L'artista mescola il sangue con la terra, per generare sempre nuova vita...

Sarà sicuramente potente, la vita. Piuttosto dolorosa, a mio avviso, a volte sorprendente, sicuramente intensa, vibrante, indubbiamente da vivere. Sempre e comunque.

Sara Tenaglia

Terra, Pioggia, Fuoco & Vento

Terra, Pioggia, Fuoco & Vento
Fire cup

giovedì 3 aprile 2008

WWWWWAAAAAAAAHHHHHHHOOOOOO!!!!!

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Ho passato gli ultimi quindici minuti a sentirmi incensare da Furio.
Potrei morire adesso [ma anche no] ed essere soddisfatto.

Come vi dicevo nell'ultimo post, avevo spedito quattro dei miei racconti. Quelli che giudicavo i migliori.
Ovviamente, c'era MiniMart, poi c'era il mio 'cavallo di battaglia' Il puledro, e ancora Noi tre e poi La monetina.
Di tutti, era l'ultimo quello che mi convinceva meno - e giustamente lui ha capito al volo che si trattava di un divertissement, di un esercizio di stile. (come no?) (mi piaceva l'idea, poi non è che sia un granché, lo riconosco)
Contavo molto sul secondo e sul terzo, cui sono molto legato, mentre per il finalista RiLLico sapevo che, beh, era da finale ma non da vittoria. E poi, a quanto pare, è troppo americano per poter anche solo sfiorare i gusti di Furio.
No, quello che gli è piaciuto così tanto è il terzo, Noi tre. Proprio quello che era piaciuto così tanto a Eljana, la docente di recitazione.
E gli è piaciuto davvero parecchio.

Confessione: ammetto che in questi giorni ho cercato di smorzare un po' la cosa.
Non immaginavo che il suo giudizio avrebbe pesato così tanto su di me (ancora adesso mi sento come 'brillare'), regalandomi i dieci minuti più euforici da anni.
Così, ieri parlando con lo psicologo raccontavo la cosa ammettendo un filino d'ansia, ma anche una sana e matura posizione critica, ed una ragionevole distanza tra il Furio che conosco e quello che, a tutti gli effetti, è il maggiore sceneggiatore vivente italiano.
La stessa sana e matura posizione critica che ho dimostrato saltando e ululando per camera appena ho messo giù e sfogandomi urlando contro il cuscino.
La stessa sana e matura posizione critica che mi ha fatto sì mantenere un contegno durante la telefonata, ma mi ha anche impedito qualsiasi reale sguardo obiettivo sui fatti (intento com'ero a gongolare di gioia).
^__^'

Adesso mettiamo i puntini sulle i.
Il mio lato meno infantile mi ha seccamente intimato 'abbassa la cresta', quindi cerchiamo di tornare coi piedi per terra.

Il valore intrinseco di critiche e apprezzamenti, è ovviamente legato non solo alla sua qualità di scrittore per il cinema (e che è diverso dal romanziere, n.b.) ma soprattutto al quantitativo di sceneggiature, soggetti, racconti e romanzi (soprattutto gli ultimi) che legge.
E dirvi che Furio sta alla lettura di libri come un goloso miracolosamente immune dal colesterolo sta ai suoi dolci preferiti è minimizzare. Può permetterselo, e se lo permette in abbondanza!
Quindi, i complimenti, gli apprezzamenti e le critiche valgono di più per questo che per qualsiasi altro motivo.

Mi ha intimato di leggere Cechov.
Perdonatemi se vado a casaccio (infatti sono partito dalla fine), ma cercherò di mettere tutto nero su bianco qui sopra - anche ad uso e consumo di eventuali altri aspiranti scrittori. Così giustamente rinnoverò la natura di promemoria personale che ha questo blog.
A Cechov siamo arrivati parlando del tratteggiare i personaggi, che è la cosa che l'ha colpito di più del racconto.
E che è un tesoro raro - fatevelo dire da uno che ci si scorna in continuazione.
Infatti questo era uno dei difetti degli altri tre.
A suo dire, la profondità e la densità di questo racconto sono notevoli. I personaggi sono analizzati, descritti interiormente - come non si fa più nel cinema italiano attuale, come ha avuto modo di dirmi quando siamo passati a chiacchierare di questo. Ma soprattutto, erano personaggi.
Qui, mi ha dato una vera chicca di riflessione.
Ha detto "personaggi e non persone che scorrono", intendendo che l'attenzione sulle persone scorre via, mentre sui personaggi (che sono, sì, persone, ma esagerate, esasperate, in una parola: caratterizzate) resta focalizzata. Al di là del transfert sul reale (quanta gente conoscete che s'atteggia a personaggio pur di farsi notare? ...a parte il sottoscritto, ovviamente), il concetto è quello che la realtà, il quotidiano normale, è molto più assurdo e fuori dal normale: e solo un personaggio riesce a renderle giustizia.
Cerco di chiarire con un esempio che m'è venuto in mente adesso: avete mai visto il film "I mostri"? Beh, a parte che l'ha scritto lui, i protagonisti sono caricaturali, grotteschi, quasi sempre infami. Eppure quanto sono reali, nel loro essere personaggi. Vedendolo, a tratti il cervello realizza che quelle stesse basse porcate, quei raggiri, quei tradimenti, li hai visti fare a migliaia, quotidianamente. Ecco, questo è il senso di personaggi, non persone.
Per questo nessuno si ricorderà di Stefano Accorsi, e tutti avranno ancora in mente Gassman.
La verità, è esagerata.

MiniMart, per lui, è troppo americano.
Questa è già la seconda volta che mi capita di sentirgli dire il concetto del "sei italiano, sii italiano e scrivi di cose italiane". Non penso sia campanilista, penso sia pragmatico nel senso del "parla di quello che conosci", ma secondo me c'è anche una certa acredine verso il cinema di stampo USA che ammazza, in fondo, gli spazi per quel piccolo gioiello che era il nostro cinema di una volta.
La trama-standard, il personaggio-standard, o peggio di tutto la recitazione-standard sono cose che a lungo andare fanno male alla salute. Quante volte sono andato al cinema ritrovandomi, come più o meno ha detto lui, il palato appiattito su cose cui mi abituo solo per il volume con il quale mi sono proprinate...
La summa di questo concetto per me è "Save the last dance", che malauguratamente vidi al cinema a prezzo pieno per accontentare Caretta Caretta, fortunatamente insieme al suo amico Falco, col quale ci siamo spaccati dal ridere per tutta la proiezione. Alla prima inquadratura avevamo capito che un personaggio doveva morire entro poco, e abbiamo proseguito su questa china fino ad arrivare ad io che dico "braccio intorno alla spalla" e l'attore sullo schermo che subito dopo lo fa.
Abbiamo persino scommesso:
"Ehi Falco, è finito il primo tempo e ancora non hanno trombato: secondo te a che minuto lo fanno? Io dico 18 del secondo tempo."
"Io dico 20."
Giuro. Al diciannovesimo minuto del secondo tempo hanno trombato. Chi c'era lo sa.
Comunque, questo per dire che ciò che bisogna veramente combattere è l'appiattimento, e questo si fa coi personaggi al posto delle persone. Per il cinema, poi ci vuole anche l'attore e il regista che sappiano lavorare i, e con i, personaggi. Per la narrativa no, e tra l'altro dice che è assai più facile esser pubblicati che prodotti - e in tre anni di lavoro alle sponde del cinema, se c'è una cosa che so è proprio questa.

Di cose scritte male, gliene arrivano a bizeffe, per questo era così contento di aver trovato tutto ben scritto. "Scrivere bene aiuta a pensare" - ha detto - "anche se dovrebbe essere il contrario". Ma ormai si trova a doverlo dare come consiglio, per far fronte alla marea di roba che gli arriva.
Ha elogiato la mia scrittura, che gli piace in tutti i racconti - anche in MiniMart (concorda col giudizio RiLLico: ben scritto, ma poco originale), ma - per la gioia di chi me lo dice da una vita - mi ha detto anche lui che metto troppi dettagli.
Che non vuol dire solo essere prolisso, ma anche essere ossessionato dalle immagini: se quando scrivo la scena me la vedo, cerco di renderla al massimo, e quindi carico troppo coi dettagli.
...considerato quanto cazzo sta venendo lungo un singolo capitolo del romanzo (dalle 25 alle 30 pagine ognuno), forse è il caso di rifletterci seriamente.
Comunque, se fosse stato ancora più ironico, parodistico, anche MiniMart gli sarebbe piaciuto.
Ha detto che devo abbandonare la scrittura 'alla maniera di' e trovare la mia.
Sembra facile...
Come clonatore, so che me la cavo.
Mi ha chiesto qualcosa anche a proposito del mio essere portato all'ironia. Che dire, mi piace far ridere la gente... Capirai, di tre racconti per RiLL che stavo scrivendo, ce ne fosse uno serio.
Ironia e sarcasmo sono sempre stati due miei buoni cavalli di battaglia. Beh, ironia, sarcasmo e cazzate, a dirla tutta.

Ma il complimento più bello, è stato sicuramente quando mi ha detto che con la scrittura sono riuscito a rendere la musica.
"Descrivere la musica con le parole", per l'esattezza.
Capirai, io con la musica ho un rapporto stretto e speciale quando scrivo. Non è affatto raro che ascolti un brano in loop per scrivere un particolare momento, una situazione. E' quasi un'opera di trascrizione, di traslitterazione dalle note alla parola. Ma non è un caso che scrivendo Noi tre non ci fosse nulla in ascolto. La musica di cui parlo lì non poteva ridursi ad un brano.
E infatti ha detto che potevo scrivere che erano un trio di musica classica e andava bene uguale. Ma lui, che quella musica di cui parlo non la bazzica e non l'ha mai bazzicata, s'è trovato quasi - parole sue - non ad amarla, ma ad apprezzarla. Finalmente, dice, gli ho fatto capire qualcosa che non aveva mai capito. Chissà, magari gli ho messo la curiosità di comprarsi un cd.
Di cosa, non so. ^__-

A questo punto, devo parlarvi del racconto.
E' la storia di una band, un trio, un gruppo musicale. Perfetti sconosciuti che entrano in contatto, e si conoscono - anche più profondamente di quanto vogliano - proprio grazie al filo della musica. Ed è la musica a scorrere e legare tutta la vicenda.
L'ho scritto anni fa, nel periodo d'oro dei Grottamistica.
Ovvero di me, Sergio, Gabriele e Alessandro.
E un po' di loro, di me, ma anche di Marcolone - che ormai non c'è più - e Manlio (un ragazzo che abita nel mio palazzo) c'è in tutti e tre i personaggi, e non solo nei loro nomi. Quelli femminili, che restano di sfondo, sono anche loro composti da piccoli spunti di donne realmente sfiorate o conosciute. Ma sono loro tre a fare la storia.
Marco, Sergio e Manlio, appunto.
Non ricordo se questo racconto fu figlio, regolare o tardivo, di quella vacanza che segnò certamente il momento più alto della nostra amicizia; ma di certo è figlia di quel legame che ci faceva essere consapevolmente incoscienti gli uni degli altri. Chiarisco: quello speciale stato di grazia in cui vai a fondo alle cose, alle persone, senza previamente capirle. Quella conoscenza data dall'intuizione e non dall'accumulo di informazioni. Che è poi quello di cui parlo nel racconto.
Il nome Grottamistica viene proprio da qui, in fondo.
Dal trovarsi a Grottammare, nelle Marche, e da questa vicinanza spensierata, questa conoscenza intima mai ragionata. Mistica.
E dalle canzoni in riva al mare, suonate e cantate con un armamentario improvvisato di chitarre e kazoo fatti in casa con il cartone dei rotoli di carta igienica, con gli strumenti simulati con la bocca, con tutto quello che poteva suonare usato per far uscire quelle che erano lo specchio della nostra anima prima che le nostre canzoni.
I miei gospel...
I Grottamistica non furono mai un gruppo musicale reale, e non sarebbe stato nenache giusto farlo. Ma finto sì.
Con un cd su cui erano contenute le canzoni originali che avevamo rifatto, o che avremmo dovuto a mio giudizio cantare. E le immagini di quella spettacolare vacanza per l'interno e la copertina.
E qui vi posto proprio la copertina di quel cd, e la tracklist per suggerirvi qualcosa da ascoltare.

Tracklist:
01 - Lynyrd Skynyrd - Sweet Home Alabama
02 - Tom Petty - Mary Jane's Last Dance
03 - The Animals - House of the Rising Sun
04 - Extreme - More than Words
05 - David Bowie - Space Oddity
06 - Bob Dylan - Hurricane
07 - Iggy Pop - The Passenger
08 - Dire Straits - Romeo & Juliet
09 - Traffic - John Barleycorn
10 - Dave Matthews Band - Typical Situation
11 - Janis Joplin - Son of a Preacher Man
12 - Frank Sinatra - My Way
13 - Crash Test Dummies - Mmm mmm mmm mmm
14 - Tracy Chapman - Fast Car
15 - Acapella - The Lion Sleeps Tonight
16 - Metallica - Nothing Else Matters
17 - Gregorian Masters of Chant - Scarborough Fair

Un bel concentrato di classiconi, non c'è che dire, eh?

Tornando a noi, con Furio, dopo un accenno al cinema e al "cicciottone" del mio nipotino che ha imparato a gattonare, tutto stretto stretto su se stesso, abbiamo messo giù.
Non prima che mi elargisse due consigli che mi piacciono assai.
Il primo è che l'autore è un grande autore se si nasconde dietro i personaggi e non si esibisce.
Nel testo. Digia, lo so che sono un esibizionista, ma intendeva nel testo! ^__-
L'altro, citando Fitzgerald, dice che quando un lettore s'interessa all'autore [più che al libro], l'autore dovrebbe smettere di scrivere.

Su entrambi voglio a lungo riflettere, per capirne fino in fondo senso e sfumature.
Ma per adesso, gongolante più del nano di Biancaneve, mi godo il trionfo dell'esser piaciuto a un lettore davvero difficile!

So che a questo punto morite dalla voglia di leggere il racconto, vero?
L'idea di affidarlo proprio a queste pagine mi tenta, anche se le regole del trofeo RiLL mi hanno reso chiaro che, così facendo, potrei perdere l'occasione di farlo concorrere per qualche premio.
E chissà... forse sarebbe il caso.
Voi che ne dite?
Vi abbraccio ululando tutti,


GrimFang

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