L'artista mescola il sangue con la terra, per generare sempre nuova vita...

Sarà sicuramente potente, la vita. Piuttosto dolorosa, a mio avviso, a volte sorprendente, sicuramente intensa, vibrante, indubbiamente da vivere. Sempre e comunque.

Sara Tenaglia

Terra, Pioggia, Fuoco & Vento

Terra, Pioggia, Fuoco & Vento
Fire cup

martedì 3 luglio 2007

TySOn

Mio fratello è ricoverato.

Trattamento Sanitario Obbligatorio, da cui il TySOn del titolo di oggi.

Una mazzata, insomma.

Inaspettata, arrivata al ritorno da un’edizione di Ludika che per me è stata particolarmente faticosa.
Eravamo a scaricare la roba al teatro, ho chiamato mia madre per farmi accendere la doccia e, tac!, ha chiuso la conversazione con questa bella notizia.
Mia madre è molto dura quando cerca di difendersi dalle emozioni.
Aveva un tono di voce… marmoreo.

Lì per lì stavo per piangere, ma invece il pianto – proprio io che passo il tempo a dirmi quanto sarebbe bello riuscire di nuovo a piangere per queste cose – l’ho represso andando subito a cercare l’appoggio di Lalla, Gab e Federichino che erano lì con me. Avrei voluto un abbraccio collettivo, ma è bastato quello di Lalla.
Una grande, Lalla.
Ti voglio bene, per le attenzioni e il messaggio che mi hai mandato stamattina. Ora so che la tua è un’ottima spalla per piangere.

Tutto sembrava essere precisamente ordinato.
Mio fratello, che di testa sta male da tempo – si parla di anni – ha cominciato a trascendere intorno a giovedì, quand’ero partito già per Viterbo. Per due o tre giorni è stato male, è persino venuto a dormire da noi, in camera mia (lui, che se n'era andato a 19 anni dicendo che non ci avrebbe più messo piede - ora ne ha 37). Mamma, in quell’occasione, si è barricata nel bagno ed ha dormito per terra, perché mio fratello ce l’ha soprattutto con lei ed era evidente da prima che venisse che quel giorno non stava niente bene.
Io che lo so, non mi sarei affatto stupito se l’avesse aggredita. Magari a parole.
Ad ogni modo fa anche a me decisamente impressione che mamma abbia dormito nel bagno. Oddio, non è che potesse far tanto altro: a casa mia non ci sono chiavi o chiavistelli alle porte, tranne che al bagno. È stato praticamente sempre così.
Poi, sabato, dopo una notte piuttosto insonne, mio fratello s’è fatto accompagnare da papà all’ospedale per farsi delle analisi – era convinto di avere qualcosa all’intestino – ma già da come si è spiegato all’accettazione l’infermiere ha capito che c’era ben altro di grave. Il che era confermato dalle espressioni di mio padre, che stava dietro di lui…
Ad ogni modo, gli esami glieli han fatti comunque: non si può mai sapere, magari aveva anche ragione. Ma all’esito evidentemente negativo han chiamato la psichiatra, che è riuscita a dargli un calmante ed a farlo ricoverare, reparto psichiatria.
Gli han levato i lacci delle scarpe, tolto qualsiasi cosa con cui potesse farsi male, ed ha passato la notte lì. Il giorno dopo se ne voleva andare, gliel'hanno sconsigliato, s'è agitato e gira che ti rigira l’han preso su in quattro, rimesso a letto e sedato. È stato allora che gli hanno spiegato che è in ricovero obbligato.

Ecco, è stato or ora al telefono con mio padre e a quanto pare se l’è scordato. Papà dice che se lo dimentica quando vuole. Mamma che da lì comunque se ne vuole andare.
Sfido: credo che chiunque vorrebbe lo stesso – capirai, chissà chi c’è in quel reparto da dieci stanze… Ma anche volendo non si può far nulla: nessuno al di fuori dell’ospedale ha deciso per il ricovero, che in questi casi è obbligatorio e prescritto dalla legge.
TySOn, appunto.

Tutto questo me lo son fatto spiegare dopo, dai miei, con un certo sforzo di coraggio.
Bisogna avere il quadro chiaro, mi son detto, per capire le cose. Per prepararsi ad affrontarle.
Perché l’unica cosa che si può fare è andarlo a trovare, e mi toccherà, prima o poi.
Come mi ha detto Camilla, l’unica lì a lavoro con cui me la son sentita di confidarmi - non si può far finta che tutto scorra come al solito, bisogna pur dirlo a qualcuno (lì per lì l'ho detto solo a Sergio) - devo andarlo a trovare, non si deve sentire né solo né abbandonato.
Giustissimo.
Mi piace, Camilla. Le avevo parlato già di mio fratello il giorno in cui l'avevo accompagnata a vedere una casa da comprare qui in zona da me.
...Ha il ragazzo.


Ma io devo affrontare mio fratello nel riconoscimento ufficiale della sua malattia: comunque vada, 'recluso' in ospedale. Ed il pensiero non è che mi vada tanto giù.
Devo entrare a cercarlo in un reparto di psichiatria. In ospedale.
Certo, non sono i manicomi di fine ottocento.
Non troverò gente legata al letto e con la bava alla bocca intenta a strillare frasi senza senso.
Sedare, come giustamente mi ha fatto notare il mio psicologo, è cercare di ristabilire chimicamente un equilibrio in una persona affetta da squilibrio mentale.
Non troverò un fratello inebetito e demente, ma un fratello lucido magari vagamente assonnato.

Io questo l’ho già visto, l’ho sperimentato con Chiara, quando prendeva i farmaci.

Allora forse ho paura di trovarlo in realtà non sedato: fuori controllo, febbricitante, intento a enucleare i cardini di quello che per lui è ‘il complotto’ ai suoi danni, orchestrato per vie eccezionalmente machiavelliche da mia madre…
Eppure, lui stesso in quest’ultimo mese non faceva che domandare se era pazzo.
Continuare a proporre l’idea in mille forme, come “se queste voci non fossero vere allora sarei pazzo” e così via. E questo è un segno di coscienza del proprio stato.
E le cose ora, ovviamente, non possono che andar per il giusto verso, ora che è seguito e curato. Che non è più lasciato a se stesso.
Tutto sembra dunque, visto da questo punto di vista, essere andato per il meglio – e non poteva accadere prima di questo delirio senza traumi maggiori, come nel caso di un ricovero forzato deciso da chiunque di noi – tanto che ho ringraziato i miei per non avermelo detto fino al mio ritorno.
Mia madre ha risposto che non ci ha proprio pensato, ma se anche fosse non fa differenza; e poi, mia sorella l’ha avvisata eccome.
Tra l'altro, il tutto rivelato di lunedì, un'ora prima che andassi dallo psicologo (e ci vado una volta ogni DUE settimane), che m'è stato parecchio di supporto.
Viva viva le energie positive!


Adesso, mi sale la voglia di sentire come sta Chiara, di vederla, di farci l’amore anche.
Farle sapere di mio fratello, di come sia andata peggio, a lui, di come io con lui non sia riuscito a fare quel che ho fatto con lei: riuscire a fargli superare la paura di andare dallo psichiatra.
Lei può capire mio fratello come sta. Forse persino spiegarmelo.
Ma questo desiderio altalenante che oscilla tra l'ipotesi di risolvere il più grosso nodo in sospeso che ho e quella di perdermi per sempre, nuovamente, nel delirio delle sue paranoie, non riuscirà a spingermi ad invitarla a venire con me da lui (ipotesi pur vagheggiata). Come non mi trattiene del tutto l'idea di soffrire a vederla prodigarsi entusiasta in sforzi pateticamente inutili, dettati solo dalla felicità di avere un mezzo a disposizione per riprendere i nostri rapporti, come credo farebbe.

Chissà. Forse tutta l’esperienza – e il dolore – che ho passato con Chiara sono serviti solamente a prepararmi a questo, che era già inevitabile.
Come se esistesse davvero un disegno preciso nelle cose della mia vita. Non un destino; ma un vero e proprio disegno: ordinato nel caos, come nelle evoluzioni dei frattali.
I frattali come custodi del segreto della vita…
Prima che il Digia mi accusi di virare sulla psicomagia, meglio tornare al mio discorso.


A proposito degli ospedali, pare che abbia esagerato le condizioni di mia nonna.
Per fortuna non sembra essere ancora giunta al capolinea: sta male, c'è l'infezione, non può camminare, è immobilizzata a letto e si lamenta, ma da qui a morire ancora un po' ce ne vuole.
Mia sorella sostiene di non aver mai detto nulla del genere, dice lei, ma io ricordo bene che era stata piuttosto chiara...
Mah: non è così matematico come credevo, allora, grazie al cielo.
Per ora ho ancora la mia nonnina.
E, sempre per quanto riguarda gli osdpedali, tra un po' anche mia sorella ci entrerà, ma per dare alla luce Niccolò, il mio ormai prossimo futuro nipote.
Però.
Avrò un periodo con nonna, fratello e sorella all’ospedale. Non capita a tutti, eh?

Ma andare a trovare mio fratello al reparto psichiatrico non sarà una passeggiata.
Credo che andrò venerdì.
Il dolore mentale, è come se fosse un tallone d'Achille, un punto vivo.
Battere con la lingua dove il dente duole.
Ciononostante, credo di stare affrontando tutto nel bene e nel male, in modo piuttosto equilibrato, giusto per restare in tema.
Lo andrò a trovare, perché so che lo farò, anche se la mia vita continua a scorrere lungo i suoi personali binari: il prossimo fine settimana andrò a Pescara, il 13 alla laurea di Corinna…
E nel frattempo cresco, come uomo e come attore.

Sì, anche come attore. Non come ha un po’ brutalmente detto Federichino, però.
Non vi sembri una cosa insensibile, no, è che mi sono accorto che recitare mi fa bene.
All'inizio di questa esperienza, tre anni fa, avevo il terrore d'impazzire. di perdermi, nelle mille maschere del teatro, che il teatro ti fa indossare.
A me, che mi sento l'identità fragile già di mio, il teatro poteva sembrare il colpo di grazia. E invece...
Invece ho scoperto che il teatro può aiutare a trovarmi, più che a perdermi.
Oggi più di tre anni fa, grazie al teatro e alle sedute dallo psicologo, ho molti meno problemi ad affrontare le mie paure, i miei piccoli e grandi drammi.
Il ricovero di mio fratello - anzi: la notizia del suo ricovero e la mia reazione a questa notizia, hanno portato al pettine dei nodi che credo importanti nell'arco di cinque minuti.
E' dunque in quest'ottica che parlo dell'attore: come specchio di ciò che è l'uomo di cui esso consiste.

Se un attore è un bicchiere mezzo pieno, di volta in volta riempito fino all'orlo da ciò che è lo spettacolo, il personaggio, il contesto, allora confrontare me stesso con tutte le volte che sono andato in scena può aiutarmi a trovare le mie cifre indelebili: stabilire chi sono, vedere il bicchiere mezzo pieno.
Vedere il bicchiere mezzo pieno.
Non credo sia un caso.
Stare in scena, al di là del piacere degli applausi come risposta di apprezzamento da parte del pubblico, è il piacere di essere punto e basta.
Ci sono. Sono qui. Esisto. Vivo.
Non ci dev'essere allora la paura di perdersi in ciò che di volta in volta è labile e diverso, il bicchiere vuoto; ci dev'essere la curiosità di trovarsi, in quel bicchiere mezzo pieno che è fatto di sé, di spinte, di motivazioni, di emozioni e di entusiasmi.
Per cosa mi entusiasmo? Cosa mi emoziona? E che emozioni mi dà? Che fisicità ho?
E non: in che fisicità mi trovo bene, che emozioni mi piace avere o far vedere, come faccio ad avere entusiasmo.
Se su di un palcoscenico tutti i problemi e le paure della mia vita di tutti i giorni restano fuori, allora quelli non fanno realmente parte di me. Perché non sono inscindibili da me. Posso farne a meno.
Quindi il teatro può servire, nell’affrontare le mie paure, a ‘purificarmi’: andare in scena può essere un lavacro dai problemi, dagli stress, dalle paure personali che NON fanno parte di ciò che si è.

Sulla parete del teatro Ygramul c’è una scritta con lo spray rosso che cita Antonin Artaud. Dice che fare teatro è impossibile, perché servono attori che non abbiano paura di essere accoltellati.
M'era sempre rimasta estranea: da lunedì pomeriggio mi sembra all'improvviso di capirla.
Almeno un po'.


GrimFang

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