un qualcosa di 'contagioso' per cui, se lavoro a un'altra cosa, poi mi viene l'idea giusta per questa che devo fare. Mettersi al lavoro su una cosa che devo fare per forza, m'ammazza la creatività, non combino niente.
Invece, l'aver scritto due pagine del romanzo m'ha fatto finalmente mettere mano alla sceneggiatura di un video musicale che da tempo mi dicevo di dover scrivere: quello di "Incantevole" dei Subsonica, da realizzare e poi mettere su YouTube (e sarebbe ora!).
Come dite?
Che comunque su quei due non ho combinato niente?

Ehr...


^____^
GrimFang

mercoledì 19 settembre 2007

Non gira bene

Non gira affatto bene.

Domenica sera sono andato al cinema a vedere il film dei Simpson, con Erica.
Dopo ci siamo presi qualcosa da mangiare al cinese e siamo andati al Circo Massimo. Abbiamo mangiato davanti alla macchina, e poi siamo andati a cercare una fontanella per lavarci le mani.
Bastava che ci fossimo fatti dare dei tovagliolini, ed io al ritorno non avrei trovato il finestrino posteriore sinistro in frantumi, la macchina invasa da pezzi di vetro e la mia borsa mancante.
La borsa da cui non mi separo mai.
La mia borsa preferita, quella della 62.a Mostra del Cinema di Venezia - Rai Cinema.
La borsa che per un'unica, fatale volta, ho scordato da qualche parte.
Dentro c'era tutta la mia vita, simbolicamente parlando.
190 euro appena presi al postamat, la carta postamat, la patente, due tessere per affittare i video, il codice fiscale, la tessera magnetica sanitaria, un numero infinito di biglietti da visita, contatti, ricordi, promemoria... forse persino il plettro preso al concerto dei Blind Guardian (qui il sito ufficiale). E l'unica foto che avevo di mio bisnonno Gino, dietro alla macchina da presa.
Tutto questo era nel portafogli, ma c'erano anche il mio "quaderno dell'attore", con tutti gli appunti di teatro, le intuizioni, le scoperte, le annotazioni di Granada. C'era la mia preziosissima Moleskine sempre della 62.a Mostra, con sopra tutte le mie idee, frammenti di dialoghi, pezzi da sviluppare per il mio romanzo, le battute fulminanti raccolte dagli amici, gli appunti di riflessione su me stesso, filosofie esistenziali appena abbozzate, scoperte su di me, su chi sono, dove vado.
E infine il quaderno rigido che mio zio mi regalò tanto tempo fa, e sul quale io avevo deciso che avrei scritto un libro - e poi avevo cambiato idea trasformandolo nello stesso scopo della Moleskine, ma dedicandolo anche ad appunti per la mia eventuale tesi. Dove c'era anche il ricordo di quella notte in cui Sergio al suo concerto cantò la mia canzone, "Saloon City", che gli avevo scritto in un momento di grazia. In cui c'era la più bella foto di Elisa che avessi. In cui c'era anche la carta d'identità.
Lì per lì m'è anche venuto da ridere, e da piangere solo al pensiero che fosse tutto finito, assieme alla mia felpa grigia preferita, della Champion, col cappuccio, ed al mio ombrello, e ad alcuni pennarelli e a chissà cos'altro che non mi ricordo... tutto finito in un cassonetto.
Immondizia.
Macero.
Nemmeno utile più a nessuno, non destinata nemmeno alla curiosità di un ics chiunque che potesse trovarla e leggerla.
Questo mi dava, e mi dà, tristezza.

Ma non era finita.
No, non gira bene, per niente.
Sono usciti i risultati di RiLL, non ho vinto.
Non sono arrivato secondo, né terzo, né quarto. Sono con gli altri sei, nelle menzioni di merito per essere arrivato in finale. [E anche questa è una notizia vincolata al segreto - ah, visto l'elenco dei giurati almeno tre quattro li conoscevo e poteva pure capitare che mi squalificassero, quindi grazie di esservi tenuto tutto per voi, continuate a farlo]
Certo, è comunque un traguardo, ma perdonatemi, lì per lì - anche se dovrei dire qui per qui, perché l'ho scoperto adesso - è più la frustrazione. Il pensiero ossessivo di non saper scrivere bene, beh, non così bene come vorrei, come sognavo, come mi aspettavo.
Uno a questo punto si domanda cosa mi aspetta ancora.
Non gira affatto bene.

Persino i numeri del superenalotto mi sembrano familiari, ed io non ho giocato.

Così, alla pausa caffè, mi ritrovo a pensare a dove sto, che sto facendo, che cavolo sta accadendo della mia vita.
Ho anche finito i soldi sul cellulare.
E mi scopro a sorprendermi che la mia vita si sia arenata ancora una volta.
Che si sia fermata: sto qui, ho un lavoro, che in fondo non mi rende abbastanza, e ancora una volta mi sono arroccato a difendere le posizioni. Non mi sto guardando attorno in cerca di migliorare la mia situazione, anche economica.
Mi trovo bene qui, lo stipendio è decente, i colleghi simpatici, ma voglio veramente passarci la vita? Farne il lavoro a bassa qualifica (e alta libertà) che mi dovrà dare sostentamento?
Il posto è certamente l'ideale per chi, come me, oltre a guadagnare per vivere vuole fare altro: è un lavoro elastico, lascia spazi e orari per scrivere, creare, costruirsi nel tempo una seconda - vera - attività.
Ma in questi anni l'ho fatto?
Arrivo a casa stanco quasi sempre, e non riesco a impormi un metodo, non riesco a darmi delle scadenze e un orizzonte.
Arkipélagon, Escondida, D.N.H., il romanzo, Non maltrattate il Valhallasauro... sono centinaia le cose e le idee che ho avuto e che da me per primo hanno avuto scarso seguito. O meglio, un seguito da strategia della lumaca. Chissà, per cent'anni ci lavoro e poi forse pubblico qualcosa.
E' un maledetto scossone quello che mi si presenta.
C'è rabbia, che in parte si trasforma in voglia di fare, ora.
E questo sarebbe perfetto, se questa voglia non andrà a morire schiacciata dal tempo come mi capita sempre. Non è esattamente frustrazione, ma ci si avvicina.
E' voglia di piangere che non riesce a sgorgare, e cattiveria.
Tutta roba che rischia di andare in peritonite.

Adesso io non lo so che cosa devo fare.
M'è persino venuto in mente di scrivere questa maledetta/benedetta tesi. Ma poi?
Devo andare a vivere da solo, e aggiungere a questo carico di stress quello ulteriore di una vita realmente da single? O è solo una pia illusione quella di riuscire poi a gestire meglio i miei tempi?
Non lo so, sono confuso e nessuno di voi, putroppo, può darmi una mano: perché queste sono cose che uno deve trovare dentro di sé.
Come non siete mai riusciti a convincermi di fare questa stramaledetta/benedetta tesi.
Che se sarà, verrà come un gesto liberatorio.

Per ora, mi sento solo desiderando non esserlo, e ho voglia di stare da solo sapendo che mi farebbe dannatamente bene uscire.
E mi chiedo cosa significa tutto questo, simbolicamente, nella mia vita.
Che messaggio il flusso delle cose, lo zen insito nello ying e nello yang, mi vuole mandare. Cosa devo capire.
Dove devo andare.

Per la cronaca, nella borsa c'era anche la copia di Sara di "Psicomagia".


GrimFang

mercoledì 12 settembre 2007

Il Tempo del Giusto Mix

Non so se vi ricordate del "Tempo delle Mele".
Mi fa un po' specie domandarlo, ma chissà se fra i miei lettori c'è qualcuno che in quei mitici (ma solo a posteriori) anni '80 ancora gattonava carponi...
All'epoca io quel film lo detestavo.Mi sembrava insulso, melenso, e tuttora - ammetto - non è che mi diverta poi tanto, a parte quel carico nostalgico che si porta appresso, assieme al tempo in cui ero bambino...

Io sono della generazione che, al Tempo delle Mele, faceva tappezzeria alle feste della scuola media.
Quelli che stavano sempre contro al muro, col bicchiere di Fanta in mano, mentre gli altri ballavano i lenti con le ragazze.
Noi no, tutti convinti di non saperli ballare. Di non sapere ballare in genere.
Consapevoli del nostro essere irrimediabilmente delle frane con le ragazze - e in realtà non lo eravamo affatto, come avrebbero 'dolorosamente' fatto scoprire anni più tardi inaspettate rivelazioni.
Ero uno di quelli che beveva la Fanta, tratteneva i rutti lasciando sibilare pian piano il gas fuori dalla bocca, e moriva d'invidia a vedere quelli che in realtà avevano solo il vantaggio di essere più spigliati, di farsi meno problemi.
Ancora adesso, non ho smesso di farmi problemi con le ragazze - ieri sera stavo per vomitare a teatro per quanto ero nervoso di stare con Camilla - ma in parte mi sono sbloccato, imparando un po' a fregarmene del giudizio della gente.
E forse lo devo proprio a quelle feste delle medie - proprio quelle che canta Elio, col gioco della bottiglia e tutto il resto - e in particolare ad una persona.

Non ho mai fatto, in questo blog, nomi e cognomi. Ho sempre preservato un mezzo anonimato, qualche volta ho anche cambiato i nomi oppure ho usato sempre e soltanto soprannomi, tant'è che non vi ho mai detto il mio.
Ma in questo caso voglio fare un'eccezione.
Il mio primo atto di pura libertà a quelle feste si deve alla spinta vitale e al genio di Gianluca Carnicelli, che un bel giorno si stancò di far tappezzeria assieme a me e agli altri. Fece un passo avanti, si girò, e con gli occhi che gli brillavano disse qualcosa come:
"Se noi ci buttiamo tutti insieme nella mischia nessuno potrà dire che non sappiamo ballare"
Non smetterò mai nella vita di volergli bene per questo.
Tutta la frustrazione accumulata e messa via, tutta l'invidia esigevano di pagare questo prezzo, e visto che l'età si faceva meno problemi di quella di adesso ci buttammo tutti a ballare, e fu bellissimo.
Fu bellissimo scoprire che sapevamo ballare.
Che conoscevamo il ritmo, il tempo musicale. Che non ce ne fotteva più niente dopo i primi passi e che, invece di ballare i lenti con le ragazze, ci dava parecchio più gusto fare il molleggiato, ballare il rock, fare gli scemi e divertirsi, divertirsi, divertirsi.
Fino a scoprire che la musica ce l'avevamo nel sangue, scolpita a forza di desiderarla senza poterla avere.
Devo a Gianluca Carnicelli il piacere di ballare e di essere stato definito, a una festa ai tempi dell'università - di quelle organizzate nei capannoni di un qualche centro sociale, con almeno un centinaio di persone che conosci - e proprio da parte della festeggiata, "er mejo tacco d'aa festa".
Grazie Già.

Il Tempo delle Mele, con le sue illusioni romantiche di trovare l'altrà metà e possibilmente infilarle una mano nel reggiseno, finisce con le medie.
E se all'epoca avessi saputo che le chances di limonare con una caruccia invece che con la più carina della classe - cui andavano tutti dietro - erano infinitamente più alte chissà, forse avrei avuto una vita diversa.
Almeno quella sentimentale.
Ma correre appresso a una donna che non prenderò mai, tranne l'unica volta in cui mi sarà dato prenderla e proprio allora la cederò a un amico, è la storia della mia vita.
E vi assicuro che non si è verificato una volta sola.

C'è un tempo per vivere ed uno per morire, si dice...
Oltre al Tempo delle Mele, quanti altri Tempi ci sono?
L'elenco, anche solo a pigliar spunto da canzoni e cinema, potrebbe essere infinito.
Il Tempo Delle Favole, di Massimo Ranieri, oppure Il Tempo Delle Scelte, di Luigi Zampa o ancora Il Tempo Di Morire, chiaro, Lucio Battisti... E il Tempo di Vivere, il Tempo di Uccidere, il Tempo d'Estate, il Tempo di Riscatto, il Tempo di Credere... il Tempo delle Cattedrali.
Lascio a voi lo scovare da dove son stati presi.
E poi, ovviamente, c'è il Tempo della Raccolta, citato in un post precedente, come il Tempo della Vendemmia Facile.
Il Tempo della Raccolta forse è un po' diverso. E' quello in cui speri che finalmente tutto venga chiarito, e che tutti i tuoi titanici sforzi, figli ed artefici di strategie complessissime e perverse giungano finalmente a stringere i nodi al pettine verso l'inevitabile (per te) conclusione del "finalmente me la darà" (espresso però nei termini "finalmente ci metteremo assieme" o, più generalmente, "finalmente capirà che la amo"). E' figlio anche del livoroso "perché a tutti gli altri sì e a me no", che ti spinge a pensare che i tuoi 'sforzi' siano stati sufficenti visto che gli altri hanno quello che a te manca, e che semplicemente "sia arrivato il tuo turno".
Povero imbecille.
Non c'è un turno; e i 'titanici sforzi' in realtà son solo ragionamenti egoistici che non riescono a comunicare nulla all'altra persona. Proprio perché non è questo l'intento.
Il bisogno d'amore parla solo a te stesso.
E' il desiderio quello che parla con l'altro.
Non è quasi mai tempo di vendemmia facile, in amore.
Per fortuna, questo atteggiamento tende a passare crescendo. Soprattutto se trovi veramente qualcosa che desideri, e non che vuoi. Che pretendi.
Come se nella vita potesse esserci mai qualcosa che ti è dovuto.

Se ve lo ricordate, e vi è capitato, è il motivo alla base del successo dello Stronzo.
Ricordate quella vacanza, voi che partite in tre/quattro e c'è lei, e voi volete provarci da una vita e avete costruito la vacanza apposta per provarci e cinque minuti dopo la partenza lei si mette (o si scopre che è già) con un vostro amico?
O i vostri titanici sforzi di rimorchiare una parlandoci tutta la notte, cercando di scoprire la sua anima interna, la sua bellezza pura, e poi passa uno col fisico da bagnino che le fa "Scopiamo?" e lei, candida, risponde ""?
O ancora l'Abisso Infernale dell'Eterno Amico... AIEA, che rende anche bene il suono del singulto doloroso che si emette quando ti dicono "Oddio, scusami, non pensavo... tu per me sei un caro amico... non voglio perderti..." e grazie al cazzo che non vuoi perdermi!!!
Sono la spalla su cui piangi, l'unico che ti capisce, l'unico in grado di saperti consolare e fare ridere quando le cose vanno male... per quale motivo dovresti rischiare di mettere a repentaglio questa comodità esistenziale imbarcandoti in una relazione?!? Perché dovresti rischiare il tuo confessore, poi dove lo trovi un altro?
Già...
Le probabilità di mettersi con un'amica sono più o meno quelle che ha l'Albinoleffe di salire in serie A. Scarseggiano, ma ci sono.
E tu continuerai ad essere usato e a disposizione.
Dio benedica chi ha la forza di chiudere.
Di dire "o così, o pomì". Di far capire che comunque vada ti perde, quindi... o se la rischia o si attacca.
Ma è la tua paura di perdere lei, che ti frega.

Chissà se ancora adesso ci sono persone a far da tappezzeria alle feste delle medie...

Il Tempo dei Gitani.
Il sogno di libertà che è dentro ciascuno e che ti salta addosso e ti prende soprattutto intorno a quando hai diciott'anni.
La voglia di viaggiare, fuggire dalla casa, dalla famiglia, persino dalla ragazza se ne hai una.
Di rimorchiarti la straniera all'estero. O quella che è in Italia in vacanza.
I mitici obbiettivi di sesso, di farlo con più donne possibile in un dato arco di tempo.
Le scommesse, persino.
E la voglia di avventura, di esplorazione.
Posti nuovi, vacanze con gli amici o addirittura in solitaria.
Tutto, pur di crescere e cambiare.
il Tempo dei Gitani, quando il vento ti chiama, e tu osservi, davanti a te, infiniti orizzonti. Persino quando pisci contro un muro. Sesso e Libertà. Quando il futuro ti appartiene.
Il tempo in cui l'ipotesi migliore di viaggio è l'Inter-Rail.
Zaino in spalla, sacco a pelo e "bene, dove cazzo dormo stanotte?".
Dio, quanto amo quel viaggio.
Io ne ho fatti tre.
Pieni di aneddoti e scene mitiche, e posti incredibili da vedere.

Il Tempo dei Gitani è per Sesso e Libertà quello che il Tempo dei Cavalli Ubriachi è per le domande esistenzialiste e i massimi sistemi.
Il Tempo di quei giorni in cui davanti a una birra con gli amici si parlava non di figa, ma di donne e filosofia. Quello dei lampioni gialli e delle notti di Roma, dove tra un rudere antico e una bevanda straniera si cercava di capire che cazzo ci stiamo a fare su questa terra e dove stiamo andando, anche se effettivamente si parlava della ragazza che ci piaceva, della tipa che ci aveva lasciato, di cosa fare l'estate successiva...
Già, perché se il Tempo dei Gitani era questione di vacanze, il Tempo dei Cavalli Ubriachi era specularmente complementare.
Era il tempo di una giovinezza scalciante piena di domande e di voglia di trovare una risposta: domande di portata gigante vissute come se fossero una piccolezza, e voglia di trovare una risposta qualsiasi, anche non alla domanda che ci si era fatti.
A pensarci adesso, che ci facciamo domande piccole che sembrano giganti e che c'interessano solo le risposte esatte a ciò che cerchiamo, mentre averne altre passa inosservato o, al limite, dà pure fastidio...

...ma adesso ce ne andremmo tutti in vacanza a Cesenatico coi propri, barattando l'infinito con orizzonti più stinti, e una vacanza più tranquilla...
E mortale.
Passivo-soporifera.
La tranquillità del niente, di contro all'entusiasmo della partecipazione.
Di quando andavi sempre in giro, sempre ai pub, sempre a divertirti fino a collassare. Divertirti senza scopo, perché se ti poni lo scopo di divertirti poi finisce che non ti diverti!
No? Se uno si stressa con l'idea che non si deve stressare...
Ed ecco perché i cavalli ubriachi.
Ciondolanti, sclapitanti, scalmanati. Sempre in gruppo, quasi mai da soli...
Sempre pieni di buoni propositi e di distrazione, con buona pace dei buoni propositi. ^__^
Il Tempo matto, ribelle, in cui rompevi la gabbia che pensavi ti si volesse imporre, e credvi pure di esserci riuscito!
Mi manca... mi manca molto.
Uscire dalla parte delle vittime del tran-tran per entrare in quella dei costruttori del mondo. Coloro che lo definiscono e lo interpretano e in questo modo lo fanno loro. Il Tempo dei Cavalli Ubriachi, il momento della liberazione.

Ma il Tempo del Giusto Mix, quello è un Tempo speciale.
Ed è quello che mi manca di più.
Circa un mesetto fa era il momento giusto, celebrativo della ricorrenza della genesi di questa espressione. Ovvero quando una ragazza, in Francia, credo, definì il Digia
"il giusto mix tra fascino, simpatia e mistero".

Adesso, è chiaro che il Giusto Mix è solo lui.
Ma il Tempo del Giusto Mix è un Tempo per tutti.
E' il momento in cui le cose sembrano scivolare alla perfezione, e non ti viene nemmeno da preoccuparti per qualche cosa, perché in qualche modo sai che se si presentano nubi all'orizzonte sono solo passeggere. Perché ti senti immerso nel flusso della vita e non hai la benché minima idea di cambiare direzione, di deviare dalla corrente.
Quei momenti in cui tutto ti sembra così semplice, così intuitivo, immediato...
Cacchio se mi manca stare così.
A differenza di altri Tempi che ho citato, questo Tempo è più uno stato dell'anima.
E' il momento in cui le persone che ti circondano si accorgono del tuo stato di grazia: equilibrio tra fascino, simpatia e mistero. Chi vorrebbe di più?
Certo, al Digia poi non è andata così bene con quella tipa, ma questo è irrilevante.
Essere definiti così, almeno una volta nella vita, è quasi una fantasia proibita.
Esserlo, poi, non ne parliamo.
E' un po' lo stato d'animo di Rat-Man quando ordina dell'acqua al ristorante.
Quando sorridi alla vita, e lei sorride a te.
Il tempo in cui - allora sì - la vendemmia è sempre facile. O così sembra.
Quando puoi raccogliere messi di frutti senza avere, ma solo in apparenza, seminato.
Possiate trovare tutti il Tempo del Giusto Mix al più presto.
E il bello è che non va cercato.


GrimFang

lunedì 10 settembre 2007

Back from Venice Days

Rieccoci qui, tornati da vacanze e trasferte veneziane.
Il festival è finito, ed è stato più o meno senza infamia e senza lode.

Qui, in ufficio, son tornati anche gli studenti del secondo e terzo anno; quindi ho rivisto Erica, Camilla e Priscilla.
Priscilla, abbronzata, è da sturbo fisico.
Una ragazza di un sensuale da farti venire il capogiro e annebbiare la vista. E, sì, non ve la presenterò.
^__^
Loro tre sono le uniche tre ragazze con cui abbia messaggiato quest'estate; in particolare Camilla, che si è lasciata col ragazzo.
Volevo esserle vicino, e farle sentire che c'ero, ma lei ha risposto solo poche volte ai miei sms. Quindi ci sono rimasto un po' male: al di là della solita storia della mia vita, quella che finisce col ritagliarsi la parte del miglior amico invece che quella del papabile prossimo ragazzo - cosa che ancora adesso non so se sia veramente nelle mie intenzioni (lo so, dovrei imparare a sbattermene, e quello che viene, viene) - è comunque frustrante lanciare messaggi nell'etere e non trovare risposta. Sembra di lanciare sassi nel nulla.
E aumenta il proprio senso di solitudine.
Così, quando oggi l'ho incontrata, non so da dove m'è uscita la forza di essere onesto e di dirglielo, che c'ero rimasto male.
Ha capito, le è dispiaciuto, ha anche insistito affinché rimanessi ancora un po' con lei invece di rientrare in ufficio (capirai, non me lo son fatto dire due volte).
(Anche perché son da solo in stanza che la mia collega ha avuto un lutto in famiglia)
E adesso, in pausa pranzo, siamo rimasti un po' a parlare, seduti su due sedie in giardino in una posizione assurda: la mia pianta del piede contro la sua e le nostre gambe a formare un arco...
Adesso come adesso potrei dirvi che mi sento innamorato di lei, chiaro.
Un gesto stupido come questo per me è una meraviglia, una cosa infantile e pura, quasi intima. Eppure così normale, quotidiana.
Lei è la ragazza che avevo accompagnato a cercar casa, e adesso che l'ha comprata ci andrà ad abitare a metà settembre. M'è uscito così, le ho chiesto se potevo andarci quando era ancora vuota. Mi ha risposto "quando vuoi", e poi mi ha detto che m'inviterà a cena e dovrò cucinare io. Mi piace, mi piace da matti tutto questo, ma non vorrei soffocare la spontaneità sotto torrenti di riflessioni.
Quello che viene viene, devo continuare a ripetermelo.
Devo smettere di pensare, e fare quello che sento.

Priscilla invece m'avrà risposto una volta, con lei non c'è storia. A parte l'indicibile desiderio sessuale che mi prende al solo guardarla.
Con Erica invece ci siamo scambiati qualche raro messaggio, ma quello che m'ha ferito un po' è stata la ricca serie di buche che m'ha dato quando ancora - almeno lei - era in vacanza. Oramai con lei si sta stabilizzando la situazione di amicizia, e m'è dispiaciuto l'aver perso il treno con cui volevo condividere la lettura di Jodorowsky assieme a lei.
Mi sono accorto però che forse è stato in parte un bene: mi volevo in effetti porre un po' come un 'maestro' (Digia non rompere, ho messo le virgolette) e so che lei, come me, rifiuta i maestri e in particolare rifiuterebbe me con un simile ruolo. Ed è giusto. La cosa deve essere più paritaria, e forse nascerà con una mia seconda lettura del testo e magari con la lettura del testo sui tarocchi, sempre di Jodorowsky.
Però a lei, a differenza di Camilla, non son riuscito a dirglielo che ci son rimasto male.

E' questo maledetto senso di... vuoto nelle mie relazioni sociali; quello che ogni tanto mi fa dire 'ma come, sei sempre presente per tutti e poi quando hai bisogno tu non c'è nessuno'... che è poi la vecchia storia del 'chiamo sempre io e a me non mi chiamano'.
So benissimo che non è così e che va a periodi, ma ti lascia un po' quella sensazione francese dentro, la malinconia, lo spleen...

Come al momento di partire da Venezia.
Un magone terribile, perché non volevo venir via. Perché ora che era finito il festival c'era la possibilità di restare, di godersi la città e gli amici che c'erano - beh, soprattutto Claudia - e di... di fare una vera vacanza, cazzo!
Ecco, non mi sento di aver fatto vacanza.
Di esser stato assente, altrove, sì, ma di essermi buttato in qualcosa di energizzante, divertente, nuovo... di aver ricaricato il mio entusiasmo! Questo no.
Ecco perché in quello spazio in alto a destra non c'è scritto niente. Perché nel mio 'Promemoria' non so che scrivere.
Perché non so dove sto andando: sto uscendo (spero) da una bolla che mi ha avvolto per un po' di giorni; che mi ha consentito - per carità - di ricaricare un po' le batterie, ma non di fare il pieno di energia vitale.
Dio solo sa quanto ho rosicato quando a metà agosto m'è arrivato l'sms di Stefano che mi diceva quanto si stava divertendo al festival di Berchidda, in Sardegna, dove m'aveva pure invitato...
Ricordo come stavo il giorno in cui sono andato in ferie: se avessi dovuto aspettare un giorno in più mi sarei licenziato. Stavo sclerando di brutto, non ce la facevo più, avevo un maledetto e urgente bisogno di un'oasi di pace.
Due settimane a casa mia in montagna sembravano perfette.
Ma in montagna da me non succede mai niente.
Gli amici erano 'addormentati' dalla gestione di questo pur lodevole progetto/impegno/spazio culturale che era sì vivo, nuovo, ce n'era bisogno, ma era pur sempre identico a se stesso. Giorno per giorno. Abitudine. Ripetitività.
A parte l'aver deciso che mi comprerò Runebound, gioco da tavola molto divertente, e l'essermi goduto un paio di serate jazz e un paio di partite a Quarto!, ho anche pensato che stavo spendendo abbastanza...
Noia?
Forse. Più che altro mancanza di attività.
Siano strabenedetti Fabrizio e Francesco che m'hanno staccato per due giorni dalla monotonia e m'hanno fatto divertire davvero.

Quindi Venezia.
Stefano m'ha fatto il favore d'accompagnarmi a Tiburtina alla partenza al posto di mio padre, ed io ho ricambiato ieri andandolo a prendere a Ostiense per poi andare a cena in quattro al ristorante Azzurra sulla Tiburtina.
Mamma quanto avemo magnato.
Il viaggio di andata per Venezia è stato gradevole: è un IC da napoli, quindi temevo di trovarmi in uno scompartimento pieno di chiassosi guaglioni dei quali sarei sempre stato in para se fidarmi o meno, supponendo di trascorrere la notte in dormiveglia per controllare i bagagli.
Invece salgo che la luce era già spenta, e dentro c'erano due ragazze carine sui trent'anni, un altro più o meno di quell'età e un signore anziano. Dopo un quarto d'ora ho capito che una delle ragazze era sposata con l'altro e che il vecchio forse era con loro. Restava la ragazza seduta al mio fianco, che ho accortamente spizzato per metà viaggio prima di addormentarmi.
Non ho realmente dormito: a Bologna la coppia è scesa e siamo rimasti nello scompartimento in tre. Nel frattempo, in cerca di una posizione più comoda ho fatto in modo di trovarmi con la gamba contro quella della ragazza e sono rimasto così.
Una ventina di minuti prima di Padova lei si gira e mi accavalla la coscia sulla gamba.
Non ho più dormito; un paio di minuti dopo, vista la mia evidente situazione fisica imbarazzante, il vecchio ha pensato bene di abbandonare lo scomparto: e siamo rimasti soli.
...

...

...e io non ho fatto niente.
Uno più smaliziato c'avrebbe provato. Io invece sono rimasto lì a chiedermi se farlo o non farlo fino a quando non dovevo scendere.
Lei s'è svegliata e c'ho anche parlato: trentenne, diretta a Treviso, napoletana d'origine, insegnante elementare.
Volevo morire.
La fantasia erotica della maestrina echeggiava ancora nella mia mente assieme a un gruppo d'inespresse ma sonore bestemmie mentre scendevo i gradini della stazione di Santa Lucia.

Uno potrebbe pensare (come ho fatto io) 'con queste premesse...', ma in realtà Venezia è stata avara d'occasioni. O meglio, proprio non le ho cercate.
A parte farmi battere il cuoricino per Elisa, di cui vi ho detto (un'amica con cui ci ho anche provato ma che, appunto, si sente solo un'amica), che io adoro, e per Claudia, non sono andato a feste, non ho conosciuto gente, non ci ho provato con la coinquilina francese (e non è stato solo perché pensavo stesse col coinquilino Davide), non ho - in effetti - mosso foglia in quel senso.
Ormai è talmente tanto che nemmeno mi propongo più, che non rischio, che non mi butto, che non sfodero fuori il mio fascino (anche, perché no, con l'ormai vetusto gancio della cromoterapia, dei masaggi, eccetera, che sono i miei cavalli di battaglia)...
Per una volta che c'ho provato - era una siciliana conosciuta in fila - Fabiola, con cui stavo, ha sclerato per una di lei affermazione ed è sceso il gelo. Poi avrei scoperto che uno dei due con cui stava era il ragazzo, ma lì per lì è stato quasi un incubo.

Già, Fabiola.
Matta come un cavallo come al solito, a volte preziosa, a volte insopportabile.
Preziosa perché s'è fatta il mazzo a pulir casa o a cucinare (ho addirittura cenato tre volte a casa!), preziosa quando s'è emozionata perché era finalmente riuscita a farsi autografare la tesi da Tim Burton... Insopportabile - ma tanto da aver voglia di menarla o andarmene via disgustato - quando ha dato di acido a un tizio che, involontariamente, l'aveva passata in fila dal fornaio o quando ha sclerato alla siciliana.
Fabiola infatti s'era svegliata all'alba per mettersi in fila alla biglietteria per andare a vedere la cerimonia di premiazione a Tim Burton (tra l'altro, 40 euro!), ma non era bastato a farle prendere il biglietto. In fila la sera, questa siciliana ha detto, anzi, ha sottinteso che - essendo lei riuscita a prenderlo mettendosi in fila la notte prima (!!! ma siamo pazzi?) - evidentemente Fabiola non era poi così fan quanto lei.
Questo perlomeno è quanto ha capito Fabiola.
Per me, era una che, avendo avuto il culo di prendere un biglietto prima che finisse, non vedeva l'ora di vantarsi e dirlo a tutti che c'era riuscita a sfangarla. E poi, se effettivamente s'era messa in coda dalla notte, si vede che ci teneva tantissimo. A Fabiola, semplicemente, non era venuto in mente. Altrimenti sono sicuro che si sarebbe messa in coda dal pomeriggio prima.
Ma questo 'affronto' per Fabiola era troppo, e della siciliana sarebbero rimaste solo le ossa ben spolpate se non si fosse trattenuta. Ma il gelo calato all'improvviso si sentiva, e la cosa che a me dava più fastidio era a) sentire che la siciliana aveva capito che c'era qualcosa che non andava e ne fosse in qualche modo dispiaciuta e b) capire quanto infantile e assoluto fosse il livore di Fabiola, che considerava Tim Burton una cosa sua e non era nemmeno ipotizzabile per assurdo che si ponesse anche solo un barlume di disponibilità verso l'altro.
Egoismo puro. Chiusura totale.
Vi giuro, ho provato disprezzo.
Disprezzo per la mia ex.
E son cose che fanno male.

E alla fine dei conti anche le attenzioni di cui son stato omaggiato da parte sua, come le cene, non son riuscito a vivermele proprio con tranquillità.
C'è sempre stata una parte di me che, pur consapevole che di tutti in casa conosceva solo me, che comunque siamo amici, che comunque le fa piacere cucinare eccetera eccetera, riteneva in qualche modo sbagliato il fatto che lei mi preparasse la cena. Comodo, ma sbagliato. E infatti lei ha insistito affinché una cena la preparassi io. Fallendo.
Anche perché mi sono accorto che sono secoli che non cucino perqualcuno, sento di aver un po' perso la mano e soprattutto lì avevo voglia di farlo meno di zero.

Ad ogni modo, aver ribeccato Peppe a Venezia, ripreso i contatti con Nicola (che a Venezia non c'era, ma che avrei ribeccato poco dopo alla Notte Bianca - di cui dico solo che ho visto Battiato e per sbaglio la fine di uno spettacolo ai Fori, e anche quella come il resto della vacanza è stata un po' senza infamia e senza lode), aver ritrovato una dell'università che conoscevo di vista per un caso fortuito (avevo detto a Peppe "mettiamoci vicino alla bionda" quando in realtà dovevo dire castana, e lui s'è messo a fianco alla bionda che era invece questa dell'università), scritto recensioni in 160 caratteri per Sergio che da Roma doveva scrivere articoli, e altre piccole cose m'han fatto godere questa settimana.
A partire dall'aver sbagliato autobus il primo giorno ed essermi ritrovato addirittura su di un'altra isola, Pellestrina. Mi son goduto l'imprevisto viaggio turistico (a scrocco) e mi son perso "The assassination of Jesse James..." eccetera eccetera che non era - dicono - poi niente di che.
Dei film, non vi dico molto.
Dei quattro premi principali (Leone, regia e le due Coppa Volpi) non ne ho visto nemmeno uno. Dovrei astenermi dai commenti, ma vedere Hollywood così premiata, soprattutto con Brad Pitt, mi fa stare un po' male. Del resto, se pure Gregg Araki (con cui mi son fatto una foto) mi va a premiare "Sügisball", che è l'unico film dal quale sia fuggito dalla sala (se si eccettua un documentario su di una conferenza fra dodici letterati cinesi a proposito della forma poetica in Cina)...
Comunque, non ci sono stati film davvero orribili e non ci son stati film davvero eccezionali, che abbia visto.
M'è piaciuto moltissimo "La zona", e ho adorato il protagonista col quale mi son fatto un'oretta di chiacchiera a manetta a proposito del film e di Città del Messico. Mi sono spaccato dalle risate sul film "Non pensarci", che probabilmente rivedrei al cinema, e tra l'altro sono riuscito a parlare al telefono con uno dei due sceneggiatori subito dopo la proiezione per subissarlo di complimenti (una mia amica, Ilaria, lo conosce e l'aveva chiamato). E me ne son piaciuti assai anche altri, come "Nightwatching", "Año uña", "The Darjeeling Limited"...
E qualcun altro proprio non mi ha detto niente.
Ho persino vinto una scatola di caffè Vergnano e una borsa grazie a una stroncatura ("En la ciudad de Sylvia"): a Venezia c'è il concorso "Aridatece i soldi" sponsorizzato dal Codacons e diretto da Gianni Ippoliti; non ho vinto io, ma essendo tra i finalisti m'han dato comunque qualcosa (ma la cosa più bella è stata l'aver fatto la vignetta e l'averla vista mettere immediatamente tra i finalisti - da cui poi l'hanno tolta e rimessa).

Comunque, anche sotto questo punto di vista, tutto senza infamia e senza lode.
Una palude.
Nel mezzo.
E' ora di scrostarsi dal guado e cominciare a camminare più spedito.
Per ora, chissà, potrei cominciare a leggere "Il mio nome è rosso" di Orhan Pamuk, che mi hanno caldeggiato quale seguito, del tutto indipendente, di "Q" di Luther Blissett...


GrimFang

domenica 2 settembre 2007

Al volo

Breve post prima che schizzi via a prendere il treno!
Si parte per Venezia, festival del Cinema, proiezioni, incontri, feste e nuclearizzazioni di Fabiola, con la lieta novella di aver a) perso le proiezioni del film che volevo espressamente vedere (ma questa è una cosa che mi capita tutti gli anni) e b) scoperto che a Venezia quest'anno è proibito mangiare per strada, e s'incappa in una bella multa.
Evvai.
Così mi rifaccio il portafogli in pelle di caimano...
No, non vi preoccupate, non l'ho capita nemmeno io, ma m'era venuta così.

E poi, ieri Giulia (regista) m'ha fatto vedere come sono venuti "Blind Date" e "1 euro's trip" che sarebbero "Appuntamento al buio" e "Storia di un euro".
Beh, me ne ha fatti vedere anche un sacco di altri, ma erano quelli i 'miei' (parola che lei, soprattutto sul secondo, ha un po' contestato).
Ovviamente, ne saprete di più solo al mio ritorno.
Ma comunque è stata molto bella la serata dopo, quando siamo usciti io e lei e abbiamo raggiunto dei suoi amici al pub. Così ho conosciuto Chiara che si sposa e Michela che "è sempre in cerca" (sic, da un commento colto al volo - ah, avere l'orecchio radar!) e poi Benjamin, che fa il mago, è mezzo - o tutto - israeliano e che è un tajo de persona.
E ho potuto scialarmi in allegria fino alle quattro e mezza di mattina, raccontando le mie più colossali figure di merda raffrontandole alle loro, e vincendo discretamente...
Tra l'altro, quei racconti sono stati anche spunto di personali riflessioni, soprattutto a proposito delle 'rimozioni'.
Ma di tutto questo - più quello che si aggiungerà - non potrò che parlarvi al mio ritorno, dopo la Notte Bianca...
Baci ai pupi,


GrimFang