L'artista mescola il sangue con la terra, per generare sempre nuova vita...

Sarà sicuramente potente, la vita. Piuttosto dolorosa, a mio avviso, a volte sorprendente, sicuramente intensa, vibrante, indubbiamente da vivere. Sempre e comunque.

Sara Tenaglia

Terra, Pioggia, Fuoco & Vento

Terra, Pioggia, Fuoco & Vento
Fire cup

mercoledì 21 aprile 2010

Una di meno

E' dura scendere dalla giostra e mettersi a guardare i propri sentimenti in mano.

Oggi, magari ancora stanco dalle nottate di poco sonno davanti al computer impallato o ai testi da scrivere per RiLL - spediti lunedì - per i quali non finirò mai di ringraziare Digia per la revisione, accuso ancora abbastanza quanto accaduto ieri sera, alle prove.
Con tutto che oggi sono anche andato dallo psicologo.

Ma è così. Quando di punto in bianco ti chiedi "Ma io cos'ho dato a questa persona? E lei che mi ha dato in cambio?" e la risposta è settanta a zero, allora c'è qualcosa che non va.
C'è qualcosa che t'impedisce, ti dovrebbe impedire di chiamarla "amica".
Pena lo snaturare completamente il senso del termine.
Non è nemmeno una buona conoscente, forse nemmeno una conoscente.

Anni fa, ho avuto modo di rigettare in faccia a Flaminia tutto il male che mi aveva fatto.
Mi sono sentito meglio, un uomo nuovo, diverso e migliore. Un uomo in grado di fare i conti con la propria cattiveria, anche con la propria cattiveria - volutamente ignorata fino a quel momento. Qualcuno che aveva imparato che rendere pan per focaccia - e non intendo occhio per occhio, ma quello sfogo che riesce a rendere la misura del proprio dolore - può toglierti un peso di dentro che altrimenti resterebbe lì, inamovibile. Un peso che lì non ci DEVE stare.
E, chissà, quella Flaminia rimasta in quella stanza dopo il torrente delle mie parole, ormai priva delle sue, ha anche trovato il modo di guardarsi nell'impietoso specchio che le avevo messo di fronte, e di diventare migliore.
Ma non è questo il caso.
Allora, io Flaminia l'amavo, o meglio, l'avevo amata fino a poco prima. Quest'altra no, nemmeno la considero. Allora, nella stanza in cui ci isolammo alla festa di Daniele, avevo voglia di sfogarmi facendole provare fino all'ultima stilla di dolore quello che avevo sentito io, di fronte alla sua sciocca presunzione, e presunzione d'innocenza. Ma Flaminia sapeva ascoltare.
Questa no.
E allora a che pro, parlare?

E quando quello stronzo del pub Overtime, che mi screziò per aver fatto notare alla di lui, diciamo così, bella che aveva il seno in mostra - evitando che qualcuno a parte me che l'avevo visto potesse insistere su quelle zone - perché non riusciva a pensar altro, nel suo cervello di tufo, che IO l'avevo visto, beh, persino con lui riuscii a trovare un aspetto positivo: devo a lui, al suo essere un pezzo di merda congenito, aver imparato ad apprezzare la vitalità positiva dell'odio, sull'altro piatto della piatta morsa mortale della frustrazione.

Ma qui no, nemmeno quello.
Sarà che sono stanco, che ne ho le palle piene di essere quello sempre buono e caro che non perde mai le staffe, che perdona tutto e tutti, che cerca di vedere sempre tutto bene, nel suo lato migliore. Basta dare alibi agli altri. Mi sono rotto il cazzo.
Se desideri aprire la testa altrui con una mazza da baseball finché materia giallastra sanguinolenta non ne scaturisca, c'è un problema. E non è un problema di martedì sera.
E' un accumulo, uno stillicidio di rotture di cazzo, di risposte sgarbate, offese, di favori richiesti e mai restituiti. E magari qualcuno a questo punto sa già di chi parlo o l'ha intuito.
Se vai in giro a petto scoperto a dare amore e ricevi indietro coltellate, no, questa persona non ti vuole bene.
Se quando anche solo per celia s'accosta l'immagine di noi non può fare a meno di denigrarti, non solo non ti vuole bene, ma nemmeno ti apprezza. Non ti stima.
Se chiede, chiede, chiede e non dà mai, non solo non ti vuol bene, non ti stima, non ti apprezza, ma ti usa.

E una che ti usa, non ti stima, non ti apprezza, non ti vuole bene, ma che cazzo la frequenti a fare?!?

Quindi basta, Valentina, adieu, io c'ho provato.
Scommetto che se ti chiedessi di nominare, ma anche solo di pensare, a una cosa che hai fatto per me disinteressatamente, non sapresti che fare. Ti guarderesti attorno smarrita, spaventata dal tuo stesso buio interiore.
Se ci arrivassi da sola, non ti sentiresti ferita e in dovere di reagire; forse smetteresti di ripetere sempre "IO, IO, IO" come un mantra nella tua vita, e forse, ma proprio forse, riusciresti a cagarti qualcun altro - non uno che conosci, non uno dei tuoi "amici", bada: uno chiunque. Uno che proprio non ti serve a qualcosa.
Ma a me non interessa, non più.
E se c'è una cosa che fa male è che non potrò fare a meno della tua presenza, perché, porcaccia la maledetta zozza lurida e finiamola qui prima di travalicare i limiti della decenza, te fai purtroppo parte degli aspetti migliori della mia vita.
Il teatro, Elish, e frequenti il mio migliore amico persino più di me.
E qui stendo un velo di censura pietoso per almeno quindici righe.

Non posso semplicemente tagliarti fuori dalla mia vita, come ho fatto con altri, magari col pretesto del non vedersi più, del non avere tempo: rischio di tagliare fuori quanto ho di più bello a parte la scrittura.
Quindi, mi tocca ingoiare rospi ogni volta che mi tocca di vederti.
Continuare a ripetermi io, come un mantra, che razza di merda di donna sei, per evitare di usare la mia pietà nei tuoi confronti, e ricadere nell'errore. L'errore di ritenerti una persona, degna di dignità.
Mi tocca stare male a me, nel forzarmi ad essere indifferente, nel sorridere di circostanza, in preda al terrore che - se non ti dico nulla, ma questo non è ancora detto - tu possa chiedermi "C'è qualcosa che non va?".
Perché corro il rischio di risponderti "A parte il fatto che sei una merda, stronza?".

Io non dirò cosa ha scatenato tutto.
L'evento è piccolo, minimale, e magari in quel preciso momento aveva anche ragione. Ma i pesci in faccia tutte le sante volte fanno male, e chiamano, urlano, necessitano in te che tu restituisca una tantum il piacere, ma a colpi di Capodoglio.
Anche se non è un pesce.
Quello che importa è togliersi dalla testa un'idea che si è scoperta semplicemente finta.
Io e lei abbiamo fatto questo e quello insieme, eravamo qui, lì, abbiamo un sacco di foto... Un sacco di foto. Ricordi zero.
Massì, qualcuno. Anche con gli sconosciuti capita di star bene.
Però, così com'è vero che l'amicizia si nutre di un passato comune, di avvenimenti condivisi, di pezzi di vita in cui ci si è accompagnati assieme, è pure altrettanto vero che condividere avvenimenti, avere un passato comune o essersi trovati a condividere dei pezzi di vita non significa amicizia automaticamente. Ci frequentiamo.
Come frequento il barbiere.

Certe cose fanno crescere, anche se fanno male.
A me, fa male e cresco. A te, se e quando te lo dirò o capirai, probabilmente ferirà solo la tua facciata, il tuo amor proprio: "come osa farmi questo!?". E romperai il cazzo come l'hai rotto e lo rompi a Gabriele - che ha avuto il senno di mandarti affanculo morbidamente eoni fa.
E questo mi conforta, perché a parte l'Anonima, anche lui condivide Elish e il teatro con te.
Lui ce l'ha fatta. Ce la fa.
Spero di farcela anch'io.


GrimFang

2 commenti:

Anonimo ha detto...

tutto condivisibile se non per il fatto che io non frequento nessuna valentina.

Anonimo ha detto...

tutto condivisibile se non per il fatto che io non frequento nessuna valentina.