L'artista mescola il sangue con la terra, per generare sempre nuova vita...

Sarà sicuramente potente, la vita. Piuttosto dolorosa, a mio avviso, a volte sorprendente, sicuramente intensa, vibrante, indubbiamente da vivere. Sempre e comunque.

Sara Tenaglia

Terra, Pioggia, Fuoco & Vento

Terra, Pioggia, Fuoco & Vento
Fire cup

giovedì 25 settembre 2008

Indiana Jones e la maledizione del CozzaWagon

L'aria del tardo pomeriggio era accogliente e delicata.
Una lieve brezza faceva stormire le fronde degli alberi, colorati dai raggi dell'ultimo sole al tramonto. Indy era appena uscito da lavoro, in compagnia di Marcus.
Aveva appena finito di tenere una conferenza dal titolo


E' INUTILE CHE INSISTI, QUESTI SCATOLONI QUI NON C'ENTRANO
ovvero
L'IMPENETRABILITA' DEI CORPI:
PERCHE' NON ME LA DANNO


"Aaah, senti che aria! Questa... non è una giornata da stare chiusi, questa... è da pergolato e bicchiere di vino! Anzi: succo d'uva!"
"Già" - intervenne Marcus - "E' proprio una di quelle giornate che sembrano dirti: esistono anche altre cose nella vita... ma te sei a lavorare, ah, ah, ah!"
Marcus si offrì di dargli un passaggio alla metro (non Goldwyn, né Mayer), ed Indy accettò con piacere.
Non vedeva l'ora di togliersi di dosso la polvere catramata che gli si depositava sulla cute ogni volta che si smazzava a risistemare gli scaffali; avrebbe potuto giurare che ogni volta che si sciacquava le mani si levava di dosso un'era geologica: ecco qui gli inca... saluta i maya... toh, quella era l'antica grecia...
E non aveva nemmeno fatto in tempo a godersi la soddisfazione d'aver liberato un po' di armadi e un sacco di scaffali - d'aver trovato la statua del gatto giusta dopo esser passato dal buco della carbonaia, col chewing-gum sotto le scarpe e lo straccio sporco in tasca [citazione!], che avevano bussato alla sua porta.
"Dottor Jones?"
"Sì?"
"Questi venti scatoloni di reperti sono suoi. Una firmetta..."
"Ma... ma... almeno, di che materiale, di che epoca sono?!"
"Ah, non me lo chieda, li hanno schiaffati dentro alla rinfusa. Buona giornata."

Questo accadeva il giorno prima.
Per tutto lunedì lui e Marcus erano rimasti a ridere fino alle lacrime, riuscendo a rigirare per il verso giusto la disperazione. Complici anche tutti i colleghi che, del tutto innocentemente, passavano per quella stanza.
Collega: "Ammazza com'è ridotto 'st'ufficio."
Marcus e Indy (unisono): "Ufficio?!"
Oppure
Collega: "Ragazzi, scusate, avete una scatola?"
O ancora
Collega: "Ma vi hanno dato anche dei fogli, qualcosa che dica che contiene?"
(bonario sguardo di Marcus e Indy alla "povera illusa")
Collega: "Ma chi se lo smazza tutto il lavoro d'inventario?"
(Indy alza l'indice e lo gira alla "schiaffo del soldato")
Indy: "E' tutta roba della Didattica, c'è di tutto."
Collega: "Ah, forse c'è anche quella cosa che cercavo..."
Indy e Marcus: "Accomodati! Quando vuoi! Se ti va ti lasciamo la sedia..."
Collega: "No, no! Scherzavo!!!"
Infine (al telefono)
Responsabile: "Ma che vuol dire 'sovraccarichi', quanto siete pieni?"
Indy: "Fra': non riesco a girare la sedia."

Se il giorno prima tutto quello che era riuscito a fare era stato ridere, quel giorno era in fase forse più discendente: pian piano cominciava a rendersi conto delle dimensioni approssimative del cetriolo che si sarebbe smazzato fino a fine contratto.
Pensandoci bene, magari se non finiva in tempo il consiglio d'amministrazione glielo avrebbe rinnovato.
Con questo stato d'animo, e un po' immerso nei pensieri suoi, Indy scese a prendere la metro.
22 fermate; mezz'ora sottoterra.
Lungo la banchina della stazione non c'era quasi nessuno.
Indy ristette un attimo, incerto se sedersi e magari leggere qualcosa oppure restare in piedi fino all'arrivo del primo treno. Un'invitante panchina vinse la sua indecisione, ma non estrasse nulla da leggere dalla sua borsa. Puntuale come la legge di Murphy, infatti, arrivò il treno.
Il nostro salì e si mise in piedi, reggendosi agli appositi sostegni.

Ora, era molto tempo che Indy, appassionato estimatore del genere umano femminile, dovendo compiere quel tragitto due volte al giorno tutti i giorni feriali e non avendo un cazzo da fare, si dilettava in un vero e proprio studio statistico. Metodicamente - per quanto possibile - da buon professore, si dedicava allo studio dei flussi.
I flussi di gnocca, per la precisione.
Ovvero, quale vagone e quale porta devo prendere per passare la maggior parte del viaggio a stretto contatto con il maggior numero di gnocche possibile?
Essenzialmente, il suo studio era per dar risposta a questo.
Aveva iniziato, ovviamente, contando i vagoni.
All'epoca c'erano treni di diversa lunghezza, poi sostituiti con quelli - più moderni - a corpo unito e lunghezza standard di sei vagoni. Prima, ne circolavano anche da cinque, e questo in parte pregiudicava un calcolo esatto, variando gli spazi di frenata.
Per ottenere un calcolo rigoroso, bisognava infatti cercare di ripetere paro paro l'esperimento per studiarne le variazioni e stabilire quindi una 'forchetta di tolleranza' o di errore, da applicare alle successive asserzioni. In più, come può darsi scienza se non c'è il controllo relativo al confronto dei dati? Questo poteva avvenire, coi vagoni separati, soltanto per i vagoni vicini ed il proprio, a patto che
1. nessun graffitaro si fosse divertito coi finestrini,
2. ci fossero finestrini - non blu scuro - tra i vagoni e
3. il proprio vagone, almeno quello, non fosse affollato.
Nel qual caso l'equazione più gente = più probabilità di gnocca (non sempre verificata) era già di fronte a un problema.
L'avvento del treno unico risolveva il secondo problema (la valutazione a distanza della gnocca negli altri vagoni), ma manteneva il terzo: per entrambe le situazioni restava il calcolo della 'gnocca intravista dal finestrino'.
Mentre il treno passa in una stazione fino a fermarsi, cioè, guardi sulla banchina e annoti mentalmente quanta gnocca hai visto e - calcolando la frenata prima e la fermata poi - stabilisci più o meno a quale altezza sta salendo. Appena il vagone è fermo guardi avanti rispetto alla tua posizione e vedi quanta ne sale e dove dalla porzione di banchina che non hai visto arrivando.
Un calcolo assoluto, invece, è quello delle entrate e delle uscite in ogni singola stazione.
L'avvento del nuovo treno a lunghezza fissa, garantiva la possibilità di tracciare una mappa: si relaziona la posizione delle porte rispetto ai punti di accesso e di uscita delle fermate lungo il percorso. In pratica, Indy disegnò una mappa mentale dei sei vagoni, e tracciò una X all'altezza dei punti di accesso di ogni singola fermata, da quando saliva a quando scendeva. E una Y in corrispondenza dei punti di uscita. Dove le X si sovrapponevano più spesso, quello indicava un punto di maggior afflusso passeggeri.
Ma non per forza di gnocca!
Considerato che la Y indicava da dove si svuotava più spesso, e considerato che la gente non si ferma quasi mai nel punto in cui accede alla banchina, si trattava ora di considerare il comportamento della gente.
Tanto per cominciare, alcuni punti di accesso erano rampe: e la gente tende a proseguire nella direzione verso la quale la rampa è orientata.
Ancora, molta gente - e in questo caso molta gnocca - sceglie di posizionarsi, un po' per pigrizia, un po' per fretta, un po' saranno cazzi loro, già in corrispondenza del punto d'uscita della fermata dove scenderà. Indy, oltre alla stazione centrale, ne aveva individuati altri quattro. Oppure, sceglieva i vagoni più estremi, cercando di trovare posto a sedere - ma questo, trattandosi di vagoni più 'rarefatti', già prescindeva dall'obbiettivo della ricerca.
Ancora, questa mappa era da invertire - nella strategia del proprio posizionamento - a seconda della direzione che si stava percorrendo, cioè se andava a lavoro o tornava. Cioè, se all'andata si posizionava al terzo vagone quarta porta, al ritorno doveva salire al quarto vagone prima porta, per mantenere la stessa posizione rispetto ai punti d'accesso e di uscita rilevati.
In più, alcuni punti d'accesso e d'uscita erano perpendicolari alla banchina, per cui la gente avrebbe scelto se andare a destra o a sinistra. E in questa decisione giocava la folla già sulla banchina, la conoscenza intuitiva dei flussi del treno, la voglia di stare soli o in compagnia, pigiati o meno, l'urgenza di prendere proprio il prossimo treno...
E poi le condizioni meteo esterne, il periodo dell'anno, il freddo...

Insomma, Indy era assorto in queste considerazioni di calcolo, scegliendo se optare per il secondo vagone quarta porta (o al limite il terzo prima porta) oppure il quarto prima porta (o al limite il terzo quarta porta, che si riempie di più verso l'inizio e la fine del tragitto, svuotandosi a metà) quando il treno si fermò davanti a lui.
Quindi, quando entrò - terzo, prima porta, per la cronaca - e si fermò a posizionare la borsa (col portafogli) stretta tra le gambe, reggendosi al palo di metallo per non cadere, ritornò con la mente alla giornata precedente quando, nella medesima posizione, aveva viaggiato immerso nella gnocca. La cosa gli fece scattare un ulteriore pensiero, facendogli guardare l'orologio. Si chiese, con pungente preoccupazione, se il quarto d'ora circa di anticipo rispetto al giorno precedente - quando s'era dovuto trattenere più a lungo in ufficio - gli avrebbe fatto perdere la vasca di "sciauro di fimmina" che aveva assaporato il giorno precedente.
Premonizione.
Salito una fermata prima del solito - quindi pronto a farne 23, di fermate - già s'era accorto dell'estrema povertà del circondario. Era salito sul vagone più pieno, eppure di tutte le femmine che c'erano nemmeno una rientrava nella categoria 'accettabile'. A meno che non si parlasse di uso di accetta.
La situazione non migliorò nemmeno alla sua solita fermata - al cui esterno, tra l'altro, c'era anche un centro commerciale assai affollato. A quella dopo, finalmente, una ragazza carina salì alle sue spalle; scambiò due parole con un'altra ragazza (che si piazzerà davanti a lui, rivelandosi insipida) e si andò a sedere sempre alle sue spalle. Da quel momento...
Ventitré fermate, tra cui la stazione centrale.
Ventitré.
23. Bucio de culo aiutame te.
Alla quarta ragazza appartenente al regno dei mitili, Indy si trovò a guardare ansiosamente il resto del treno. Si trovò con orrore a rilevare che c'era bassa marea dappertutto.
Di sei vagoni, l'unica decente era seduta alle sue spalle.
Mentre il suo senso di ragno prudeva, come San Tommaso Indy si voltò, per dare consistenza a quella che era una fugace impressione. Sì, quella salita prima gli sembrava carina. Un timido sorriso provò ad accennarglisi sulle labbra, ma aveva il tremore di chi è venuto a farti un ultimo saluto prima di sparire.
Alla prima fermata da lui individuata come punto d'accesso gnocca, la saliva gli divenne sabbia in bocca.
Mai, mai in tanti anni di accurata ricerca a quella fermata era salito un tale riflusso di bassa marea. Indy cominciò a sudare. Davanti a lui si erano piazzate una signora di mezza età e due più giovani. Accenti, postura, discorsi tipici del sud poco sviluppato: la più giovane delle tre sembrava dispensare consigli alla più anziana, forse una zia, in materia di seduzione [!]. Lei. Grassoccia e rotondetta con gli occhi leggermente a palla, a tratti velati come quelli di un pesce lesso.
Va bene, a voler fare giustizia aveva un bel sorriso, e l'espressione era piacevole, ma restava un mitile. Indy non era un sessista, né eccessivamente volgare, e trovava sempre dei lati positivi nelle donne: in tutte le donne! Eppure questa volta si scosse interiormente, e persino pensare a salvare qualcosa in quel sorriso... "Beh" - si disse - "E quanno ce vò, ce vò!": era un cesso, e rientrava nella categoria tale.
L'altra, che sembrava cercare una posa buona per farsi squadrare, avrebbe anche potuto... vabbé, essere elegante, aver buon gusto nella scelta delle scarpe: ma aveva le sopracciglia riconciliate come le due Germanie dopo il crollo del muro di Berlino, la faccia piatta e tonda come dopo l'effetto di una sonora padellata e rassomiglianze fisiche con una sogliola! Era un cesso, punto e basta!
Indy cominciò a sudare, e proprio in quel momento alla sua mente si affacciava un'idea, nata da un suo viaggio in Danimarca, quando cercarono invano la "Zona 360".
Alcuni anni prima, infatti, passeggiando con altri suoi colleghi docenti sulla Strøget - il corso mondano di Copenhagen, in Danimarca - si trovò con loro immerso in un immenso flusso di gnocca. Spuntava da tutte le parti, e sembrava impossibile riuscire a tenere il conto, a comprenderne gli spostamenti, i punti di raccolta: storditi, constatarono che non si riusciva nemmeno a godersela tutta, perché ogni secondo ne spuntava una nuova, distogliendo l'attenzione dalla precedente. Ma erano pur sempre docenti! Dopo essersi rincattucciati in un angolo per riprendersi dal batticuore, uno di loro propose d'immergersi - questa volta consapevolmente - nel fiume di ragazze a passeggio; beandosi sì della vista, ma soprattutto cercando di ottenere un dato scientifico: scoprire o meno l'esistenza della "Zona 360", da lui in quell'istante teorizzata. Ovvero, l'esistenza di un punto preciso in un flusso di folla nel quale - ad un dato momento - girandosi a 360° si è completamente circondati soltanto da gnocche - considerando il solo genere femminile, ovviamente.
In quell'occasione la "Zona 360" non venne trovata, ma Indy ancora la inseguiva come aveva fatto con l'Arca.
Così, davanti a quelle tre... signora e signorine assai poco dotate da Madre Natura per quel che riguarda il piacer dell'occhio, a Indy tornò in mente la teoria della "Zona 360"... al contrario, però. Teorizzò: è possibile trovarsi immerso in un flusso di cozze a 360°? Sto davvero rischiando tutto questo?
Se nell'esperienza di Copenhagen la "Zona 360" non si era mai raggiunta per la presenza sempre di almeno un paio di cozze, in questa rivoluzionaria e terrificante teoria complementare avrebbe dovuto esserci almeno un paio di ragazze molto carine. Insomma, delle vere gnocche. Invece, su quel treno - mica solo su un vagone - a vista d'occhio l'unica decente era quella seduta alle sue spalle. E, a dirla tutta, forse per effetto del cozzume che aveva intorno, Indy cominciò a trovare che una che se ne va in giro con un maglione verde "passato di verdure" con sopra dei grossi disegni fucsia qualche grosso problema ce l'ha. E gli sembrò meno carina.
Forse fu uno scherzo ottico, ma gli sembrò persino che fosse un po' strabica. Preferì non controllare oltre.
Ora sudava.
Rischiava di scoprire l'inverso della "Zona 360", ovvero di dimostrare che quella teoria per le cozze è valida, per le gnocche molto meno. Anzi... in realtà l'aveva già verificata! La ragazza passabile era salita dopo tre fermate, e prima il treno era pieno solo di cozze!
Il problema era che adesso quella situazione perdurava: già erano trascorse una decina di fermate; ne mancavano ancora tredici circa, cosa sarebbe accaduto? Una certezza almeno l'aveva: la ragazza passabile sarebbe scesa una fermata dopo la sua.
Al nuovo aprirsi delle porte, quel piccolo lampo d'intuizione cominciò a manifestare tutti i segni della probabile realtà. Al di là di qualsiasi legge statistica il treno si andava affollando di molluschi bivalve di genere femminile. Non che quelli maschili fossero da meno.
Indy sembrava precipitato in una sorta di incubo grottesco, come in un quadro di Bruegel. Per carità: nessuna malformazione fisica, o segni d'incidenti, o menomazioni, sfigurazioni o altro: il treno si andava via via riempiendo solo di semplici cessi. Donne brutte, niente più. Nemmeno il treno fosse diretto a Lourdes.
Ma da dove stanno uscendo? Perché tutte in giro, perché adesso? - si chiedeva il nostro, in un silente e doloroso singulto. Alla fermata nel quartiere degli immigrati, dove non è raro veder scendere e salire delle bellezze esotiche, solo scialbi esemplari delle diverse razze umane. Ancora prima, Indy era stato circondato da due turisti armati di valigie per partire alla stazione centrale; francesi, forse. L'unica donna era, ovviamente, vicino a lui, e non si poteva certo dire che fosse carina - tantomeno passabile.
Forse, per effetto della vicinanza di tanto bruttume lo standard qualitativo di Indy si era andato innalzando, levandosi a difesa del personale criterio estetico di solito abbastanza di larga mano; ma più probabilmente era proprio un dato oggettivo che il treno fosse diventato un carro bestiame di scarsa qualità. E quindi...
...fu la volta della stazione centrale.

Terzo vagone, prima porta.
Esattamente in bocca al punto d'accesso; il punto in cui, secondo le stime di Indy, sale più gente.
La stazione centrale. Dove orde di persone cambiano treni, il centro nevralgico di scambio dell'intera città. Il luogo dove frotte di turisti di ogni nazionalità si smistano lungo le direttrici per raggiungere i propri ostelli, alberghi, pensioni e luoghi di interesse da visitare.
Statisticamente im-pos-si-bi-le non trovare almeno una gnocca!
Indy sudava freddo. Ansiosamente, il suo sguardo saettava sulla banchina. Certo, moltissima della popolazione racchia avrebbe abbandonato il treno in quell'istante, quindi si presentava l'occasione perfetta per un ricambio totale. Dai - si disse - fuori la befana, dentro miss universo! Ma più i freni stringevano le pastiglie sui dischi d'acciaio delle ruote sulla strada ferrata, più gli occhi di Indy non trovavano un viso, un'acconciatura, un indizio qualsiasi da confermare su cui concentrare la sua attenzione. Persino nello spazio di banchina che sarebbe divenuto carico per i vagoni successivi, intravisto dal finestrino, nulla aveva attirato la sua attenzione. Era concentrato a mille: non poteva essere, nemmeno la legge di Murphy può essere così precisa!
Eppure, quando le porte si spalancarono nuovamente ed il reflusso gastrico prese il largo liberandosi verso le scale, ciò che ne prese il posto entrando non si rivelò migliore.
Una turista forse francese, capelli rosso aranciato e minigonna ascellare, il corpo interamente coperto da lentiggini, aveva colto inizialmente la sua attenzione. Ma, al di là dell'essere totalmente piallata, le cosciotte che metteva in mostra avevano tutte la ragioni per poter essere anche lasciate coperte, e l'aria intellettiva che sprigionava dai suoi occhi e dalla sua espressione era minore di quella di un totano. Lesso. Dall'iniziale moto speranzoso Indy passò bruscamente al "Ma anche no!" che echeggiò nella sua mente.
Dopo di lei, il vagone venne invaso da maschi di tutte le specie, valigie, improperi e ostriche, vongole, canestrelli, capesante, e lamellibranchi di tutti i generi. Seppiacei: persino il gruppo di turiste alla sua sinistra erano delle slave slavate, o delle tedescone cicciotte. La spilungona che stava dietro la ciottona era più una cefalopoda polpacea, il viso come se fosse stato di recente costretto a sostare a lungo tra le morse di una pressa. E come nella tettonica a zolle, la pressione doveva poi aver fatto uscir fuori il naso.
La ragazza che aveva l'espressione più dolce - piazzata proprio davanti a lui - aveva anche due tette enormi: peccato che fossero poi indistinguibili dal resto del busto. Occupava lo spazio di tre persone, poverina.
Indy osservò scioccato questo marasma: da qualunque parte si voltasse, per quanto possibile, non un solo esemplare di mammifero adulto femminile della razza homo sapiens era da considerarsi quantomeno decente. Sentì a un tratto che il suo senso estetico era diventato ribelle, trasformandolo quasi in un intollerante. Tornò a voltarsi verso la ragazza passabile che sedeva dietro di lui, e prima di vederla sparire coperta dalla gente si convinse ch'era davvero strabica.
Agiva a scatti, nervosamente.
Aveva intuito che forse, quel piccolo brivido di premonizione che aveva avuto all'inizio del viaggio, quel sorriso tremante che già sapeva di dover sparire era solo l'avvisaglia di qualcosa di profondo che aveva avvertito.
Quel treno era maledetto.
Non c'era altro modo per spiegare quel fenomeno, almeno non ce n'era uno per farlo scientificamente. Era pur sempre un professore, e avrebbe resistito fino alla fine, verificando le teorie e resistendo all'impulso di scendere urlando ed aspettare il prossimo treno. Ma per chi ha avuto a che fare tutta la vita con folklore e leggende, sempre in grado di dimostrarsi più reali di quanto si sarebbe immaginato, la maledizione del CozzaWagon era più di una semplice ipotesi: poteva tastare con mano quanto fosse realtà!
Caparbiamente, s'apprestò a resistere: ogni volta che s'aprivano nuovamente le porte si aspettava una nuova tellina pronta ad assurgere ai suoi occhi, e così avveniva. Allo stesso tempo, osservava curioso quando si sarebbero tolte dalle scatole le cozze più vicine a lui, ansiosamente in attesa di sbarazzarsene. Moby la balena nera e viola sarebbe restata inchiodata davanti ai suoi occhi per tutto il viaggio. E in fondo, contava le fermate, i secondi, nell'attesa di veder apparire almeno una femmina decente in tutto il viaggio. A quattro fermate dalla sua discesa ne salì una; ma ormai il suo livello di schizzinosità era talmente alto che, una volta notato che era sì carina, ma tutto da lei trasudava il concetto "sono un'incredibile stronza", indy la catalogò a sua volta come cozza.
In fondo, una cozza è - in senso lato - qualsiasi donna talmente orribile da generarti repulsione. Che poi il suo stato di orrorificità fosse derivato dalla stima di un valore interiore creava poca differenza.
Proprio due fermate prima della fine del suo calvario, esattamente da dietro le sue spalle, uscita da chissà dove e salita chissà quando, gli si affiancò l'unica ragazza veramente carina di tutto il viaggio.
Indy rimase stupefatto, a guardarla. Non gli si poteva proprio dire nulla, era semplicemente carina. La piega dolce delle labbra, l'assoluta tranquillità nelle movenze e nello sguardo, il vestiario sobrio e ben equilibrato. Carina.
Non una gnocca, ma sicuramente una stella a confronto con la ciurmaglia d'incrostazioni di chiglia che affollava quel posto. E ovviamente, scese.
Ma questo era bastato a lasciare quel po' di stupore negli occhi di Indy; a dargli la consapevolezza che quell'interminabile perdurare della "Zona 360 Cozza" era finalmente giunto alla sua fine, dopo esattamente ventuno fermate. Mezz'ora e 90 secondi di tragitto. Mentre sulla Strøget la "Zona 360" durava frammenti di un attimo.
Bastava soprattutto a far nuovamente voltare Indy verso la strabica, ed a fargli concludere che in fondo, anche se lo era, non era poi male.
Riconciliato col mondo, ma scosso nell'intimo, Indy scese alla sua fermata. Lungo le scale mobili che lo riportavano all'esterno sentì che si stava come 'trascinando appresso' due mitili. Ma la maledizione era finita, si disse.
Andava svanendo: all'esterno li avrebbe reincontrati entrambi - i monoplacophori - per strade traverse lungo il suo percorso. Ma una volta a casa, li avrebbe sicuramente lasciati fuori.
Per una volta, Indy ringraziò il cielo di mettere piede a casa tornando da lavoro.


GrimFang

PS: Se non fosse uscito il quarto Indiana Jones, forse mi sarei fatto anche scrupolo di chiedere scusa ai creatori di Indy...

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