L'artista mescola il sangue con la terra, per generare sempre nuova vita...

Sarà sicuramente potente, la vita. Piuttosto dolorosa, a mio avviso, a volte sorprendente, sicuramente intensa, vibrante, indubbiamente da vivere. Sempre e comunque.

Sara Tenaglia

Terra, Pioggia, Fuoco & Vento

Terra, Pioggia, Fuoco & Vento
Fire cup

venerdì 11 maggio 2007

La prima notte

Riprendiamo i post su Granada.
Difficile mantenersi ligi al racconto, quando c'è stata di mezzo una prova del laboratorio Ludyka in cui - ovviamente - si è parlato di tutto ciò che è avvenuto in Spagna... ma, per necessità di cose, nel caso dovrò raccontarvela alla fine.

Bene, smistati i due gruppi uno verso un ostello e l'altro verso una pensioncina, ciascuno si dirige zaino in spalla alla propria destinazione.
Qualunque viaggiatore prima o poi - soprattutto se nella mia medesima condizione di straccio umano - avrà un letto e un cesso come mèta agognata.
In quel momento, l'unica cosa chiedevo era sottrarmi al freddo umido belluino che mi stava devastando il fisico e l'intestino. Non vedevo l'ora di tirarmi addosso delle coperte, magari ancora vestito.
Così, una volta giunti a Plaza de la Trinidad, dove a tre metri di distanza c'era l'ingresso della pension "Cinco Gatos", gestita dalla vecchina Victoria - in cinque minuti ribattezzata 'panna e fragola' - che parlava italiano smozzicato, spagnolo e francese (lingua con cui conversava col marito francese), il mio obbiettivo era la sopravvivenza personale.
Chiariamo: non ero annebbiato al punto da non aver considerato che, Valentina (la più carina di Yogurt) a parte, la stragrande maggioranza delle yogurtine era in casa con me. Inoltre, nel salir le scale, loro si erano buttate tutte nell'appartamento al secondo piano, il primo disponibile, e avevo preso in considerazione l'idea di infilarmi da loro, ma diversi fattori mi avevano frenato.
Il primo, è che ero veramente in uno stato di schifo e, se da una parte volevo esser coccolato da loro, dall'altra non mi andava poi molto di dare l'impressione - parzialmente vera - di essere deboluccio e devastato. Tanto poi l'avrei data comunque, ma allora non lo sapevo ancora! ^__-
Il secondo è che già da Roma si era un po' discusso delle sistemazioni.
Proprio Isa, o Valentina, credo, del gruppo Yogurt, se ne uscì prospettando la divisione delle case per laboratori.
Adesso, io avevo ben presente il disegno di Vania - cercare di fondere il più possibile i gruppi, per darci la visione collettiva dell'esperienza. Ma mica solo per questo: diciamocelo, 45 persone di quei laboratori erano a fortissimo rischio di trasformarsi tutti in 'gita delle medie', rischiosissimo per la sua salute mentale. L'esigenza di farci conoscere, integrare, supportare e sopportare vicendevolmente da una parte sposava i disegni del viaggio teatrale; dall'altra evitava a Vania di essere trasformato all'istante nel babbo di tutti, nel professore cui tutti si rivolgono per risolvere le questioni, dal "mi fa male un callo" al "tizio mi ha fatto questo" o "Pinco ha spintonato Panco". L'ultima cosa al mondo che Vania voleva - checché ne abbia detto poi - era trovarsi, oltre a dover affrontare l'immensa mole del lavoro quotidiano, anche a dirimere miliardi di piccoli scazzi possibili.
Perché allora spezzettarci e mischiarci nelle stanze veniva a fare il gioco suo?
Beh, fondamentalmente perché avrebbe asciugato molte questioni nate dal 'fare gruppo' ed evitato tutte le possibili contrapposizioni stile 'muro contro muro' tra i gruppi.
Se ciascun laboratorio fosse rimasto compatto si sarebbero perpetuate dinamiche solite, quelle quotidiane di Roma, si sarebbe persa la dimensione comunitaria dell'esperienza e ci si sarebbe, diciamo, chiusi un po' a riccio. Uno scazzo tra persone sarebbe stato comunque gestibile, pur con difficoltà, ma uno tra gruppi... vivere giorni di astio serpeggiante tra comunità non integrate... (mamma che sto a dì, sembra che parlo della comunità cingalese a Littele Italy)... no, non se ne parla neppure. Abolire il rischio di faide e di prese di posizione collettive, magari ingenerate dal semplice diverbio tra due persone. Quindi, Vania non poteva lasciare la scelta ai singoli. Si sarebbero certamente formate sacche isolate di conoscenti, com'è naturale che sia.
Apertura versus chiusura; la scelta era obbligata, specie considerata la filosofia del viaggio.
Considerato poi che invece gli è andata talmente di lusso da poter persino beccare Fatima... ma di questo parleremo più avanti. (Godo, a sapere quanto sono bastardo, a volte) ^__^
Ad ogni modo, vi ho detto che ero perfettamente cosciente di questa situazione.
Quindi, a Ciampino, ci ho messo un attimo a farmi portabandiera dell'integrazione tra gruppi.
Ne dubitavate? ^_^
Mosso meramente da istinto piacionesco (o piacionico, per dirla alla Proietti), ma con l'abilità oratoria di un Cicerone, sorretta da simili inoppugnabili motivazioni, in quattro e quattr'otto convincevo le yogurtine non solo della mia idea - di Vania - ma dell'ingiustizia della loro.
Se anche i numeri potevano dare adito a immaginare una possibile divisione un laboratorio in una casa e due nell'altra, non si poteva evitare che almeno un laboratorio si dovesse trovare, seppur in minima parte, diviso tra due case: allora perché solo un laboratorio avrebbe dovuto essere penalizzato, e non poter ripassare o provare lo spettacolo senza essere costretto a spostarsi?
E dire che non mi era nemmeno venuto in mente che Stefano fa parte sia di Ludyka che di Saltymbanco, o Sara ed Alessio che invece son parte sia di Ludyka che di Yogurt. Quindi nemmeno poteva porsi l'idea.
Fatto sta che la questione veniva comunque affrontata da Vania nel fatidico autogrill dei calamaros fritos, in terra iberica.
In quell'occasione, il buon regista girava fra i tavoli con un foglio delle preferenze: con chi si voleva stare o quali caratteristiche dovevano avere (o assolutamente non avere) i compagni di strada. Nei restanti 300 e passa km fino a Granada, lui avrebbe elaborato una sistemazione delle stanze. In realtà, lui non aveva la più pallida idea di quante stanze da quante persone ci sarebbero state, quindi era un compito impossibile; ma ad ogni modo, dava a tutti noi la possibilità di riflettere sulle sistemazioni 'miste' (tra gruppi).
A quel punto, viaggio appena iniziato, non avevo la più pallida idea di quale ragazza (o almeno una rosa ristretta di ragazze) avrebbe da me ricevuto le maggiori attenzioni. Quindi, non avrei potuto dire "voglio stare in stanza con...", specie davanti a tutti. Troppo sfacciato, approccio perdente - per quanto potesse, al limite, farla sentire considerata in particolare. E poi, avevo zero voglia di fare la figura dell'allupato mannaro (che poi, a dirla tutta, non sono stato mai - a Granada, ovvio) o di puntare subito su un piano più esplicito, o di boutade, che storicamente ha sempre dimostrato che alla fine dei conti non paga. Quindi, al massimo (imbroccando l'imbeccata di un altro), mi sono limitato ad esternare la mia ampia disponibilità, magari evitando quelli che russano.
Dieci secondi dopo, Vania asseriva - in risposta a domanda altrui - che si poteva dire qualunque cosa: "Alessio, ad esempio, ha chiesto di dormire solo con donne".
Un battito di ciglia dopo, io e Brasca ci accodavamo con entusiasmo, ironizzando sul fatto che ci saremmo trovati in stanza io, lui e Alessio. L'idea di giocarmela più discretamente era già andata a farsi benedire.
In tutto questo, la molla che aveva fatto scattare l'adesione incondizionata a quelle parole continuava ad echeggiare nella mia testa: "Se stavo zitto e poi Vania lo usa davvero come criterio, sai che rosicata!".

Il terzo ed ultimo fattore per cui non mi fermai nell'appartamento al secondo piano, fu un grave errore di sottovalutazione che mi aveva viziato il giudizio.
Infatti, pensavo che le yogurtine fossero un pelo più snob, e che fossero entrate lì per valutare in quale appartamento fermarsi e che, in seguito, sarebbero comunque salite. Quindi ero andato al terzo piano.
Invece, còrca (abbreviazione romanesca).
M'ero abbondantemente sbagliato - e ovviamente sono stato felicissimo di scoprirlo - perché, anche se non sono il genere di tranquillone che si svacca dove capita, anche loro non vedevano l'ora di buttarsi su di un letto qualsiasi e prendere possesso del cesso, come tutti. E il primo letto andava benissimo - salvo poi magari protestare debolmente per l'igiene o esprimere dubbi sulle coperte... ma tanto avevano il sacco a pelo, che je fregava?
In tutti e cinque i giorni non credo siano mai salite, manco a dare un'occhio alle nostre stanze.
Ad ogni modo, scoprire che erano più alla mano di quel che immaginavo, ovviamente, non poteva che farmele piacere di più.

Così, una volta in quel di Granada, a due metri e mezzo da Plaza de la Trinidad, alla pension "Cinco Gatos", io avrei dovuto aspettarmi una distribuzione dei posti figlia dei compromessi elaborati da Vania in 300km e passa di strada, quelli fatti dal fatale autogrill fino a lì. Invece Vania era subito corso all'altro ostello perché la tipa di lì voleva essere pagata subito, ed io ero talmente devastato che non mi fregava nulla di con chi capitavo in stanza e volevo solo un letto e un cesso, appunto.
Non stavo poi così distrutto da non rendermi conto però del fatto che le yogurtine non salivano. Che si stavano riunendo tutte lì, che da me stavano salendo solo gente di Ludyka e Saltymbanco, con l'eccezione di Laura Yogurt (per distinguerla da Laura Ludyka cioè Lalla) che prendeva possesso di un posto nella stanza a fianco alla mia. Prospettandosi una situazione simile alla divisione delle macchine in cui avevo rischiato di restare a piedi e - se non era per Cri - di fare un viaggio veramente scomodo, mi decidevo a piazzare i bagagli in una camera da tre, e di lasciare che scegliessero gli altri di stare con me. Di fermarmi a guardare cosa il fluire del mondo avrebbe condotto da me.

...ve la siete bevuta?
^__^
La realtà è stata che sono rimasto tentennante a fare su e giù sulle scale, avanti e indietro, senza decidermi ad entrare dalle yogurtine e chiedere "qui c'è posto?" perché mi sembrava troppo sfacciato. Così, quando sono entrato da loro zaino in spalla era già tardi e i posti erano già presi, al che mi sono affrettato a salire, per non restare a dovermi adattare all'ultimo posto disponibile, magari vicino a un russatore professionista.
Ed il fluire del mondo ha portato me nella stanza con Stefano e Federichino.

E sinceramente, non poteva andare meglio.
Per quanto Stefano (e non sapete che sforzo sto facendo per non chiamarlo Starna, come lo chiamo sempre) sia un fine russatore - ma solo quando è veramente stanco (indovinate un po' quante volte è capitato in cinque notti a Granada?) - è anche il più sguajato, divertente, assolutamente non politically-correct anarchico mangiapreti che conosca!
Passare tutti quei giorni in stanza con lui e Federichino è stato un tajo. Ho riso fino alle lacrime, piegato a star-tac sul letto, per le battute più gore, grand-guignolesche che abbia mai sentito. Di una mi ricordo solo che aveva a che fare con le donne, un chilo di sabbia e un set di bisturi, e significava l'espressione di un certo qual apprezzamento per le grazie di Valentina di Yogurt...
^__^'
Federichino poi era il perfetto contraltare: pause storiche che davano forza alle battute di Stefano e mimica facciale che parlava fiumi di parole da sola... ogni piano d'ascolto che forniva era la celebrazione dell'assoluto, splendido squallore che Stefano aveva raggiunto (battendo il record precedente), e la battuta successiva era una splendida alzata per la conseguente schiacciata di Stefano.
Perfetti.
Un gioco in cui mi inserivo anch'io, alternando battute fulminanti ad alzate clamorose, spostandomi verso lo squallido di Stefano o l'ascetico giudizio di Federichino... che grandi serate.

Doman...beh, a dire il vero stamattina, li vedo e mi farò rinfrescare la memoria.
Meritano di essere immortalate su questo blog.
Dividere camera con loro è stata un'esperienza davvero gradevole. Lo dico oggi che son passati un po' di giorni in sana solitudine, ovviamente! ^__-
Ad ogni modo, quella sera, dopo aver ricevuto le coperte aggiuntive che panna e fragola aveva proposto e che io avevo accettato (Stefano le avrebbe chieste di corsa il giorno dopo - io nella mia sensazione di freddo, umido e fragilità che mi aveva accompagnato fin lì ero stato saggiamente più lungimirante; Federichino aveva il sacco a pelo e se ne fregava) di buon grado, non sono affatto andato a dormire. E nemmeno al cesso, a dire il vero.
Tanto per cominciare, era la prima notte a Granada, e per quanto fossero forti i miei istinti da pensionato (a nanna, subito!) si contorceva dentro di me il serpente giovanile dell'eccitazione dell'esperienza nuova tutti assieme. La voglia di chiacchierare, di star su svegli ancora un po', di fumare. Di parlare, ad esempio, di panna e fragola, cara vecchina che nel darci le chiavi aveva più e più volte chiesto di chiudere a chiave tutti e quattro i portoni (due portoni giù, uno su strada e uno interno, e due porte su, dell'appartamento e di camera) per cautelarsi dai ladri. Sembrava infatti un po' ossessionata. Ora, considerato che le stanze sembravano essere tutto tranne che invitanti per un ladro, l'unica cosa erano i nostri oggetti - che la vecchina ci pregava di non lasciare in casa se di valore.
Suppongo, in realtà, che la preoccupazione fosse di natura assicurativa: ovvero, panna e fragola NON era assicurata sui furti, e se capitava qualcosa del genere chiudeva baracca e burattini. Ad ogni modo, non era certo troppo entusiasmante arrivare dopo un viaggio simile in una pensioncina che a prima vista meritava una, massimo due stelle, e sentirsi dire che Granada pullulava di topi d'appartamento.
A proposito, mai avuto problemi del genere finché siamo rimasti a Granada. Fortunati? Mah... chi può dirlo?
Comunque, camera nostra era un rettangolo con la porta su di un lato corto e una porta-finestra con balcone sul lato opposto (profondità balcone 20 cm.) che affacciava su di un bel vicoletto che portava alla piazza, purtroppo dall'altro lato rispetto al portone d'ingresso della pensione; per cui, quando Stefano tornava alle 5 di mattina bisognava scendere fino giù per aprirgli - oppure, come avvenne fin dalla seconda volta, lui doveva venire dall'altro lato a farsi tirar le chiavi dal balcone. Per il resto, a fianco al balcone c'era il letto matrimoniale mio e di Federichino, poi il letto singolo di Stefano, poi uno spazio relativamente sgombro dove c'era una cassettiera con specchio sulla destra e una doccia e un lavandino sulla sinistra. Spazio di passaggio tra i letti e il muro (sul lato libero, ovviamente) 20 cm., spazio libero tra il mio letto e quello di Stefano 35 cm. in rapida diminuzione, man a mano che Stefano la notte si lanciava ubriaco sul letto per dormire.
L'ultima sera ci saranno stati un paio di centimetri.
Ad ogni modo, quella sera, la prima sera a Granada, le yogurtine sono state le prime a svenire sui letti. Nel loro appartamento, una stanza aveva - unica - occupanti maschili: indovinate un po'?
Alessio e Brasca.
Più tardi, per terra col sacco a pelo, nella zona del 'salotto' si sarebbe accampato Vania, rimasto fuori dall'altro ostello. E ci sarebbe, guarda un po', rimasto tutti i giorni.
Al piano superiore, nell'appartamento di sinistra si erano disposte le coppie di Ludyka ed un paio di Saltymbanco, già comatosi e a nanna dopo breve tempo.
Svegli fino alla fine solo quelli del nostro appartamento: oltre la nostra stanza, quella delle donne a fianco alla nostra. Sara, Wanda, Valentina (Ludyka) e Laura (Yogurt). Che ovviamente hanno cazzarato con noi fino a quando non stavamo crollando e poi sono andate a dormire. Come noi.
Solo che noi abbiamo continuato a cazzarare a letto!
Io ho approfittato finalmente del bagno, liberandomi dai fantasmi dei maledetti calamaros, e poi sono tornato in stanza. Stefano sotto le coperte, Federichino nel suo sacco a pelo sopra il letto matrimoniale, io dentro il letto matrimoniale, a tratti sotto Federichino.
A conti fatti, io sono stato l'ultimo a dormire.
Solo l'indomani avremmo fatto la conoscenza dei volatili di panna e fragola. Qualsiasi cosa fossero...


GrimFang

Nessun commento: