L'artista mescola il sangue con la terra, per generare sempre nuova vita...

Sarà sicuramente potente, la vita. Piuttosto dolorosa, a mio avviso, a volte sorprendente, sicuramente intensa, vibrante, indubbiamente da vivere. Sempre e comunque.

Sara Tenaglia

Terra, Pioggia, Fuoco & Vento

Terra, Pioggia, Fuoco & Vento
Fire cup

venerdì 18 maggio 2007

Uno spettacoloso weekend

Le cose succedono in fretta, e forse dovrei scrivere un post su mio fratello. Su come l'ho trovato giovedì sera. Su quanto e come ho capito che sta male, che vive in un mondo tutto suo, in parte.
Su come si sia impermeabilizzato alle critiche ed abbia un maledetto bisogno di un aiuto psicologico, super partes. Ovvero, come debba capire che deve andarci da solo, trovarselo lui: niente di rimediato dal sottoscritto, tantomeno dalla famiglia. Altrimenti è facile raccontarsi che è in combutta con noi.
Invece non l'ho fatto.

Sono tornato a casa straziato, tremante dal freddo (quello esterno e quello interno), e ho dovuto metter su una faccia normale, allegra, rilassata, per far finta che andasse tutto bene, per non sentirmi chiedere - angosciare di domande - come stesse mio fratello.
Perché sta male.
Subire il panico sterile dei miei genitori era l'ultima cosa che volevo fare.
Così ho finto, e ci son riuscito bene.
Ma per tre giorni ho avuto alti e bassi, svarioni psicologici e di energia.
Per fortuna non mi sono tenuto tutto dentro, ed ai mille amici che ho incontrato in questo spettacoloso week-end, se le circostanze lo permettevano, ho raccontato tutto.

Giovedì sera, invece di sedermi e scrivere un nuovo post qui sopra, come faccio spesso per 'pulirmi' l'anima (sì, siete catartici), mi sono seduto sì davanti al computer, ma ho scritto. Ho creato.
Ho aperto il file di Escondida, ma non era nemmeno quello ciò su cui mi potevo sfogare. Anzi, non sfogare... Non era di uno sfogo che avevo bisogno quanto di... un qualcosa che mi riportasse nella mia pelle. Nella sicurezza delle mie certezze.
Perché, per carità, in piccolo, mi sono sentito un po' come con Chiara.
Privato delle mie certezze. Fottuto ancora una volta dal mio radicato - pervicace, direi - buonismo da crocerossino. L'istinto da samaritano. Lo sposo delle cause perse. Altruismo suicida, quindi imbecille.
Certo, è mio fratello.
E so, da tempo, che non è più così equilibrato con la testa.
Però, un conto è, scusate il gioco di parole, metterlo in conto; un altro è vederselo spiattellato in faccia in una delle sue forme peggiori. La chiusura, la mancanza d'ascolto. Il ripetersi le cose per convincersene, il capire solo ciò che si vuole capire e il distorcere la realtà a proprio uso piacimento. Ricordi compresi. E, cosa più allucinante di tutte, accusare una persona non presente di distorcere la realtà a proprio uso e consumo senza minimamente accorgersi che è esattamente ciò che si sta facendo in quell'istante: come essere storpi, storpiarsi di più per poter dare dello storpio a un altro.
Sono scappato da là.
Prima di sentirmi male davvero sono scappato, troncando la discussione e lasciandolo con un sorriso agghiacciante sul volto ed un'espressione stralunata. E ringraziavo il cielo che domani avrei avuto la mia seduta bisettimanale con lo psicologo.

Dio, ne avrei fatto volentieri a meno.

No, dicevo, giovedì sera ho aperto un nuovo documento word, ed ho seguito l'istinto che mi aveva fatto chiedere a Vania se potevo...
E l'ho fatto.
Quando lo chiesi a Vania avevo solo una piccola idea, una voglia di raccontare qualcosa che mi era nata a Granada, una consapevolezza tra le tante; un personaggio. L'Untore.
E sapevo che non avrei voluto interpretarlo io, ma di certo non avevo la più pallida idea di come tirar fuori, da lì, uno spettacolo.
E invece l'ho fatto.
Giovedì notte ho creato l'ossatura, la trama, i movimenti dello spettacolo di Ludika 2008.
Ed è bellissimo.
Tanto bello che sabato non son riuscito a starmi zitto e l'ho raccontato ad Erika. Le è piaciuto moltissimo.
Adesso, però, visto che andiamo in scena tra due giorni e poi c'è Ludika a fine giugno, dovrò starmene un po' zitto, e coccolarmelo da solo, sennò rischio di portare tutti con la testa troppo avanti e far venire questo spettacolo una ca... ehm, vabbè, diciamo meno bene. ^__-
Scriverlo, mi è comunque servito a calmarmi.
Perché questa, da dove il 90% delle volte scrivo, è la mia camera, il mio regno.
E adoro nel silenzio della notte ascoltare il ticchettio dei tasti mentre le mie dita scorrono veloci sulla tastiera.
E come tutte le cose belle, in cui mi coccolo, ha avuto il potere di distrarmi, di calmarmi, di farmi sentire nuovamente vivo dopo essere stato toccato dalla 'morte'.
Sarà - pensavo - che forse sono le cose creative, anche folli se vogliamo, ma piene di positività, a rimettermi in carreggiata quando perdo la bussola. Quando il mondo mi sembra troppo brutto e strano.
Scrivere, è certamente un modo di esercitare una follia, per quanto larghevolmente riconosciuta come pratica 'sana'.
Ma anche girare deliberatamente nel traffico notturno, come ho fatto venerdì notte, ha avuto un forte effetto calmante. Eppure questa, invece, è vista (è stata vista) come una cosa scema.

Sono stati giorni strazianti, altalenanti tra una giusta euforia per delle 'conquiste' più o meno grandi ed un più o meno ampio sconforto, spaesamento, per delle tristezze derivate da questo incontro con mio fratello, ma che riguardano me, la mia vita e le mie sicurezze ed aspirazioni in essa. Dal non porsi affatto il problema esistenziale, senza preoccupazioni, all'intorcinarsi nel disagio, nella paura di un esistenza... 'negativa'.

Ad esempio, venerdì mattina Erica mi ha fatto un gran bel complimento, che mi ha reso felice.
Mi ha chiesto perché cavolo non mi cerco un agente.
Perché per lei so recitare, e, nella normalità del suo punto di vista su come funziona questo mondo del cinema, è naturale che se uno è bravo a recitare, e vuole recitare, debba trovarsi un agente.
Erica non mi ha mai visto recitare; ma mi ha visto diecimila volte provare gli spettacoli, ripassare, aiutare lei e gli altri con le loro parti, in pausa pranzo.
Credo che lei sappia quanto sono bravo, sulla scala da uno a dieci, a recitare. Credo che mi sappia valutare.
Per questo mi ha fatto un immenso piacere sentirmelo dire, e quasi arrossivo mentre andavo inn brodo di giuggiole. Anche se l'idea di un agente, no, non mi sconfinfera. Mi sembrano sempre dei parassiti che vivono dell'altrui bravura - anche se invece in altri campi sono cosciente del fatto che semplifichino la vita. Ad esempio, non esiterei a trovarmi un agente - uno bravo - nel campo dell'editoria.
Sarà perché l'avrei già trovato, visto che me l'ha consigliato Edoardo e ho visto che hanno aiutato a pubblicare anche Ivan Baio, mio amico ed ex giocatore di ruolo, nello stesso gruppo di Carolina che ha pibblicato PornoRomantica... che gruppo, eh? ^__^
Però, nel mondo del cinema, che io sappia, non sempre c'è simpatia e correttezza, anzi.
E poi, c'è anche un altro discorso.
Una piccola parte dell'orticaria che mi dà quest'idea dell'agente, viene dal fatto che fare così significa prendere la recitazione come un lavoro. E quando uno recita per lavoro lo fa per mangiare. E se lo fa per mangiare, non cresce, non bada alla qualità. Di quello che fa e di quello che accetta. Prima di farmi un agente dovrei arrivare alla lucida convinzione di essere diventato davvero bravo. Tanto da potermi permettere di farlo quando voglio, non quando ne ho necessità.
Fare l'attore come secondo lavoro, un po' saltuario.
Non dedicarsi alla carriera da attore è il miglior modo per crescere liberamente come attore. Ma è anche vero che in questo mondo del cinema senza un agente è difficile essere chiamato per delle parti al di fuori degli ambienti che conosco o delle amicizie personali.
Ma il tempo ha tempo, e non avere tra i miei obbiettivi quello di sfondare attorialmente mi consente di prendere e coccolare tutto quello che mi capita e mi va di fare.
Anche se vado in scena martedì e ancora non so la parte... ^__^
Tra l'altro, coso cresciuto di più come attore in questi mesi in cui di fare l'attore non me ne fregava poi tanto, concentrato com'ero sullo scrivere, scrivere, scrivere di tutto e di più, che in anni interi di esercitata professione (bum! ^__^). Vabbè. sono cresciuto molto; tanto che quasi quasi dovrei cominciare a pensare di far l'attore così magari riesco a finire le mie sceneggiature e compagnie varie. Riuscissi a vivere ogni cosa in questo modo, sarei di un prolifico entusiasmante.
Magari riuscirei a piantarla con l'andare a tempo di bradipo.

Ma veniamo allo spettacoloso weekend.
Ovvero, venerdì allo spettacolo di Sergio, sabato alla totale fusione e domenica al Bertani Dai.
Venerdì, programmavo la comoda serata in casa.
Però, col Deso ci si doveva accordare per il prossimo weekend ad Arezzo, quindi gli mandavo una mail e ricevevo risposta. Mi balenava in testa dunque l'idea che avevo avuto già in precedenza, prima di tutti i dubbi del vengo/non vengo. Così, chiamo Corinna (a dire il vero prima Sergio che non mi rispondeva) per sapere quando cavolo facevano lo spettacolo, che me l'ero scordato, anche per sapere se così ero libero fin da venerdì 25.
Vengo da lei richiamato più tardi e - tadah! - lo spettacolo era la sera! Il 18, altro che 25!
Così, mi armo - di buona volontà - e dopo 'frugale' cena (sto mangiando come un vitello imbufalito 'sti giorni!) parto per stare alle 21 a teatro, al Nuovo Teatro Colosseo. Solo che io pensavo fosse il Colosseo quello vecchio, vabbè, ma è un altro discorso.
Un pelo trafelato, con giacca e maglioncino leggero, arrivo alle 21 spaccate... al Colosseo, e alle 21 e quattro, o giù di lì, all'altro civico di via Capo d'Africa (siete avvisati: se andate lì è dal capo opposto della via). Spettacolo già iniziato, ma è una serie di corti teatrali da 20 min., quindi potrò entrare al secondo.

Tirava vento. Molto. E io non ero proprio a mio agio.
Un po' perché mi piace Corinna, un po' perché tornavano su rigurgiti di mio fratello. E avevo anche qualche accenno di caldane (caldo/freddo) e mi pesava sullo stomaco la cena. In breve, avrei avuto un simpatico bisogno di un cesso. Ma non pensavo che in fondo avrebbe migliorato la situazione.
Fatto sta che, nell'attesa, mi chiama Alessandro.
Non ci sentiamo da una vita, e mi faceva un sacco piacere sentirlo, tanto più che stavo andando a vedere lo spettacolo di Sergio, e se ci fosse stato anche un accenno di Gabriele sarebbero stati 'presenti' ancora una volta i Grottamistica. (eeeh, ve ne parlerò...) ^__^
Così cominciamo a parlare, e mi viene subito da sfogarmi perché, grazie al cielo, era proprio Alessandro, che riesce sempre ad infondermi calma, e serenità. Così gli parlo di mio fratello, e poi due battute su Gabriele, e poi parliamo anche di Erika, del suo compleanno e infine - flash del colpevole che si sente imbecille - di Fedemisi, che è un sacchissimo amico suo, ma dell'incidente lui non sapeva niente (perché ne abbiamo paralato su di una mailing list da cui lui si è tolto, e come tanti imbecilli a nessuno di noi gli è venuto in mente, di avvisarlo).
Vabbè, ci salutiamo che il pubblico comincia ad entrare.
Brutto affare. Il primo è che in sala fa un caldo che si schiatta e c'è aria viziata da far paura. Il secondo è che non c'è il cesso. Niente bagni al Nuovo Colosseo. Si vede che lo stanno ultimando e mancano dei locali...
Mi sento un po' oppresso, e sto un po' male, e anche se ci sono visi conosciuti, bella gente, è un po' una sofferenza. Almeno, per il primo spettacolo che vedo (il secondo in cartellone, cioè), mi fanno compagnia anche gli attori di Sergio, che sono in sala. Si sarebbero andati a preparare su quello dopo. E poi, quello spettacolo è in romanesco, e per quanto non molto ben recitato, a tratti mi fa anche ridere. Pure se indugia spesso sullo stesso tipo di gag e la svolta finale della trama è telefonata come se per un pubblico cieco l'avessero scritta in braille.
Ma dopo...
Dopo c'era un monologo.
L'attrice si presenta in scena vestita da donna delle pulizie, ma coperta di santini, crocefissi, madonne. E subito ti viene in mente il detto latino "Grattatio pallorum omnia mala fugat". Poi, comincia a parlare in dialetto. Napoletano. E subito ti viene in mente la sceneggiata, del fu compianto Mario Merola. E infine, comincia - ma proprio dall'inizio - a raccontare del suo suicidio.
Venti minuti di deliquio di una suicida/non suicida/poi suicida che proprio ti mette un'allegria dentro... guardate, così allegro che non parevano venti minuti, ma centoquaranta!
Le luci si sono accese su di una sala boccheggiante, ch'è esplosa dalla porta contenitiva per prendere una boccata d'aria. E non era solo per il caldo.
Ad ogni modo, io sono riuscito a evitare il peggio (che so, di sbrattare su quelli davanti, che mi stavano pure simpatici - con uno di loro quando si sono accese le luci ci siamo guardati con gli occhi sbarrati) solo aggrappandomi alla poltrona, esaminandone le proprietà del velluto (anche in paragone ai miei calzoni di jeans), levandomi giacca e maglione, e strattonandomi da solo nei momenti peggiori. Tutto pur di non pensare.
Meno male che le sedie di quel teatro sono messe in modo che quando si siede la prima fila nessuno vede più niente.
Comunque, alla fine di quel massacro, mi sentivo 39 di febbre, e vicino al deliquio. Ma, mi son detto, andar via proprio prima di quello di Sergio era da imbecilli, così mi son fermato.
Ho scoperto così che lo spettacolo lo avevo già visto, al teatro Ateneo (e quindi avevo già conosciuto Corinna), e non m'era dispiaciuto. Anche questa volta, che era decisamente molto più condensato, l'ho trovato molto gradevole, ma forse non mi aggiungeva nulla di nuovo. I movimenti in scena mi sembravano gli stessi, e anche le battute degli attori, sebbene sia sicuro che molto dev'esser cambiato (visto il quantitativo industriale di prove che han fatto) e che, a dirla tutta, la mia memoria non è che possa dirsi eccellente.
Fatto sta che dopo il loro spettacolo io e una valanga di altra gente (amici di Sergio e degli attori) ci siamo dati alla fuga all'esterno. E nonostante io abbia praticamente salutato tutti e stessi per andar via lasciando in delega i miei saluti per gli attori, alla fine son rimasto. Punto primo perché ho beccato l'operatore di camera dello spot della MetRo. E stavo talmente fuso che gli ho detto che dello spot c'ero solo io e Sergio, mentre c'era - ovviamente - Corinna, Susy, Gabriele... ^__^
E poi perché è uscito Dodo, ed anche con lui me la son sentita di parlare un po' di mio fratello. E poi son usciti tutti, e son rimasto ancora un attimo, ho regalato loro i buoni sconto all'Overtime anche se stavano andando tutti via. Poi ho accennato anche a Sergio del perché non stessi tanto bene, ho abbracciato un po' Corinna e sono andato via.
Sergio, comunque, mi ha invitato a raggiungerli anche sabato, perché avrebbero fatto qualcosa. Io avevo già la cena di Erika, ma avrei visto cosa potevo fare. Quindi sono andato alla macchina, e lì...
E lì sono rimasto a fumarmi una sigaretta (sto fumando davvero TROPPO), ed a godermi quell'angoletto in ombra tra Piazza della Navicella e la via che porta fino al Colosseo, la macchina contro il muro di cinta dell'ospedale militare del Celio. Il vento muoveva le fronde ed io avevo il silenzio, e la solitudine.
Solo allora ho capito che forse era un po' di quello che avevo bisogno.
Di starmene sulle mie, coccolarmi un po'.
Poi ho acceso la radio sul mio programma preferito di Radio Rock, dj Loredana dopo la mezzanotte, col suo 'gioco' dei pirati nel quale io sono l'ufficiale di rotta, e mi sono diretto a casa. Le ho mandato un sms, come faccio praticamente sempre, ma questa volta perché volevo condividere anche con loro il mio stato confusamente disorientato e triste. Quello di una serata no.
Ma come al solito la canzone che ho chiesto non l'ha passata. E poi...
Poi nel traffico del lungotevere, improvvisamente, come mi capita spesso, mi sono pian piano ritrovato in quella massa di macchine. In quella gente come me, coi suoi problemi, i suoi pensieri, uscita per dimenticarli un venerdì sera. Improvvisamente sono tornato a sentire Roma, a sentirmi parte della mia città, della mia gente, e i problemi sono pian piano scivolati via.
Arrivato a ponte Sant'Angelo ho invertito la rotta e mi son fatto un'altra passata di lungotevere, fino a ponte di ferro; per farmi, nella mia individuale area protetta di solitudine, un bagno di gente.
Dj Loredana non l'ha capita, per lei il traffico fa girare le balle, anche di notte.
Ma il traffico fa girare le scatole se hai fretta, una meta, qualcosa da raggiungere e non ti va di pensare, di rallentare. Di ascoltare musica, sì, perché ha lo stesso scopo del girare la notte in macchina come facevo io: ti fa compagnia.
In quel corpo esteso di metallo, io ho ritrovato la pace e l'armonia. L'ufficiale di rotta ha ritrovato la rotta.
E son tornato a casa a dormire.
Il resto del weekend a domani, che qui son le due e un quarto e devo andare a dormire!
^__^

(segue)


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