L'artista mescola il sangue con la terra, per generare sempre nuova vita...

Sarà sicuramente potente, la vita. Piuttosto dolorosa, a mio avviso, a volte sorprendente, sicuramente intensa, vibrante, indubbiamente da vivere. Sempre e comunque.

Sara Tenaglia

Terra, Pioggia, Fuoco & Vento

Terra, Pioggia, Fuoco & Vento
Fire cup

giovedì 17 aprile 2008

Una gita al lago

Capita, dei giorni, quando non te lo aspetti, di farti un regalo, una mattata.
Una cosa improvvisata, come una sorpresa, del tipo trovi la Fontana di Trevi tutta rossa. Tempo fa ho letto questo post, e sono tornato con la memoria a quel giorno, quando qualcuno in un istante fece uno spettacolo shockante.
A me, tornato improvvisamente bambino e privo di qualsiasi rispetto per il monumento d'arte, piacque. Piacque un casino.
E ne capivo completamente il senso futurista, la rottura col passato delle tradizioni, la scossa artistica che ti ricorda che l'arte è vita. E muore nel monumento, fisso, stabile. Non permutabile. Per questo quell'acqua rossa mi sembrò per un istante ridargli sangue, e vita, e non credo che sia un caso se, qualche mese dopo, io mi fermassi lì, e trovassi interessantefargli pure qualche foto.
Così come m'è piaciuto sapere delle palline giù da piazza di Spagna.
Chiariamoci: se quella sostanza avesse rovinato la fontana mi sarei avvelenato a morte, incazzato come una iena. Ma già sapevo che non era così, perché il gesto era troppo bello per... disilludermi così.
E non me fregò - né me ne frega adesso - che l'artista in questione (sarebbe il caso di dire performer) sia un simpatizzante di destra, magari estrema.
Sono tuttora convinto che a me, quello, m'ha fatto un favore.
M'ha ricordato che l'arte è viva, io sono vivo, e la città pure. M'ha regalato una ventata d'aria fresca nel torpore. La coscienza di sapere che siamo addormentati.
E allora, cosa si può fare per svegliarsi?

Vivere.

Il mio gesto non è stato assolutamente eclatante: mi sono limitato ad accorgermi che mi piaceva troppo guidare la macchina con quell'aria deliziosa che c'era ieri pomeriggio, e i Jethro Tull nello stereo. Individuare subito una meta, ricordando che in fondo Anguillara è vicina, ricordando il lago com'è bello in una giornata come quella.
E decidere che niente delle cose che avevo da fare era realmente prioritario.
Magari mi ha dato anche una mano il pensiero di non dover spiegare ai miei come mai arrivavo con un'ora e mezza di anticipo, visto che ignoravano che non fossi andato a lavoro.
Così, m'è bastato tirar dritto e sorridere, sciroppandomi tutto l'inspettato traffico delle 16.15 verso la zona della Trionfale e della Cassia. Ed io che m'ero illuso che solo dopo sarebbe stato tutto bloccato (e infatti tornando ho visto che era molto peggio).
Ho anche chiamato Sergio e Gabriele, per sapere se erano di strada o si trovavano altrove. Ma il primo ha il telefono staccato, per cui sospetto sia andato a trovare il proprio novello nipote (benvenuto ancora nel club degli zii!), e il secondo mi ha richiamato poco dopo. Alla notizia di quanto stavo facendo s'è subito preoccupato che fossi in depressione. Non era affatto così, stavolta.

Anguillara per me ha tre momenti fondamentali.
Il primo, è ai tempi del liceo quando, innamorato di Viviana che viveva lì, me la facevo in bicicletta da Roma Aurelio e ritorno, per andarla a trovare. Era una bella faticata, ma di quelle che ti compensano con la vitalità e i dolori muscolari (scherzo), e poi si restava a fare quattro chiacchiere in giardino, o mi offriva il gelato fatto in casa...
Adesso Viviana, che io sappia, vive in Inghilterra. Ho persino il suo numero di cellulare, dopo che ci siamo persi di vista da un secolo.
Ieri, ho pagato il pedaggio a questi ricordi. Ho deviato e le sono passato sotto casa.
Forse per dimostrare a me stesso che ancora so ritrovare dove abita(va).
Il secondo, è più pesante (ma anche più leggero) perché è legato a Chiara (e a Gabriele e Martina).
Il giorno in cui io seppi di aver perso la gara per diventare il suo ragazzo (aveva vinto il Deso - che si sarebbe ritirato la sera stessa, perché Chiara stava già male) io rimediai una solenne ubriacatura. Il giorno dopo stavo una chiavica: alito pestilenziale, umore di merda, incollato alla televisione e con il vago sospetto che forse potevo torturarmi meglio o salvarmi la pelle (a seconda) ascoltando l'allora ultimo cd dei Subsonica, Amorematico. Che sapevo essere in possesso di Gabriele.
Forse è stato solo perché stavo vedendo un film su TMC, e c'era una scena in cui due uomini appena mollati dalle donne passavano vicino a due coppie che paccavano in un portone, si fermavano, li guardavano e, velenosi, dicevano "Bastardi!" prima d'andar via... fatto sta che alzai la cornetta per chiedere a Gabriele di portarmi il cd. E lui venne in macchina con Martina - allora stavano insieme - e mi portarono al lago. A mangiare un gelato, e a parlare.
Ed io tornai come nuovo, tanto da passare dal proposito "non voglio vedere Chiara per almeno tre settimane" espresso la sera prima all'andare a trovarla due giorni dopo, riuscendo a confessarle in maniera del tutto candida che ero innamorato di lei. E a prendere sportivamente il due di picche conseguente. E a questo scopo non fu del tutto esente l'ascolto del cd, con tracce come Nuova Ossessione.
Ed anche a questo, ieri, ho pagato il mio pedaggio, prendendo un cono fragola e limone, il primo gelato della stagione, nello stesso bar dove parlai con Gabriele e Martina.
Il terzo, è la gita a Bracciano, con sosta lungo il lago e lancio di sassi sulla superficie dell'acqua, fatto con Erica l'hanno scorso.
Era stata una gita improvvisata, di quelle un po' come quella di ieri. Ti va di andare al lago? E allora via! Un pomeriggio di chiacchiere con un'amica - nonostante il termine allora, almeno per me, fosse ancora in via di definizione - con la macchina che poi non riparte, la messa in moto a spinta, e tante cose divertenti. Una bella cosa da condividere, che a volte un po' mi manca.
Il pedaggio, qui, se non è stato il viaggio stesso (un conto è andarci in due, un altro da soli) è stato forse il fermarsi a guardare il lago. Ma forse è un pedaggio che non ho pagato.
Godermi il sole lontano sullo spechio d'acqua, che poi s'allarga fino ad arrivare a me e poi scompare di nuovo sotto le coltri plumbee... il volo radente dell'anatra che m'è sfrecciata davanti... l'angolino del pontile che mi richiamava così tanto quello scorcio di panorama in Slovenia... E ancora i campi di fiori giallissimi dal mio finestrino, e i due cavalli al pascolo a bordo strada.
Quelli sono stati tutti roba mia.
E quando mi sono fermato a osservare il cavallo, che al mio fischio è venuto fino da me, perché ero improvvisamente memore che si tratta del mio animale-Strassberg, non ho fatto che fare regali a me stesso. Magari non sarò riuscito a staccare completamente dai miei problemi di ogni giorno, non sarò riuscito a sentirmi vivo al 100%, ma di sicuro mi sento più ripulito, più rinnovato.
A che servono le mattate, sennò?

Venivo dalla tesi di dottorato di Digia, accompagnato dal suo clan quasi al completo (assente giustificato solo suo fratello gemello). Lui mi aveva mandato un sms dicendo che era gonfio di gnocca, ma io, a parte il non crederci, ci sarei andato uguale. Come sono andato alla laurea del Degio, che, a proposito, non ce l'ha fatta in primo municipio e si congratula con te per l'avvenimento.
La tesi, ad essere sincero, m'è rimasta del tutto oscura; quello che ricordo è che riguarda delle cose chiamate "Jump", che a me rammentavano canzoni hip-hop o dei Van Halen.
Suppongo fosse teoria matematico-filosoficinformatica.
Lo spasso è stato vedere e SENTIRE Paolo palleggiare dall'italiano al francese all'inglese nel medesimo lasso di tempo della discussione.
Dico lasso, ma ironizzo: io sono arrivato alle 10.45 che già erano dentro da quaranta minuti, mi sono infilato dentro seguendo quella che avrei scoperto essere la successiva dottoranda che erano perlomeno le 11, 11.15. Siamo usciti che era passato da tempo il momento del pranzo, ed io ero ancora senza caffè, colazione e sigaretta mattutina!
Nota sulla successiva dottoranda - che è stata di gran cuore e c'ha regalato delle bottiglie di vino avanzate, che certamente stapperò col buon Digia... Diciamocelo, Paolì: se dovessi tradurre al femminile il concetto di nerd uscirebbe quella lì. ^__^
Dev'essere intelligente, spiritosa, non lo metto in dubbio; ma è quantomeno 'rigidina', e si agghinda come la signorina Rottermeier in un giorno di... festa.
=)P
Il buon Digia aveva comunque il Giusto Mix: anche non capendo che cacchio volessero il francese, l'italiano e l'inglese che lo interrogavano, ha mantenuto calma, classe e savoir faire ed ha borbottato qualcosa arrampicandosi sugli specchi. Io al posto suo, viste le tre nazionalità, avrei pensato di essere in una barzelletta.
Le segretarie della presidenza sembravano quasi in lutto per la sua futura mancanza, e la signora che non esito a definire una splendida femmina sotto i cinquanta gli ha fatto più occhi dolci che una mamma incestuosa al proprio figlio... Ovviamente lui manco se n'è accorto. Dire che quelle donne si strappavano i capelli perché il pupo le abbandonava non è niente.
Tanto più che scommetto che il buon Paolo nemmeno s'è accorto che un'altra bella femmina, chiaramente sua amica, ma che a me dava l'idea di non disdegnare eventualmente qualcosa in più, gli ha proprio messo una mano sul culo e ce l'ha tenuta quando l'ha salutato. Ma il bimbo ha le fette di prosciutto sugli occhi.
E scommetto che, pensando a lei - per la cronaca, era quella con la stampella - il buon Digia si dice anche 'magari ce casca'.
La fata, quella vera, era una studentessa bassina e popputa (come piacciono a me) che lui ha salutato sulle scale, cogliendo la palla al balzo per invitarla al rinfresco al piano di sotto... e che stava per lasciare tranquillamente andar via senza accorgersi che la poverina non aveva capito: è stato necessario il mio intervento a farle capire che il dottorato era il suo, e si era appena laureato. La giovinetta si è ovviamente fiondata all'inseguimento per congratularsi e abbracciarlo.
Mi devi un favore, amico.
;)P

Sullo schermo all'esterno dell'aula c'era invece Sky TgNews 24, da cui apprendevo che ad Olbia stava avendo luogo una conferenza stampa tra il nano e l'amico Putin. Nel tentativo di sbirciare il corpo delle segretarie nella stanza a fianco - soprattutto la riccetta con gli occhi azzurri - m'intrattenevo discettando (da nerd) con gli amici (nerd) di Paolo (nerd) se la bionda che appariva in quell'istante fosse una giornalista russa o italiana. Agli onori della cronaca l'avremmo rivista tutti nel telegiornale della sera, per il gesto-mitraglia che Berluska le ha rivolto. Sì, era proprio lei, e c'avevamo preso, era russa. Non sapremo però se quella col maglione coi cuoricini sopra era italiana o meno.
La chiacchiera con gli amici di Paolo è stata gradevole, e c'erano persino un paio di facce conosciute (anche se l'unica a salutarmi per nome è stata sua sorella), di cui mi sfuggivano e mi sono sfuggiti di nuovo i nomi. A parte un altro Paolo, di cui ovviamente ricordo il nome, ma ho difficoltà ad associarlo ad una delle facce.
S'è discusso di donne, di cinema, di viaggi, di gite scolastiche, di donne, di caffè, della Francia, dei festeggiamenti, di donne, eccetera eccetera.
S'è mangiato, festeggiato, chiacchierato e s'è preso il caffè, fumandoci sopra dopo.
Ed è stato lì che Digia mi ha dimostrato il suo stato di grazia.
Stavamo tornando verso le aule dopo l'ultimo caffè, disturbando per la seconda volta due studenti che paccavano sulle scale (e non venirmi a dire di no, che lei era tutta arrossata anche sul collo) quando, passando lungo un corridoio, superiamo un gruppo di tre studenti di cui una... esagerata.
Paolo era esattamente dietro di me, alle mie spalle, guardando la mia nuca.
Io ho fatto tre passi, e appena oltre il gruppo ho solo espresso sulla faccia, nella mimica, aprendo bocca ma senza nemmeno sussurrare, il concetto "madonna mia!"
E Paolo mi RISPONDE
"Te l'avevo detto ch'è gonfio, no?"


GrimFang

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