L'artista mescola il sangue con la terra, per generare sempre nuova vita...

Sarà sicuramente potente, la vita. Piuttosto dolorosa, a mio avviso, a volte sorprendente, sicuramente intensa, vibrante, indubbiamente da vivere. Sempre e comunque.

Sara Tenaglia

Terra, Pioggia, Fuoco & Vento

Terra, Pioggia, Fuoco & Vento
Fire cup

sabato 10 maggio 2008

951

Se non avete mai ascoltato "Help me" dei Ten Years After, album omonimo, non sapete cos'è il blues.
Magari non è vero, ma faceva troppo fico dirlo.
Così, scorrendo sui noveecinquantuno di questo magnifico brano, m'immergo nelle atmosfere torbide e passionali che ben s'addicono alla scrittura, di questo blog come di un racconto, perché ce n'è di cose da dire - mozzicone di sigaretta alla mano - e da leggere.
"Aspetta primavera, Bandini" di John Fante, ad esempio, che sto iniziando a leggere adesso. Di cui sinora ho adorato la prefazione di Ammaniti, che divide gli scrittori in scrittori da tana e scrittori da prateria: tra quelli cioè che si chiudono in casa e osservano il mondo, un po' da deboli, da eremiti, ma in fondo comunque pungenti e rivelatori, e quelli che invece sono affamati di vita e ci si buttano con tutte le scarpe, come Hemingway, o Scott Fitzgerald, per dire. I primi più spaventati dalla vita e che necessitano un porto sicuro per difendersi dalla propria fragilità, i secondi pieni di cicatrici e alla ricerca perpetua di nuove emozioni, nuove sensazioni da riversare nelle loro pagine.
Leggendola, sentivo di appartenere ai primi, e con un certo dispiacere invidiavo i secondi. Mi sentivo più un Salgari, chiuso a inventarsi Mompracem salendo sul tavolo della cucina; più uno Stephen King pronto a sfornare fantasia a ritmi industriali, perché quando uno sa raccontare bene è già a metà dell'opera; temevo di finire come un Hubbard, suicida dopo la morte della madre, completamente distante da quel Conan che ha pur sempre toccato anche la mia fantasia. E scoprivo con stupore che lo stesso Ammaniti si metteva proprio in questa categoria. E in qualche modo mi è stato di conforto.
Il libro vero e proprio lo devo ancora iniziare. Me lo son fatto prestare da Valeria, studentessa di montaggio lì da me, una ragazza splendida. Dovessi dire quali sono le ragazze che mi piacciono di più tra quelle che sono entrate quest'anno, mi sa proprio che direi Valeria e Yael. Che, guarda il caso, sono amiche e tutte e due allieve di montaggio. Devo ammettere, comunque, che il farsi prestare il libro ha già ottenuto il buon risultato di ottenere il numero di telefono di Valeria! ^__^
Già lo potevo prendere dalla lista degli studenti in videoteca, ma sono stato corretto, come in fondo sono.
Ed è anche vero che in questo periodo non navigo nell'oro.

Però, mi sta riprendendo la vena creativa, e la sento proprio come una specie di stato di grazia dopo un lungo periodo di siccità.
L'ultima cosa a rilanciarmela è stato il trofeo RiLL. Non per il trofeo in sé, ma per una... competizione collaterale cui ho scoperto di avere diritto a partecipare essendo finito in finale l'anno scorso. E' la SFIDA, in cui tutti i finalisti delle edizioni passate scrivono racconti liberi, ma con dei paletti fissi: abbastanza elastici in realtà, ma abbastanza curiosi da titillare la fantasia. Ancora lo devo scrivere, ma già le idee in testa cominciano a ronzare, e qualcuna di queste - a volte - diventa altro.
Nell'arco di una sera, tra la suggestione RiLLina, una scena che avevo visto in metro e lo spettacolo di Sergio che ho visto al teatro poco tempo fa è nata "ENCRE", un corto teatrale. Pensato proprio per Sergio e la sua compagnia. Non so rendermi bene conto, ancora, se il testo vale o meno, ma gliel'ho spedita e aspetto le sue reazioni e commenti. Come li aspetto da Vania, cui ne ho data una copia con l'esplicita richiesta di "critiche costruttive da parte di un regista" e che mi ha già detto - come mi aspettavo - che le saprò fra dodici anni.
In più, proprio un paio di giorni fa, ho ricevuto la notizia che Federichino s'è finalmente comprato una videocamera di buona qualità su ebay. E adesso si apre l'opportunità di realizzarli davvero i cortometraggi, anche per partecipare a qualche festival. E visto che di arretrati (in voglia, idee, progetti) se ne sono accumulati un sacco, c'è il rischio di annegare nella valanga. Addio tempo per me... C'è quasi da correre al riparo per il mio romanzo.
Ora di darsi una mossa!

A proposito di tempo...
Niccolò mi ha rotto il ciondolo col folletto, il ricordo dell'interrail più bello della mia vita, quello del '93. Papà sta provando ad aggiustarlo, ma è ora che si mettano in testa che mio nipote qui in camera mia non ci deve più mettere piede - soprattutto se è affidato a loro, che se ne sbattono se porta la devastazione, tanto è roba mia. Dovrei soprannominarlo Piccolo Attila... che poi, tra l'altro quando l'ho chiamato Attila s'è anche girato. Tutte e tre le volte.
Ovviamente mi girano, ma è anche perché al di là dei giornali e della narrativa strapazzata - non oso immaginare se lasciassi in giro un fumetto - io sulla scrivania, dove simpaticamente l'hanno lasciato arrivare giorni fa (ed ha strappato il jack delle cuffie, inserito nel portatile, dal resto del filo - capito che razza di forza?), io ci tengo un bel tagliacarte a forma di spada.
Che tanto poi l'irresponsabile sono io.
E in più, ogni volta che c'è mia madre in giro c'è il diktat della nonna: ad esempio, cantavo una ninna nanna al piccolino, è arrivata lei e s'è messa a cantarne un'altra. Risultato: c'è stato un momento di cacofonia e fracasso e come puoi pretendere che s'addormenti? Ho dovuto fare pippa e andar via. Poi me lo affida e fa "cullalo che si addormenta", io spengo la luce e lo cullo, al primo accenno di rumore che fa arriva lei e riaccende la luce, e poi si mette a cullarlo lei - e non con miglior risultato. Oppure si sveglia, io lo riaddormento, si risveglia di nuovo, provo a riaddormentarlo e lei tac! viene a farlo lei e tocca fare pippa un'altra volta.
Ma tutto questo è normale e rientra nelle ansie di mia madre e nel senso di possesso di una nonna cui sembra di tornar giovane. Quello che proprio non sopporto è che poi lei, visto che deve fumarsi una sigaretta mentre noi stiamo pranzando, in virtù di un qualche diritto che evidentemente le spetta per aver fatto il 'sacrificio' di mangiar prima e in fretta, venga a rimproverarci di mangiare e di non darle una mano perché 'fa tutto lei'.
...
...e grazie al cazzo se ogni volta che qualcun altro ci prova si mette sempre in mezzo!!!
Ma la cosa che mi fa andare definitivamente in bestia è che nessuno mi abbia detto che dal 24 maggio per un mese almeno tutta l'allegra famigliola di mia sorella si trasferisce a vivere da noi, perché a casa loro fanno i lavori, e che quando sono trasecolato cascando dalle nuvole mi sia sentito rispondere "Ma dove vivi, sono mesi che se ne parla!".
Io non abito qui, non esisto, non ci sono e non vengo nemmeno interpellato.
L'unica cosa che mi spetta è sorbirmi i tiramenti di tutti e le lamentele sul disordine nella mia stanza, magari ogni tanto sui miei orari o - per fortuna davvero quasi mai - qualche pippozzo sul lavoro e la laurea. E i turni dei piatti.
Che è una cosa che mi sta qui, perché ogni sera eccetto il martedì in cui siamo assenti entrambi, ci alterniamo al lavaggio io e mio fratello. Un giorno lui e uno io. Ma lui viene solo a cena, quindi fa i turni della cena; quando non sono in ufficio però, a pranzo i piatti li lavo io. E nemmeno sarebbe tanto sbagliato, se non fosse che anche quando io sono assente da casa vengono considerati i miei turni dei piatti, e che anche quando ci sono festività o un ponte lungo a pranzo li lavo spesso io. Quindi può capitare un bel periodo lungo in cui sto sempre con le mani a mollo, mentre i miei si lavano spesso piatti di due persone, mio fratello spesso i piatti di tre perché io non c'ero, e solo io minimo i piatti di quattro e massimo i piatti di sei con tutte le stoviglie e gli annessi e connessi - perché magari devo lavare i piatti di un pranzo domenicale o di una cena in cui nemmeno c'ero per recuperare la sera in cui ho mangiato fuori.
E ci sono i due pesi e le due misure.
E se provassi a farlo notare, e che fratello inumano, mio fratello sta male, e poi non sarebbe giusto, lui i suoi piatti li lava a casa sua. Se pranza. Cosa che forse non fa, visto che gli pesa di cucinare. E poi io mica ce l'ho con mio fratello, ma con loro: e allora sono il figlio ingrato, perché loro cucinano, e chissà quante altre cose fanno...
Insomma, lo so da me che sono minuzie. Ma son quelle piccole cose che poi ti fanno guardare il tuo conto in banca, ti fanno pensare ai soldi che hai promesso a Ygramul per l'acquisto dell'insegna, ti fanno pensare a quella cifra che pensavi di mettere da parte per comprarti una telecamera semiprofessionale...
E ti fanno maledire l'impossibilità di permetterti un affitto.

Scarpelli continua, con una certa grazia, a chiedere di me a mia sorella - e questo non può che farmi piacere.
Di due racconti di Cechov che ho letto, grazie al suo diktat di leggerlo, già ho trovato qualcosa di profondo e illuminante. L'uomo intelligente si sente in gabbia perché percepisce con ansia la mancanza di senso del mondo, e tutta la sua intelligenza lo spinge a trovare un perché che non può trovare. E finisce con l'invidiare l'idiota, che sembra felice perché queste domande non se le pone e della gabbia non ha coscienza, ma sa che non rinuncerebbe mai alla sua intelligenza che è l'unica cosa che lo fa sentire vivo, e davvero re. Così, lentamente, la sua scelta è impazzire o vivere con più o meno grazia un'amara esistenza. Beh, questo è quello che ne ricavo io; ed è una risposta, un panorama che chiarisce le cose, la natura delle proprie ansie. Poi, nessuno dice che sia davvero così - e già nella questione dell'intelligenza che spinge a trovare un perché trovo una prima scappatoia, che in fondo è quella che mi son sempre detto.
Se il trovare un perché è un'esigenza della tua intelligenza è trovare un perché, non è detto che debba essere la tua. Si può vivere benissimo senza tutti i perché. E continuare a gustarsi le chiacchierate intelligenti che ci fanno sentire vivi e ci rendono migliori.
Certo, non sapere chi sei fa sbandare male in curva, ma bisogna allenarsi a tenere la strada...

Magari concedendosi ogni tanto di guardarsi un film sul videoproiettore mentre sbafi pizza, pollo arrosto con patate e bevi birra a rutto libero con gli amici nella casa nuova di Ostia, mentre la tua futura moglie non c'è...
E se ci metti il nuovo tavolo da esterno e le fantastiche sedie sagomate che ti accolgono la schiena, è il top.
^___-


GrimFang

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