L'artista mescola il sangue con la terra, per generare sempre nuova vita...

Sarà sicuramente potente, la vita. Piuttosto dolorosa, a mio avviso, a volte sorprendente, sicuramente intensa, vibrante, indubbiamente da vivere. Sempre e comunque.

Sara Tenaglia

Terra, Pioggia, Fuoco & Vento

Terra, Pioggia, Fuoco & Vento
Fire cup

giovedì 8 marzo 2007

8 Marzo

Dopo aver fatto un pezzaccio alla Tim ieri sera, per un presunto ammanco di 5 euro (che si è poi rivelato essere un errore di calcolo mio - sigh, speravo di aver fatto la voce grossa a ragione, per una volta), mi son trovato a passare la serata in "Aperitivo-mode" ovvero un aperitivo al RipArte Café a Trastevere che si è protratto fino alle 23 passate.

La compagnia era buona, tra l'altro conoscendo C., amica di un'amica e già con figlia sedicenne, che è uscita piuttosto alticcia non prima di avermi rifatto prendere un po' di confidenza con la mia sen(/s)sualità... ^__- ...e insomma, è stata una bella serata. Finita con l'invito per stasera, a una festa dell'8 marzo. Festa che più o meno si profila come "un mucchio di donne single e non, decise a scatenarsi pur di trovarsi un maschio per la sera".
Tante amiche, da tempo, celebrano l'8 marzo, infatti, tra di loro. In serate non " maschi esclusi" bensì "maschi conosciuti esclusi". Tra cenette inter-loro, in cui possono dar fiato alla lingua e chiudersi in una solidarietà di genere che noi maschi non abbiamo (ce l'abbiamo, ma mai a questi livelli), ed uscite in disco-pub-ristoranti a volte con programma di spogliarello incluso.
Oggi leggo una sana reazione e boicottaggio a questa pratica che, forse a ragione, viene vista come auto-ghettizzazione.

Proprio qui sta il punto.
L'8 marzo, spesso viene detto, è una celebrazione di un solo giorno all'anno per togliersi il pensiero del potere alle donne. Eppure non dovrebbe essere un carnevale (ok, malelingue, non intendo far battute su quello che si vede in giro l'8 marzo), ovvero un giorno di libertà in cui è consentito ciò che altrimenti non lo sarebbe. Viene passata come festa maschilista, addirittura.
Adesso, maschilista non è, certamente.
Eppure, maschile, può essere.

Insomma, io non so se ci andrò, a quella festa. Nonostante il programma mi risulti essere particolarmente goloso! ^__-
Però, mi accorgo che mi sto gustando l'idea di andarci o meno e mi accorgo che, in quest'occasione, vista da qui, il potere ce l'ho io.
Intendo, è la celebrazione della donna, della parità dei diritti e doveri, del potere femminile e... nel giorno in cui finalmente sono loro a 'dare la caccia', sono io ad avere il potere. Mi sento io il festeggiato. (La festa la farebbero a me, in qualche modo... =PPP)
Due conseguenze:
La prima, è che se io mi sento così stasera, allora porca vacca - e quanto è vero - sono io a non avere potere per 364 giorni all'anno.
La seconda, è che effettivamente, l'8 marzo, che festa sia non si sa.

In effetti, oggi, è proprio un tiepido entusiasmo quello che scorgo tra le donne.
E ben pochi sono i rametti di mimosa - i fiorai hanno ben due feste, ora che ci penso: San Valentino e l'8 marzo - che vedo stretti tra dita femminili al misero costo di 5 euro a rametto rinsecchito e rachitico.
Persino - agli auguri porti da me (oggi solo a tre persone più mamma) - mi son sentito rispondere in tono non proprio entusiasta: questa festa non piace più, e proprio perché commercializzata.
Adesso, S. Valentino è un bluff del clero per coprire la ben più simpatica usanza latina dei Lupercali, che Dio l'abbia in gloria! ^__-
E insomma, posso starci che sia una festa così commercializzata perché, diciamocela tutta, ea già una festa vuota, un atto di marketing fin dall'inizio. (Certo che la chiesa cattolica ogni tanto ha avuto dei geni come direttori di marketing...)
Ma questa no!

Posso capire la reazione allergica alla massificazione della festa.
La reazione ad un 8 marzo ridotto a lei che s'incazza con lui se non le ha portato un congruo rametto di mimosa, conquistato a calci e pugni facendo un leasing triennale - ma questo lei non lo sa, o non le importa.
Ma tanti anni fa, suppergiù un secolo, trenta operaie restarono chiuse nella loro fabbrica tessile e perirono in un incendio. Non era nemmeno l'8 marzo, ma invece era troppo.
Era troppo per una manodopera supersfruttata, ipopagata, priva di diritti e di messa in sicurezza degli impianti. Ed era troppo per quella classe politica che volle dichiarare l'otto marzo la loro festa. La festa delle donne, dell'autocoscienza e della memoria.

E' dai tempi del liceo che queste cose le so.
Dai tempi in cui ogni 8 marzo si scendeva in piazza per andare a manifestare. E lo si faceva allegramente, perché era meraviglioso vedere tutte quelle donne immerse nelle mimose e profumate dell'odore misto del fiore e del profumo della loro pelle. Perché era bello essere lì con loro, a sfilare, mostrandoci solidali con le loro richieste e oppositori mortali di quelle frange estremiste di femministe con cui - sempre e puntualmente - finivi col litigare a bestia. Perché era bello far vedere che eravamo sensibili, libertari e pari-opportunisti ^__- ...
E, qualsiasi cosa facessimo, qualsiasi motivo fosse quello per cui scendevamo in piazza, non era la semplice e banale celebrazione di una festa.
Era una celebrazione della donna. Anche in senso carnale, non importa.
Ma era una celebrazione a tutto tondo, in cui noi maschi (solo questo posso sapere, ovviamente) riscoprivamo e rammentavamo le mille sfaccettature di questi esseri meravigliosi che sono l'altro genere della nostra specie pur essendo fondamentalmente così diversi. ^__-
Sull'altare, c'erano loro.
E non era un'ara sacrificale, ma odorava d'incenso.
Probabilmente, il problema opposto.
L'adorazione porta gli stessi problemi della ghettizzazione, senza arrivare a quello che canta Elio.

Adesso, non si può dire che queste cose se le siano scordate.
Che quel senso pieno, quella femminilità racchiusa nella parola 'donna' a tutto tondo sia un retaggio del passato.
No.
Non se le sono scordate. Proprio non le sanno.
E non le sanno perché più di una generazione - colpevole - ha taciuto sull'8 marzo. Perché più di una generazione ha navigato sul vantaggio implicito nel generico 'festa delle donne', perché in un simile cappello potevano starci conigli ben diversi dalle pari opportunità, dei salari, del lavoro. Perché in una società a crescita femminile elevata, maggiore preparazione e maggiore efficienza, un simile cappello poteva contenere persino la 'supremazia' delle donne. Perché da promemoria è slittato fino a diventare autocelebrazione e incensamento.
E allora sfido che poi le cose vanno a puttane. Scusate, ma se la festa del torrone me la fate diventare la festa della cioccolata, non potete lamentarvi che non ci sia poi più adeguato spazio per il torrone...

Oggi su Metro c'era una tabella di confronto tra questo ed altri paesi riguardo la presenza ed i diritti delle donne (come la parità di salario, la maternità, l'aborto) e l'Italia, diciamolo non fa una pessima ma nemmeno una bella figura. La Grecia esce a testa alta, con la parità di salario e la libertà d'aborto - cosa, quest'ultima, che HongKong non ha - e son pochi i paesi europei che sanno reggere il confronto. L'Ungheria, ad esempio, mentre in altri campi non ha exploit eccelsi fornisce un periodo di maternità che arriva fino a 3 anni.
Dico, 3 anni.
Ci credo che poi lo cresci bene, un figlio.
E l'Italia?
Una donna prende massimo il 73 % dello stipendio che prende un uomo a parità di mansioni. Siamo vicini al fanalino di coda, il 60% della Russia. Per la maternità, 5 mesi che in fondo non sono pochi, ma che impallidiscono di fronte all'Ungheria e il 17% di donne in parlamento che è in classifica ALTA (!) ma distantissimo dal 45%-47% di Croazia e Svezia.
Le operaie della fabbrica tessile non hanno poi tanto camminato.
E allora, che valore ha questa festa?
Dove sono le donne, le lotte per il lavoro e le pari opportunità, la sicurezza e il diritto all'aborto e alla maternità?
Le hanno ottenute?
I dati dicono di no, ed è una bocciatura pesante.
Allora avrebbe ancora, e ce l'ha, un senso questa festa.
Ma le donne non lo sanno, o non vogliono ricordarlo.
Niente più manifestazioni colorate di donne intelligenti e pronte a dimostrarlo.
Adesso è una guerriglia, si combatte tutti i giorni sul posto di lavoro, e non c'è tempo per festeggiare. Il giorno 8 marzo diventa un giorno di riposo, in cui al massimo far scattare una voglia di supremazia e di ripicca. In cui le donne già viziate diventano ancora più intolleranti, e quelle che non lo sono preferiscono rifuggirla.

Quando eravamo al liceo, io, Vania, Emiliano, Simone, Angelo e chi altro c'era, andavamo a castigare un albero di mimosa che cresceva sulla Balduina. Era metà in un condominio, ma il resto cresceva oltre i cancelli, ed era di dominio pubblico.
Il 7 marzo, di notte, in autobus, operavamo il rituale di raggiungere l'albero e di arrampicarci a staccare quanti più rametti possibile, per poi regalarli a tutte le donne del liceo il giorno dopo, all'ingresso a scuola. Riempivamo un sacco grande di quelli della N.U. neri, e tornavamo giù con il notturno.
Una volta Vania si attaccò a uno dei rami bassi per sgrullarlo, e consentire a Emiliano di prendere alcuni rametti troppo in alto. Io ero un paio di metri più sopra, e sentii solo CRACK! STUMP! TUNK! e poi una tonnellata di risate mezze soffocate. S'era rotto il ramo, e Vania aveva impattato al suolo di culo, per poi ricevere il grosso ramo che ancora stringeva tra le mani in piena fronte. Restammo sdraiaiti a ridere come dei matti - io appollaiato su di un ramo altissimo - e tornammo giù cantando "John Holmes una vita per il cinema" sul 99 notturno. A una curva, Emiliano finì per cadere da in piedi sull'unico posto occupato di tutto il notturno, in braccio a un signore. ^__^
Altri tempi...
Adesso, di certo non c'era nulla di politico in quello che facevamo, a parte evitare di pagare il dazio al fioraio, eppure... eppure c'era un gusto che adesso non trovo più. Nemmeno nel cortese rifiuto degli auguri per questa festa, tanto meno se disprezzata per come è diventata.
E in fondo non importa se io andrò o meno stasera in quel locale (considerando che tanto C. la rivedo giovedì prossimo), ma importa che ogni donna se la viva per come dovrebbe essere. Il ricordo della propria identità e della propria sacrosanta lotta per l'uguaglianza.
Perché l'8 marzo resta pur sempre quello che è: un giorno dell'autocoscienza e della memoria.
Dunque, buon otto marzo a tutte.

GrimFang

2 commenti:

Sara ha detto...

Mio caro... il tuo post sull'8 Marzo mi ha fatto riflettere. Io, come te, ero una di quelle che andava sempre alle manifestazioni, e cha avuto il femminismo inculcato dalla nascita sia da parte della madre che dal padre. Faccio notare che questo non era mai femminismo che io definisco "contro gli uomini", ma piuttosto uno positivo di eguaglianza e rispetto reciproco.
Beh, e oggi anche io mi trovo a non andare alle manifestazioni (non che qui in Inghilterra si festeggi l'8 Marzo, tantomeno con manifestazioni!!) e a schifarmi dei lati piu' estremi del femminismo. E allora cosa vuol dire? Cosa si puo' fare? Secondo me, e questo e' un sentimento che covo da molto non solo su questo argomento ma su tutto quello che si puo' ampiamente definire come "politica", l'unica e' questa:
bisogna fare una differenza, combattere, credere nei propri principi ognuno nella sua sfera privata, di societa' e del lavoro, e lasciare le manifestazioni e simili per comunicare affronto, rabbia, supporto o combattimento contro cose di livello enorme o simbolico, senno' anche queste cose perdono di intensita' e potere come gia' hanno fatto.
Nello specifico gli uomini (e le donne!) devono continuare in questo avanzamento dei diritti delle donne nel piccolo, nelle loro relazioni amorose, nelle famiglie, nelle amicizie. Quanto puo' essere importante che un uomo ritenga la sua donna sua pari, in tutto e per tutto? O che un padre aiuti ad allevare figli che saranno ancor piu' rispettosi e positivi di lui? Piu' di tante manifestazioni.
Allora amateci, vogliateci bene, non intrappolateci nelle piccolezze delle mansioni giornaliere e dei ruoli domestici atavici, e non incazzatevi se in alcune cose siamo diventate piu' brave di voi! :) Siatene fieri...
Un abbraccio, Sara

GrimFang ha detto...

Ti rispondo citando Cesare Pascarella, in un brano di quelli dello spettacolo che preferisco:

"Ma dico, quannno c'è uno ch'ha talento
Quann'è vivo, invece de tenello
su l'artare, lo porteno ar macello,
doppo mòre, e je fanno er monumento.

Ma quann'è vivo nun lo fate piagne!
E nu' je fate inacidije er còre!
E lassàte li sassi a le montagne.

Tanto la cosa è chiara e manifesta:
che er monumento serve pe' chi mòre?
Ma er monumento serve pe' chi resta!"

^__^

Le manifestazioni dell'8 marzo sono un po' così. Un monumento che a lungo andare celebra il potersi liberamente dimenticare del motivo per cui si celebra...

GrimFang