L'artista mescola il sangue con la terra, per generare sempre nuova vita...

Sarà sicuramente potente, la vita. Piuttosto dolorosa, a mio avviso, a volte sorprendente, sicuramente intensa, vibrante, indubbiamente da vivere. Sempre e comunque.

Sara Tenaglia

Terra, Pioggia, Fuoco & Vento

Terra, Pioggia, Fuoco & Vento
Fire cup

lunedì 18 giugno 2007

2061 (ovvero: La Guerra dell'Acqua)

A qualcuno forse lo avevo già accennato.

In vacanza in montagna, un'estate di quelle particolarmente afose, mi venne in mente un soggetto per un lungometraggio. Un film di quelli perfetti per Gabriele Salvatores, sulla scia di quel tipo di lento scorrere delle amicizie nel tempo, del viaggio, della crescita che si trovano tanto in "Mediterraneo" che in "Turné" che, soprattutto, in "Marrakech Express".

L'avevo intitolato "La guerra dell'acqua", come titolo provvisorio, perché proprio dalla riflessione sull'inizio - era un boato di tempo fa, tipo 1998 o anche molto prima - della scarsità di risorse idriche era nato. Beh, era proprio nato dal caldo boia che faceva quell'estate e dalla sete brutale che noi - pur essendo in montagna - si provava.

Era uno dei primi soggetti che mi erano venuti in mente, ed era ancora pieno di quei piccoli errori che subito dopo uno impara a non fare: ad esempio, ogni personaggio era legato a un attore. Questa cosa magari aiuta a scriverlo, a focalizzare, ma non aiuta certo a produrlo: se una casa di produzione non può permettersi quel cast, per un motivo o per l'altro, si troverà costretta a realizzare il film con un cast parzialmente o completamente diverso e, quindi, inadatto alla parte. Perché la parte era pensata per un altro.
Quindi, quando si scrive, bisogna mantenersi sempre focalizzati sul personaggio, mai sull'attore; o perlomeno sarebbe meglio di no.
Io invece avevo tirato in ballo tutti gli attori feticcio di Salvatores: Diego Abatantuono, Ugo Conti, Antonio Catania, Giuseppe Cederna, Gigio Alberti, Claudio Bisio, Silvio Orlando, Stefania Rocca, Bebo Storti... e ci avevo associato altri personaggi ed attori che comunque gravitavano in quell'orbita o non avrebbero 'stonato': Dario Fo, Giobbe Covatta, Alessandro Bergonzoni, Paolo Rossi, Marco Paolini... un cast decisamente ricco e nutrito.

La storia era più o meno riassumibile così. (^_-)
Diego (Vasco) e Ugo (Pizarro) sono di ritorno dalla ex-Russia, dove hanno svolto un lavoro di fatica (qualcosa stile minatori) ed hanno ricevuto come ricompensa una jeep ed una cassaforte piena di tutta la loro ricchezza: acqua, e acqua frizzante! Già, perché il pianeta è stato sconvolto dai cambiamenti climatici, e vaste zone della Terra si sono desertificate, rendendo l'acqua il bene più prezioso che esista.
Così, il film comincia coi due che si guardano intorno in mezzo ad un vasto deserto roccioso tra le montagne: si trovano in quello che era il Parco Nazionale d'Abruzzo, giunti dopo aver attraversato un Mar Adriatico in secca. Ad una stazione di servizio gestita da Antonio (Raffaele) incontrano Claudio (Glauco, detto Nostromo) che è un esule della Padania, da cui è stato cacciato per 'esercizio abusivo di cabarettismo' e che ha bisogno di un passaggio verso il centro Italia. Malvolentieri i due se lo caricano e intraprendono il viaggio, senza dare troppo peso al paranoico Glauco che sospetta d'essere inseguito dai padani alla ricerca della mappa del favoloso tesoro che il pirata Orion, che assaltava i trasporti d'acqua frizzante in tutta Italia, ha lasciato al suo luogotenente Red Paul.
Disgraziatamente, i tre finiscono nell'agguato di due predoni, Giuseppe (Buba) e Gigio (Gallo), che gli fregano la jeep lasciandoli a piedi. A piedi, assetati, arrivano a una sorta di centro d'accoglienza fortificato, governato da Giobbe (Noé) e totalmente pieno di profughi africani. Infatti, gli viene rivelato, grazie ai cambiamenti climatici l'Africa è diventato un paese davvero ospitale e fertile. Talmente tanto che, visto che gli Stati Uniti si stavano desertificando, gli americani hanno pensato bene di evacuare la terra patria invadendo il continente nero: i cui legittimi abitanti sono stati cacciati a calci nel culo via dal continente. Però, le conoscenze di chi è abituato a vivere nel deserto han fatto bene agli italiani, che lì han costruito un pozzo di acqua sorgiva e se lo tengono ben stretto, pur in un clima di pacifica condivisione comunitaria. In quel luogo incontrano Bebo (Otello), di pura razza nordica, ma non abbastanza: reo di aver avuto un nonno toscano e - orrore! - comunista, è stato esiliato dall'amata e pura Padania, e adesso è finito a vivere "coi négher". Essendo stato trattato con totale riguardo e amicizia da quella gente, lui - cresciuto ed educato razzista - soffre di devastanti crisi di sensi di colpa e coglie l'occasione della loro partenza per andarsene da lì, aggiungendosi alla comitiva.
Di nuovo in viaggio, s'imbattono nella loro jeep rovesciata su di un fianco. Prima che ne ripossano prendere possesso saltano di nuovo fuori Buba e Gallo che dopo un'iniziale incomprensione, collaborano alacremente per rimettere in sesto l'auto e togliersi a razzo tutti e sei da quelle zone, infestate da i Vampiri. Questi sono cittadini esasperati che, all'alba delle crisi idriche e di fronte al menefreghismo egoistico della classe dirigente, beh... s'erano bevuti sindaco e assessori. E non s'erano più fermati. Infatti, poco dopo il sestetto s'imbatte in un piccolo villaggio appena visitato da costoro; e la semplice visione di quel che rimane mette a tutti le ali ai piedi per levarsi di mezzo il prima possibile.
Con un secondo veicolo rimediato lì, il gruppo giunge a Roma (la vecchia città burocratica, mentre la nuova è molto più in là sulla costa), dove finalmente si possono separare: Buba e Gallo si scusano di tutto e si lasciano con gli altri in amicizia: Glauco è alla ricerca di Dario Fo (il famoso Fanfoni) che può spiegargli dove si trova il luogo indicato su di un pezzo di mappa che effettivamente ha. Con lui vanno Vasco e Pizarro, ma per trovarlo devono prima passare per i ragionamenti del custode, filosofo della burocrazia, Alessandro. Una volta da Fanfoni, che prende fischi per fiaschi, i nostri vengono comunque a scoprire che la mappa in questione si riferisce alla Sicilia, verso la quale dunque si accingono a partire (sebbene Otello si dica convinto che non esista perché "quando ha studiato geografia padana non c'era").
Purtroppo, per un problema tecnico debbono abbandonare la jeep e salire su di un torpedone anni cinquanta guidato - guarda caso - proprio da Raffaele, che fa loro uno sconto simpatia per l'imbarco. Solo Glauco, paranoico, sospetta che l'autista sia una spia dei padani. Sul torpedone, per una 'coincidenza' salgono anche Buba e Gallo. Si parte alla volta della Sicilia.
Alcuni giorni dopo, ad una sosta, il gruppo nota Stefania (Odetta detta Morgana) che viene maltrattata da alcuni motociclisti, suoi compagni di viaggio. Soprattutto Buba non ci sta a vederla trattare così e ne nasce una rissa in cui vengono coinvolti tutti, finendo col perdere il torpedone e guadagnando nel gruppo la poco socievole Morgana. L'unico modo per riprendere il viaggio è raggiungere una stazione e sperare che passi il treno. La stazione è un'oasi di tranquillità, retta dal capostazione Silvio (Silenzio). L'attesa è rinfrancante, ed i legami di amicizia si stringono grazie all'atmosfera tranquilla, turbata solo da un assalto dei Vampiri rintucciato con bonaria pacatezza da Silenzio e dal suo campo minato. Una volta sul treno, fanno la conoscenza del controllore Marco (Cervantes), filosofo pendolare, secondo cui la vita è tutta un racconto di viaggio. A questo punto, sono allo Stretto di Messina e bisogna attraversare. Si potrebbe farlo a piedi se non fosse che la marea rischia di far annegare tutti: a salvarli da quest'ipotesi giunge il torpedone di Raffaele. S'imbarcano tutti nuovamente e giungono in Sicilia, con grave shock di Otello sinceramente convinto della non esistenza di un simile luogo.
Una volta sull'altra sponda, noleggiano il bus di Raffaele per raggiungere insieme il luogo segnato sulla mappa, il Paese del Sogno. Ma una volta giunti lì, trovano solo un paese abbandonato fatto di pietre riarse, abitato solo da un eremita pazzoide e farneticante. Anche messo sottosopra come un calzino, dal paese non esce niente: il tesoro è una favola. Glauco è disperato, al limite della follìa. Si accampano, ma, nella notte, il podestà di Cinisello Balsamo e le sue truppe padane piombano loro addosso: li hanno veramente seguiti per ottenere il tesoro, grazie alla collaborazione di Raffaele (ricattato e malmenato), e sono decisi a non andarsene a mani vuote. Ma, mentre sono alle prese con la tortura dei prigionieri, dalle ombre della notte emergono centinaia e centinaia di uomini neri: massacrati di botte, i padani son cacciati via dalla Sicilia a pedate nel culo. L'eremita rivela di essere Red Paul, e quegli uomini la sua ciurma; appreso della triste fine del suo capitano, assume il comando e conduce la comitiva (compreso il povero Raffaele) verso un canyon segreto, per caverne naturali e cunicoli sotterranei... per riemergere la mattina dopo dall'altra parte della montagna, dove una lussureggiante Sicilia li accoglie a braccia aperte: il Paese del Sogno. Una terra libera e felicemente anarchica, ma con una forte selezione all'ingresso: gli imbecilli non possono entrare. Tutti loro possono restare.
Ma, mentre c'è chi - come Glauco - si getta a braccia aperte verso la verde Sicilia, c'è anche chi, come Raffaele e Vasco, sogna già di ripartire e tornare su, a ripagare coloro che se lo meritano (Silenzio, Cervantes, Noé...) con questa buona novella...

Eccolo qua. Per esteso! ^__-
Detto in meno parole, sarebbe un viaggio picaresco di una ciurmaglia di uomini che dal Centro/Nord Italia - devastata da una crisi idrica di proporzioni mondiali - si muovono verso il Sud, attraverso tutte le frammentarie realtà autonome prive di guida in cui essa si è trasformata. In questo viaggio, scopriranno l'amicizia gli uni verso gli altri ed il valore che ha, fino a scoprire possibile un futuro migliore.
Beh, è più o meno così, no?
Ad ogni modo, spero vi sia piaciuto.
Per quanto oramai quasi inutile, se qualcuno dovesse rivendersi quest'idea altrove verrà passato per le armi.
Perché dico inutile?

Era un boato d'anni fa.
Veramente tanti. Resi ancora di più dal fatto che, in fondo, di tutta la storia io avessi in realtà scritto solo l'idea su due paginette, il cosiddetto soggetto. E con queste due paginette, dove volevo andare? Quindi rimase nel cassetto, per anni. Ecco perché dico 'resi ancora di più'.
Poi, all'università, ho preso parte ad un corso di cinema, organizzato con la Rai. Direttore responsabile del corso, Giuliano Montaldo. Che da allora, dopo averlo personalmente conosciuto, ha tutto il mio affetto oltre che la mia stima. Tra gli invitati c'era anche Domenico Starnone, scrittore oltre che sceneggiatore per Rubini e credo anche Luchetti. Così, mi faccio coraggio e gli mollo quelle due paginette. Che, proprio perché due paginette, lo dispongono bene alla lettura, pare.
Ma non mi ha mai fatto sapere nulla.
Così, torna nel cassetto per altri, lunghi anni, finché, a lavoro, non mi capita d'imbattermi in Antonio Catania, che in questo progetto doveva fare Raffaele. Riprendo il coraggio nelle mani, ottengo un indirizzo email, glielo mando. Niente. Gli riscrivo.
Mi risponde. Mi critica, pacatamente, professionalmente, e mi da il suo parere.
Grazie. Grazie mille. Finalmente un confronto. Tra l'altro, delle tre critiche che mi ha mosso, una non la condividevo, ma le altre due sì - facendomi accoregere di cose che non avevo notato.
Questo accadeva circa un anno fa.

Pochi giorni fa, invece, su uno dei giornali gratuiti urbani (che fosse Metro o Leggo o City, non so), leggo del nuovo film di Carlo Vanzina (soggetto e sceneggiatura del fratello Enrico).
Si tratta del "2061" che dà il titolo a questo post, appunto.
Avete già capito.
L'artciolo, un ritaglio che mi porto in tasca dentro al portafoglio, dice:
"Abatantuono salva l'Italia nel film apocalittico diretto dai fratelli Vanzina"
"ROMA - Carlo Vanzina è tornato sul set per le riprese di "2061", commedia apocalittica sull'Italia del futuro prossimo con Diego Abatantuono. La storia: dopo una tremenda crisi energetica dovuta alla fine delle scorte petrolifere, il mondo è piombato in una sorta di Medioevo. In Italia un gruppo di avventurosi patrioti capitanati da Abatantuono, nei panni di un professore istrionico, intraprende un viaggio picaresco dalla Sicilia alle Alpi, con lo scopo di ricostruire un paese disunito."

M'è venuto da piangere.
E' cambiato il senso del viaggio, da Sud a Nord, e la causa del regresso: petrolio al posto di acqua.
Pure Abatantuono è lo stesso.

Dalla frustrazione all'idea di essere stato defraudato, però, sono pian piano passato - dietro anche spunti di riflessione altrui, più che veri consigli (grazie, Sara) - ad un altro punto di vista.
Per quanto mi piacerebbe almeno incontrare Enrico Vanzina e domandargli se è effettivamente tutta farina sua - prima di biasimare Starnone così, a buffo (Catania è automaticamente assolto perché, a quanto pare ci stan lavorando da prima che ne parlassi con lui) - quello che è indubitabile, e conta, è che l'idea era buona.
Da aggiustare, da scrivere, da mettere sotto copyright persino (se non detestassi con tutta l'anima la SIAE - almeno, così com'è adesso - che potrebbe benissimo essere l'acronimo di Sanguisughe Incattivite su Autori già Emaciati).
Recriminare sulle idee rubate non ha poi molto senso, al di fuori di sé stesso. E' sterile.
Ripensare alle proprie cose con maggiore fiducia e diverso atteggiamento (finirle, tanto per cominciare! ^_^) è ben altro.
Con questo, su le maniche e a lavorare!


GrimFang


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