L'artista mescola il sangue con la terra, per generare sempre nuova vita...

Sarà sicuramente potente, la vita. Piuttosto dolorosa, a mio avviso, a volte sorprendente, sicuramente intensa, vibrante, indubbiamente da vivere. Sempre e comunque.

Sara Tenaglia

Terra, Pioggia, Fuoco & Vento

Terra, Pioggia, Fuoco & Vento
Fire cup

giovedì 5 agosto 2010

Bianco, verde e rosso

Bianco, non è difficile capire perché.
Siamo ad agosto, e il sole l'ho visto più sotto forma di botte di caldo e insolazione che di abbronzatura. E dire che, come al solito, quest'anno m'ero riproposto di fare un po' di mare, come non mi capita da anni... Solo che ho un debole per le bruciature.
Beh, quel poco di colorito che avevo preso montando la piazza di Ludika sotto al sole (cercate su Youtube, ci sono dei bei video) ormai s'è perso, e al massimo ho dei vaghi riflessi rossi proprio a farci caso.

Verde, beh, sono al verde.
Ho fatto la fila, stamane presto, alle poste per prendere la carta PostePay. Mi serviva per comprare online il biglietto, per andare a Londra da Sara. Senza stare ad appoggiarmi alle carte degli altri. Tanto poi, mi sono detto, la userò anche per qualche acquisto su Ebay, no?
"Costa 5 euro, e almeno 5 euro li devi mettere nella carta" - mi avevano detto - "ci vogliono cinque minuti".
Avevano ragione sulla prima parte, non sulla seconda.
Arrivo alle poste e vedo la fila unica, erogatori eliminacode fuori uso. Visto che è la seconda posta in tre giorni che vedo in quella situazione spero in un miracolo, ma stavolta mi tocca fare la fila. Che non è nemmeno impossibile: diventa molto peggio cinque minuti dopo, ma io sono già in fila.
Fremo, perché devo andare in ufficio. Ho già avvisato del ritardo, ma mi sono anche accorto che mi sta morendo la batteria, e se mi dovessero chiamare...
Arriva finalmente il mio momento, mi presento al signore al banco, dico cosa voglio e...
Mi porge un modulo.
"Devi riempire questo" - mi fa - "ma c'è la fila, non posso fartelo fare qua..."
Vabbé, dico io, mi scosto lo riempio e torno.
"Ti tocca rifare la fila, però."
Sbianco.
"Non posso farli aspettare..." - dice, come in tono di scusa.
"M-ma io devo andare a lavoro..." - balbetto, gemendo.
Contrattiamo quasi gestualmente, la concessione è "...se ti fanno passare loro..." espressa con alzata di spalle, indicazione del mento e gesto vago della mano. Quella fila ora è una minaccia. Quella gente, il mio nemico, o un insperato alleato.
Indietreggio di poco, mi appoggio a una sedia e riempio furioso il modulo, il più veloce possibile.
Solo uno mi ha passato. Mi rialzo, mi rimetto a capo della fila. Nessuno protesta, questo è già un bene.
La signora accanto si rivela un amico nemico con posizione neutrale: visto che il tizio della mia postazione è sparito, io aspetto lui e loro vanno dagli altri. Affare fatto.
"Anche perché la penna è sua" - trillo, con malcelato trionfalismo, agitando la bic nera che mi ha prestato.
Torna, e avrei voluto essere andato da un altro.
E' lento, esasperante, e sparisce. Prende i miei documenti, li fotocopia (e sparisce), poi torna... e non li ha. Li ha scordati. Sparisce un'altra volta.
E così via, un lento calvario, mentre io vorrei schizzar via da lì e prendere il 409.
Primo, perché c'è un'aria condizionata incapacitante: la signora accanto a lui, alla postazione vicina, parla con una collega di come il maglione che indossa sia di lana, invernale, talmente caldo che lei di solito NON lo mette quando va sui campi da sci...
Nel frattempo un altro tipo inquietante fa avanti e indietro fra il retro dell'ufficio e la saletta privata (quella dove fanno tipo le consulenze) recando seco oggetti ameni quali uno scopettone privo di tessuto (solo l'anima in ferro) e un lungo bastone di metallo che termina in un gancio col quale, una volta che è sparito nella saletta - che ha un separé alto due metri, ma non arriva al soffitto - cerca di armeggiare con uno dei condotti dell'aria condizionata. E noi che siamo in sala vediamo tutti i patetici tentativi di usare quelle aste per un arcano e imprecisato motivo...
E poi, perché una delle impiegate ha detto ad alta voce che se qualcuno ha il Bancoposta può andare al suo sportello.
E una signora dalla fila ha detto che ha il Bancomat.
E l'impiegata col maglione ha detto "che c'entra?" e da lì è partita la battaglia dialettica fra una che cerca di spiegare a quella che ritiene una mentecatta che posta e banca sono due cose differenti, e l'altra che magari a metà filippica l'ha pure capita, ma non vuole passare per tonta e non la finisce.
Alla fine ci siamo. Devo decidere con quanto caricarla: chiedo se posso trasferire i fondi dalla carta Bancoposta e ricevo risposta affermativa. E' fatta. Fra poco non sarò più lì. Il biglietto costerà sui 250, ci metto 300 e passa la paura.
"Non si può."
"Scusi?"
"Credito insufficiente per portare a termine l'operazione." - legge.
Scusi? - mi ripeto mentalmente.
Scusi?

Non sottovalutate mai l'importanza di un regolare controllo dell'estratto conto.
Il mio, semestrale, l'ho preso quando sono andato a cena dai miei, lunedì.
L'ho aperto martedì, e l'ho letto.
"Porca paletta" - mi sono detto - "cazzo quanto ho speso".
Il saldo iniziale era quasi duemila euro. Il finale settecento.
Ho guardato le cifre, ho cercato di ricordare le date. Qualcosa era evidente, le spese fisse mensili. Altri, riconoscevo i prelievi, e mi preoccupavo per quelli più ravvicinati: cose tipo "Come cazzo li ho spesi cento euro in tre giorni?!?", ma purtroppo ormai privi di risposta. Ah, ecco, mi sono ricordato quando ho preso i dvd. Brutta botta.
Altre ancora sono motivate proprio dall'uso della carta, tipo Cisalfa. C'è scritto, te lo ricordi.
Ma sentirti dire così, di punto in bianco, che non hai trecento euro sul conto, è una pessima, pessima cosa. Sì, ti ricordi che lo stipendio te lo accreditano l'otto - e oggi ci fai una figura con la collega della ragioneria (quella più carina di tutte le colleghe) quando impacciatissimo le chiedi se i pagamenti sono partiti o per qualche motivo ritardati fino alla riapertura... perché hai un problema di liquidità... - dicevo, te lo ricordi, ma non conta.

Sei in rosso.
E' questo che ti dici, è così che ti senti.
Ti senti che hai sul conto una manciata di spicciolame. Trenta euro, pensi.
Ottimista: sono undici.
E nemmeno questa è la verità, perché tu, sulla carta PostePay, i trecento ce li hai messi. Hai solo dovuto tirare fuori di tasca i cento che avevi prelevato ieri, e spostare i duecento che c'erano dal conto. Ma ora hai trecento euro su una carta che non usi e undici miseri euro sul conto da cui scali le tue spese fisse: mezzo stipendio.
E pensi, pensi, mannaggia quanto pensi.
Mio zio mi ha dato cinquecento euro, dritti sul conto, che io non ho speso, pensi.
Beh, li hai spesi.
Non come hai detto che li avresti spesi a tuo zio, e i trampoli perdiana li vuoi ancora comprare. E ne avanzavano parecchi di soldi, oltre ai trampoli.
La macchina ha bisogno di cure: cambio dell'olio, cambio dei pneumatici, controllo, ricarica o sostituzione delle sospensioni, e quel maledetto rumore che fa la ventola da quando hai tamponato la studentessa di teologia che soffre di attacchi di panico. [Che culo, eh?]
E quelle non sono spese che puoi rimandare, che se la macchina ti muore... tu sei fottuto.
E dire che proprio martedì i tuoi si sono offerti di pagare loro le gomme.
Grazie al cielo, dici adesso, con la coda fra le gambe.

E' dura, è terribile, avere la consapevolezza in pochi istanti di quanto male abbia gestito i miei soldi.
M'ha fatto male. M'ha rovinato la giornata.
Mi sforzavo di non pensarci e sorridere, di metterla in burletta, ma senza successo. Mi sono sentito morire dentro.
Non per l'indipendenza, la vita da solo, cioè anche per questo, ma per il fallimento epocale, l'Epic Fail. Undici dadi da venti, tutti uno.
La tragica necessità, la consapevolezza che questo stipendio non basta.
Non mi garantisce una vita, non mi garantisce una vita dignitosa. Se ereditassi una casa dai miei, non riuscirei a mantenerla.
E penso a quel collega che, quando stacca, va a lavorare al ristorante come cameriere. Certo, non sempre, ma arrotonda. E lui è fisso. Indeterminato.
Poi dici che non ti prende l'ansia di esistere.
Che non ti viene in mente un mondo dove se compri un dvd, salti una cena.

Questo mondo è per i ricchi, o per gli asceti.


GrimFang

Nessun commento: