L'artista mescola il sangue con la terra, per generare sempre nuova vita...

Sarà sicuramente potente, la vita. Piuttosto dolorosa, a mio avviso, a volte sorprendente, sicuramente intensa, vibrante, indubbiamente da vivere. Sempre e comunque.

Sara Tenaglia

Terra, Pioggia, Fuoco & Vento

Terra, Pioggia, Fuoco & Vento
Fire cup

venerdì 4 maggio 2007

Il volo (A/R) - andata (27 aprile)

Da qualche parte dovrò pur iniziare...
Il magone assurdo che sale e scende in gola a tratti ancora mi accompagna, ma siccome so che razza di lettori mi ritrovo, dovrei partire col raccontare degli spettacoli di chi ci ha ospitato, a partire da quello del teatro El Apeadero...
Ma ritenendo un simile argomento più adatto alla lettura del lunedì mattina in ufficio, o simile giornata inizio-settimanale, rimando il tutto ad allora.
Anche perché, riannodando i fili della memoria, mi sono accorto che ci sono cose che... si apprezzano meglio con la conoscenza a monte! ^__^
Quindi, purtroppo, dovrò fare come non faccio quasi mai, cioè andare con ordine.
Cioè partendo dal volo.

Come vi ho detto, volare mi preoccupava.
Era da un po' (un bel po', più di un decennio) che non mi era capitato di salire su quei trabiccoli che, grazie al genio dei fratelli Wright, possono farci dare di stomaco in comode ed apposite buste di carta. Già, quelle stesse - o almeno dello stesso tipo - con cui il vostro barista o pasticcere di fiducia incarta i vostri preziosi cornetti la mattina.
Certo, grazie al cielo queste due cose avvengono separatamente, altrimenti sai che colazione saporita...

Rieccomi qui, scusate, ero in bagno a vomitare.
Dicevo, la magnifica invenzione dei fratelli Wright - invenzione loro perché a loro funzionava: a tutti quelli che c'avevan provato prima, Leonardo in testa, non era andata altrettanto bene (vedi la fine di Icaro, ad esempio) - che, nel corso del secolo e decenni vari successivi si è evoluta mirabolmente: dalle quattro assi di legno e tela in croce su cui i fantastici fratelli avevano montato un motore se ne è fatta di strada!
Sono venuti i quadriplani, i biplani, gli aerei a reazione, quelli per il trasporto passeggeri, i giganteschi Boeing, i missilinei (a forma di missile) Concorde, per approdare infine alla summa: i voli low-cost.
Easyjet.
Quella è la compagnia con cui abbiamo viaggiato.
Posso testimoniarlo, perché mi sono inculato il libretto con le istruzioni di emergenza, ma questa è un'altra storia.
Ah, no, è sempre questa, ma trattasi di dettaglio irrilevante.
Dicevo, Easyjet. Non ho la benché minima idea di dove venga, ma pagare 170 euro per un viaggio che le altre compagnie di bandiera fan pagare tipo 400 ha il suo perché. Tra l'altro, avessimo preso il volo Alitalia, saremmo rimasti in Spagna, perché han fatto sciopero proprio il giorno del nostro rientro, il 2/3...
Vabbé, il fatto che fosse un volo low-cost in realtà non mi preoccupava: quello che mi preoccupava era la levataccia alle 6 di mattina (se mi diceva di lusso) e il dover poi affrontare il resto del giorno in questa sequenza
1. Ricontrollare il bagaglio perché so che sono un imbecille e finisce che mi scordo cose importanti tipo la carta d'identità che va a finire che resto a Roma e ho dato 170 euro in beneficienza. (se la meritassero, poi...)
2. Arrivare in orario (per una volta!), pronto e preparato, all'appuntamento con Sara e Albertino che mi davano un passaggio. (evitandomi la mostruosa impresa di una levataccia peggiore, di 24 fermate di Metro A, del correre a prendere la navetta e arrivare fiaccato e sfinito - sicuramente col mal di stomaco e un accenno di squeraus fin da Flaminio, come minimo... O l'alternativa di andare a Ciampino in macchina e trovar parcheggio lì: così sarei stato in para per la macchina per una settimana e al ritorno avrei dovuto fare una donazione di sangue in multe)
3. Arrivare in orario a Ciampino, che il check-in era per le 7, tipo.
4. Ricontrollare che il bagaglio a mano fosse correttamente sprovvisto di tutte quelle cose che al controllo ti fanno buttare.
5. Tenere a bada la nausea, la sudorazione, il mal di pancia e tutta la sintomatologia da poco sonno e nuova esperienza (più gnoccae vicinantia).
6. Imbarcarsi e decollare. (una cosa da niente...)
7. Sobbarcarsi qualcosa come tre/quattro orette di viaggio in una scatola di latta a circa 24mila piedi (no, più su, che se un piede sono 30cm...) facendo finta di cercare di dormire e recuperare il sonno perduto sapendo benissimo che mai e poi mai ci sarei riuscito, e il tutto con la stessa libertà di movimento che ha un orangotango nella gabbia di un gatto.
8. Atterrare a Madrid - qualsiasi clima ci fosse - e recuperare il bagaglio, indi avviarsi al loco onde avevamo affittato les voitures (le màchine).
9. Sobbarcarmi tutta la tratta autostradale Madrid-Granada, che è qualcosa tipo 433km.
10. Arrivare a Granada, parcheggiare, farsela a piedi fino all'ostello, pensione, sottoponte che fosse.
11. Far tardi con tutti i compagni di viaggio che, sicuramente sovraeccitati dall'esperienza, avrebbero subito deciso di far movida - una movida per la quale avrei rosicato come un picchio se non ci fossi andato.

Con tale, simile limpida coscienza delle mie azioni, andavo a dormire tardi la sera prima - l'una, forse - e mi svegliavo presto la mattina, credo alle 6.15 o giù di lì.
Stranamente, l'aver fatto tardi la sera prima consisteva nell'aver fatto armi e bagagli a puntino, e quindi potermi permettere una piccola dose di sonno in più.
Però, l'attesa telefonata di Sara che mi avrebbe avvisato del loro imminente arrivo, non arrivava.
Aspetto, aspetto ancora. Ricordando che lei era stata drastica, più che normativa (qualcosa come "se non sei pronto per le 6.30 ti lascio lì!"), chiamo io.
Dall'altro capo del filo, con un inequivocabile sfondo casalingo di carabattole e cianfrusaglie che vengono assestate, Sara mi risponde di non preoccuparmi, che stanno arrivando. Beh, mi preparo, non faccio colazione perché il piano era di farla insieme, e aspetto.
Non ho fatto un cazzo dalle 6.30, pronto a partire, a poco meno delle 7, quando si sono presentati. L'unica cosa che ho fatto è stata chiamarla una seconda volta, ricevendo la medesima risposta tra il piccato e lo scherzoso.
Beh, anche un po' per la stanchezza, Bodhisatva GrimFang ha atteso sotto casa. Al loro arrivo, ha anche scoperto che avevan fatto colazione per conto loro, ma siccome la pazienza è la via della misericordia, s'è preso un caffè senza cornetto (o con? Mah, non ricordo) e s'è imbarcato in auto con la mochilla sempre in spalla.
Ritardo, ritardo, ritardo.
Arriviamo a Ciampino ben oltre l'appuntamento 7.15 pattuito, ma con la soddisfazione di veder arrivare un'auto dopo di noi: ovviamente, Martina.
^__^
Ci incontriamo praticamente subito con gli altri (Alessio e Antonio fuori a fumare, una scena che avrei visto spesso), e cominciamo a vedere se siamo tutti. Mancavano le due sorelle Claudia e Doriana del gruppo Yogurt (e qualcun'altra che era in macchina con loro, credo) e saremmo stati pronti.
Ammetto che non mi sentivo poi così male all'idea di partire, si vede che avevo avuto tempo per essermici oramai abituato. Però, alla domanda su come andasse con la paura del volo, beh, ho risposto che un po' d'ansia ce l'avevo.
Ma non poteva essere nulla, a confronto di quella di Alessio, e Carlotta, che non avevano MAI preso l'aereo.
Quindi, il tempo trascorso all'aereoporto di Ciampino è andato via piuttosto veloce, accompagnato da quel senso di disagio lieve semplicemente dovuto alla levataccia e a qualche insicurezza strisciante minore.
Fila al check-in, distribuzione dei bagagli 'speciali' (un tamburo riempito di roba e due borsoni coi trampoli e i pezzi necessari a montare 'il nano' dello spettacolo) e loro consegna - previo pagamento di sovrattassa, suppongo - all'impiegato della dogana, o quello che era.
Poi in fila per i metal detector che, essendo esperienza nuova, mi han fatto riccamente scordare i residui di ansia. Quindi, una volta dentro, un'altra colazione e l'acquisto di un panino prosciutto e formaggio che avrei - ma allora non lo sapevo - consumato decisamente molto tempo dopo...
Infine, ta-dah!, l'imbarco.
Scaglionati in quattro diversi gruppi, secondo le lettere A, B (la mia), C e D dell'alfabeto, uscivamo all'aperto sulle piste per imbarcarci sulla navetta che ci avrebbe portato all'aereo.
A questo punto, il tabagista che sono si rifaceva vivo in me: non avevo fumato e prima di sopportare tutte quelle ore di volo volevo levarmi lo sfizio del tabacco.
Evidentemente anche Murphy, l'autore delle famose leggi, doveva essere a Ciampino quel giorno, perché appena accesa è arrivato l'autista che mi ha fatto cenno di spegnerla. In realtà, forse è perché sulle piste non si fuma, dovesse esserci qualche residuo di gasolio o similia sul terreno quando butti la cicca...
Voilà, in bus fino all'aereo.
Nemmeno troppo grande, bimotore a turbine belle grosse.
Lì ho scoperto che il colore della Easyjet è l'arancione, il mio preferito.
Insomma, salgo e vengo accolto dal personale di bordo, spagnolo. Primo contatto con la Spagna: due steward e una hostess, che sembra simpatica anche se non troppo carina. Di lì a poco avrei visto sbarcare i passeggeri dall'aereoplano di fronte: la Ryan Air aveva una hostess decisamente più gnocca. Ad ogni modo, colgo al volo il nome della nostra, Paloma.
Come chiamarsi Colomba. Di nome.
Al massimo in Italia abbiamo Colombina, ma è una maschera della commedia dell'arte...
Vabbé, il nome è sempre strategico: aiuta non solo a rompere il ghiaccio, ma a farsi caga... ehm... considerare di più.

Adesso, il dilemma.
La scelta del posto.
Non mi sarei mai perdonato di mettermi vicino alle ali, senza poter vedere una beneamata ceppa al di sotto dell'aereo; pertanto, dovevo mettermi più avanti.
Non ho mai preso in considerazioni problematiche del tipo "meglio la coda perché se l'aereo si spezza di solito è al centro" - LOST insegna - quello che mi interessava era la vista. Matematica dunque la scelta del posto vicino al finestrino.
Ma, ovviamente, era la scelta del vicino a chi sedermi ad importare!
^___^
Ma il problema era che le persone vicino alle quali valeva la pena esser seduti ancora dovevano arrivare! Infatti, erano tutte sulla seconda tornata di passeggeri della navetta.
Che fare?
Niente: ti siedi, aspetti e speri, non c'è un cazzo da fare.

...ma in realtà, c'è stata un'altra considerazione a guidare la scelta del mio posto.
Ebbene sì, per tutti gli amanti del "Psicomagia, fratello!" che mi ha accolto al ritorno in patria, a guidare la mia scelta c'era anche il sogno che avevo fatto. Quello in cui spegnevo un motore in fiamme.
DOVEVO sedermi in modo tale che quel sogno venisse rispettato. Perché?
Beh, perché nel sogno l'incendio lo spegnevo: metti caso che fosse successo e le posizioni non fossero rispettate, io che facevo? Che sarebbe successo?
Nel sogno, però, io ero in piedi, non c'era una reale conoscenza di un posto a sedere. Quindi alla fine, ha influito solo per farmi decidere su quale lato dell'aereo posizionarmi: a destra, perché da quel lato si sarebbe incendiato il motore, e in modo tale da vederlo e tenerlo sotto controllo.
Ma, ad ogni modo, nel mio sogno era notte, mentre avremmo viaggiato di giorno. Era al ritorno da Madrid che saremmo partiti all'alba...


Arrivano gli altri, prendono posizione.
Quasi tutti dietro: vicino a me si siede Alessio, che non ha mai volato.
Non ricordo chi fosse a fianco a lui, ma dall'altro lato del corridoio siedono Wanda, Isabella e Carlotta, l'altra che non ha mai volato. Sono sulla fila delle probabili crisi di panico. Alessio è 'sobrio', Carlotta si è bombata di gocce tranquillanti (13!!!) che le ha dato Fabrizio - che non è la prima volta che vola, ma che si caga sotto ogni volta. Lui di gocce ne ha prese 20.
E così, percependo da un lato il nervosismo di Alessio, che non sta fermo un momento, soprattutto con le gambe, e dall'altro la rosicata di non avere una giunonica femmina come, ad esempio, proprio Isa, cui aggrapparmi per lenire l'ansia del viaggio (non mi sentite, ma sto fischiettando con lo sguardo al cielo e finta nonchalance - anzi, nonchalantza), m'improvviso confortatore di anime, come al mio solito, ed aiuto Alessio ad affrontare l'esperienza.
Con tono pacato e piglio sicuro, gli spiego tutte le diverse fasi del decollo, dell'atterraggio, di come funzionano i motori, le cinture come e quando si allacciano e così via: in pratica, sdrammatizzo e improvviso quintalate di castronerie plausibili pur di non avere una crisi di panico alla mia sinistra.
Faccio il sicuro: e lo divento!
^__^
Calmare Alessio è stato catartico e contagioso: infatti, è andata a finire che Alessio era contento come un pupo, ed io pure! Stavamo lì a indicarci le cose fuori dall'oblò, a veder decollare l'elicottero, l'aereo della protezione civile, a parlare di fasi, autorizzazioni, casette minuscole, uomini e autostrade viste dall'alto... Un taglio!
Fatto sta che, Isa sulla parte sinistra, le altre ragazze Yogurt sparse nei pressi - ero circondato, ma la maggior parte stramazzava dal sonno - l'aereo si appresta al decollo.
Rolla sulla pista.
Accelera. Cazzotto allo stomaco, sensazione strana, ma non poi così terribile come pensavo.
E si alza.
E Roma diventa via via piccola sotto di me.
E cabra (gira, vira) verso sinistra, piegandosi a quarantacinque gradi, praticamente subito, mandandomi simpatici friccicori elettrici giù per tutti i neuroni, che per fortuna si trasformano immediatamente in entusiasmo.
Sono su, e volo.
Volo.
E allora mi tornano i ricordi, delle altre volte che ho volato.
E spalanco gli occhi verso fuori, e mi godo la vista della costa, di Fiumicino, del mare... ma soprattutto della leggerezza.

Così come avere vicino Alessio è stato un toccasana per ogni paura eventuale del... vuoto, allo stesso modo è stato un toccasana potersi alzare dal posto e farsi quattro passi in giro.
Prima dell'atterraggio a Madrid, avevo già sfoderato le mie carte migliori: cromoterapia, dialettica, e massaggi!
Oh, yeah, l'atterraggio ha interrotto un gran bel massaggio a Isa (^__^), la quale resta debitrice di altrettanto nei miei confronti. Saprò riscuotere? Ai posteri l'ardua sentenza!

...malfidati.
Comunque, mancavano solo i tarocchi e il carnet era completo.
Come dite?
Certo che ce li avevo in valigia, i tarocchi!
^__^
Non li ho mai tirati fuori, ma almeno in una occasione ho accennato al fatto che sapevo farli!

Fatto sta che, dopo la traversata in cui a tratti ho cercato di dormire, spesso sono andato a far chiacchiera con le ragazze, e altrimenti ho discorso di argomenti seri (a proposito, mi è stato contestato il modo di fare un particolare movimento nei massaggi da Robertone, di Saltymbanco, il quale a quanto ho capito coi massaggi ci lavora - ma è persona di ottima creanza, pertanto ha aspettato di potermelo contestare in separata sede), il momento dell'atterraggio ha riseparato tutti, rimettendoci ai posti.
Sulla Spagna, e su Madrid in particolare, il cielo non era affatto sereno.
Nuvole enormi coprivano il cielo. Da sotto, uno mica ha idea di quanto cavolo siano spesse. A quale diversa altezza siano.
Ma da dentro un aereo, tuffarsi nel candido bianco, immergersi in quei batuffoli di nebbia e risbucarne fuori aveva tutto il fascino dei duelli della prima guerra mondiale... quando il Barone Rosso dovevi cercartelo a vista, in mezzo alle nuvole.
Le nubi che si aprivano per rivelarci squarci della terra rossa di Spagna, là, sul fondo, ma ancor di più quella sensazione magica, quasi onirica, di sprofondare nel morbido delle nuvole sono uno dei ricordi più belli che mi porto dietro di questo viaggio a Granada.
La sensazione umida di vento e libertà, anche se nulla soffiava sul mio viso, è impressa nella mia mente.

Poi, l'atterraggio, l'applauso conseguente e il rollaggio eterno sulla pista (un giro di una quindicina di minuti, non di meno - ma che cavolo di aereoporto ha Madrid!? Prego gli ingegneri e gli architetti ad andarsi a scovare i piani per osservare come NON si fa un aereoporto user-friendly), poi lo sbarco in questo posto anni '70, il recupero bagagli (la civiltà di un paese si vede, adesso, anche nelle zone attrezzate per i fumatori) e infine l'attesa per ingannare il tempo finché non si prendeva possesso delle macchine...
Dopo, sarebbe stata la Madrid-Granada!

^___^


GrimFang

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