L'artista mescola il sangue con la terra, per generare sempre nuova vita...

Sarà sicuramente potente, la vita. Piuttosto dolorosa, a mio avviso, a volte sorprendente, sicuramente intensa, vibrante, indubbiamente da vivere. Sempre e comunque.

Sara Tenaglia

Terra, Pioggia, Fuoco & Vento

Terra, Pioggia, Fuoco & Vento
Fire cup

domenica 17 agosto 2008

Jan Dix

"Le nostre paure hanno forme più sofisticate, sono diventate indecifrabili.
Ogni cultura produce le proprie immagini. Ma le angosce e le paure non sono certo scomparse. Per di più, noi abbiamo perso l'arte di controllarle. Nelle culture arcaiche ci sono sempre dei contrappesi alla paura... sono depositi di esperienza che meriterebbero molto più rispetto.
"

Questa riflessione è fresca fresca di lettura su di un nuovo fumetto Bonelli, Jan Dix.
Non entro nel merito del fumetto, anche perché sono usciti solo due numeri ed è un po' presto per giudicare; dico solo che il primo numero - forse perché tocca il mio dipinto preferito, "La ragazza con turbante [o ragazza con l'orecchino di perla]" del Vermeer - non mi ha fatto questa grande impressione.
Quello di cui volevo discutere è proprio il merito di questa riflessione, nel fumetto legata alla forza simbolica di alcune figure nelle culture arcaiche (in questo caso il giaguaro per gli yanomami) e a come esse siano percepite presso le nostre culture - oramai svuotate della loro valenza e ridotte ad altro simbolo, quello della rappresentanza etnica.
Così, se gli yanomami nel 'raffigurare' il giaguaro in realtà non lo rappresentano, ma lo evocano, noi in un loro disegno di giaguaro cogliamo solo i segni del legame artistico-religioso che quel popolo ha verso tale animale.
Ma nella frase citata all'inizio c'è molto di più.
Si parla di paura.
Qualcosa che ci tocca molto da vicino, per come s'insinua e s'impadronisce delle nostre vite. Qualcosa di trasversale - pur nelle sue molte declinazioni - a tutte le culture, a tutti i popoli in tutte le epoche.
Noi ci siamo allontanati dalla nostra dimensione simbolica: non rappresentiamo più direttamente la nostra paura e la forza che essa possiede per riuscire ad esorcizzarla. Essa rimane nascosta, e subdola s'impadronisce dei meandri della nostra complessa vita sociale: diventa ansia, attacchi di panico, ma anche più modestamente paura di volare, paura degli spazi angusti, o più classicamente, paura di morire o diventare pazzi.
Inibisce.
E ci riesce proprio perché "indecifrabile".
Se per gli yanomami il giaguaro è la morte, ed il legame è bello diretto perché se te ne trovi uno di fronte nella foresta sono cazzi tuoi, noi non abbiamo più simili figure immediatamente riconoscibili. La nostra paura della morte si fa più indecifrabile, si coniuga in rivoli dai mille aspetti, e ci chiede di affrontarli tutti, uno per uno. E la missione si fa impossibile, come tagliare le teste dell'idra, che come le tagli ne rispunta una; e da idra a sette teste diventa a nove, e poi a dieci... E pure se il corpo è uno, e uno solo, noi siamo così centrati nel focalizzare le teste che esse ci sembrano mille, imbattibili.
Se questo accade, è perché "ogni cultura ha le sue immagini". E se questo è vero, è vero che noi viviamo in un proliferare d'immagini - non a caso la nostra è definita come società delle immagini - e che ciascuna di esse porta appresso la sua paura: paura di non esser belli, di non esser ricchi, di non essere importanti.
Ma non è questo l'importante di quella citazione.
La parte importante è il senso di "aver perso l'arte di controllarle". E credo proprio che il termine 'arte' non sia usato a caso.
Definire una paura è controllarla.
Darle un viso, un nome, raf-figurarla è imporre il proprio dominio sull'immagine e su ciò che rappresenta, impossessarsene. Io dipingo il giaguaro e così impedisco che lui s'impossessi di me, tramite la paura che m'incute. Non è, badate bene, 'controllo la mia paura'.
Per chiarire questo concetto, la rappresentazione yanomami di un giaguaro è tutta un'altra cosa da Dario Argento che fa cinema sui propri incubi. Ci va vicino, forse, ma non si tratta di un controllo esercitato su se stessi, sulle proprie reazioni, bensì sulla fonte delle proprie preoccupazioni. Tatuandomi le macchie del giaguaro, disegnando la bestia, facendo qualsiasi rito di appropriazione simbolica di ciò che mi spaventa, io annullo in me la paura, alla radice - non effettuo alcun controllo. Controllo implica una mente razionale e una cultura occidentale.
Lì invece, io faccio mio, almeno in parte, il mistero del giaguaro. Il suo potere su di me.
Non divento un giaguaro, ma ne partecipo. Continuerò ad aver paura di morire divorato da un giaguaro, ma non morirò per questa paura.
I contrappesi delle culture arcaiche, quelli che noi abbiamo scordato, sono le memorie, le esperienze, di quelle culture: ogni paura di giaguaro genera anche rispetto del giaguaro. Genera la percezione della naturale necessità del giaguaro e dell'esistenza della paura di esso. Il contrappeso, è la tranquillità insita nell'ordine naturale delle cose.
Noi, abbiamo perso di vista proprio quest'ordine, lungo la strada che ci separa dal dare il giusto peso allo 'stato naturale' delle nostre paure.
Arte, dunque.
In un'accezione che si separa dal nostro 'sterile' concetto di rappresentazione estetica e si pone a mezza strada, più verso il concetto di produzione artigianale. Perché è con fare artigiano che si produce comunque una rappresentazione del reale, sì, ma con potenza intenzionale e simbolica tale da essere essa stessa realtà rappresentabile. La forza (comunicativa, informativa, evocativa, eccetera) contenuta in una singola scheggia di legno lavorato per simili fini contiene più concetto di qualsiasi opera occidentale, soffocata nella mediazione prima intellettuale e poi espressiva. L'oggetto yanomami (o chi per loro) è, nella sua immediatezza.
Esso rappresenta, nell'unico senso originale della parola.
Ed è tutto in questo rappresentare il suo ruolo artistico di controllo.
Senza mediazioni, è questo l'importante.
Se io riuscissi a rappresentare - senza impormi il come, il quando, problemi estetici e quant'altro - così, d'impulso, ciò che mi angustia, riuscirei in modo quasi catartico ad impadronirmene; e se si trattasse di un timore esterno potrei tenerlo stretto nel pugno per riuscire a gestirlo, mentre se si trattasse di qualcosa d'interno che mi spaventa potrei espellerlo da me, bruciarlo ed estinguerlo.
Quindi, qualsiasi cosa stiate facendo adesso, compite il vostro gesto d'arte: afferrate quello che avete intorno, qualsiasi cosa v'ispiri il gesto artistico; concentratevi sulla vostra paura, la prima testa dell'idra che vi viene in mente e non pensate - agite e basta!
Modellate la vostra paura, in poco tempo, prima che il vostro cervello capisca e vi ordini come farlo! SMETTETE DI LEGGERE!!!

Avete fatto?
Bene.
Ora potete guardarla in faccia, la vostra paura.
Eccola lì, la testa dell'idra.
Adesso sta a voi. Se avete pensato a qualcosa che dovete gestire, controllare, tenere a comando, tenete il vostro oggetto d'arte con voi. Mettetelo in una tasca, appendetevelo al collo, stringetelo in pugno ogni volta che vi dovrete confrontare con l'idra.
Se invece è qualcosa da espellere, da rifiutare, da cancellare e lasciare a dissolversi alle vostre spalle, dategli fuoco, distruggetelo, fatene briciole e cenere.
E nel caso in cui fosse entrambi, magari sotto aspetti diversi, date un peso a ciascuna istanza: valutatene quanta parte è qualcosa da gestire e quanta invece è cosa da rimuovere in voi. Quindi spezzatelo, e agite con le parti rispettive come indicato sopra.
E quando scoprirete che funziona, per favore, non venitemi a dire che sono un mago.


GrimFang

3 commenti:

Unknown ha detto...

"Opposta alla Vita allora non è la Morte, ma la Paura che tiene l’individuo sospeso tra lo spettro della solitudine, dell’ indifferenza e l’angoscia dell’ incertezza".
(Cit.da me medesima ebbene sì XD)

La tua riflessione è un interessantissimo (per quanto davvero vasto messo così) spunto per una tesi di laurea in Scienze della comunicazione.
^_^
Chi ha orecchie per intendere, intenda (chi no ovviamente fuori dalla tenda!!)
^^

GrimFang ha detto...

Toh, piove, qua fuori...

^__^

Anonimo ha detto...

vogliamo un altro post! vogliamo un altro post!