L'artista mescola il sangue con la terra, per generare sempre nuova vita...

Sarà sicuramente potente, la vita. Piuttosto dolorosa, a mio avviso, a volte sorprendente, sicuramente intensa, vibrante, indubbiamente da vivere. Sempre e comunque.

Sara Tenaglia

Terra, Pioggia, Fuoco & Vento

Terra, Pioggia, Fuoco & Vento
Fire cup

lunedì 21 gennaio 2008

Da leggersi a pezzi (o stampatevelo!)

Comincia a somigliare a uno sforzo biblico... non avete idea da quanto tempo sto scrivendo e riscrivendo questo post! ^__^

Ne sono successe di cose dal mio ultimo latrato qui sopra!
E sono tutte rimaste a spizzichi e bocconi nelle mie bozze, senza riuscire ad assumere una forma definitiva per la pubblicazione.
Quindi non mi resta che mettermi qui oggi, di buzzo buono, a provare a tirare le fila delle cose successe dal mio ultimo post, col rischio di fare più un puzzle che un collage e di finire col fare un gran casino. ...beh, come al mio solito, no?
^__^

Una delle cose da raccontare è sicuramente il weekend che abbiamo passato alla "Locanda del Borgo", a Pietralunga, in Umbria.
E' la seconda volta che mi capita di andare in questo agriturismo, di proprietà di un amico del Deso, Manuel. E' bella gente, il posto è bello, si sta bene, forse si spende un tantino per le camere - non tanto per le cene, superbe, quanto per il pernotto. Ma una volta ogni tanto si può ben fare!!!
Non partivo sotto i migliori auspici, causa un insieme di bei sintomi da influenza: naso tappato, raschio in gola, senso di ottundimento. E non si può certo dire che abbiamo incontrato bel tempo: a parte il sole praticamente estivo di domenica mattina, c'era una bella nuvolaglia, ma soprattutto abbiamo fatto indigestione di nebbia!
Ma andiamo con ordine.

SCENA UNO - LA PREPARAZIONE
C'è chi si organizza con mesi di anticipo, chi lo zaino se lo fa all'ultimo secondo.
Appartengo a quest'ultima categoria.
Giulia, Luca ed Erika, con cui viaggiavo in macchina, evidentemente no.
In particolare Giulia che, pur essendosi detta "lo chiamo domani ch'è anche il suo compleanno", mi ha chiamato il mercoledì (partenza per sabato) per sapere se mi ero organizzato già con Erika (la macchina del viaggio era la sua). Ovviamente no.

*inciso uno*
Sì, è stato il mio compleanno.
Ho fatto 17 anni il 33 gennaio, o viceversa, non ricordo bene...
E, a parte l'essere andato - appunto - in Umbria con altri compleannati e compleannanti (Manuel era il giorno dopo, Tata e Deso già prima di me) e poi una festa inter-me più che inter-nos (c'erano Erika e Lele oltre a Vania e al suo gruppo di teatro, più Gloria, Giacomo e Fiammetta) al teatro Ygramul sabato scorso, non ho festeggiato.
Non so, questi 33 fino ad adesso non me li porto bene. Me li sento scomodi. Come il 2008.
Ho un po' una fiacca da mancanza di entusiasmo.
Ecco perché si può dire che io, in Umbria, mi ci son lasciato portare. Mi sono limitato ad affidarmi a loro e così sia.
Per chiarire ogni dubbio a riguardo, vi rendo noto che nei due anni precedenti ho provato ad organizzare feste che avevano più l'aspetto dei maxi-raduni: centinaia di invitati, programmi curiosi, ricchi premi e cotillons. E inevitabilmente, tutte e due le volte (e una delle due era assieme a Jack Sbòrrow [ricordate? Granada...] che fa gli anni il giorno dopo di me, tutti e due classe '75, solo che lui quest'anno ne ha fatti 32bis) si è finiti un po' come quella canzone di Petrolini:


"Dovevano arrivare trentasei automobiliiii,
è arivato un carettino a manoooo..."

Ovvero eravamo quattro gatti.
E siccome la cosa s'è ripetuta anche quando ho mandato centinaia di sms per il mio spettacolo a febbraio, o quando ne ho mandati molti meno per quello a dicembre, ne ho desunto che o sono molto sfortunato o sono uno che sta sul cazzo, o qualsiasi altra cosa ma il risultato non cambia; ergo, ho perso molto dell'entusiasmo che avevo per il mio compleanno.
Figuratevi che i miei ancora stanno aspettando di sapere che cosa voglio in regalo.
Per darvi le dimensioni della 'tragedia', l'anno scorso - che i compleanni erano due, al teatro Ygramul - la gente invitata da Stefano 'Jack', amici comuni a parte, era circa quattro volte la mia, ed eravamo in tutto una trentina. Ed io l'avevo anche preparato un po' autocelebrativo: alle pareti c'erano le mie poesie attaccate, ed io avrei per la prima volta fatto quello che non avevo fatto mai: salire sul palco da solo e fare uno spettacolo pensato e realizzato solo da me. Pascarella, ed il resto lo sapete.
Ma quello che non sapete è che l'anno prima la festa l'avevo organizzata di domenica pomeriggio a Villa Pamphili. Programma: venite in tuta, ognuno porta palloni, clavette, quello che vuole, e si passa il pomeriggio finché c'è il sole su di un bel prato a fare casino e giocare. Questo mi garantiva la possibilità di radunare attorno a me tutti quelli cui voglio bene, che sono un mare di gente.
Caso volle che il Comune piantasse proprio quella domenica un bel blocco della circolazione che, pur rientato in tempo (per le tre) era pianificato per un periodo più lungo, per cui molta gente è rimasta a casa, non avendolo saputo o usandolo come alibi. Morale della fiaba, di cento e passa invitati eravamo cinque. Poi diventati sei quando ci siamo imbucati tutti a casa di Edo per un té ed una interessantissima chiacchiera - come sempre con lui - e poi di nuovo cinque con due defezioni e due nuovi arrivi per la cena al cinese.
E dire che c'era un sole splendido.
Quindi, il 17 gennaio io me ne son rimasto a casa, a guardarmi "50 volte il primo bacio", che è una commediola (a tratti un po' di bassa lega), ma che ha l'indubbio merito di essere il primo film (non porno ^_-) che mi son scaricato da EMule e visto fino alla fine. Serata a casa, quindi, in solitaria davanti al pc mentre i miei e mio fratello si vedevano qualche vaccata in tv, ma si può dire che io avessi in fondo festeggiato la sera prima andando al pub con Simone.
Che, nonostante fosse in macchina con me (siamo rimasti a parlare fin quasi alle tre, ed io sono nato o alle 1:15 o alle 2:10, sempre ascendente Scorpione rimango - ah, ascoltatevi la canzone di Giorgio Conte e di Rossana Casale "Davvero propizio il giorno per il Toro e il Capricorno" e vedrete che allora non sono solo io che ho un debole per le donne Toro), non è riuscito ad essere il primo a farmi gli auguri! Presi com'eravamo da argomenti politici e crisi mastelliane, s'è fatto bruciare da una ragazza... ^__^

Accidenti, mi tocca fare un inciso nell'inciso.
Sorpresa sorpresona, Simone è stato bruciato sul tempo da una delle ragazze con cui faccio teatro, e con la quale il martedì prima, durante le prove, me n'ero uscito un po' come i cavoli a merenda con una frase che forse era quantomeno indelicata e che più o meno poteva suonare come "allora fateme scopà, ch'è quello che mi manca di più".
Ovviamente, detta così, trattasi di frase allucinante da dire a una donna.
Nel contesto, grazie al cielo, era assai più naturale, e come tale è stata detta. Si dibatteva, infatti, proprio dell'entusiasmo con cui vivere questo mio compleanno: io stavo, come vi ho detto, decisamente giù, ed avevo proprio intenzione di passarlo sotto tono. Nemmeno a teatro, se non glielo dicevo, se n'erano ricordati!
Lei invece sosteneva che, proprio essendo i mitici (o famigerati) 33, più che espiare io dovessi libare, nel caso - sgrat, sgrat - che fossero gli ultimi.
Fu cedendo dunque alle di lei argomentazioni che concludevo con quella mia incriminata frase.
Fatto sta che subito dopo le prove, in macchina, m'ero reso conto di quanto greve potesse risultare quella frase, mentre per me era la semplice constatazione di un fatto naturale (ed era effettivamente così, ma chi ha messo il sapone sugli specchi?). E quindi avevo anche cercato di recuperare il suo numero di telefono che, purtroppo, era nella memoria del telefonino che si è spaccato a dicembre.

Benedetta... Vabbé, al diavolo la storia delle scene, abortiamo gli incisi perché qui ce ne vuole un altro!
Cercherò di essere telegrafico, più che breve.
Mi si è rotto il cellulare, e mi son ritrovato parzialmente tagliato fuori dal mondo. E' incredibile quanto, una volta che ti succede, ti rendi conto di come questi apparecchi tecnologici ci abbiano invaso la vita: basta pensare che in parte io ho rimediato proprio col computer!!! Ma non ne parliamo qui adesso sennò questo coso diventa interminabile.
Mi si rompe il telefonino, ma io ne ho un altro nuovo e quindi posso correre ai ripari. Lo uso, si scarica e... non trovo più la scatola col caricabatterie.
Panico, terrore, tragedia. MESI passati a cercare questa benedetta scatola - anche perché, quando finalmente mi decido ad andarne a comprare uno nuovo (rosicando perché non ci sarebbero stati i cavi per collegarlo al computer) scopro che per il modello della SAMSUNG Z220 esiste uno e un solo modello di caricabatterie. E siccome il mercato è così piccolo, nessuno s'è sprecato a farne un compatibile non di marca. Va ordinato.
L'ho ordinato a dicembre (tipo il 28) e ancora sto aspettando. E tra l'altro rosicavo anche perché ero sicuro che, una volta comprato quello nuovo, saltava fuori quello vecchio!
Ma niente, la mia stanza era stata passata al setaccio, così quella di papà, così il mio ed il suo garage. Mancava solo la cantina, ma non poteva essere lì, quella maledetta scatola bianca e rossa... E a tutto si mischiavano frammenti di un ricordo preciso: mio padre che mi chiede se è il caso di portarla giù, ed io che gli rispondo che dentro ci sono anche i documenti della vendita, le garanzie, e che forse è il caso di lasciarla... dove?!
E poi, un bel giorno, quasi una settimana fa... Ero lì seduto al mio computer, sovrappensiero, alzo lo sguardo e leggo SAMSUNG.
Resto di gelo.
Lì, in bella mostra a fianco alla stampante, sulla mia scrivania, quella maledetta scatola nera con qualcosa di bianco se ne stava ferma... immota dal giorno in cui risposi a mio padre "lasciala qui che poi ci penso io".
Devo mettere a posto camera.

Tornando a bomba e chiudendo un inciso (finalmente!), avevo cercato il suo numero di telefono per chiederle scusa nel caso - e solo nel caso - si fosse sentita in qualche modo offesa.
Quindi più che sorpresa sorpresona sarebbe da definirsi miracolo il fatto che proprio lei sia stata la prima a farmi gli auguri! Tanto più con un messaggio in cui diceva "Pensa che bello se fossi proprio io la prima a farti gli auguri".
Ed aveva ragione, perché è stato bellissimo, e mi ha veramente restituito un sacco d'entusiasmo e di felicità per il proprio compleanno. Un gran regalo.
Ci siamo messaggiati un bel po' quella sera.

Non ci posso credere, ho chiuso anche il secondo ed il primo inciso.
*fine inciso/i*

Riannodiamo le fila del discorso, che per fortuna sono brevi.
Giulia Lyra mi chiama mercoledì per mettersi d'accordo.
Io ovviamente sono preso totalmente in contropiede. Sto per fare 33 anni, devo uscire con Simone, e anche se fosse un giorno normale non sarei certo io la persona da interpellare per questioni di organizzazione: sono abituato da anni ad essere l'ultima ruota del carro!
Così le dico di chiamare Erika e di farmi sapere, poi.
Mi richiama a breve, per dirmi che si parte sabato mattina, alle dieci, da San Giovanni. E che mi avrebbe chiamato Luca, per mettersi d'accordo con me su come andare a San Giovanni, perché lui mi abita vicino e siccome ci va in macchina può passarmi a prendere. Perfetto. Meglio di così!
Metto giù. Squilla. Rispondo.
E' Luca: mi chiama per avvisarmi che si parte sabato mattina alle dieci, da San Giovanni. E siccome lui ci va in macchina e abita vicino a me...
Sorrido. Lo ringrazio e gli dico che mi ha già avvisato di tutto Giulia. Ci mettiamo d'accordo per andare assieme la mattina di sabato.
Il giorno dopo, mi chiama Erika, per farmi gli auguri e per dirmi che si parte sabato mattina alle dieci da San Giovanni.
Il sorriso diventa paresi.
Ma vi costava troppo dirvelo tra di voi, che mi chiamavate?
Vabbè, oramai mi è chiaro che si parte frustoppio mattina, alle gnagnera da San Pico in Balinor.

E così mi viene il giorno della partenza.
Lo zainetto fatto con penosi sforzi oltre la mezzanotte del venerdì è pronto. Dentro c'è praticamente mezzo cambio, un asciugamano con lo spazzolino, il pigiama e una certa mole di giochi da tavola, che è quello che ci piace tanto fare ogni volta che andiamo là (c'è in questa comitiva una discreta cerchia di appassionati). Ho portato su "Obscura Tempora" (di Andrea Angiolino coi disegni della copertinista di RiLL, che conosco entrambi) ch'era ancora nuovo di pacca da quando l'ho comprato, "Love Pigs" di Angelo Porazzi (anche lui conosciuto), il solito "Grass" e - l'unico cui si sia effettivamente giocato, io e Maria, "Tantrix" (date un'occhiata anche qui).
Venerdì notte, poco prima di andare a dormire (cioè di fare lo zaino) controllo l'email e trovo un messaggio di Maria che dice pressappoco "...ed io e Deso passiamo a prendere Enry". Che vòr dì?! A me mi passa a prendere Luca! Cavolo, dico, giustamente loro che ne sanno? La cosa mi è tanto più strana in quanto io ero convinto che loro fossero già in Umbria, e che sarebbero tornati indietro per incontrarci a metà strada e visitare Assisi, pranzando tutti assieme.
Invece erano rimasti a Roma, ma per evitar loro noie inutili, gli ho spedito un sms avvisandoli che mi passava a prendere Luca. Mi rispondono, questione chiarita, ci si vede l'indomani: alle dieci, a San Giovanni.
^__^

Sabato mattina, alle nove e un quarto, Luca è sotto casa mia.
Dovevamo fare colazione insieme, ma lui dice qualcosa sul farla tutti quanti. Ma io abito sopra la pasticceria Piemontese, e questo tronca tutti gli argomenti. Siamo pronti per andare, ma Luca mi guarda un po' sconcertato e mi fa:
"Ma non dovevano venire Maria e il Deso?"

Lo guardo con il senso di colpa di chi improvvisamente è conscio che forse ha fatto una cazzata, ma non è colpa sua.
Gli spiego la situazione, e lui mi spiega che in realtà si erano messi d'accordo per andare anche a San Giovanni tutti assieme. Solo che nessuno si è ricordato di avvisarmi.
Vabbè, andiamo.

Prima tappa, si passa a prendere Lyra.
Arriviamo sotto casa sua, citofoniamo (o meglio, facciamo una telefonata e le diciamo dove ci siamo accostati) e ci raggiunge. Saluti, poi ci guarda e fa:
"Ma non dovevano venire Maria e il Deso?"

La guardo con il senso di colpa di chi improvvisamente è conscio che è incredibile, tutti davano per scontato che lui lo sapesse, e nessuno lo ha avvisato.
Le spiego il qui pro quo, e andiamo.

Arriviamo a San Giovanni, dove c'è la punta con Erika.
Riusciamo a beccarci dopo un breve traccheggiare dovuto alle posizioni dei nostri veicoli, poi finalmente a piedi ci raggiunge e fa:
"Ma non dovevano venire Maria e il Deso?"

La guardo con la leggera incazzatura che avrebbe chiunque nel constatare che a te proprio, nell'ultimo secondo, non ti si è cagato nessuno, e che se si decideva di partire alle nove e mezza da San Procopio restava come un fesso con lo zaino in mano ad aspettare un passaggio che non sarebbe mai arrivato. Con il leggero giramento di balle di chi, svegliatosi dopo aver dormito poco e ancora un po' rincoglionito e infreddolito (perché il sangue proprio non ha ripreso a pompare) con tutto che ha pure il naso tappato e che non si sente proprio un adone in splendore, si rammenta di ben tre telefonate uguali nell'arco di meno di dodici ore.
Le spieghiamo la cazzata che è successa ed aspettiamo.

Siamo in posizione più che vietata (come la zona carico/scarico merci in cui Luca è andato poi a parcheggiare la macchina) e soprattutto, per le mie cagionevoli condizioni, in ombra.
Dico, potevamo spostare l'appuntamento al sole?
Vabbè, non ci abbiamo pensato.
Ma tanto, era questione di momenti: Erika ci spiega come avesse convinto il Deso e Maria - una volta scoperto che loro partivano da san Giovanni alle nove e mezza (dovevano passare a prendere degli amici in zona) - che mezz'ora non fa differenza su un lungo viaggio, e li avesse cooptati per una partenza collettiva alle dieci.

Alle dieci.

Alle undici arriva la loro macchina.
Per totale gioia dei miei sintomi da raffreddore, nella convinzione (rinnovata di minuto in minuto) che sarebbero arrrivati da lì a poco, li ho aspettati con gli altri fuori della macchina, al vento gelido.
Maria era lì al finestrino, ridente, a scusarsi dell'abominevole ritardo, ma ha accusato il mio lapidario e ripetuto con tono tombale anche se pacato "questa non te la perdono", figlio dei miei dolori reumatici. ^_-
Ovviamente sapevo che l'avrei perdonata, ma ci ho giocato su. E deve averla accusata se non solo mi ha offerto la colazione all'autogrill, dove abbiamo anche consumato i pasticcini che Luca ha comprato alla Piemontese (ve l'ho detto che erano caduti tutti gli argomenti! ^__-), ma se persino la sera della torta di compleanno, nella dedica del biglietto d'auguri s'è scusata nuovamente.
Maria, sei perdonata! Ma lo eri anche da subito! =)P
E dopo l'autogrill, finalmente, in viaggio alla volta di Assisi, all'insegna dei cd di Erika!

SCENA DUE - ASSISI
La punta per arrivare ad Assisi, dove avremmo come avrei scoperto dopo trovato anche tutti gli altri, ce la siamo data a Santa Maria Degli Angeli.
Già lungo la strada c'eravamo accorti che il clima era sul vagamente umido: quando in autostrada e poi in superstrada non vedi un accidenti di niente né a destra né a sinistra né davanti né dietro né sopra né sotto, o sei morto o sei diventato cieco o sei in uno stramaledetto corposo banco di nebbia.
Era l'ultima, per fortuna.
Questa era l'avvisaglia che gravava su Assisi, per la serie preparatevi a godere tanto sole e un bel panorama.
Ma io, memore delle molte marce per la pace e della maledettissima salita finale che ci stroncava ogni volta da Santa Maria Degli Angeli fino in cima alla rocca, in fondo avevo già messo da conto che - forse - da sopra c'era la possibilità di godere di un cielo limpido oltre la cappa di una simile foschia.
Immersi nella nebbia, abbiam parcheggiato e preso l'autobus.
In effetti, l'aria ad Assisi era un po' più tersa, e i banchi di foschia arrivavano a tratti, per sparire pian piano quanto più si andava in alto. Ed arrivati alla basilica, in effetti, era uscito il sole.
Incontrati gli altri, siamo andati in giro per la città, soprattutto in cerca di qualcosa da mangiare.
Dopo lunghi tentennamenti ed anche seprazioni (qualcuno è andato a cercar fortuna di per sé), ci siamo alloggiati, quasi invasori barbari, all'interno del Bar dell'Accademia, che è pure tavola calda. Allettati dall'offerta trancio di pizza più bevanda 3.50 euro, quivi consumavamo le nostre libagioni chiacchierando e discorrendo e soprattutto pazientando perché l'addetta al bar era lenta e casinista: infatti il panino messo a scaldare per un cliente prima, mentre la poverina impazziva a servir noi, s'è carbonizzato. Giustamente al cliente giravano le scatole; fortuna che ce n'era un altro uguale, di panino.
Questo, forse, si poteva dimostrare di fondamentale importanza.
Ma nessuno di noi poteva sospettare, così leggiadramente intenti a sbafare a quattro palmenti tranci di pizza bollenti senza aspettare che si freddassero un po' per fame e un po' per paura di sentirne il sapore. Nessun di noi potea immaginare che a quel cliente gli rodesse il culo, né tantomeno che la signora romena dietro al bancone non emettesse - poiché incapace a farlo - regolare scontrino.
Né potevamo sospettare che al cliente col rodimento di culo gli girassero anche di più quando, alla richiesta di parlare col proprietario si sentiva rispondere "non c'è". E alla successiva richiesta di parlarci in qualche modo si sentisse rispondere "non so il numero". E che alla sua terza richiesta accompagnata da un sonoro "guarda che chiamo i carabinieri" si sentisse nuovamente negare questo suo diritto fondamentale.

Scherzi a parte, il ragazzo del panino bruciato aveva sacrosanta ragione.
Quel porco, perché scusate ma è così, del proprietario del locale aveva lasciato una romena da sola a gestire il suo bar e, se vogliamo concedergli il beneficio del dubbio sulla buona fede, non s'era nemmeno premurato d'insegnarle a fare gli scontrini (che è una cazzata, che ci vuole). Così, anche solo nell'arco di quella singola mattinata, tutti i soldi incassati al netto delle spese erano evasione fiscale. Anzi, al lordo delle spese, perché il bastardo i costi di gestione se li sarebbe comunque scaricati dall'imponibile: quelli sono certificati!
Così, quando siamo andati a pagare noi, ci abbiamo trovato la romena in lacrime e i carabinieri che stendevano il verbale.
Et voilà, bloccati lì.
Noi, almeno. Non quelli di noi che avevano già pagato senza scontrino e s'erano dati prima del cliente Rodimento-di-Culo. Augh!
E così siamo rimasti come dei baccalà, io, Luca, Giulia, Tata, Marisel... e quando anche gli altri son tornati, niente, non ci potevamo muovere: se lasci il locale senza scontrino sei passibile di multa per mancata emissione fiscale o qualcosa del genere; se te ne vai senza pagare è furto.
Bloccati.
Per un tempo ch'è sembrato interminabile, finché non è arrivata la municipale, che s'è presa i dati di alcuni (me compreso) quali testimoni, certificando l'impossibilità per noi di ottenere lo scontrino. Che poi, nonostante il vigile sembrasse quasi suggerirci di andarcene senza pagare, nell'atroce dubbio che il gestore bastardo potesse chiederci conto dei soldi non pagati, abbiamo voluto lo stesso estinguere il debito.
Solo che la povera romena, sconvolta e piangente (continuava ironicamente a ringraziare il ragazzo dello splendido regalo che le aveva fatto, lei che - diceva - era la donna delle pulizie e solo per dare da mangiare alla gente, come gesto di bontà, s'era messa a servire e a fare i caffè) non aveva più idea dei prezzi e sparava cifre a caso, dicendo "fate voi". Alla fine, forse, abbiamo pagato anche meno del giusto.
Tornando a visitare la basilica, il vento ci ha sospinto addosso la nebbia, creando un panorama quasi spettrale. Soprattutto nel presepe a misura umana antistante la basilica: in mezzo alla foschia, anche un essere umano reale poteva essere scambiato per statua, e viceversa.
Ovviamente, non ho resistito alla tentazione! ^__^

La visita alla basilica ci ha diviso: alcuni che l'avevano già vista mentre ci aspettavano ci hanno preceduto all'agriturismo; noi più Tata siamo rimasti a visitarcela.
In quella superiore c'era la funzione, quindi siamo rimasti praticamente fermi sull'ingresso, ed abbiamo ammirato solo gli affreschi di Giotto più vicini. Così siamo passati a quella inferiore.
Bisogna dire che molti nel gruppo sono devoti a San Francesco. Forse l'unico vero 'ateo' (sulla mia religiosità ci sono già fiumi di pagine scritte, in un carteggio che si chiama "Io, Massi e Dio... certo Dio è una parola grossa") lì dentro ero io.
Però di sicuro lo spettacolo del cortile del chiostro, sul retro della basilica, avvolto nel silenzio e nella nebbia, come me solo unico testimone armato di macchina fotografica, era davvero impressionante. Bellissimo.
M'è piaciuto notare come alcuni affreschi che ritraevano San Francesco recassero ancora la scritta 'beato', il gradino inferiore alla santificazione. M'è piaciuto godermi la pacata ricchezza, soprattutto pittorica e architettonica, dell'edificio; m'ha gasato riconoscere a colpo d'occhio lo stemma del papa tedesco (con l'orso e la testa di moro) e intuire che quello su cui stava era il suo scranno personale per quando fosse venuto ad assistere alle funzioni ad Assisi (cosa confermata da uno dei guardiani). E m'ha fatto piacere cagarmi le cellette con le reliquie dei compagni di Francesco e di una nobildonna romana a lui devota, nella cripta dove c'è il suo sarcofago, pensando che in fondo non dovevano essere poi tanti quelli che quelle spoglie 'minori' se l'erano cagate, da quando stavano là.
E quando siamo andati via, ancora una volta straimmersi nella nebbia, ma adesso anche nella notte, ero completamente soddisfatto della visita.
Da lì in poi, sarebbe stato il duro percorso a tentoni, di cui parte su una lunghissima strada tutta curve, per arrivare all'agriturismo.

SCENA TRE - L'AGRITURISMO
Lo stress della giornata l'avrei accusato tutto una volta là.
Essendo questo papiello già lungo oltre le sei pagine, cerco di farvela breve.
Oltre all'accoglienza di Manuel e ai festeggiamenti per i quattro Capricorno, una menzione a parte va fatta per la cena.
Per due motivi.
Il primo è che era sontuosa. Antipasti che erano un florilegio di salumi e formaggi, freschi, semifreschi e stagionati, tra cui il mezzostagionato col peperoncino, che io adoro. Il tutto da me ammazzato con abbondanti dosi di pane. E uno svario di altre cose che adesso nemmeno ricordo.
Ma quello che stroncava era soprattutto il vino: rosso, corposo, salutare. Il mio sangue credo sia abbondantemente migliorato. E incocciava, tantino.
Poi il primo: pasta con mascarpone e salsiccia.
Adesso, io non mangio più mascarpone da quando ho scoperto, grazie a Report, che i produttori si rifutano di rivelare il procedimento con cui lo si produce. Ma prima, ne mangiavo a tonnellate, mi piaceva da matti.
In abbinamento con la salsiccia, poi, e con la pasta, e con la fame da lupi che avevo... ma avevo anche lo stomaco chiuso, e gonfio. L'ho finita a stento.
Poi è arrivato il secondo: purè e carne. Adoro il purè, ma fisicamente sono riuscito solo ad assaggiare un angolino grasso della fettina.
Mi si è squagliata in bocca, paradisiaca. Ma il resto non c'entrava.
Ed è questo il secondo motivo: l'ho lasciata a metà, quella cena, mentre con lo sguardo supplichevole e piangente la fissavo immota nel mio piatto, sapendo che chissà quando ne avrei assaggiata un'altra così. A metà, capite?!
Sigh!
E dopo c'era pure la torta!!!
Bwaaaahhhh!!!
Ricollegandomi a quanto dicevo del mio compleanno, e considerato appunto che questo sabato eravamo in quattro gatti, si può proprio dire che il mio compleanno l'ho festeggiato davvero solo chiacchierando in macchina con Simone.
Per darvi la cifra di quanto stavo gonfio quella sera, vi dico che per provare a digerire tutto ho dovuto prendermi un digerseltz e quando sono andato a dormire - alle tre e passa - mi sentivo ancora gonfio.
Tanto che ho sognato - questa è l'unica parte che rammento - che dovevamo caricare su di un carretto tutta una serie di trivelle arruginite, come delle punte di trapano di quelle a cono. Non mi ricordo chi eravamo, forse c'era anche il Deso (che a tavola era vicino a me), ma lo sforzo non doveva essere poi così indifferente, che dite?
Del resto, però, bisogna pur dire che il venerdì notte avevo sognato James Stewart seduto accanto a un televisore, col cappello in testa e una sigaretta in mano. Nel televisore si vede una donna affacciata a un palazzo che grida guardando verso l'alto, ripresa da sotto. Però, sopra di lei, si vede qualcosa d'indefinito, che potrebbero benissimo essere i fili per stendere i panni alla finestra del piano di sopra. James Stewart si accende la sigaretta, dà una boccata e soffia il fumo casualmente verso lo schermo, poi distrattamente dà un'occhiata e, attraverso le volute del fumo, si riesce a vedere una specie di alieno robottone che sta scendendo lungo la parete del palazzo verso la donna che urla! Il ricordo del sogno s'interrompeva sulla faccia di Stewart quando realizza quello che ha visto e perché lo ha visto.
Però non mi ricordo se venerdì avevo mangiato pesante. ^__^

La domenica, invece di andare a fare gite visitando uno degli innumerevoli posti lì vicino, abbiamo optato per restare lì e vederci il paese. O meglio, quasi tutti sono andati a messa o a farsi una passeggiata, mentre io, Erika e Luca li abbiam raggiunti dopo.
Lì, sotto la piazza, abbiamo scoperto un monumento ai caduti con sotto un'arena greca, di quelle per il teatro. Visto che si poteva scendere, siamo scesi ed abbiamo improvvisato qualcosa (su gentile richiesta, ho dato il via alle danze).
Ci credete? Black out.
Non mi veniva in mente niente: stralci di Pascarella, sì, nemmeno una virgola degli spettacoli. E ancora una volta mancanza d'entusiasmo. Proprio io, non avevo tanta voglia di mettermi in mezzo, volevo starmene un po' in disparte. Quasi mi sono forzato.
Mi viene da pensare sai che panico quando mi ritocca di andare in scena, forse a maggio...

Le ultime due menzioni su questo weekend riguardano Sara e le canzoni della Disney.
La prima è la figlia di Sharom e Serena, ed io l'ho conosciuta che era un piccolo puffo in giacca a vento la prima volta che siamo andati lì. Di lei così ho un ricordo indelebile: su di un molo in riva a un lago lei zompettava in mezzo a noi, riuniti in cerchio a decidere che cavolo fare e soprattutto dove andare a mangiare, tutta intabarrata dentro un immenso piumino, credo rosa. E patapunfete! Cade giù di schiena, a piombo. E' tutta lì, la delizia: in quel faccino contrito che non sa se deve ridere o piangere, perché non s'è fatta niente, ma è pur sempre caduta!
Solo che noi, avendola vista andar giù veloce e sonora come un sacco di patate, per l'immensa ilarità della scena scoppiamo tutti a ridere a crepapelle: lei lo prende come un segnale decisionale e si mette a ridere pure lei. Deliziosa.
E' cresciuta adesso, mi pare abbia tre anni, ed è deliziosa come prima.
Scherza, gioca, fa il muso e soprattutto tiene da matti al fratellino che ha quasi un anno. M'ha proprio risollevato il morale, come un piccolo angioletto custode. Che si preservi così, per carità!
^__^
Per quanto riguarda le canzoni della Disney, ancora una volta si tratta dei cd di Erika.
Dico ancora, perché in un post mai scritto (cioè mai completato) raccontavo del viaggio di ritorno da Lucca, dove tra le altre cose ascoltammo proprio quel cd. E in particolare mi colpì, allora come ora, il testo della canzone che Merlino e Semola (Artù) cantano ne "La Spada nella Roccia" durante la sua educazione:


"Des, sinist, un, due, qui e lì notte e dì
questo il mondo fa girar.
Per ogni qua c'è sempre un là
Per ogni se c'è sempre un ma
Per ogni su c'è sempre un giù
Per ogni men c'è sempre un più
Più o men, vuoto o pien
questo il mondo fa girar.
Qua e là, va e sta sempre in alto mira e va
esci dalla mediocrità
non star solo ad aspettar
ciò che per caso puoi trovar.
Se metti buona volontà
il mondo tutto ti darà
però se tu non rischierai
nulla mai rosicherai."


A ben guardare questo testo, infatti, si possono capire alcune cose.
Come ad esempio il fatto che le canzoni della Disney io, forse, non le ho ascoltate affatto.
Voglio dire, ho visto "La Spada nella Roccia", ma non ho mai prestato - con tutta evidenza - attenzione ai saggissimi consigli di Merlino.
Non trovate?
E come questa chissà quante altre volte m'è capitato d'ascoltare le canzoni della Disney e non prestar loro alcuna attenzione!!!
Buona notte, o buongiorno, signori!


GrimFang

De Papae et universitate

Riprendo dall'assenza con un breve post sulla questione del papa all'università, presa para para da una e-mail di discussione con un'amica, Ceciotta.
Credo che possa risultare uno spunto interessante: buona lettura!

"Mmhhh...
Ammetto che la mia posizione a riguardo non è stata presa con le dovute informazioni in proposito, ma ritengo che non far intervenire il Papa all'inaugurazione dell'Anno Accademico non sia stata una mossa vincente: tutto ciò che mi sa di censura mi mette i brividi poiché quel che più amo è la libertà di scelta e di opinione.
E credo che il problema non si sarebbe posto se si fosse messo l'accento sulla bravura o meno degli insegnanti: un ottimo docente è colui che fa parlare il papa, lo ascolta, lo fa esprimere e discute poi LAICAMENTE quelle opinioni coi suoi studenti, esplicitando i propri obbiettivi e la propria sensibilità.
Le INGERENZE del Vaticano sono forti e gravi, in questo paese, ma ciò non vuol dire che alla chiesa vada tappata la bocca o che, automaticamente, qualunque cosa dica il papa diventi legge o regola o indirizzo da seguire, presso le facoltà scientifiche soprattutto. I docenti che hanno invitato il papa, infatti, continueranno ad insegnare da cattolici bigotti o da cattolici illuminati quali, singolarmente, essi sono. Papa o non papa.
Basta sostituire al papa il Dalai Lama: anch'egli è a capo di una religione con precetti precisi, e fosse stato lui non si sarebbe alzato questo casino.
In più, se si vuole considerare la storia della chiesa cattolica e le opinioni espresse in merito a Galilei, non si può non considerare il fatto che il 'problema' non è in chi le esprime, quelle opinioni, ma in chi le accetta: la stessa scienza va avanti a confutazioni, ed è nell'orecchio di chi ascolta il rischio di involuzione di un cammino, non certo nella bocca di chi parla."


GrimFang

mercoledì 9 gennaio 2008

Il post che tutti attendete (da troppo)



Scena: esterno notte, periferia di Roma, zona tra l'Anagnina e la Tuscolana subito fuori il raccordo, ore 23.56 circa del 31 dicembre 2007.
Mentre gli abitanti delle villette della zona e anche di alcuni palazzi si dispongono ai bordi delle strade mentre alcuni di loro fanno da fuochisti per la sarabanda di fuochi d'artificio che si scatenerà da lì a poco, una A112 argentata fa due volte il giro di una rotatoria, esita, si fa di nuovo avanti ed infine parcheggia in uno spiazzo adibito a parcheggio, ma piuttosto ricolmo di polvere di calcinacci.
Sembra Beirut.
Quattro ragazzi escono in fretta e furia dalla macchina: i più attenti tra gli osservatori può notare che uno di loro regge in mano un tom-tom, come se fosse uno specchietto di quelli da trucco.
Corrono, sembra che abbiano parecchio fretta: via Cropino è interrotta dai lavori, ma c'è un modo di svicolarli camminando dentro quello che, al buio, sembra un terreno incolto. I quattro passano quindi davanti alle villette a schiera, dove - come detto - ci sono famiglie e comitive di amici in festa riversatesi in strada per vedere i fuochi. Li ignorano, tirando dritto verso l'incrocio con via Gasperina.
Arrivano all'incrocio e... si fermano. Guardano a destra, a sinistra, accennando qualche passo, forse per sincerarsi che sia davvero quello il luogo. E dev'essere così, perché tirano fuori una bottiglia di spumante e armeggiano (almeno in due) per aprirla.
A mezzanotte scatta il delirio, e adesso che c'è anche il rumore di botti in quantitativo spropositato per un angolo periferico di Roma (in sette, otto isolati avranno fatto pari coi fuochi del comune a piazza del Popolo) sembra Beirut sul serio.
Uno dei ragazzi viene colpito in pieno, a tradimento, da un getto copioso di spumante proveniente dalla bottiglia - debitamente shakerata - che è in mano a una delle due ragazze. Ridono, si fanno gli auguri, baci, abbracci, festeggiano. Si fanno un sacco di foto e fanno anche foto al cartellone che segna l'incrocio. Dev'essere stato un luogo importante della loro vita.
Telefonano, fanno videochiamate, si godono i fuochi artificiali e poi si fanno fare una foto da uno dei ragazzi del posto, mentre dietro di loro, non visibile, scoppia l'equivalente di una bomba a grappolo in fuochi artificiali: un rombo continuo che sembra infinito di scoppi di petardi, come una cascata. Personalmente non ho la minima idea di quale fuoco artificiale possa fare un rombo del genere.
E poi, così come sono arrivati, ripercorrono via Cropino - stavolta facendo gli auguri a tutti - evidentemente felici, e risalgono sulla A112, sparendo all'orizzonte.

Nessuno gli chiede come mai quel luogo sia così importante per loro.
Peccato.

Si sarebbero sentiti rispondere: "Ci siamo persi!".

^_____^

Così ho passato la mezzanotte, e ad innaffiarmi - perché ero io il bersaglio dello spumante - ci ha pensato Erika.
Alla quale devo dire grazie per questo, perché mi ha strappato al mio tipico immusonimento che insorgeva (cose tipo "ecco che piglio freddo" di certo non mi preoccupava minimamente il fatto che ci fossimo persi, anzi!) con la sua risata e la sua gioia di vivere. Ero fradicio, con la giacca a vento buona che costa un occhio della testa fresca di spumante, che mi colava sulla sciarpa fatta a mano da mia cugina (praticamente ci tengo una vita) eppure non c'era più niente di cui potessi preoccuparmi: le cose erano tornate al loro giusto posto.

Mi sono divertito un casino. E se non così tanto ci sono comunque andato vicino.
Di questo devo ringraziare invece Giulia, e Luca - il suo ragazzo - che ci ha scarrozzati in giro in macchina.

Il programma originario prevedeva di andare a Terracina a passare il Capodanno con Vania (a casa sua) e altri del teatro, più amici di Vania.
Però Erika doveva lavorare alle 3.30 del primo mattina, e sinceramente le pesava assai di dover andare via prima, sciropparsi cento chilometri per tornare a Roma e - in caso di traffico assai probabile - magari rischiare di non arrivare in tempo a lavoro.
Per quanto riguarda me, non ero stato bene di stomaco la sera prima, sciropparmi tutta la strada da solo, magari subire il freddo, lasciare da sola Erika, non avere un cellulare per chiedere aiuto o indicazioni, insomma anche a me pigliava male.
Per fortuna che le cose che capitano all'ultimo momento sono le migliori (se capitano). Perché non sono mai guastate dall'aspettativa, magari troppo alta. Non hai niente da perdere.

Così, chattando, alle quattro del pomeriggio abbiamo ottenuto l'invito di Giulia a casa sua per il cenone. La festa era del fratello, che conosco, ma Giulia s'era "imbucata" (a casa sua) perché essendo stata male per tutto il periodo precedente non s'era potuta organizzare nulla, anzi, aveva dovuto rinunciare a una trasferta fuori Roma.
Così, una volta stabilito che basta portare da mangiare per evitare che al fratello prendano le paranoie tipo "non c'è cibo per tutti", io ed Erika ci organizziamo e vado a casa sua per cucinare.

Abbiamo preparato due teglie di pasta al forno, un magnifico gattone (gateau) di patate con all'interno mozzarella e mortadella a profusione con abbondanti tocchetti di salame (sono stato eletto Mastro Tocchettatore) e verdure al gratin, più due bei bottiglioni da un litro e mezzo di lambrusco. Se era una festa per conto nostro ci mangiavano in quindici. E abbiamo pure speso poco! ^__^
In questo modo armati pesantemente siamo giunti a casa di Giulia, che abita al centro, a fianco al Viminale. Casa di fine ottocento, soffitti a quattro metri di cui due con pitture originali. Casa enorme, piena di stanze, ma solo un'ala destinata alla festa.

Ora.
Ho detto che conosco il fratello di Giulia, ed è gay. Quindi ero più o meno consapevole che avrei trovato una festa assai gaia, in cui gli eterosessuali si contavano sulla punta delle dita. Quindi, per me, la serata di Capodanno ormai aveva la croce sopra per quanto riguardava l'obbiettivo "conosci ragazze carine".
Non mi aspettavo però di trovare un sacco di donne, la maggior parte lesbiche, e comunque un sacco di gente della mia età o superiore! Il fatto è che il ragazzo del fratello di Giulia è un bel po' più grande di lui, e molta di quella gente era amica sua.

Ad ogni modo, ci mettiamo dove troviamo posto, poi ci spostiamo nella stanzina dove c'è il tavolo del buffet, e ci sediamo su di un divanetto di quelli antichi, un po' spartani, e scopriamo di lì a breve, su candida ammissione di Giulia, che siamo seduti su uno dei quattro divani rimasti di quel tipo da quando l'han fatti nel Settecento.
Una volta ero a casa della mia amica Marta e guardavo un quadro appeso alla parete, sforzandomi di ricordare dove l'avevo già visto. Poi l'illuminazione: "Ehi, questo è un quadro famoso! L'hanno anche riprodotto in una storia di Dampyr!" e lei "E' 'L'isola dei morti' di Böcklin. Ne esistono diverse versioni: una è al museo di Berlino, una andò perduta... Una ce l'aveva Hitler appesa nel suo studio" e io "Cazzo! Come mai ne tieni una copia nello studio?" e lei "Non è una copia, è un originale. Böcklin era il mio trisnonno".
Poi dici che gente frequenti...
Del resto, un altro amico mio mi raccontava che da piccolo giocava a pallone vicino al garage della casa del nonno in campagna, o qualcosa di simile. E come pali della porta usavano due vecchie sedie dipinte...
...da Salvador Dalì, che era stato amico del nonno.
^_______^

Comunque, non si preventivava di restare al cenone per sempre: saremmo scappati in seguito per andare alla festa di un mio amico, Diego detto Il Papa (Giovanni Olmo I, e chi becca il doppio senso è bravo), che conosce anche Giulia, e fare il brindisi di mezzanotte.
Questo già s'era detto dal pomeriggio e mi faceva molto molto piacere, perché Diego, oltre che ihgger (frequentatore di ihgg, ovvero il newsgroup it.hobby.giochi.gdr) dei bei tempi andati e mio compagno di calcetto, è anche, appunto, Il Papa, e in quanto tale custode dell'antica usanza ihggera di tirare i dadi da Tokio a Capodanno per stabilire quale fosse il punteggio dell'anno a venire.

Ve lo dico subito: ho fatto rinverdire la tradizione, ed il Papa ha lanciato i dadi.
4-4.
Coppia di quattro.
Sarà un anno veramente difficile da battere!!! ^____^

Ad ogni modo, ero davvero contento di andare là, tanto più che, nel tempo trascorso a casa di Giulia - fratello Guido a parte - non è che ci fossimo sentiti particolarmente integrati; insomma, chi si conosceva chiacchierava se no ognuno pe' li cazzi sua. E anche quando un paio di ragazze carine han chiesto di chi fosse la pasta al forno, dopo uno scambio di complimenti la cosa è morta lì.
Il mio massimo è stato usare la scusa di andare a controllare Giulia che faceva il nodo alla cravatta di una ragazza - questa sì davvero gnocca - per spizzarmela per benino. Era una biondina verso il castano, bellissimo viso e soprattutto bella mise: stivale floscio in pelle morbida, minigonna (mi pare), giacchetta con le paillettes rosse in tema capodanno e poi cravatta rossa larga. Decisamente carina. Ma anche questa è morta lì, perché era arrivata assieme al ragazzo e stavano incollati assieme.

... Giorni dopo avrei guardato Giulia sgranando gli occhi e tirandomi su a sedere avrei detto:
"Vuoi dire che QUELLO NON ERA IL SUO RAGAZZO?!?!"
E lei: "Stai scherzando? Sono amici, quello è gay!"
^___^'
...maledizione...

Ad ogni modo, alle 23 usciamo da casa di Giulia e ci dirigiamo alla A112 di Luca per raggiungere casa di Diego.
La storia la sapete: prima l'errore umano - abbiamo imboccato l'Anagnina convinti che fosse la Tuscolana - e poi quello tecnico, seguendo le bizzarre indicazioni del navigatore satellitare che un momento segnava distanza 80 metri e un attimo dopo 400.
E così la mezzanotte, almeno per la seconda volta in vita mia - la più sensazionale fu nel viaggio a Ururi (CB, Molise) per recuperare Vania che faceva il servizio civile - l'ho passata in strada dopo essermi perso.

Il resto della serata a casa di Diego, che come avrete capito abita in Culandia, è stata molto piacevole e rilassata. Certo, a parte quelle due macchine in fiamme che uno degli invitati mi ha raccontato di aver visto mentre parcheggiava. Strana concezione dei 'fuochi di Capodanno', suppongo...
S'è parlato, brindato e c'è scappato anche un momento per fare una mano a Grass, prima d'andare via.

Questo è quanto, per il mio Capodanno.

Resterebbe da riflettere sulla simbologia, di aver passato la mezzanotte, l'inizio del nuovo anno che ho davanti, ad un INCROCIO.
Ma questo posso farlo da solo, con calma... ve ne racconterò eventuali sviluppi più avanti.
Ancora buon anno, e...

...buona Coppia di Quattro a todos!
^___^


GrimFang