L'artista mescola il sangue con la terra, per generare sempre nuova vita...

Sarà sicuramente potente, la vita. Piuttosto dolorosa, a mio avviso, a volte sorprendente, sicuramente intensa, vibrante, indubbiamente da vivere. Sempre e comunque.

Sara Tenaglia

Terra, Pioggia, Fuoco & Vento

Terra, Pioggia, Fuoco & Vento
Fire cup

venerdì 30 maggio 2008

Cinquoredesonno

Ieri sera sono stato al concerto n. 100 dell'Anonima.

E 100 euro m'è costato, più o meno.

In compenso, ho scoperto che la tessera al Big Mama costa 13 euro, ma vale solo fino ad ottobre. Perché 'solo'? Beh, a fine giugno chiude... fino a metà settembre.
E ho scoperto anche che parcheggiando sul marciapiede non si perdono punti patente.

Ero tornato a casa devastato, non vedendo l'ora di svaccarmi sul letto e dimenticarmi di me stesso. Stavo pure male, tanto che mi son misurato la febbre, solo per scoprire un miserrimo 36.9 che al confonto con la sensazione di malessere non aveva senso di esistere. M'ero anche dovuto sorbire un 'turno' di veglia del pargolo, cosa che, avendo due di pressione, si è limitata ad essere un "lo tengo d'occhio mentre butta giù e strapazza i libri del corridoio".
Avevo trovato conforto proprio in un libricino mille lire di quelli lanciati in aria dal piccolo Attila: "Lettera sulla felicità" di Epicuro.
Non l'avevo mai letto, e mano a mano che andavo avanti mi veniva in mente che avevo un disperato bisogno di crederci. Nel senso quasi fideistico del termine: l'introiezione cioè di un principio filosofico nel profondo. Non reca molto giovamento infatti trovarsi in accordo teorico con la Lettera, ma sentirsela distante sul piano pratico. Quanto dice sulla morte, ad esempio.
"Poi abituati a pensare che la morte non costituisce nulla per noi, dal momento che il godere e il soffrire sono entrambi nel sentire, e la morte non è altro che la sua assenza. L'esatta coscienza che la morte non significa nulla per noi rende godibile la mortalità della vita, senza l'inganno del tempo infinito che è indotto dal desiderio dell'immortalità.
Non esiste nulla di terribile nella vita per chi davvero sappia che nulla c'è da temere nel non vivere più. Perciò è sciocco chi sostiene di aver paura della morte, non tanto perché il suo arrivo lo farà soffrire, ma in quanto l'affligge la sua continua attesa. Ciò che una volta presente non ci turba, stoltamente atteso ci fa impazzire.
La morte, il più atroce dunque di tutti i mali, non esiste per noi. Quando noi viviamo la morte non c'è, quando c'è lei non ci siamo noi. Non è nulla né per i vivi né per i morti. Per i vivi non c'è, i morti non sono più. Invece la gente ora fugge la morte come il peggior male, ora la invoca come requie ai mali che vive.
Il vero saggio, come non gli dispiace vivere, così non teme di non vivere più. La vita per lui non è un male, né è un male il non vivere. Ma come dei cibi sceglie i migliori, non la quantità, così non il tempo più lungo si gode, ma il più dolce."

Quanti anni sono passati, duemila?
E i problemi dell'uomo sono sempre gli stessi.
Come fare a non aver paura della morte quando si prende i tuoi affetti? Come fare a non aver paura della malattia, che sembra sempre essere sintomo di essa? Come fare a non avere paura?
Certo: se si riuscisse a non avere paura della morte, la stessa malattia farebbe meno paura. Forse non avremmo paura affatto.
Ma come si fa ad affrontare così questa piramide che siamo soliti affrontare dall'altro verso, in virtù della natura assoluta ed ineluttabile che la morte si porta appresso? Perché la morte è una certezza, forse l'unica.
Difficile rinunciarci.

Ancora più avanti, leggevo
"Una ferma conoscenza dei desideri fa ricondurre ogni scelta o rifiuto al benessere del corpo ed alla perfetta serenità dell'animo, perché questo è il compito della vita felice, a questo noi indirizziamo ogni nostra azione, al fine di allontanarci dalla sofferenza e dall'ansia.
Una volta raggiunto questo stato ogni bufera interna cessa, perché il nostro organismo vitale non è più bisognoso di alcuna cosa, altro non deve cercare per il bene dell'animo e del corpo. Infatti proviamo bisogno del piacere quando soffriamo per la mancanza di esso. Quando invece non soffriamo non ne abbiamo bisogno."
Al di là di quanta psicanalisi sulla differenza tra desiderio e bisogno c'è in questo passo, come non farsi venire in mente le parole di Ivano Fossati ne "La pianta del té" (forse la mia canzone preferita)?
"Chi si guarda nel cuore / sa bene quello che vuole / e prende quello che... c'è / ha ben piccole foglie / ha ben piccole foglie / ha ben piccole foglie / la pianta del té."

Dovrei far rileggere questo libricino a mia madre e poi farmelo regalare con dedica.
Non scrivo forse per superare la morte? Non ho ambizione al successo per una sorta d'immortalità di sponda? Mi sa di sì.
E non sono assolutamente in grado di guardarmi onestamente nel cuore, adesso come adesso, per distinguere bisogno e desiderio. Anche, ed in particolar modo, con le donne. Touché.
Otto anni da single non sono uno scherzo.
Mi sa che mi sono talmente disabituato all'amare che l'istinto sessuale è l'unica cosa che ancora ricordo come funziona.
^__^'

Ad ogni modo, stavo coricato in come sul mio lettino quando mi suona la sveglia del cellulare e mi ricorda che c'è il concerto.
Voglia di alzarmi: zero.
Ma è il concerto numero 100.
Il groupie più anziano non può mancare.
E' anche un botto di tempo che non li sento, che non vedo Sergio - che guarda caso proprio quella mattina aveva cominciato a dare un'occhiata ad ENCRE, copione per corto teatrale che ho scritto (a proposito, devo aggiornare la sezione 'progetti conclusi' con questo!) - e poi so che la loro musica ha il potere di farmi rilassare... So, ma non sento, che sarà una serata divertente.
Conto sul fatto che se mi sento male, o mi passa la voglia, posso sempre tornare indietro. Posso andarmene a metà. Posso anche solo andare a far presenza - anche se mi scuciono 13 euro. E poi, levarmi di casa dove in questo mese è meglio stare il meno possibile, per non accusare il fatto che non esiste più nemmeno quello straccio, quell'ombra di privacy, e che in certi momenti quasi sembra che sei trasparente, che i tuoi diritti non contano, e infine che dopo una cazzo di giornata a lavoro vorresti avere cinque minuti almeno per riposare e non ce l'hai!, beh, avere l'occasione di uscire è un incentivo.
Così, complice il senso di riposo dei dieci minuti passati a misurarmi la febbre, sono uscito.

Trovare parcheggio a Trastevere di venerdì sera è quello che è. Avrei dovuto cercare più a lungo, e meglio, ma vista l'ora e visto che una tipa in retromarcia mi stava per fracassare la macchina perché non avevo visto che s'era fermata lei per quel parcheggio (se non metti la freccia, che cazzo vuoi?!) è finita che l'ho messa su via Mameli.
Ovviamente sapete dove.
Arrivo lì, e rivedo in effetti un sacco di facce che non vedevo da tempo, fra cui quella di Marta - che oltre ad avere un Boecklin in casa (quello della prima immagine) è stata una di quelle ragazze con cui, in passato, poteva esserci del tenero - e Biole.
Non avendo prenotato - ci mancava anche quello - mi devo prendere il posto che capita, sperando in una buona visuale. Non ero in forma, quindi non avrei mai fatto il casino che faccio di solito; ci ha pensato la signora a fianco a me, che a quanto pare era la prima volta che li sentiva e - a giudicare dal numero di volte in cui si è rivolta a me e soprattutto dal come - che, forse, a quanto pare ci provava col sottoscritto.
Non ero proprio in vena, insomma, ma mi sono comunque goduto la serata; al massimo accusnado un po' il caldo dentro e l'umido freddo fuori.
Non hanno fatto "The lion sleeps tonight", ma la 'mia' "Blackbird" sì: e visto che mi abbracciavo da solo per la tenera bellezza dell'esecuzione, la tipa di cui sopra non ha trovato di meglio che venire inopportunamente a rovinarmela (avevo cambiato posto nel frattempo). Ora capite perché quel che dicevo prima è più che giustificato.

A fine serata - dopo un semi-mezzo impegno da parte di Sergio a provare a venire a cantare con me la mia canzone che ha musicato, "Saloon City", al festival di San Cleto di stasera (il che vuol dire che non lo vedrò affatto) - ho anche dato il mio indirizzo email a una ragazza che mi invierà i dettagli di un festival di teatro organizzato da lei.
L'amica comune che me l'ha presentata prima ha raccontato che le ho fatto fare un gioco sulle vite precedenti da cui è uscito che lei è stata una rosa nel giardino dell'Alcazar, poi le ha detto che abbiamo interessi comuni (teatro, cinema, ...) e ha chiuso tutto con
"Chissà, magari può nascere una storia, no?"
Dico, me l'hai presentata da nemmeno due minuti.
Ma ho apprezzato la naturalezza del tutto.
E poi, son finalmente tornato a casa morire dal sonno, ma non prima di aver mangiato una fetta di una pannosa e nutellosa torta celebrativa dei 100 concerti, e non prima di aver scambiato chiacchiere aggiuntive con Federica (una delle due Federia&Federica conosciute ai concerti dell'Anonima e al cui fascino, di entrambe, non ero indifferente) e Valinguina, ora fotografa ufficiale dell'Anonima.
E' il suo nick perché ha davvero la lingua lunga. Fisicamente, intendo.
Alla mia richiesta di mostrarla ha opposto un netto e irremovibile rifiuto; ma ha dovuto cedere davanti alla curiosità di vedere la mia. ^__-
Così, dopo lo scambio di linguacce, sono andato a casa a dormire.
Ho chiesto "Blackbird" alla radio, ma i miei sms li han letti quando ero già a casa, quindi niente.
Sono salito su, e sono sprofondato nel sonno.

Mi sveglio tutti i giorni lavorativi alle 9, salvo emergenze.
Sono andato a dormire alle 2.
Alle 7,14 di questa mattina Niccolò ha cominciato a ridere forte, perché lo facevano giocare. Tutte le porte aperte, il casino arrivava fino da me. Nelle due ore che sono rimasto a letto cercando disperatamente di dormire, nessuno s'è degnato di fare più piano. Nemmeno dopo che ho gridato a squarciagola per farli tacitare.
Mi sono alzato con un rodimento di culo spettacolare, e sono arrivato in ufficio che ero uno zombi.
Fortuna che oggi, al contrario di ieri e l'altroieri, il collega c'era.
Questo non è bastato a farmi restare lucido fino alla chiusura, e con i due di Rai International che c'erano oggi c'è stato un impiccio sui conti spettacolare: sono riuscito a confonderli talmente tanto che siamo rimasti per dieci minuti a cercare di capire (e far capire) che se una persona vede un film paga tre euro, se il film lo vedono in due ne pagano sei, e così via...
Ci siamo spaccati dalle risate, eravamo tutti e tre alla frutta.

Vabbè, adesso vi lascio.
Vado a mangiare, e subito dopo a cedere il titolo di San Cleto guadagnato l'anno scorso.
^__^


GrimFang

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