L'artista mescola il sangue con la terra, per generare sempre nuova vita...

Sarà sicuramente potente, la vita. Piuttosto dolorosa, a mio avviso, a volte sorprendente, sicuramente intensa, vibrante, indubbiamente da vivere. Sempre e comunque.

Sara Tenaglia

Terra, Pioggia, Fuoco & Vento

Terra, Pioggia, Fuoco & Vento
Fire cup

mercoledì 8 luglio 2009

Pronto? pronto un c...

Ce pòi pure morì, al pronto soccorso, se te danno er codice sbajato!

In vita mia, mi è toccato tre volte salire su di un'ambulanza.
La prima, agli esami di maturità: scritto di matematica, panico allo stato puro, entrando mi sento male, vacillo. E' la mia prima botta di gastrite, ma l'avrei scoperto poi.
Mi accascio all'ingresso, la membro esterno di storia - che ci aveva fatto filosofia l'anno prima, ma questa è un'altra storia - mi fa fare respirazione yoga, e un po' mi calma. Ma appena si allontana riprende più forte di prima. Niente, arriva l'ambulanza, mi siringano mezza fiala di valium nel sedere. Visto che non sortisce effetti mi caricano sulla lettiga, mi ci legano con le cinghie e poi via all'ospedale a tutta birra, con l'ambulanza che piglia le curve in piega come Valentino Rossi. Mi portano al Santo Spirito, e poi tutto bene.
La seconda volta è stata l'anno scorso, due giorni prima di Lucca Comics.
Febbrone da cavallo, vomito alla fermata di Repubblica della Metro A. Risalgo fino al gabbiotto, mi accascio, chiedo di poter andare al bagno, non si può. Mi chiamano l'ambulanza, ci salgo anche se mi sento meglio.
Mi portano al Policlinico, e lì NON va tutto bene.
Sono stanco, fiaccato, ho sudato tantissimo. Voglio dormì, ma niente: la sedia è troppo distante dal muro ed è pesantissima, impossibile da spostare. La testa mi ciondola, non trova appoggio, ho freddo. Ho un cazzo di codice verde (rosso = priorità assoluta; giallo = priorità alta; verde = normale; bianco = che cazzo ce sei venuto a fà all'ospedale?), e chiunque mi passa avanti. Aspetto per ore, chiedo quanto manca, mi sento sempre più spossato. Come accade sempre, mi convinco che andare a casa e farsi una sontuosa dormita sia il modo migliore di curare qualsiasi cosa io abbia, e lla fine li mando affanculo e me ne vado a prendere il 490 sotto la pioggia per tornare a casa.
La terza volta, è stato sabato pomeriggio.

Al teatro Ygramul, verso le 18.30, il mio amico Lele presentava il suo libro di poesie.
L'avevo aiutato ad organizzare la serata, in realtà facendo un paio di volte da ponte con Vania, nulla di più. M'aveva anche chiesto di portare qualcosa di mio e leggerlo, o anche cose altrui; ma all'ultimo momento m'era girata male e non avevo portato niente.
Peccato, mi ero anche detto guardando e sentendo quelle che altri recitavano.
E poi, seduto così, un po' scomodo, una chiappa su una giù, arriva la fitta.
Un dolorino che si fa più acuto, la sensazione d'intensa e crescente scomodità che s'impossessa di me, negandomi qualsivoglia sollievo.
Mi agito, poi mi alzo, e cercando di non disturbare me ne vado in sala bar, pensando di sdraiarmi da qualche parte. Spiego a Vania il problema, con un mezzo sorriso che però mi rimane storpiato in faccia quando il mio corpo segnala che la posizione semi sdraiata che ho preso non è quella buona.
Da lì, è un rapidissimo decadimento: qualsiasi posizione io prenda non va bene.
Nemmeno sdraiato sul pavimento, in piedi, in diagonale, nulla... Arrivano anche Gab e Lalla, che assistono alla mia non muta crescita di dolore e panico; raggiungo con loro l'esterno, cercando di fare molta attenzione anche alla mia respirazione: sia per il panico, sia perché le fitte mi tagliano il fiato, e ciò non è bene.
E sudo, sudo in maniera totale.
Quando vado a sedermi di fronte al teatro, su, dove c'è la strada, sono zuppo fradicio e sento qualsiasi correntina d'aria come una carezza ghiacciata. Vania si allontana per prendermi qualcosa in farmacia, un antidolorifico; ma più passa il tempo più sento che non basta.
Con me ci sono Gab e Lalla, che fanno il possibile per tranquillizzarmi e farmi compagnia.
La posizione che ho trovato, quella in cui soffro comunque, ma meno, mi comprime lo stesso i polmoni, ma almeno è accettabile. Sento la mia muscolatura rigida e bloccata come un ciocco di legno.
A quel punto, mi accorgo che non sto tremando: vibro.
Vibro a una velocità assoluta, secondo me batto anche il battito delle ali di un colibrì: sono apparentemente fermo, immobile, e invece le mie mani, soprattutto quelle, potrebbero essere brevettate come strumenti per il piacere di coppia. ^_-Quando Lalla me ne tocca una, mi accorgo che praticamente ho le mani addormentate, numb. Uncomfortably numb.
Parlo a monosillabi, un po' perché mi manca il fiato, un po' perché l'ultima cosa che voglio fare è parlare. Mi accorgo che sotto di me c'è una pozza d'acqua, che gronda copiosa a terra dalla mia fronte.
Mi son fatto portare il giacchetto, l'ho messo e adesso è zuppo anche quello. Quando Gab suggerisce di chiamare l'ambulanza annuisco: sogno il momento in cui arriveranno e mi siringheranno nella schiena un abissale antinfiammatorio...
Così, quando Vania arriva comunicando che il farmacista senza ricette gli ha potuto vendere solo un MomentAct (che cazzo ci faccio col MomentAct!!), aspettiamo l'arrivo dell'ambulanza. E pianissimo, comincio a calmarmi.
Tanto che, quando arriva, in un tempo che sembra interminabile ma mi sa tanto che non lo è stato, sono persino in grado di tirarmi in piedi da solo - sebbene i paramedici mi diano ugualmente una mano.
...diciamola tutta, è anche un po' brutto che quando arrivano il paziente si tiri in piedi e dica "no grazie, adesso va molto meglio". Pare che oltre che a prenderli per il culo tu stia anche sottolineando il concetto "quanto cazzo c'avete messo", no? ^_^
Ad ogni modo, la fitta c'è ancora, la sento e so benissimo dov'è localizzata.
Quando salgo sull'ambulanza la paramedica, una simpatica, sale dietro con me e andiamo - purtroppo - al Policlinico.
Adesso, il problema del Policlinico è che è centralissimo. E' grande. Insomma, c'è un botto di gente. Se caschi col motorino, dal Colosseo a via Barberini, da via Nomentana a Piazza Venezia, ti portano lì. Quindi, nell'ordine da rispettare dei codici cromatici, è infinitamente più probabile che la lista dei codici verdi sia già lunghissima quando arrivi, e che sia continuamente rallentata dall'arrivo di nuovi codici gialli.
Vi dico solo che quello prima di me perdeva sangue dal mento, un signore anziano, e l'hanno lasciato lì a tamponarsi la ferita con le garze per ore.
Vania mi ha accompagnato, e resta a farmi compagnia fino al cambio con Gab e Lalla. Io sono stato piazzato su di una comoda sedia a rotelle dalla quale preferisco proprio non alzarmi: punto primo perché, nonostante mi stia sentendo molto meglio, capisco che la 'seduta morbida' della sedia - che accoglie bene sia il sedere che la schiena, scarica il peso togliendo l'incombenza alla mia muscolatura ed alle mie ossa, e non è proprio il caso di rinunciarci. Punto secondo perché... beh, mi rilasso, ed è sempre divertente girare sulle ruote! ^_-
Sempre che non ti ci debba trovare inchiodato a vita, ovviamente.
Delle ore passate in sala d'aspetto, niente di rilevante. A parte l'aver aiutato Vania a costruire la sua pagina Facebook, mentre mi fumavo un paio di sigarette all'esterno. Vania s'era anche preoccupato di andare a chiedere che nel frattempo non mi avessero chiamato.
Poi il cambio con Gab e Lalla - Vania doveva fare uno spettacolo a Castel Sant'Angelo - e infine la mia richiesta di andare a prendere la macchina: io dovevo tornare a teatro a prendere la mia, e siccome m'ero rotto le palle di aspettare avremmo fatto così - loro andavano a prendere la macchina e posare il motorino per riportarmi a teatro; io avrei aspettato il loro ritorno sperando che mi chiamassero. Altrimenti pace e vaffanculo.
In fondo stavo meglio.
Così, loro escono, ed io mi accingo a leggere gli ultimi racconti dell'antologia di RiLL che mi mancavano.
Metto gli occhi sulla pagina e...
Via. Mi sfuggono sulla pagina. Faccio fatica a mantenere la concentrazione, il cervello si rifiuta di compiere l'operazione. Vado veramente avanti a fatica, e mi rendo conto che non è tanto perché non ho voglia di leggere, quanto perché non ho cenato e sono praticamente le undici.
Nada zuccheri. Forse anche nada liquidi.
Insomma, non ho affatto fame - cosa che comincia a farsi strada invece appena mi rendo conto del problema - eppure sono assolutamente cosciente della mancanza di materiali da bruciare per il mio sostentamento. E ringrazio Vania per quell'assaggino di barretta al cioccolato che mi ha dato quando mi ha portato il caffè.
Ma quanto tempo posso andare avanti, ancora?
Ed è lì, mentre sto col libro in mano, indeciso se sforzarmi a leggere oppure cedere e metterlo via, che arriva la classica infermiera stronza.
"Chi c'è ancora?"
Ah sì, ah sì, e voilà, tocca a me.
"E lei chi è?"
"GrimFang, sono qui per la schiena..."
Bastarda.
"Ah, ma lei non ha risposto all'appello, eh?"
Bastarda stronza.
"...la sua scheda è stata tolta. C'è ancora, eh, ma c'è da aspettare!"
Stronzabastardastronzastronzastronza.
Vania è venuto a chiedere, non m'avevano chiamato. Quando cazzo l'hai fatto 'st' appello, nei tuoi sogni? Hai beccato l'unico minuto in cui eravamo fuori entrambi, l'hai fatto sottovoce, hai aspettato apposta il momento adatto? Grandissimabastardastronza. Mi prende come mi prende tutte le volte in casi del genere: non rispondo, non rispondere mi fa male dentro perché qualche vaffanculo nella vita bisogna dirlo, però maledetta buona educazione a me questa cosa mi ferisce, l'essere trascurato, il sentirmi messo ingiustamente in disparte, il sentire calpestate le mie ragioni senza nemmeno argomentare...
Insomma, sto male e mi verrebbe da piangere, se non fosse che ho smesso di farlo troppo tempo fa.
E allora diventa urgente che ritornino al più presto Gab e Lalla, per andare via, andare a mangiare e mandarli un'altra volta affanculo dopo la volta della metropolitana. Però in tre abbiamo esaurito tutti il credito sul telefonino, per cui più degli squilli inutili non riusciamo a farci.
Mi alzo, aspetto fuori, fumo.
Quando finalmente vedo Lalla rientro e dico duramente all'infermiera di turno (un'altra):
"Io me ne vado, GrimFang, la mia scheda la può levare!"
Ometto la parte più divertente, quella sul dove se la poteva ficcare.
E' mezzanotte.
Starving. Ho una fame che non ci vedo.
Tiriamo dritti a teatro che lì c'è il bar aperto tutta la notte: entriamo e mangiamo. Chiacchieriamo, commentiamo. Sto meglio, ma sento che il dolorino lì ancora c'è; non faccio in tempo a pensare a che guaio sarebbe se mi ripigliasse ancora in quel momento, dovendo guidare fino a casa, che lo sento riaffacciarsi.
Saluto Gab e Lalla in fretta e furia e salto in macchina.
Non so cosa sia, ho solo il parere dei paramedici: un colpo di freddo, oppure uno stiramento muscolare. Qualcosa che comunque, con tutta probabilità, ho contratto in precedenza e che ha approfittato di una scomoda postura per riaffacciarsi ed acuirsi. E in effetti nelle ore di attesa, m'era anche tornato in mente che lo avevo accusato anche in precedenza, in macchina, mentre ero alla guida. Ma quando? Non riuscivo a ricordare se era andando a teatro oppure era tornando dalla festa la sera prima.
Comunque, il viaggio di ritorno è un calvario.
Nonostante abbia tirato in avanti il sedile, per non dovermi sforzare troppo, le fitte si rifanno vive, e aumentano. Io spingo la macchina quasi a tavoletta, cercando di fare la strada più veloce - e ringraziando il cielo che da lì c'è la tangenziale percorribile anche la notte e poi il sottopasso fino a Pineta Sacchetti. Rallento per respirare sulle fitte peggiori.
Sogno, anelo l'attimo in cui metterò il piede a casa e cercherò il Voltaren, il Lasonil o ingurgiterò Tachipirina - qualsiasi cosa pur di sedarmi a dovere. Non me ne frega nemmeno niente di essere da solo, di non avere nessuno a casa ad accudirmi (perché i miei son stati fuori per una settimana).
Faccio l'ultimo tratto, quello coi semafori, in stato pietoso. Arrivo e metto la macchina in garage, operazione per la quale bisogna pur piegarsi con la schiena, e infine schizzo fuori dalla macchina, che in quel frangente detesto, come complice dei miei mali. Rimuginando sull'ergonomia del sedile di un veicolo a quattro ruote, aprò l'ascensore e poi su mi fiondo in casa. Corro nel bagno di mamma e, col senno di poi, non so quale nume tutelare mi abbia fatto cercare con precisione il medicamento di cui avevo bisogno - che sia l'effetto subliminale delle pubblicità? Beh, in questo caso è positivo, anche perché lo trovo subito in bagno da me, in bella mostra.
Guardo le indicazioni, è proprio contro il mal di schiena. Godendo come un riccio me lo spalmo sulla parte infiammata: pochi minuti, e sto già bene. E benedico San Voltaren.
Non so tuttora cosa cavolo sia stato, ma non ho avuto bisogno di altre applicazioni. Il giorno dopo sentivo ancora - come lo sento adesso - quale parte della schiena, quale punto, è quello che mi da problemi e contratture, ma me la cavo tranquillamente.
Prima o poi, però, devo passare sotto le sapienti mani di Alessandro!
^_-


GrimFang