L'artista mescola il sangue con la terra, per generare sempre nuova vita...

Sarà sicuramente potente, la vita. Piuttosto dolorosa, a mio avviso, a volte sorprendente, sicuramente intensa, vibrante, indubbiamente da vivere. Sempre e comunque.

Sara Tenaglia

Terra, Pioggia, Fuoco & Vento

Terra, Pioggia, Fuoco & Vento
Fire cup

lunedì 4 febbraio 2008

Il numero 100 - Antonia Cammareri

Questa mattina è morta mia nonna.
Antonia Cammareri, classe 1915, è morta una decina di giorni prima del suo compleanno, se non ricordo male. Ma in realtà si chiamava Carmela. Un nome all'anagrafe non vale quanto il nome che si è scelto da una vita.
Carmelina Cammareri era mia nonna, ed aveva tutte le caratteristiche nonnesche. Era bassina, rotonda, profumava di pulito. Questo prima che la 'malattia' la devastasse riducendola a un lumicino, ovviamente.
Quando dico 'malattia' in realtà sto mentendo, perché non so dirvi di cosa sia morta. Dovrei scrivere 'di degenza', perché è da quando si ruppe un'anca l'anno scorso che ha cominciato a deperire.
E stare ferma a letto, e prima in carrozzina, non le ha fatto certo bene: la perdita delle consuetudini, poi dell'interesse. E, a parte la zia che ci viveva assieme, anche le visite dei parenti erano poco frequenti. Parlo io, poi, che praticamente l'avrò vista un paio di volte.
Però, quando ancora stava bene, in preda a non so quale urgenza le spedii dalla Germania una cartolina in cui le dicevo a chiare lettere "ti voglio bene". Il che in seguito mi ha aiutato a trovare il coraggio di ripeterglielo a voce.
Era l'estate dell'interrail con gli ihggers, quella in cui espressi il desiderio di farla vivere ancora, la notte del 10 agosto, sdraiato a guardare le stelle cadenti su di un tavolino del campeggio di Heidelberg, mentre tutti intorno dormivano nelle loro tende.
Il 2000, se non ricordo male. Desiderio esaudito.

Chissà perchè, da grandi, abbiamo questo maledetto pudore nell'affermare semplicemente i nostri sentimenti.
Grazie a Dio non avrò il rimpianto di non averle mai detto il mio affetto.
Credo che a noi italiani, a me sicuramente, ci faccia paura la morte. Terrore. Davvero: a noi più che altrove.
Sarà per la presenza della chiesa, ma in generale per la nostra cultura, che ci rende scettici a prescindere sull'aldilà, e miopi sulle ineludibili necessità della vita. Per questo la morte ci risulta indigesta.
A parte il fatto che viene conosciuta perché si porta via parenti ed amici (e nella mia breve vita quanto è maledettamente lungo quest'elenco), è una questione di sentimenti. Io non li so gestire, i miei sentimenti. Non so voi.
Io la morte non riesco a digerirla. Mi resta sullo stomaco, incapace di sfogarsi mettendomi a piangere, o di essere disciolta nella consapevolezza che - come so benissimo - è solo una parte del ciclo della vita.
Il pessimo rapporto che ho con le mie emozioni mi consente solo di fare spallucce e fingere di prenderla con filosofia, ma intanto ringrazio che oggi sia lunedì di psicologo. Gesù Maria quanto devo ancora crescere...

Mi mancheranno i suoi "camìna, camìna" quando pensava gli stessi dicendo delle sciocchezze. Come quando le dicevo il mio nome, e lei pensava che stessi dicendo che ero suo marito, mio nonno, di cui porto il nome.
Ma non mi mancherà l'ossessione che aveva di pulirci la bocca appena avevamo infilato in bocca il boccone, scusate l'espressione, quando eravamo piccoli: sembrava un falco che si aggirava dietro le nostre sedie, alla cena di Natale, per far spuntare una mano improvvisa armata di tovagliolo davanti alle nostre facce, per poi premercelo contro un po' alla cieca sfregando forte per far venir via inesistenti tracce del nostro alimentarci.
Ma mi mancherà lei, con o senza quella memoria dei fatti che non ha mai avuto troppo spiccata e che verso la fine era quasi scomparsa del tutto.
Lei che ha perso il primogenito da piccolo, per una cattiva diagnosi di una malattia.
Lei che è stata - da quanto ho capito - ricoverata per un po' di tempo in un sanatorio. E se ti muore un figlio così, posso proprio capirlo...

Sono tante le cose che non so, e che forse non saprò mai, di mia nonna.
Ma so che era mia nonna, e che le volevo bene.

Così, oggi sono qui in ufficio per digerire l'evento.
Per non restare a casa da solo, a imballarmi nell'astenia e rigirarmi nel letto.
Che era morta l'ho saputo ascoltando mia madre che lasciava un messaggio in segreteria. Chiamava da fuori, perché loro stavano accudendo mio nipote.
Niccolò, la sua bisnonna l'ha conosciuta per soli sei mesi. Ma avrà delle fotografie con lei che lo tiene in braccio, per ricordarla.
Ascoltando il messaggio mentre veniva lasciato, avevo già capito. Ma non avendo capito bene la fine, ho pensato potesse essere "è morta Anna". Ma era chiaro, e quando l'ho riascoltato ho avuto solo un senso di conferma.
Quando mi dissero che era morto nonno, la presi molto, molto peggio.
Ma ero anche più giovane, e legato al nonno di cui porto il nome, per quanto fosse burbero e autoritario.

I funerali ci saranno domani mattina alle 10, non so ancora dove. E se voglio andare a guardarla prima che chiudano la bara, dovrò farlo oggi.
E' un ultimo saluto che non so se riuscirò a fare.

Mia nonna è morta alla veneranda età di 92 anni, se ho fatto bene i conti, ed il numero 100 non lo vedrà mai. Come non vedrà la mia tesi, se mai la farò, che a lei ed al mio relatore era stata dedicata.
Ma questo post col lutto al braccio è anche il centesimo del mio blog, e come quando ti muore un parente prossimo, come in effetti è, è tempo di bilanci.

Era il gennaio dell'anno scorso quando, un po' incautamente (scherzo), ho deciso di aprire questo blog.
Un blog che giudico un po' sotto la media, in fondo straparlo degli stracazzacci miei ed ho un pugno d'inguaribili lettori, né si può dire che gli argomenti di cui vi parlo siano poi così interessanti. E' un po' uno spaccato della mia vita, della mia esistenza, e delle molteplici maschere che indosso.
Ma proprio per questo un primo, importante risultato l'ho raggiunto: questo blog è ancora vivo, ed io ancora parlo. (Chi ha detto 'purtroppo'?! ^__^)

Poi, bisognerebbe parlare dei contenuti, del perché io abbia iniziato questa 'avventura'.
E qui, dovrei rammentare a tutti che questo blog è nato un po' per sfogo, un po' per fare qualcosa di concreto, avere delle scadenze fisse, e soprattutto come promemoria.
Promemoria per ricordarmi di fare, di dare vita a tutti quei sogni che partorisco dalla mia mente irrequieta ed inzio a fare, senza concluderne poi molti. Per questo, sotto al titolo, campeggia la frase che mi dedicò una volta la mia amica Sara.
E forse, proprio grazie a questo blog, finalmente i miei risultati sono riuscito a portarli a casa.

Il 2007 è stato un anno fantastico, prolifico come nessuno degli anni prima.
L'intervista ai cittadini sulla P.A., la mia comparsata nel corto di Sportiello, il racconto finalista a RiLL, il promo della MetRo, Arkipélagon (per quanto abortito), i due corti co-sceneggiati da me realizzati da Giulia a Firenze... solo per dirne alcuni.
E le pagine e pagine scritte, che ancora non hanno una soluzione, ma sono lì, belle dense.
Avrei voluto che mia nonna sapesse di tutto questo, o meglio, lo vorrei adesso.
Così, per presa conoscenza.
Come forse dovrebbero finalmente saperlo i miei, che faccio teatro da tre anni, che sono andato in scena tre volte con 'La Scoperta De L'America' e che ho scritto persino un monologo. E che sto lavorando su un copione di quattro atti.
Ma forse è solo ansia di riconoscimento, figlia della paura della morte. Chissà, almeno in questo forse fa bene.
Dunque anche sotto questo profilo è stato un successo, e magari anche l'aver diradato così tanto i miei post non è del tutto estraneo alla mia mancanza d'entusiasmo, che mi sento addosso come un veleno.
Perdere la voglia di raccontarsi, in fondo, non ne è che un sintomo.

Il 20 gennaio 2007 scrivevo che "Terra, Pioggia, Fuoco e Vento" è un marchio. Il marchio di un progetto da venire.
E non a caso il 2007 si è chiuso con un primo vero passo in questa direzione, la scelta di un primo socio, Valerio, di cui non vi ho scritto per mancanza di tempo. E forse non è un caso neanche questo.
Parlavo di "Una cooperativa di creativi". Progetti ambiziosi, ma che han cominciato a partire dal piccolo, dal mondo dei giochi da tavola. E son partiti confronti a proposito, poi persi e sospesi causa lavoro mio e di Jack Sbòrrow, e dell'Erasmus ispanico dello Spinacione.
E anche se nel 2008 questa macchina da guerra sembra essersi impantanata, io so che andrà avanti, coi suoi ritmi. Perché non si deve fermare.

Quello che forse avrei dovuto fare, e non ho fatto, sarebbe stato richiedere e ottenere maggiori commenti. Se da voi ne vengon pochi, avrei dovuto allargare il mio pubblico. Non centellinarlo, come ho fatto.
Ma la natura di sfogo, di blog quasi diario in cui emerge a tratti un me diverso da quello solito, magari più cinico, più innamorato della battuta, non so, mi ha sempre spinto ad essere restio.

Prendete Chiara, ad esempio.
Tempo fa, in preda all'ispirazione del momento, mentre andavo un martedì a laboratorio di teatro mi son fermato a prenderla.
Lei usciva da lavoro, zona piazza del Popolo, io avevo dimenticato il cellulare. L'orario di lavoro era da poco finito, e dirigersi verso il negozio poteva significare non incontrarla. L'unica cosa che sapevo era che prendeva la metro. L'unica era mettermi ad aspettare e sperare d'incontrarla. Mi sono anche dato un tempo massimo, ma finita la sigaretta - dopo essere corso appresso a un paio di ragazze che non avevo visto bene in faccia - sono andato a gettarla proprio nella piazza, e poi d'istinto ho tirato avanti. E me la sono trovata lì, con in mano le buste della spesa.
E' venuta, ha partecipato al laboratorio, ed è stata una bellissima serata.
Quando l'ho riportata a casa, tra una chiacchiera e l'altra, m'ha anche riempito di giocosi cazzotti - una cosa che, lei non sa, ho adorato. Perché c'era quella ingenua, spontanea complicità che rende speciali le persone.
Mi picchiava perché le avevo detto l'indirizzo del blog, e poi l'avevo confusa, facendoglielo dimenticare.
Perché sono mesi che lei setaccia la rete, con tattiche da hacker in erba, per riuscire a trovarlo. E a me piace da matti questo gioco. E non sa che, per trovarlo, basterebbe digitare "vania teatro ygramul chiara" per trovarmi in seconda pagina o "vania teatro ygramul pascarella" (lei c'era, a vedermi) per trovarmi alla prima! ^__^
O magari l'ha già trovato ma non mi dice niente...
E dire che praticamente le ho detto come fare quando siamo usciti insieme per festeggiare il suo autosiluramento, l'ultimo giorno di lavoro per gli schiavisti marca Timberland.
Siamo andati al belvedere di Monte Mario, all'Osservatorio. E poi ho provato a farla entrare scavalcando un cancello in una vecchia scuola elementare abbandonata, sempre lì in zona, ma c'era davvero troppa gente (compresi due tipi in un jeeppone a fianco a noi che stavano sicuramente facendo roba).
Perché non gliel'ho dato subito, l'indirizzo? (malpensanti!)
Ricordate quel post sulla festa di compleanno di Arianna, e quanti commenti erano partiti sul mio modo un po' velenoso di descrivere due tra le invitate? Ecco, è tutto lì.
Non ho dato l'indirizzo nemmeno ad Elisa, la nipote di Luciano da me compianto su queste pagine, nonostante sia una mia carissima amica. Perché non volevo che leggessero cose che... al di là del poter essere fraintese, potessero turbarle, non so, parti di storie non conosciute. Opinioni di passaggio che possono essere prese come fatti.
O magari che potessero ferirmi, smentendo cose che io qui scrivo e che penso in buona fede vere. O che mi piace pensare così.
Io qui, per quanto anonimo scrittore (anonimità fittizia per un buon 90% dei miei lettori) non sono un alterego al di là del giudizio. Sono io, carne ed ossa, e pensieri sbagliati.
Rompere un'amicizia per me sarebbe terribile, come brutta sarebbe un'incomprensione. Con molti di voi posso spiegarmi a parole: col Deso, col Digia spesso abbiamo anche discusso del blog. Ma non posso farlo con tutti.

Eppure questo sono io, e dovrei imparare ad avere il coraggio di farmi conoscere.
Anche così.

Questo non vuol dire che darò quest'indirizzo a tutti, ma dovrei applicarmi, come buon proposito, a diffondere il mio blog di più.
Voi, se trovate qualcuno cui interessa (come ha fatto il Deso a studio), fate altrettanto.
Sapere che qualcuno ti legge, quando scrivi, è importante.
Non sono mai stato uno che scrive per sé punto e basta.

E infatti la regolarità della vita quotidiana, il tran-tran dell'ufficio, mi ha aiutato a tenerlo in piedi. Non è un caso che vi scriva da qui. A casa, col computer connesso a internet che è in camera di mio padre, ed i genitori sempre tra i piedi, è sicuramente più difficile.
Ormai è ufficiale, da mercoledì firmo il contratto e mi trasferiscono d'ufficio: passo in Videoteca.
Curioso, per uno che a dicembre ha recitato la parte del commesso di videoteca che viene massacrato di mazzate.
Nuovi colleghi, addio ai vecchi che incontrerò solo al bar o nei corridoi.
Nuove cose da fare, nuove competenze, tristezze aggiunte. Il cambiamento a me mi fa star male.
E poi, anche tra gli studenti quelli che mi sentivo più vicini, entrati con me nel 2005, hanno finito e si sono diplomati. Restano altri, ma i nuovi mi sembrano una massa ostile di sconosciuti, potenzialmente privi di interesse.

L'assurdità delle cose che mi capitano mi ha fornito argomenti, e sono lieto di avervi divertito per quel che ho potuto. Conto di farlo ancora nel 2008, visto che è impossibile non me ne capitino di diverse!
Ad esempio, rimettendo a posto un quinto di scaffale di un armadietto, a casa, ho ritrovato un vecchio biglietto che mi avevano lasciato dal portiere quattro compagne di classe che mi erano venute a trovare.
Più o meno recitava così:
"Enrico, ti siamo venute a trovare affamate di sesso, con la promessa delle foto del superdotato, e tu non ci sei!!! Angela, Minni, Tania e Giorgia"

Ovviamente, si spiega col fatto che a scuola parlavo di una foto su computer di uno che ce l'aveva lungo quanto il torso (ce l'ho ancora quella foto, finta ovviamente), e non credo che fosse davvero del tutto onesto quanto scrivevano in quel foglio.
Però mi piace pensare che mi sto sbagliando. ^__-
Adesso, quanta gente tra i suoi ricordi può vantare un biglietto del genere?
^__^

Eccovi quindi svelato l'arcano del post da sei pagine precedente: essendo questo il post numero 100, non potevo mischiarli. Questo qui, doveva avere lo spazio suo.
Vi lascio, convinto che continuerete a leggermi, ormai siete assuefatti.


GrimFang

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