L'artista mescola il sangue con la terra, per generare sempre nuova vita...

Sarà sicuramente potente, la vita. Piuttosto dolorosa, a mio avviso, a volte sorprendente, sicuramente intensa, vibrante, indubbiamente da vivere. Sempre e comunque.

Sara Tenaglia

Terra, Pioggia, Fuoco & Vento

Terra, Pioggia, Fuoco & Vento
Fire cup

lunedì 22 giugno 2009

Una rosa bianca

Domani parto per Viterbo.
Facciamo le prove generali per gli spettacoli di Ludika, e già che ci sono resto su.
E adesso che ho un po' di tempo, posso fare un bilancio delle prime andate in scena con lo spettacolo nuovo, "3 pa(zzssi)i all'Inferno", che magari qualcuno di voi potrà ammirare in piazza sabato prossimo, il 27.

Le prime tre date, sono state quelle a Ygramul, lo spazio per il quale lo spettacolo è nato ed è stato pensato.
Non posso chiarire ancora le dinamiche, per quelli di voi che ancora non se lo sono gustato e magari si sono già prenotati per l'ultima replica il 5 luglio alla Casa delle Culture; ma ogni spazio, ogni meandro di quel teatro ha vissuto della nostra anima, e dev'essersi sentito.
Dev'essersi sentito perché - sold out e pienone per ogni serata a parte (per il 5 luglio credo siano rimasti sei posti) - nonostante il mio come al solito ferale giudizio sulla prestazione, specie quella della prima, l'applauso alla fine è sempre stato lungo e gratificante.
Ora, è bene spiegare come ci siamo arrivati, a quel giorno.

Tanto per cominciare, il lunedì delle prove Vania - il regista - ci ha cazziato.
Al punto che noi del laboratorio Ludyka abbiamo offerto il giorno dopo in sacrificio, per una nuova prova generale collettiva, al posto delle prove dei nostri spettacoli (due gruppi di noi che fanno due messinscene diverse dello stesso copione).
Accidenti, m'incarto io a scrivere, figuriamoci voi a seguirmi! ^_^
Il fatto è questo: nei quattro giorni di Ludika ci saranno spettacoli ogni sera.
L'Inferno è il 27, ma per gli altri tre giorni ci si doveva organizzare tra di noi del gruppo Ludyka e basta, per cui Vania ha deciso di trasformare sei di noi in registi, e di affidarci i testi degli spettacoli degli anni scorsi.
Ora, però, noi non abbiamo sei spettacoli alle spalle, ma solo quattro. Quindi Vania ha fuso gli ultimi due in uno solo, ed ha affidato lo stesso copione a due registi diversi. Sei registi, tre copioni, sei spettacoli.
A me è toccato "L'amore degli Zanni", il mio cavallo di battaglia d'attore, con un gruppo di veterani dello spettacolo nelle parti principali, e tre perfetti novizi nei ruoli minori. Recito invece ne "I segreti di Viterbo" per la regia di Valentina e... cosa sono quelle facce? Valentina se la cava, con le idee.
Sì, è come dire, 'ostica' su un casino di co... Sì, ok, a tratti è esasperan...
Beh, non vi ho ancora detto che nel suo spettacolo c'è anche Federichino.
Ok, ok, mettiamo le cose in chiaro: nel mio "L'amore degli Zanni" ho tre prime donne e un'ancora di salvezza. Avete la più pallida idea di cosa abbia significato cercare di lavorare con Omar, Federichino e Valentina, no, dico, tutti e tre assieme, con ciascuno di loro che cerca di metter bocca su tutto?!? E poter contare solo sulla gioia di vivere di Lalla per superare tutto questo?
Vi dico solo che un giorno s'è incazzata pure Lalla!!!
Grazie al cielo mi è bastato gemere "...no... Lalla, pure tu..." per riavere indietro un minimo di conforto.
Quindi, tornando a quel che dicevo, stare ne "I segreti di Viterbo" con Vale e Federichino è stata una passeggiata, a confronto!
Grazie a Dio non c'era pure Erika nel mio gruppo... ^_-
Comunque, sono in scena con un ruolo minore anche in "Troppi giullari della vita rotonda" o come cavolo si chiama incrociando i titoli di "Troppi rumori in scena" e "I giullari della vita rotonda". Per la regia di Federichino.
Sic.

Quindi, abbiamo sacrificato le MIE prove per avere una seconda opportunità di prova generale con (quasi) tutti. Dico quasi perché non è che 32 persone si liberano così, dall'oggi al domani.
Sì, siamo 32 attori.
Per questo il pubblico è diviso in gruppi di 15 ed è necessaria la prenotazione.
...altrimenti mettevamo in scena un carro bestiame diretto ad Auschwitz.
Insomma, facciamo queste seconde generali e vanno bene.
Ok. Ma questo vuol dire non poter scendere sotto quel minimo standard.
Senza contare che abbiamo tagliato via del tutto un bel pezzo finale (perché nessuno se l'era studiato)!!!

Ad ogni modo, si va in scena.
Un sacco di pubblico, io decido che la parte iniziale me la faccio senza occhiali, che metto in tasca, perché devo fare la 'maschera cieca' e senza mi riesce molto meglio! ^_-
Il rituale del 'merda' - gli attori pronunciano tre volte merda prima di posizionarsi per lo spettacolo - è un po' bizzarro ed allevia la tensione: dopo aver detto merda urlato al cielo, abbiamo toccato al culo a quello alla nostra sinistra, poi a quello a destra, ed infine correndo come dei pazzi a tutto il resto della compagnia!
^_^
Non fai in tempo a capire di chi è il culo che stai toccando, ma sapere che non hai mancato Claudia, Michela, Fri, Chiara, eccetera, eccetera è abbastanza per dar soddisfazione a un vecchio satiro come me. =)P
Poi, però, ci sono quei minuti di attesa, in posizione, prima che cominci lo spettacolo.
All'esterno, in rampa, immobili.
Cominci a notare che la posizione che hai scelto non è delle migliori. Ti fa male la schiena. Alla prossima meglio in piedi che così sbilanciato. Eh, ma poi perdo questa posa plastica, è carina. Oh, ma quanto cazzo ci mette a dare il via?
Sento il pubblico a meno di un metro da me, sento le chiacchiere, le stronzate, l'appello. Penso che così perdo la concentrazione. E se poi arriva una battuta carina che faccio, comincio a ridere? Di massacrarmi la guancia coi denti come faccio di solito non mi va.
Ecco, arriva il segnale d'inizio!
La gente entra, ma...
La prima volta il pubblico ha tirato dritto guardandoci come belle statuine. Il nostro segnale per muoverci non era arrivato ancora e insomma, promemoria per la prossima. ^_^
La prima per me è stata una schifenza: buchi lacunosi e mostruosi nel testo, imprecisioni, affollamento, due gruppi di pubblico si sono fusi insieme... carro bestiame per Auschwitz.
E invece...
Invece alla fine applauso possente, qualcuno che si riprenota persino per vederlo ancora. Vania soddisfattissimo perché c'erano buone energie...

Mah, mi dico, è vero che c'era una buona presenza. Ma questa era la strizza della prima, vedrai come alla seconda cediamo. La prendiamo sottogamba e - zac! - faremo una replica di merda.
Intanto, abbiamo alzato lo standard.

La replica, sabato 13, è un delirio.
Per me, che alle nove parto per Capalbio che si sposa mio cugino, e che alle 16.30 mollo il pranzo di nozze dopo il primo (avrei voglia di trascrivervi il menù che mi son portato via...) e devo pure faticare per avere un caffè.
Che arrivo in orario, ma a pelo, alla punta delle 19.30 per truccarsi e costumarsi.
E che, contrariamente a quanto programmato, ho fame. Grazie al cazzo, ho assaggiato solo i due primi! Mangio qualcosina e mi compro i soliti due Energade che mi sparo da solo a fine spettacolo.
E poi, stesso rito dell'altra volta, con in più un po' di respirazione antistress, e in scena.
Anche lì, fregato sulla rampa dalla chiamata che ci immobilizza. Stavolta ero partito un po' più dritto e mi ero andato a posizionare per ultimo, ma m'ero scordato che a una certa chiamano "Canto II" e io mi fermo come sono. E resto così per un'eternità, fino a quando Michela viene a darmi il cambio. E Michela viene dal fondo, deve passare i Saltymbanco che fanno una scena (quindi deve aspettare che finisca) e superare tutto il pubblico. Arriva sempre per ultima. E poi io devo correre a precedere quello stesso pubblico perché ho una scena subito dopo con loro!!!
...e 'sta botta mi son fermato proprio a cazzo! ^_^
Sono praticamente proteso in avanti, irrigidito, la schiena manda fitte lancinanti mentre il mio cervello grida "non pensarci! non pensarci! falla addormentare!" e maledico il giorno in cui ho dimenticato il proposito di fermarmi in posizioni comode, e la mia smania di essere ligio al ruolo attoriale che non prevede che uno si assesti solo per star più comodo DOPO che è stato chiamato lo stop! ^_^
Finalmente Michela arriva e posso continuare. Vado ad appendermi al bar e poi lo spettacolo continua.
E anche questa serata, applausi scroscianti. Sergio mi abbraccia (peccato sia riuscito a fare solo questo, perché poi è sparito) e ci fa i complimenti, forse lo autorizzano a scrivere del nostro spettacolo sulla testata di critica teatrale per cui lavora. Momo riesco a spupazzarmela di più, per fortuna.
Bestia, è andata bene anche stavolta. Ma domani...

E infatti 'domani', cioè domenica 14, è un dramma.
Lo spettacolo è un successone, al solito. A parte qualche faccia poco convinta che sembra abbia visto solo io (c'era uno che pareva quasi schifato, stile ma che monnezza sono venuto a vedere). Sabato si era andati tutti insieme a mangiare al bar, quello aperto tutta la notte, e s'era fatta un po' d'allegra caciara tutti assieme. Ad esempio, Amedeo ogni sera ha portato due diverse ragazze carine a vederlo, il che a) impone di frequentare il ragazzo e b) ha consentito a buona parte della compagnia di conoscere gente nuova. Ma non solo lui, ci han pensato anche Betta, Ester, e tante altre persone a portare amiche.
Vedi Paolino, a lavorare in Francia...
^____^
Comunque, domenica mi alzo di conseguenza assai tardi. I miei partono lunedì, e quindi so che la giornata è dedicata alle raccomandazioni sul genere "metti in ordine la stanza", "dai da mangiare ai pesci", "chiudi le serrande che sennò fa caldo" eccetera.
Purtroppo per me, un commento da me erroneamente considerato privo di rilievo, fatto da una sorella di mia nonna che non mi vede da secoli, diventa oggetto di una furiosa diatriba con la mia augusta genitrice nel mentre che sono zaino in spalla per uscire di casa e recarmi a teatro.
"Sei magro". Questo l'argomento.
Inutile sottolineare come, l'ultima volta che era uscito l'argomento magro=morte alla fine io sia andato dal medico il quale mi ha confortato mostrandomi che rientravo nella fascia verde (normalità - giallo = fuori norma, rosso = rischio) del peso, e neanche di poco.
Niente, mia madre aveva lasciato macerare la frase ventiquattro ore quindi nulla poteva battere la sua ansia di morte. Alé.
Fesso io che mi ci sono fatto il sangue amaro e poi l'ho mandato tutto in testa.

Con un mal di testa terrificante (non di quelli forti, ma di quelli persistenti in sottofondo) arrivo in teatro.
Si preannuncia una cazzo di serata.
Il rituale solito non basta a risollevarmi il morale, sono un po' nero e preferirei non farlo. Ma lo faccio. Verrebbe da dire "il lavoro è lavoro", che è un po' un motto che m'appartiene. Anche se quando mi trovo poi in scena da solo a urlare la canzone del coro che poco prima facevano in sei, l'ulteriore botta di sangue al cervello non fa bene.
E a dire il vero spero che facendo lo spettacolo mi passi. No, passerà alla fine. Anzi, mi distrarrà spesso tirandomi fuori dalla situazione e dal personaggio fino a quando non accade il miracolo.
Anzi, la sequenza di miracoli.
In sala scenografia, Erika arriva al mio fianco. Siamo sopra il ballatoio, tra i nostri compiti c'è quello di far oscillare una lampadina. E' accesa, è calda, l'ho sempre fatta oscillare io. Stasera vuole farlo lei.
Peccato che non lo faccia nel verso avanti e indietro, ma destra sinistra.
STOCK!
Lobo frontale destro.
La guardo stralunato, e per poco non sbotta a ridere. Un istante dopo dobbiamo lanciare bolle di sapone sul pubblico. Soffio. Soffio forte. Troppo forte.
Uno spruzzo di acqua e sapone concentrato finisce dritto nel mio occhio sinistro, bruciando come i tizzoni dell'inferno. Strizzo l'occhio, cerco di riaprirlo, un dolore allucinante.
Ma sono truccato, non mi posso stropicciare gli occhi.
Ma sono perpetuamente in scena, non posso andare in bagno a sciacquarmi.
Con un occhio in fiamme senza possibilità di lacrimare, sentendo il sapone che brucia mordendo la carne, sentendo l'afflusso di sangue al bulbo che si gonfia e comincia a pulsare (abbastanza pulp?), scendo la scala da guercio e - credo sia stato lì, altrimenti non capisco dove - ammollo una ginocchiata sinistra coi controfiocchi al muro in cemento.
Fantozzi mi da una pacca sulla spalla sospirando, mentre aggiungono il mio nome alla lista degli interpreti di slapstick comedies.
Bestemmiando in aramaico, tanto all'inferno ci sto già, mi preparo alla scena successiva.
Zoppico, stringo un occhio in una smorfia demoniaca di puro dolore, ruggisco per non gridare.
Qualcuno deve aver pensato "bravo, questo qui!".
Quand'è il momento di defilarsi, ci schieriamo da un lato per lasciare la scena agli Yogurt che fanno le Erinni. Io mi piego in due dal dolore, per cercare di aprire l'occhio e sbattere le palpebre. Quando mi guardo attorno, tutti quanti si sono piegati come me. Qualcuno mi ha copiato scambiandolo per un inchino.
Dio, mi dico, peggio di così che mi può andare?
In quella posizione non è che la schiena stia proprio comoda... ^_-
Grazie al cielo c'è il cambio scena.
A fine serata, mi scopro un livido sulla tempia e un graffio sulla spalla sinistra, sotto la camicia. Vi giuro che ancora non ho capito come me li sono fatti.

Ad ogni modo, successone.
E poi, tutti a festeggiare. Anche l'ultima replica al teatro Ygramul è andata bene, ed io continuo a chiedermi come sia stato possibile, anche se finalmente Giorgia è riuscita a dire "Amor ch'a nullo amato amar perdona / mi prese del costui piacer sì forte / che come vedi ancor non m'abbandona". E non "Amor ch'a nullo amato perdona / mi prese del costui che ancor non m'abbandona" o cose simili... ^__^
Però pare che sia riuscito a dirlo bene solo una volta...
E poi il mal di testa mi è passato. Sono stanco ed ho solo voglia di rilassarmi un po': di nuovo tutti al bar, brindisi con bottiglie di spumante che, scopriremo poi, vengono tipo 18 euro l'una, e tante tante chiacchiere spensierate.

Il giorno dopo, inaspettatamente, mi assale un magone tremendo per tutto il lavoro fatto.
Per le prove in comune, per tutta la gente splendida con cui condivido questo percorso, per lo spettacolo - che forse riproporremo a settembre ancora una volta all'Ygramul.
Mi manca di brutto, sono in ufficio, la vicinanza con gente come Andrea - classe 1954 - con cui si chiacchierava del fatto che i BASTARDI (il maiuscolo è col senno di poi) del Furio Camillo ci hanno spostato la data dal 19 al 20 avvisandoci con neanche due settimane d'anticipo, e che lui saltava la Mezza Maratona dopo aver anche pagato l'iscrizione... e si discuteva del piacere con cui si fa un simile sacrificio, perché c'è impegno e impegno e quello di correre era un piacere personale... Ed io pensavo se avrei sacrificato o meno una cosa cui tenevo tanto per non lasciare soli in scena gli altri - quando pur sapevo che ci sarebbero state delle assenze, nelle varie repliche - e cercavo di sostenere che non l'avrei fatto mentre qualcosa in me sentiva che invece sì, non li avrei lasciati soli se potevo evitarlo... E mi scoprivo a metà, in bilico tra una cosa desiderata e un impegno piacevole come fare teatro tutti insieme. Perfettamente a metà.
Ma se una delle donne dei miei sogni mi chiedesse di andare a letto con lei la sera dello spettacolo, immagino che non avrei dubbi.
In fondo i ragazzi se la cavano anche da soli. ^_-

Poi, venerdì sera, serata dedicata da tempo a rivedere Simone dopo un po' che non ci si vedeva, Gabriele mi dice che forse proietta il corto che abbiamo girato a maggio, quello da un racconto di Rodari.
Ok, mi dico, anche perché ho dimenticato la mia camicia di scena in teatro, e visto che il giorno dopo siamo al Furio Camillo, è il caso che la prenda e provi a dargli una lavata, scrostando via il muschio e i funghi che devono essere cresciuti su di un capo mai lavato dopo tre copiose sudate di andata in scena e una settimana di permanenza nel loco horribilis della fuffa elishiana.
Quindi mi organizzo con Simo e passiamo a teatro - passiamo lo stesso anche se Gab mi ha fatto sapere che il corto non si proietta.
E invece alla fine si proietta uguale, il tempo di aspettare Renato che poi non arriva e quindi ce lo vediamo senza di lui.
So che Simone ci tiene alle nostre serate-chiacchiera, per cui provo a scacciargli via l'impressione che lo sto gabbando e che in realtà voglio passare la serata con tutto il gruppo di cui non conosce nessuno. E poi so che lui di cortometraggi e queste cose qui non capisce nulla e gliene frega poco: posso inchiodarlo per ore a discutere di macchine e musica anni Ottanta, ma se dico teatro gli fa allergia.
Quindi giusto il tempo di pazientare un po', quanto dura? Dieci minuti... Ecco...

Porca vacca.
Credo sia stato questo il primo pensiero quando mi sono visto sullo schermo recitare.
Questo non sono io.
E' stato il secondo.
Per la prima volta nella mia vita, mi sono trovato bravo a recitare. Molto bravo.
Probabilmente anche la vicinanza nello schermo con quel cane di Federicone ^__^ giovava alla mia prestazione, ma davvero, sono rimasto senza parole. Mimica, intonazione, naturalezza.
Ma dov'era quel sole abbacinante che ci inchiodava, il caldo torrido che ci abbradipava, tutti i casini nel girarlo? Non c'era nulla di quella giornata, eppure c'era tutto, ed era una cosa a sé. Una bella cosa.
Tutti siamo stati concordi con Gabriele nel dirgli di provare a spedirlo da qualche parte, a qualche concorso. Quindi non lo vedrete su Youtube, come gli altri. Almeno, non per un po'.
Ma per me, è stato un bellissimo shock, che spero possiate in qualche modo presto apprezzare e condividere.

Infine, la rosa bianca.
Siamo andati in scena al Furio Camillo sabato 20 giugno.
Dovevo lavorare sul copione de "L'amore degli Zanni", ma non era proprio giornata (l'ho finito domenica al posto di andare a vedere lo spettacolo del laboratorio Caryllon, rosicando - "Processo per l'ombra di un asino", Dürrenmatt, che adoro!) , così sono andato prima, alle 18, a vedere "Arsenico e vecchi merletti" del laboratorio Senyor (tutti belli in età).
La sala, un forno crematorio. Oltre i 35 gradi, a occhio e croce. Umidità dovuta al sudore: un 83%.
Si respirava con le branchie, annaspando. Dopo dieci minuti avevamo le pinne.
Lo spettacolo, piuttosto carino, con un paio di attrici strepitose e qualche attore un po' cane (ma mai quanto Federicone ^_-). In particolare, una vecchietta surclassava tutti di una quindicina di spanne: spet-ta-co-la-re.
Non ero il solo ad essere arrivato per lo spettacolo prima, anche per buttare un occhio agli spazi e sentirci più tranquilli. Certo, vedere Valentina (la donna di Vania, l'altra non sarebbe venuta perché era in scena a Ygramul con la prima del laboratorio Caryllon) già sclerata verso i tipi del teatro avrebbe dovuto farci presagire qualcosa di negativo prossimo a venire.
Comunque, facciamo riunione e Vania ci spiega come ricollocare la macchina scenica dello spettacolo in giro per questo spazio nuovo, alieno.
In particolare, quello che era la rampa del teatro Ygramul sarebbe stato lo spazio dell'ingresso secondario, quello degli attori - da cui noi invece avremmo fatto entrare il pubblico. In pratica, il pubblico entrava dal portone accanto, poi tramite porta secondaria entrava nel foyer e di lì nel teatro e così via. Alcuni di noi si sarebbero piazzati nelle scale - un po' su e un po' giù, ed avrebbero recitato la loro parte, eccetera eccetera.
Finite le indicazioni, cambio, trucco, ripasso delle scene e dei movimenti...
Quaranta minuti all'andata in scena.
Mezz'ora.
Franz, nei camerini, mi chiede come ci si deve disporre nell'androne: l'accompagno, le mostro le scale che scendono e che portano dritte ai camerini; le faccio vedere la porta da cui invece il pubblico entrerà nel foyer; le indico le scale che portano ai piani sup...
Il tizio slavo che ci fa il Cerbero (uno dei due del teatro Furio Camillo che ci fanno da sorveglianti , dei due, il kapò) della situazione è davanti a noi, ci guarda malissimo e molto sgarbatamente afferma:
"Non si fa teatro sulle scale. Mica vorrete fare qualcosa qui! Questo è bed&breakfast, non c'entra niente col teatro! XYZ è uno stronzo se vi ha detto diversamente, qui è già tanto se vi facciamo passare il pubblico!"
Grana.
Grana grandissima, rogne a non finire.
Si corre da Vania, il tizio è irremovibile, Vania sembra calmo (ma poi ho capito che ingoiava ed aggiungeva al conto, non facendosi fregare da quei pezzi di merda e restando concentrato sulle cose da fare) e pare asserire che c'è problema: sale, guarda lo spazio del foyer e lo divide in due, dicendo qualcosa sull'organizzare lì noi gli spazi. E se ne va.

Senno di poi: se il proprietario del bed&breakfast s'incazza non ha affatto torto, ed il senso veicolato dai modi merdosi del tipo è anche corretto.
Ma c'è modo e modo, e c'è anche un tempo giusto per dirlo.
Non a venti minuti dall'andata in scena, cane maledetto.

Vania ha detto di organizzare gli spazi. Siamo io e Franz, c'è Giulia, Max dei Saltymbanco. Facciamo ipotesi, cerchiamo il modo migliore di far sì che il pubblico passi ma ascolti tutti gli attori che sono in scena in quel punto. Cerchiamo di trovare il modo giusto per non far mischiare i due spazi che nel foyer convivono, di rispettare la macchina, anzi, di non farla saltare.
Ma siamo tante teste, troppe, a lanciare idee su idee per mettere una falla all'emergenza. E io mi rendo conto che una simile cosa può far salire l'ansia, il panico, la mancanza di riferimento: se ognuno pretende di imporre la sua e un'altro sente una cosa e la piglia per buona, e magari cinque minuti dopo cambia, è il disastro. Nessuno si raccapezzerà più su dove si deve stare e cosa si deve fare.
Cerco di fermare qualcosa che io stesso ho contribuito a iniziare, cerco di fermare il mostro prima che si mangi noi col nostro spettacolo. Dico qualcosa come "Vania è il regista, non è problema nostro. Noi siamo attori: Vania dice che lo facciamo qui, ci dirà lui come fare". Mi rispondono qualcosa come "Ma Vania ha detto che ci dobbiamo pensare noi a come fare". Colpo basso.
Parlo francamente: "Siamo in tanti, non possiamo stare a macerarci su come fare quando fra poco andiamo in scena, così rischiamo che ci sale l'ansia...".
Franz mi guarda, stupita: "E a chi je sale, l'ansia?"
Sono Yogurt e Saltymbanco quelli davanti a me. Mica Ludyka.
La guardo sorridendo, e sinceramente sbotto: "A me, me sale!!!"

Chiediamo se possiamo usare un balconcino che affaccia sul foyer, ed il pezzo di merda kapò ci dice che non c'è problema. Abbiamo risolto.
Dieci minuti all'andata in scena.
Scendo, chiamo Vania, lo faccio salire, cerco di spiegare, ma appena su Franz mi avvisa che l'altro stronzo (il nazista silenzioso, non il kapò - e il bello è che è pure un fricchettone) ha appena detto che il balconcino non si può usare, perché lì sopra ci sono gli uffici.
E' guerra.
Guerra tra me e il Furio Camillo, gli darei fuoco all'istante, anzi, dopo lo spettacolo.
Vania mantiene la sua faccia di pietra e dice non c'è problema, lo faremo qui, indicando lo spazio antistante la porta.
Cerco di attingere alla sua impassibilità la forza che mi serve per scacciare il panico, e con gli altri in due secondi abbiamo deciso, alla pressapoco, come cavolo si fa questa scena.
Appena in tempo per correre al solito rito.
Da Vania, niente parole di biasimo o che rimarchino quanto sono stronzi quei due - capace che ci sorvegliano anche mentre ci stiamo dando quest'ultimo 'merda' collettivo. Giusto: quello che deve vivere è solo lo spettacolo, il resto deve restare fuori. Ma l'odio, il rodimento, il livore e il mal di fegato sono possenti come il lato oscuro della Forza, in me. E stavolta neanche il rito del toccaculi riesce a scacciarlo. Cerco di fare la respirazione meglio che posso.
Poi si va, in apnea.

Ecco, si respira.
Lo spettacolo è finito, la gente applaude, un altro successo.
Sarà paracula la macchina scenica o saremo bravi noi?
E' il testo ad essere un maledetto evergreen o è l'anima che in qualche modo, a pezzettini, ciascuno ci mette? Oh, pezzettino qui, pezzettino lì, 32 anime fanno un animone bello grosso!
Fuori, a respirare.
I seimila gradi fahrenheit dell'interno possono finalmente andare a quel paese. Loro, e tutti quelli del Furio Camillo, in coro e "singin' halleluja", per dirla coi Monty Python.
Sono fuori, sono felice, sul finale mi sono accasciato su Amedeo schiacciandogli le gambe, ma ad Alessio è andata peggio, che si è trovato con la testa sotto Andrea. Mi immergo in chiacchiera immediata con amici di Claudia, credo, una ragazza è carina, anche se sto parlando un po' con tutti. Fumo, scroccando una sigaretta.
E mi trovo Olivia davanti, raggiante, che ci fa i complimenti per lo spettacolo, che le è piaciuto tantissimo. Siamo bravissimi, dice. Allora ha mantenuto la promessa, mi dico, io sono andato a vederla in "Didi and Gogo" e lei è venuta a veder noi. Ma quanta differenza tra lei che ha avuto il Sala 1 a gratis e noi che questa mondezza l'abbiamo pure pagata, penso.
Olivia è contentissima, io sono contento che è lì, molto, molto carina, e rimpiango solo di non averla notata nel pubblico, forse perché per due terzi dello spettacolo non indosso gli occhiali. E lei fa una cosa che non mi aspetto, che non mi sarei mai aspettato.
Solleva una rosa, una rosa bianca, incartata nella sua confezione argentata con fiocco bianco, lunga, bellissima, e me la da.
LA ROSA, PAOLO!!!

Sono rimasto entusiasta di quella rosa, la mia rosa.
Tutte le altre, compreso un girasole, sono andate a Claudia, perché Giuseppe, Ilaria e non mi ricordo chi quella sera non c'erano. E ha pure cercato di prendersi la mia. Avida! ^__^
C'ho ricamato una cifra per tutta la sera, facendo battute a destra e a manca e facendo vedere a tutti che mi avevano regalato una rosa.
Perché?
Non so, non so dirlo con precisione o forse non voglio fare la disamina di qualcosa che, ancora di là nel suo vaso in cucina, mi fa piacere e un po' mi emoziona. Ecco, è tutto qui. Mi ha fatto piacere.
Una bella donna mi ha regalato una rosa per il mio impegno sulla scena. Per tutto quello che ci ho messo.
Una rosa bianca.


GrimFang

venerdì 12 giugno 2009

martedì 2 giugno 2009

Ingannando il -9 a teatro

Sono tre giorni di fila che vado a teatro, a vedere spettacoli di amici.
Ho cominciato giovedì, con "Didi and Gogo", perché c'era Olivia. Non avevo la più pallida idea di quel che mi aspettasse, perché pur avendo letto il volantino di presentazione, non riuscivo a collegarlo in alcun modo con "Aspettando Godot", come poi in effetti era.
Il che era anche divertente, poiché si tratta di una pièce che non ho mai compreso sino in fondo, e che avevo già visto mettere in scena da Sara "l'ovindolese". Sono uscito con due conferme: continuo a non capire la pièce e continuo ad adorare il Teatro Sala 1, che ritengo uno dei luogi più splendidi dove qualcuno si possa trovare a far teatro. Io lì c'avevo visto un lavoro su Amleto di Alessandro Vantini, molto interessante, e forse persino qualcos'altro prima...
Quindi potete immaginare con che bocca io sia rimasto quando Olivia mi ha candidamente confessato che l'hanno avuto gratis... Ho fatto il gesto di guardarle il culo e ho detto "ce l'hai d'oro!".
^___^
Il giorno dopo, sarei dovuto tornare al Sala 1, ma per lo spettacolo che ne prendeva il posto, "Cronaca di una caduta", di e con Tamara, ch'è stata una bella cotta per me al liceo. ...pregasi i signori viaggiatori di munirsi di mappa per non perdersi tra le innumerevoli donne che hanno fatto perdere me... ^_^
Sapendolo, avevo anche fatto la battuta alla bigliettaia:
Io: "Quando scade la tessera?"
Lei: "A ottobre."
Io: "Ah, beh, tanto domani sto di nuovo qui..."
E poi, a fine serata, nella chiacchiera con Olivia, salta fuori che anche lei sarebbe venuta, perché conosce Tamara.
...il teatro è un mondo piccolo, non lo dimenticate.
Altro che sei gradi di separazione.
Così, mi dileguo rapidamente perché la mattina dopo, in ufficio, rubando una ventina di minuti al lavoro, avrei dovuto girare questo:

e visto che dovevo arrivare presto era meglio evitare di passare la serata in bella compagnia a ubriacarsi - nonostante ci fossero ben due ragazze che faranno il nostro spettacolo (quello dell'Inferno di Dante) con me, e assieme ad Olivia e alla sua coinquilina potevo dire di conoscere quattro persone e non correre il rischio di sentirmi un po' fuori luogo.
Comunque, il giorno dopo le mando un sms per sapere se sarebbe venuta veramente, che Sergio mi chiedeva di andare a vedere il suo spettacolo e Valentina ci sarebbe andata di venerdì se avesse trovato un passaggio. Lei tentenna, dice che non lo saprà fino alle venti per cui io taglio e le dico che vado a vedere lo spettacolo di Sergio.
Chiamo Valentina, lei mi dice che bisogna prenotare, ma se c'è posto viene; mi avvisa che Sergio non risponde, io provo comunque, poi chiamo Dodo (perché non mi va di mettermi a scartabellare su internet alla ricerca del numero che stava sull'evento di Facebook) il quale mi dice di chiamare direttamente il teatro. Oppure Susan.
Chiamo Susan, non raggiungibile. Attacco e richiamo, libero. I posti ci sono, si va.
"Il nostro ultimo brindisi", al Teatro dell'Orologio, Sala Orfeo, è uno spettacolo di un'ora, incentrato sulla vicenda di quattro personaggi, amici dai tempi del liceo, dopo una festa con tutti quelli che si conoscevano ai tempi, dodici anni dopo.
Semplicemente perfetto.
Oddio, sapete che per me la perfezione non esiste, però con questo intendo che lo spettacolo era davvero davvero bello - tanto che appena fuori ho mandato un sms a Boris per farci andare Eljana, se poteva - e dosato benissimo. Dosato benissimo vuol dire che i tempi c'erano tutti, la recitazione, la scenografia, i costumi anche... Insomma, non mi capita spesso ad esempio di andare a teatro e, per un rumore improvviso, sospendere i miei battiti cardiaci assieme a quelli (supposti) dei personaggi in scena. E di scendere con loro nella banale (e lasciarla 'banale' è cosa assai difficile) quotidianità di una vita fatta di dure scelte e non detti impressionanti.
Bravò, per dirla alla francese.
Stavolta, non avendo altri impegni l'indomani, sono andato con loro a bermi una birra a Campo de' Fiori - dove tra l'altro non riuscivo a staccare lo sguardo da una moretta con rossetto peccato e piercing accanto al labbro, per non tacer delle tette - ed ho passato una gradevolissima serata, riusceno tra l'altro a intavolare una conversazione sui racconti che sto scrivendo per la SFIDA 2009; conversazione che è stata interrotta dal nostro esodo verso casa, poco prima che mi abbattessero a fucilate i commensali. Salutati Sergio "ti tengo d'occhio per conto di Pam", Simone, il suo amico gay (con borsa di Betty Boop glitterata) nerdissimo che "mi fermo cinque minuti" ed è rimasto tutta la sera, Alessandra che era venuta a riprendersi Simone, Jacopo che ha fatto un salto tornando da Predappio (dove ha conosciuto la nuora [?] del Duce, proprio fuori la tomba) e non mi ricordo se c'era qualcun altro, accompagno Susan e Valentina di nuovo a teatro e poi solo Valentina a casa.
La sera dopo, sono andato a vedere lo spettacolo di Tamara.
L'idea era molto bella e spiazzante: partendo dal fatto che a novembre è caduta da una scala, si è rotta una costola e perforata un polmone (adesso sta bene, Sara tu che la conosci non ti preoccupare) è stata costretta all'immobilità e, in parte, a rinunciare a qualcosa del suo mestiere di attrice per un po' di tempo. Ma questo l'ha spinta a interrogarsi sul cadere come atto rivoluzionario, in un certo senso. Perché bisogna imparare a cadere per non farsi male, e non imparare a non cadere mai. Perché si cade, non c'è niente da fare.
Quindi solo chi cade, chi sa come lanciarsi in questo spazio buio dove le possibilità sono infinite, è possessore di quella conoscenza che ti rende migliore. Cadere dà degli indubitabili vantaggi.
E quindi ha messo su uno spettacolo, una sorta di jam-session tra le arti e un work-in-progress costante, in cui ha chiesto ad altri artisti amici suoi di provare a darle una mano sulla 'caduta'.
Alice che precipita all'infinito nel pozzo si mischia alla sua vita, storie del nonno, del padre, di se stessa donna, brani recitati da altri e tanta bellissima musica. Tra l'altro, a darle una mano c'è andata anche Sara (ahò, ma quante Sare conosco?!?) che stava nella classe parallela alla mia al liceo, e che ora è una musicista bravissima. E l'ho beccata col compagno lì a teatro.
Uno dice, meno male, così non te lo sei visto da solo; ma come vi dicevo il mondo del teatro è piccolo, e già fuori avevo beccato Giovanni, mio collega durante il corso di montaggio (io ero Mr. Grady, lui Mr. Torrance ^_-) che adesso fa l'attore regista e di cui recentissimamente ero andato a vedere il Mkbét, vero e proprio one-man show da spellarsi le mani, bellissimo.
Ah già, volevo parlarvene e non ve ne ho parlato...
Beh, l'ho visto intorno a metà maggio, a Garbatella, in un cortile di palazzi, grazie all'iniziativa Teatri di Vetro. Organizzata, guarda caso, anche dal teatro di Tamara.
Lui ha curato le musiche, la regia, la scenografia e i costumi (che a dire il vero quasi coincidevano) ed era l'unico attore in scena, per fare un Macbeth in cui ciascun personaggio era identificato da una diversa postura di ciò che indossava (o non indossava): manto rosso per i regali, manto nero per i nobili, manto indossato su entrambe le spalle per i più alti in rango, solo su di una spalla per i minori... e un cappello a larghe falde per Lady Macbeth. Una semplicità funzionale ed efficace, dei trucchi di recitazione (che ho sgamato tutti! ^__^) per aiutarsi col testo o col pubblico che però erano talmente ben pensati da fare testo anche loro... come il tartagliare le battute, che rendeva nevrotico il personaggio del potere, ma che lo aiutava anche quando s'inceppava con la memoria! =)P
Insomma, quindi ho visto la Caduta con lui.
Da cui sono uscito un po' più perplesso.
Un po' perché io sono uno che cerca di non cadere mai, ed è lì uno dei miei problemi maggiori. Vivo nell'ansia di farmi male, se si può chiamarlo vivere. E quindi ho tutta una serie di protezioni che mi rendono impermeabile. Un po' perché il 'fuoco' del testo, molto politico (e in una parte anche graditamente sarcastico nei confronti del potere, quando "cadere" viene dichiarato fuori legge perché, appunto, rivoluzionario) ma anche molto intimo in fondo esulava dalle mie conoscenze. Chissà, forse mi regalava qualcosa di più, che però non sono in grado di afferrare.
Così, me ne sono uscito a fumare, poi sono rientrato a salutare Tamara e Giovanni e sono sgattaiolato via.
Non sono uno che dice "mi è piaciuto" se non è vero, ma non ero nemmeno in grado di dirle perché, quindi meglio così.

In finale, un mese intenso di teatro visto e non fatto.
Già, perché noi andiamo in scena al Teatro Ygramul l'11, il 13 e il 14 giugno. Poi il 19 al Teatro Furio Camillo, il 27 sera a Ludika a Viterbo e infine il 5 luglio alla Casa delle Culture.
Tra l'altro il 13 io prima vado al matrimonio di mio cugino, a Capalbio... -__-'
E appunto, dicevo, non fatto: perché il sottoscritto col cazzo che ha mai studiato la sua parte per la messinscena de "3 pa(zzss)i all'Inferno" (così il titolo). [a proposito, prenotazione obbligatoria via sms allo 3922683003]
E mica solo questo: a Viterbo ogni sera ci dovrebbe essere lo spettacolo di un gruppo del laboratorio Ludyka, perché quest'anno ci siamo divisi in sei gruppi per preparare tre spettacoli degli anni scorsi, "L'amore degli Zanni", "I segreti di Viterbo" e un mix fra quelli degli ultimi due anni, "I giullari della vita Rotonda". Ed in questi gruppi, in due faccio l'attore, ed in uno il regista!

...mi sono assegnato delle parti nuove da solo e non le ho mai studiate!!!

^__^
Buona vita,


GrimFang