L'artista mescola il sangue con la terra, per generare sempre nuova vita...

Sarà sicuramente potente, la vita. Piuttosto dolorosa, a mio avviso, a volte sorprendente, sicuramente intensa, vibrante, indubbiamente da vivere. Sempre e comunque.

Sara Tenaglia

Terra, Pioggia, Fuoco & Vento

Terra, Pioggia, Fuoco & Vento
Fire cup

lunedì 9 marzo 2009

200 - Duecento

Duecento.
Tempo di tirare le somme anche su questo secondo numero tondo. Su questi anni, ormai, di frequentazione tra me e le mie pagine scritte fatte di 1 e di 0.
E così, per avere qualcosa da dire, sono andato a rileggermi il numero 100. Ed ho notato la macabra coincidenza.

Cento post fa, a febbraio 2008, celebravo la morte di mia nonna.
Cento post dopo quello, a distanza di poco più di un anno, quella di mia zia.
Non ho parenti che mi leggano qui, quindi non posso loro suggerire gesti scaramantici: quello che posso fare è terminare il blog al post 299 qualora le condizioni di salute di qualcuno di loro diano adito a preoccupazione.
Oddio, ad esser pignoli al post 297, visto che il post su mia zia era il 199...
Amara, assurda funebre ironia della vita.
E dei numeri tondi.

Gennaio 2007, comincio questo blog.
Quanto è rimasto di quello spirito scassone alla Brancaleone con cui ho iniziato?
Non molto, forse, quasi nulla.
Ci ho preso gusto, e mi ha preso tempo. Facebook me l'ha rubato, ma non l'ho perso del tutto. Sono ancora qui che scrivo, sono ancora qui a lasciar susseguire parole con parole per gesto testardo; quello di non abbandonare i miei pochi, evanescenti lettori, e soprattutto quello che forse è il (unico? migliore?) sfogo, il mio promemoria con me stesso, che - ora forse più labilmente - mi ricorda chi sono, i miei progetti, i miei obbiettivi.
Il mio 'diario del fare'.
Non proprio un diario dell'essere: quello, lo si può scrivere solo nella propria anima, o incidere sulla propria carne. Qui, o altrove sulle pagine scritte - io non scrivo mai per me stesso come unico lettore - non può che restare una pallida eco del mio essere. Forse, solo più sincera rispetto alle parole di vento, qualche volta.
Potenza del simbolo, quale esso sia.

Il senso del momento è la fatica.
Un po' - da non trascurare - per via del fatto che sono in piena fase di faticosa digestione della cena, piuttosto abbondante, che ho testé terminato. ^_-
Un po' perché a lavoro va bene, ma è massacrante.
Adesso, da mercoledì a venerdì prossimo saremo chiusi, per evitare i disagi dovuti al caos infernale che faranno al di là della parete per togliere il massicciato dal pavimento. Se in questi giorni sembrava di stare sotto attacco della Wehrmacht, figuriamoci cosa potrà essere in quei giorni: come stare nell'intestino crasso di Satana.
Le invasioni di Unni del giovedì per il prestito - piacevoli, come vi dicevo, solo per quel che riguarda fugaci sguardi e sorrisi - probabilmente in futuro verranno smistate su due giorni. Questo giovedì il non-plus-ultra è stato il dirigente subito dopo l'ultima dell'ondata barbarica che pretendeva a sapere a che punto era una cosa che ci aveva chiesto di fare di sfuggita una volta - e che ovviamente c'eravamo scordati. Stavo, per dirla al Digia, che me l'ha chiesto, a DevCon 2 tendente all'1. Ma quel vago senso di soddisfazione dovuto all'esser sopravvissuto ancora una volta, e quei languidi sguardi lanciati ogni tanto - più l'ammissione 'sfuggita' con la mia collega, dell'aver fatto un massaggio alla tipa che s'è scordata gli occhiali da noi (cosa che mi ha fatto passare per un irrefrenabile seduttore), mi facevano sentire più scisso che devastato. Per questo a Digia ho detto che ero a DevCon n.p. - fuori scala.
Calcisticamente, martedì la Roma ha perso con l'Arsenal, ai rigori a oltranza.
Ero in macchina quando Juan ha segnato, e m'è sgorgato dalla gola un urlo terrificante come non m'è successo mai. Dopo, volevo quasi accostare per reggere la botta di scompenso che m'è venuta. Poi, per scaramanzia, a casa di Mauro che m'ospitava mi sono rifiutato di sedermi sul divano: sono rimasto da metà primo tempo o in piedi o seduto sui miei talloni. Quindi secondo tempo, primo e secondo supplementare, i cinque rigori a squadra e poi gli altri sei fino a fine partita. Avevo le gambe devastate; e dopo dovevo pure guidare.
E non è servito a niente, visto che siamo usciti comunque.
Come ha detto un collega oggi:
"E' uscita la Juve, è uscita l'Inter, è uscita la Roma... a 'na certa so' uscito pure io, a pijamme 'na birra!"
Sul piano familiare-personale, ovviamente, come volete che stia.
Vedere mio zio devastato al funerale m'ha fatto impressione; ma me n'ha fatta altrettanta notare come stavo diventando troppo freddo, distaccato, o quantomeno troppo controllato nelle emozioni. La scomparsa di Francesco, in questo, ha sancito una cesura.
Quella di chi di fronte al dolore decide di non soffrire più, 'fanculo, e torna a rendersi impermeabile. Con buona pace del lavoro di anni per raggiungere il contrario. E' serenità apparente, solo caos rinviato.

L'altro giorno, ero in videoteca da solo ed una collega - una tra le più carine - viene a chiedere un dvd. Ha l'aria un po' scombussolata, gli occhi lucidi. Alla mia domanda mi confessa che non sta passando un bel periodo.
"Beh, neanch'io." - le ho detto.
Sarebbe finita là, se non mi avesse chiamato al telefono un'altra collega, la ex-responsabile, e non mi avesse fatto la stessa domanda.
"Non troppo bene." - rispondo.
"Perché?"
"Eh, sabato mattina è morta mia zia, di cancro. Lunedì ero ai funerali."
Dopo qualche frase di rito, sempre al telefono la collega mi fa
"Beh, per esaurire gli argomenti allegri, il tuo amico l'hanno più ritrovato?"
A questo punto sapevo che la collega davanti a me stava ascoltando, e con lo stesso sorriso un po' triste con cui le avevo detto che non era un bel periodo anche per me ho continuato al telefono.
"No, Francesco non l'abbiamo ancora ritrovato. Ormai sono cinque mesi che è sparito."
Quando ho messo giù, lei era ormai dell'umore di confessarmi che le hanno trovato un tumore, dietro l'occhio destro. E che fra poco si dovrà operare, ad alto rischio, se non altro di perdere l'occhio.

Bel periodo allegro, eh?
No, non sono corvi i rumori che sentite. E voi maschietti toglietevi le mani dalle palle, grazie.
Di fronte a tutto questo, non rimane che prenderla a ridere.
Con humor nero dal sapore amaro, magari, ma cercando di sottolineare con infame ironia quanto sa essere zoccola la sorte.
Aver retto botta a tutto questo, però, là dove altri cedono e si sentono smarriti e privi di senso (è tutto lì il panico), è certamente il risultato migliore di un anno e un mese di questo blog, della mia vita. Nonostante tutti i 'nonostante'. ^_-
Scrivere questo post è difficile. Ma necessario.
Fa sempre bene fermarsi e guardare indietro, rileggersi, considerare i passi avanti e le scelte fatte: farlo troppo spesso fa male, farlo una volta ogni 100 post si può considerare molto salutare.
E la difficoltà in fondo, è tutta a sforzarsi, costringersi a guardare indietro. Là dove non vorresti guardare.
E a riconoscere che c'è stato di buono. Magari in abbondanza.
A riconoscere che magari non tutto è da buttare, e che se adesso sono dove sono, e mi sento di nuovo in grado di avere una vita sentimentale - nell'errore di miopia dovuto all'errata percezione che ignorare sia simile a risolvere i problemi - lo devo anche a tutti i piccoli tasselli che si sono messi assieme lungo tutto l'anno di merda 2008, bisestile del cazzo.
Riconoscere che siamo quel che siamo, nelle vittorie come nelle sconfitte. E che siamo geograficamente, in quanto italiani, portati più a piangerci addosso e rimuginare le sconfitte che a goderci a lungo le vittorie.

E allora diamolo, questo sguardo.
La prima cosa che salta all'occhio è RiLL.
Non me la sono gustata abbastanza? Ho comprato più copie di quelle che potevo smerciare e mi sono avanzate? E allora? Questo toglie forse che ho vinto? Questo inficia in qualsiasi millesimale modo il fatto che su una sfranga di racconti il mio è tra i sei prferiti, quelli che una giuria di lettori competenti ha giudicato i migliori? Devo pensare che gli altri duecento e passa racconti facevano schifo?
No. Punto.
Ho vinto. E il mondo non è migliore per questo. E il mondo non deve affatto rendermi grazie di esistere. Quello che non va bene, è che non me lo dico io.
Eccolo il problema, dov'è.
Che i miei amici, affetti, quant'altro non mi abbiano approvato "abbastanza", è solo un falso problema - anzi, una falsa percezione.
Il problema è non saper trovare il giusto mezzo tra il diventare eccessivi giudici di sé e il non considerarsi affatto.

Poi, gli spettacoli col teatro.
Siamo andati in scena quattro giorni con quattro spettacoli diversi a Ludika, poi siamo andati ad Avignone. La bellezza pazzesca di quel festival. La vacanza clamorosa mischiando passione, lavoro, hobby e cultura allo stato puro.
Cos'è che oggi me la 'avvelena'?
La paura che c'era allora? Superata. Andrebbe considerata nel computo dei successi: tornerà, come ogni volta. E' impossibile liberarsene e non mi abbandonerà mai. E allora? Dovrei prenderne atto e smettere di rifletterci, punto e basta.
Il fatto che nel teatro io abbia un sacco di progetti che non porto avanti? Il fatto che non mi applico, non studio, non mi preparo? I primi, certo, dovrei finirli, ed i secondi dovrei proprio sentirmi un beota, perché il tempo per farlo ce l'ho, lo troverei pure. Anche adesso, potrei smettere di scrivere e continuare domani o chissà quando in ufficio (scherzo, una volta che ho tempo e sono in vena finisco!). Ma anche qui, il problema è vecchio, la tara è congenita. E le cose sembrano sempre andare bene, alla fine. Mi direte, al massimo, che il teatro stanca, nel senso che si fatica. Verissimo, oro colato. Però è una fatica che puntualmente ti rimette al mondo, ricordandoti in contemporanea non solo che hai un corpo (dolorante, quindi ce l'hai), con tutti si suoi polmoni sfiatati, il cuore che sembra rompersi ogni volta, articolazioni, muscoli, talloni eccetera che ti mandano fitte lancinanti, ma anche un cervello! E in CONTEMPORANEA! Mens sana in corpore sano! Che vuoi di più dalla vita?

Persino un altro anno di blog va nel novero delle cose positive.
Potevo mollare, e non l'ho fatto.
Potevo cedere a Facebook - che sul piano del 'promemoria' ha di certo i suoi vantaggi - ma non l'ho fatto del tutto.
Perché qui scrivo - troppo, ok, faccio post-fiume - non per tutti.
Qui scrivo per me, e anche per perfetti sconosciuti che magari neanche sanno chi sono. E che magari ci son capitati facendo una ricerca di chissà che parola su Google Immagini, e che se non se ne sono andati indifferenti dieci secondi dopo vuol dire che scrivo davvero bene - anche perché gli argomenti son quelli che sono. ^_-
Qui ho tempo per misurarmi con me stesso, come uomo-progettista e come intrattenitore.
E quindi in fondo essere ancora qui, a un anno e un mese di distanza, dopo il marasma psicologico che m'è toccato affrontare, specie negli ultimi mesi, beh, è una bella vittoria. Anche perché, diciamocelo, scrivere senza avere commenti è un po' come parlare al buio, sperando che ci sia qualcuno che ti senta. E che non abbia intenzioni ostili... ^_-

Mi direte che la media dei post si è abbassata. Mi piacerebbe rispondervi che è perché la mia vita si è intensificata, ma non è così. E non è nemmeno questione di tempo, che è pur sempre vero che impiego in altro - tra cui lo scrivere, mica vado sempre al pub a giocare al Dr. Why.
I risultati pragmatici, in effetti, sono di meno. Niente corti, pubblicità, racconti, romanzi, giochi... E purtroppo non c'è qualcosa a riempire questo vuoto.
Magari ci sarà, ma è impossibile dirlo ora.
Ad esempio potrei rompermi il cazzo di aspettare e mettere in scena il mio monologo usando come attore il primo che passa, eccheccazzo! Se aspetto che le cose siano perfette, ci divento vecchio... (Questa ripetetemela, che mi sa che non mi entra in testa)
Ma del resto, anche un anno fa dicevo
"...magari anche l'aver diradato così tanto i miei post non è del tutto estraneo alla mia mancanza d'entusiasmo, che mi sento addosso come un veleno.
Perdere la voglia di raccontarsi, in fondo, non ne è che un sintomo."
E se la frase di Sara è ancora là, ormai oggetto giusto di sguardi di sfuggita e non più di una sana riflessione, dovrebbe essere assai più preoccupante che la Sara in carne e ossa sta là a Bologna, ed è più di un anno che non la vedo.
Se il problema è la mancanza di entusiasmo più che di stimoli (una chiacchierata bellissima l'ho fatta oggi pomeriggio su un'esercitazione che devono fare alcuni studenti di regia), certamente una lunga chiacchiera viva su quello che è la nostra natura creativa di esseri umani, più che si auspica, s'impone.
E per altri cento post, l'idea della Cooperativa Creativa "TerraPioggiaFuoco&Vento" è rimasta, appunto, un'idea.
Buona vita,


GrimFang

1 commento:

Unknown ha detto...

Caro grim fang, ti capisco molto piu di quanto io stesso non sia disposto ad ammettere. Anche io mi sento addosso una specie di patina di insensibilità, un muro tra me e le mie emozioni....se penso che sto ancora in piedi dopo tutto quello che è successo però in fondo ringrazio che ci sia stato sto muro: è quello che mi ha permesso di non crollare e di continuare a muovermi, di fare quello che devo fare.
Verrà il tempo di farci i conti con tutto questo: per ora lasciamo che il fuoco della nostra anima bruci di nascosto: in fondo, è lui che tiene in moto tutto quanto, anche se non lo percepiamo.

Con affetto

Il tuo amico Diggia